L'isola di ferro - Film (2005)

Il villaggio su una petroliera abbandonata, in balia di un furbo “capitano” (dittatore dal volto amico), è un vivace microcosmo metafora dell’Iran ingabbiato e di qualsiasi Paese oppresso dall’assenza di libertà e dalla paura dell'altrove. Potente l’immagine della nave ferma, simbolo di viaggio impossibile. Sceneggiatura ricca (perfino con venature zavattiniane), su cui si innesta un amore shakespeariano, dove l’adolescente Romeo è sottoposto a una tortura dell’annegamento tra le più ansiogene viste al cinema. Bellissimo finale allegorico.

Su una torpediniera, ancorata in mezzo al mare, vive una variegata umanità guidata da un sedicente capitano che fa e disfa, pone e dispone. La metafora è chiara: la nave del titolo altro non è che l'Iran, di cui si riproduce il microcosmo con annessi e connessi. Il messaggio politico è altrettanto chiaro con il popolo tiranneggiato e gabbato da una dittatura paternalista che si mostra quasi buona e amica ma tale non è. Opera seconda in cui Rasoulof mostra già di saper coniugare con sapienza impegno, intrattenimento e affabulazione.