L’opera prima di Losey è una favola pacifista, dove i capelli verdi di un orfano di guerra sono al contempo evidenza di una ferita interiore, segno di una diversità esistenziale e memento contro ogni futuro conflitto armato. Il tono naif del film, quasi superficiale (e comunque esplicito nel suo obiettivo), funziona perfettamente, a pochissimi mesi dalla fine della guerra mondiale, per colpire l’attenzione con la semplicità della commedia e la tragedia del dolore. Un’opera curiosa, perfino banale in certi momenti, ma profondamente sincera.
Favola allegorica e amarognola girata con pochi mezzi (location limitate, breve durata) ma sorretta da un'ottima idea di base (orfanello di guerra si risveglia con il look citato nel titolo e si ritrova a fare i conti col razzismo dilagante), ottimamente sviluppata in tutte le sue possibili sfaccettature e senza alcuna caduta di gusto. Datato, ma si tratta di una datatezza che diventa valore aggiunto, con le sue irresistibili ingenuità e il suo Technicolor dai cromatismi luminosissimi e irreali. Attori azzeccati. Consigliatissimo.
La polizia trova un ragazzino fuggito di casa, rapato a zero. Uno psicologo lo ascolta raccontare la sua storia.... Il lungometraggio d'esordio dei uno dei più grandi registi della sua generazione è un apologo pacifista in forma di fiaba: Peter, piccolo orfano di guerra che respinge inconsciamente la propria condizione, attraverso un "marchio" fisico, comparso magicamente, ne diventa l'emblema, a monito e ricordo vivente delle sofferenze che i conflitti infliggono ai più indifesi. Amabilmente invecchiato, difetta per ingenuo didascalismo ma non per mancanza di sincerità .
Innescato da un esile paradosso come un'opera pirandelliana, è una favola simbolica semplice e coraggiosa. Un bimbo dai capelli verdi, come la speranza e la primavera, affascina i coetanei, almeno fino a quando non vengono aizzati contro di lui dai genitori. Essere pacifisti era impopolare all'epoca e infatti il pubblico americano reagì nella realtà come gli adulti nella finzione: non poteva accettare di essere messo sullo stesso piano di russi e cinesi. Dominante il tema musicale di "Nature boy", scritto da eden ahbez, proto-hippy fruttariano e crudista degli anni ’40.
MEMORABILE: La maestra che fa conta del colore dei capelli; Il taglio dei capelli: gesto simbolico degli adulti a rifiutare il messaggio di pace e speranza.
Orfano di guerra si risveglia coi capelli verdi. Soggetto ad altezza di bambino che mira a essere favolistico, anche se nasconde aspetti più profondi. Gli accenni prevalenti sono posti sul conformismo e la (non) accettazione del diverso, e in questo gli adulti non fanno una grande figura. L’elemento della maestra, che è l’unica che ci capisce, è adatto a dare al film una valenza didattica. Nel finale si palesa un pistolotto antimilitarista, che serve sempre, anche se detto da dei bambini. Belli i cromatismi brillanti.
MEMORABILE: I poster; L’appello sul colore dei capelli; Gli orfani; La lettera.
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DiscussioneDaniela • 13/04/16 11:51 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Il piccolo protagonista è Dean Stockwell, bambino prodigio fra i più famosi al suo tempo che ha avuto in seguito carriera discontinua ma anche ricca di titoli importanti, da Frenesia del delitto, dove era uno degli assassini, a Velluto blu nel ruolo del "soave" socio di Hopper, da Tucker in cui interpreta il potente Howard Hughes dal boss della Vedova allegra... ma non troppo, che gli sfrutta una candidatura all'Oscar come migliore attore protagonista.
Attivo anche in TV, è presente come guest star nel cast di due pregevoli Colombo: Gioco mortale e Assassinio a bordo. Nel primo è la vittima di Robert Culp, nel secondo l'innocente sospettato dell'omicidio di una cantante, compiuto da Robert Vaughn che cerca di incastrarlo con false prove senza tener conto d'avere a bordo come compagno di viaggio un passeggero a cui nulla sfugge....