Marta (Anna Jimskaia) e Dario (Max Parodi) entrano in crisi dopo sei mesi di matrimonio. Lui, scrittore, è impegnato in rassegne serali che lo distraggono dagli impegni di coppia. La visione, in quel di Mantova, di affreschi rinascimentali di stampo "libertino" (o pagano) scatena in Marta l'istinto sessuale: che trova sfogo tra le "braccia" del disegnatore francese Leon (Riccardo Marino). Notevole prova di regia per Brass, che marcia sul solito canovaccio, ma affina il suo occhio (cinematografico) sul possente fondoschiena della bella Anna.
MEMORABILE: "Le donne, dagli uomini, vogliono essere prese... non comprese!"
Di questo film salvo solamente le location, specie gli interni meravigliosi, nella loro interezza. Brass ha da tempo perso la maestria nel girare e la sua arte è quella di usare la macchina da presa sui fondoschiena delle attricette di turno. Inquadrature volgari, che hanno tutto da spartire coi film porno, per un filmetto che ha come unico punto a suo favore il contenitore, ossia gli splendidi interni in cui è girato.
Questo lavoro conferma che da un po' di tempo Brass sta riciclando le solite situazioni, per non dire le stesse inquadrature, per proporci la solita storia raffazzonata dell'uomo che si eccita nella fantasia del tradimento. Niente di nuovo sul fronte quindi, e non basta neppure la buona volontà utilizzare una scenografia ad hoc con interni molto curati, per salvare un film piatto e melenso.
Inteso come film soft-core ha sicuramente il suo perché. Il copione è quello tipico del tradimento coniugale come risoluzione dei problemi di coppia e del finale ricongiungimento grazie alla pratica della sodomia, quindi niente di particolarmente innovativo. Vale la visione e come potrebbe essere altrimenti, per la prova dell'attrice russa Jimskaya, che si concede interamente alle solite ossessioni brassiane, interpretando con un certo trasporto. Divertente, nel suo genere.
Come per gli altri recenti film di Tinto Brass, il discorso è sempre lo stesso. La minestra riscaldata troppe volte alla fine perde il sapore. Le belle inquadrature, suggestive, dallo stile inconfondibile del regista, fanno il loro dovere. La sceneggiatura è priva di fantasia. Come al solito se è il primo film di Brass di questo filone che vedete, va bene. Visto uno, visti tutti. Anche qui, fondoschiena da 5 pallini per la protagonista.
Il problema dell'ultimo Brass sta nel fatto che la deriva verso i confini del porno non è solo tematica, ma filmica: l'abbandono di qualsiasi idea di cinema, da parte di uno che pure fu montatore valoroso (no pun intended) e tecnico di qualche pregio, è totale. Restano solo le doti di casting femminile, e qualche sporadico guizzo umoristico (usare "Mona" di Bo Diddley in colonna sonora, ah ah ah)
Apologia brassiana e summa antologica di tutto il suo cinema. L'accuratezza della fotografia, dei (soliti) interni tra finestre, balconate, letti e geometrie, pregni del suo inconfondibile gusto estetico. Meno peggio di quanto possa sembrare; lo zio Tinto riesuma alcuni flash "sperimentali" come nel suo cinema di un tempo, sterza verso momenti inaspettati e grotteschi (la vecchia paralitica alla reception di uno squallido alberghetto) e mixa Capriccio con L'uomo che guarda. Lo script è scritto su un Kleenex, sarabanda di falli finti e vagine spalancate, ma spanne sopra alle ultime prove del maestro.
MEMORABILE: La Jimskaia seduta sulla panchina, pastrugnata sul sesso da due ragazzi di colore (ricorda la Delli Colli nello Squartatore di New York); Onirismi erotici sotto la pioggia.
Brass sembra quasi autocitare il suo cinema erotico sempre più spinto verso l'hard. Non c'è una vera trama ma una statuaria attrice come Anna Jimskaia (molto disponibile a mostrarsi per il Maestro) e i suoi classici temi, per primo il tradimento femminile come afrodisiaco per la coppia. La splendida protagonista passa dal Palazzo del Te a Mantova sino a uno squallido alberghetto dove fa sesso con due uomini. Per i cultori brassiani uno dei migliori film dai tempi di Così fan tutte.
MEMORABILE: L'approccio sessuale tra le stanze del Palazzo del Te.
Ok, abbiamo capito, al Tinto Brass ultima o penultima maniera piacciono le donne che si siedono sul water. Basterebbe questa sintesi a riassumere il crepuscolo del regista, che si fa valere con una certa poesia di inquadrature ma sciupa tutto con la sua ormai costante ossessione per il tradimento come vero collante della vita di coppia. La tentazione di dare il mezzo pallino in più per la Jimskaia nuda per tutto il film c'è, ma i falli di gomma e tutto il resto per fortuna riescono a trattenerci.
"Religione e sesso garanzia di successo!" fa dire Brass a un suo personaggio. Per fortuna il regista veneziano ha risparmiato i santi, affidando il film al corpo statuario della Jimskaya e infarcendolo di inquadrature ginecologiche, falli di gomma e dialoghi così insulsi da sfiorare il ridicolo: del resto la carriera da "voyeur" del regista è passata da Tanizaki e Goldoni ad Alina Rizzi. Siamo alla solite, dunque? No, perché questo film rispetto agli ultimi del regista mostra una maggiore cura nella confezione (fotografia, location, ost) ma resta comunque un prodotto molto mediocre.
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Non che ci sia da esultare per la qualità di contenuto (nel senso artistico, che di piacevole intrattenimento l'occhio maschile può comunque godere), ma la Mondo Home lancia nei negozi un cofanetto contenente tre titoli brassiani, tra i quali questo interessante Monamour.
Edizioni già proposte in precedenza, ma il tutto a solo 9,90 € (meno di così...)
Questo, nello specifico, è inserito nel catalogo CVC e presenta il film (rigorosamente UNCUT) nel formato video 1.85:1 anamorfico con traccia audio in dolby 5.1.
Nel vano extra presenzia sia il trailer, sia un gradevole backstage di circa 26 minuti.
* I disegni affissi nella camera d'albergo in cui alloggia il disegnatore Leon, sono frutto dell'opera del grande Eleuteri Serpieri, particolarmente celebre per la serie Druuna (eroina ispirata dalle forme della moglie del disegnatore).
** Lo stesso film sembra risentire dell'influenza del fumetto, essendo - per sviluppo di trama e situazioni scabrose - Monamour apparentabile alla serie disegnata da Milo Manara (Il Gioco).
Come già in passato le interpreti, nei film del regista, venivano scoperte (Claudia Koll) o rilanciate (Stefania Sandrelli), anche Anna Jimskaia, bella e prestante attrice in Monamour avrà occasione di passare dall'altro lato della barricata, ovvero al serial televisivo (in due parti) trasmesso il 19 marzo del 2007 sulla Rai:
Il Segreto di Arianna.
Brass in scena che ci dice della non differenza tra erotismo e pornografia, solo una questione semantica, di linguaggio...
"di lingua semmai" replica una sbarbatella facendo versacci con la bocca spalancata...
Brass doppiato con un vocione grottesco...
Conversazione tra addetti ai lavori di cui sopra altrettanto grottesca... (la scena sta nella prima parte del film, siamo a una mostra sulla letturatura mi pare...)
Mentre le scene iniziali ricordano un po' La Chiave, un po' tutto il Brass pornosoft: la telecamera che entra "quasi" nel culo della protagonista...
Ho sospeso la visione per stanchezza ma ci ritento stasera.