Casanova sarebbe qui Vincent Price (nemmeno accreditato), ma lo si vede solo nelle prime scene o quasi, quando rimprovera severamente Pippo Popolino (Hope), l'apprendista del suo sarto, proibendogli di usare i suoi abiti per spacciarsi - grazie anche a una maschera - per lui. Ma è solo l'ncipit in una Parma completamente ricostruita agli studi Paramount, perché poi Casanova, oppresso dai debiti, si fa presto da parte scomparendo. Così, quando una duchessa genovese passa a casa dell'uomo e trova lì Popolino di passaggio, questi finge ancora una volta di essere Casanova ricevendo una singolare proposta: la nobile vorrebbe infatti ingaggiare il leggendario amatore...Leggi tutto per fargli provare a sedurre Donna Elena Di Gambetta (Dalton), promessa sposa a suo figlio, in modo da capire se il cuore di lei batte solo per il ragazzo. Per diecimila scudi Pippo non si nega di certo e nei panni di Casanova raggiunge Venezia, dove comincerà la sua avventura assieme a una bella vedova venuta con lui da Parma (Fontaine) e spacciatasi per sua cugina. Qui i nostri scopriranno che persino il Doge (Moss) trama perché Casanova riesca nell'intento di sedurre Elena, così da irritare i genovesi (storici nemici della Serenissima) e fornire il pretesto per una guerra. Un tourbillon di equivoci e smargiassate tra scenografie in sgargiante Technicolor ricavate all'interno degli studi Paramount, con una Venezia ovviamente fasulla (di quella vera si vedono giusto due riprese di repertorio con Rialto e San Marco) in cui i canali sembrano più parte di un'articolata piscina sulla quale affacciano palazzi in stile simil-veneziano. I soldi però ci sono e lo si capisce anche dal grande cast impegnato: Lon Chaney (il carcerato barbone), John Carradine (uno dei due sgherri del Doge, l'altro è Raymond Burr!), Basil Rathbone come consigliere aggiunto del falso Casanova... Il ruolo del protagonista è però appannaggio di Bob Hope, le cui movenze da comico d'altri tempi, associate a gag che oggi definire datate è un eufemismo, trasformano il film da subito in un'allegra farsa ricca di slapstick, situazioni e battute ingenue. Una commediaccia disimpegnata basata molto sul soggetto, caotico come d'abitudine in questi casi, nel quale Hope agisce da tragica copia imbranata di Casanova: privo di ogni fascino e classe, pronto a tirarsi indietro di fronte a qualsiasi sfida (la controparte originale oltre che grande amatore era anche spadaccino provetto), pensa solo a sfruttare la fama di chi impersona per rubare qualche bacio o atteggiarsi a superuomo con le donne che incontra. Un film che visto oggi appare irrimediabilmente ancorato alla sua epoca, con cui non è facile divertirsi ancora nonostante si noti qualche buon ricamo nei dialoghi (anche a livello di battute). Splendida la coppia Fontaine (la popolana)/Dalton (la nobile), di mestiere la regia dello specialista McLeod, che ha sì i tempi giusti ma non una sceneggiatura particolarmente felice a disposizione. E far pesare l'intero impatto comico su Hope non sembra la migliore delle scelte, al di là dell'indubbia professionalità dell'attore. Il cinema di facile consumo di una volta, da vedersi con altri occhi o la noia rischia di fare quasi subito capolino.