Note: Il titolo del film dovette successivamente essere cambiato prima in "Sospetto" e poi in "Il sospetto di Francesco Maselli" in quanto la RKO pretese il diritto in esclusiva per l'omonimo film di Hitchcock.
Anomalo film "politico" anni 70, con il solito, strabiliante Gian Maria Volontè. Uno spy-thriller cervellotico ambientato in piena epoca fascista, vede come protagonista un militante comunista clandestino sospettato di deviazionismo. In questo film Maselli traccia sapientemente il ritratto del sovversivo, ovvero quello di un utile idiota al servizio dei poteri forti.
MEMORABILE: La conversazione con l'agente dell'OVRA.
Rivoluzionario comunista italiano negli Anni Trenta, accusato di deviazionismo, sospetta il tradimento di un compagno. Di buono il film ha l'ambientazione d'epoca, l'interpretazione di Volonté (ma anche degli altri bravi e misurati attori) e il beffardo colpo di scena finale. Ma nel complesso è un'opera verbosa come un'assemblea politica degli Anni Settanta (e infatti è di quegli anni), incapace di comunicare davvero e emozionare. Un film sostanzialmente noioso e demodé.
Eccessivamente verboso e dai ritmi un po' troppo dilatati (specie nella prima parte) questo film riesce solo a tratti ad interessare e lo fa soprattutto quando mette a fuoco l'ambiguità delle ragioni di partito (in questo caso comunista). Ne esce così fuori un film un po' squilibrato che non prende mai veramente quota. Bella, come sempre, l'interpretazione di Volontè.
Militante e datatissimo esempio di cinema politico anni Settanta, imperniato su di una verbosa analisi del PCI nella sua frattura tra la cieca «ragion di partito» imposta dalle rigide linee sovietiche e la libera iniziativa individuale facilmente tacciata di deviazionismo. Fotografia dai toni cupi, adatti all’epoca descritta (il fascismo nel consolidamento della dittatura); di Volontè si sono viste prove di gran lunga superiori, ma la sua prestazione asciutta e misurata non lascia insoddisfatti.
Un trio di grandi attori per un gran bel film diretto da un regista che amo poco. Volontè impersona benissimo l'uomo dai gravi conflitti interiori che indaga per salvaguardare il partito. Belle le musiche che accompagnano le scene, montate altrettanto bene.
L'ideologia comunista al servizio del potere. Anno 1932, una storia che prende spunto dalla realtà politica con risvolti drammatici e umani che si ripercuotono sulla vita e sulla libertà di un militante rivoluzionario. Buona prova di Volontè che interpreta un ruolo difficile, rigido nella sua posizione e collimante con la linea del partito. La Girardot interagendo con il protagonista, lo analizza obbligandolo ad una introspezione, a mio parere, fine a se stessa e inconcludente rispetto alle "scelte obbligate" del partito.
Buon film di Maselli, con un grande Volonté, contornato da professionisti, tra i quali spicca il non celeberrimo Pietro Biondi. Curiosamente è la rinomata Girardot a non convincere troppo. Il concetto del "sospetto" attraversa tutto il film, fino all'ultima battuta, che cambia il ritornello lasciandoci il dubbio se e come il colloquio possa poi essere continuato. Maselli, come aveva fatto un lustro prima, guarda al suo PCI senza sconti, al punto che piace l'Emilio del primo tempo ben più che il successivo. La scheda di Kezich lascia perplessi (vedi Discussione generale).
Formalmente lo ritengo un grande esempio di cinema. Fotografia curata e che interagisce sempre con il tema del film, notevoli movimenti della m.d.p., interpretazioni ottime, figlie di una regia ispirata, senza dimenticare una appropriata colonna sonora e dialoghi ben costruiti. La storia poi è esemplare di un periodo politico storico, datata sì ma in senso positivo e vista oggi, nella realtà politica attuale, sollecita riflessioni nuove su questi ottant'anni di percorso della sinistra italiana ma soprattutto europea.
Probabilmente, il film più politico partorito dal nostro cinema; tanto da suscitare, al momento della sua uscita, un vivace dibattito nella sinistra italiana. Proprio questa sua prerogativa lo rende, al giorno d'oggi, di difficile digeribilità: il ritmo è troppo lento e la verbosa sceneggiatura (di Franco Solinas e del regista) convince solo a tratti. Ineccepibili, invece, la ricostruzione ambientale e la prova del cast: Volonté bravissimo e mai sopra le righe, la Girardot comprimaria di lusso, Salvatori guida il gruppetto di caratteristi.
MEMORABILE: Il confronto finale tra Volontè e Biondi.
Negli anni Trenta, un militante comunista espatriato in Francia viene fatto rientrare in Italia per prendere contatto con altri membri del partito che agiscono in clandestinità... Nelle sue linee essenziali, una trama d'inganni incrociati suggestiva, con un bel finale serrato, ben servita da un cast adeguato e con una buona ricostruzione d'epoca. Purtroppo però il film è zavorrato da disquisizioni di lana caprina sulla corretta linea politica, di cui si fa portavoce soprattutto il personaggio interpretato da Girardot, che suonano terribilmente vuote, mancando la necessaria distanza critica.
Film politico “scomodo”, dato che il PCI clandestino (contesto ambiguo nel quale il protagonista, pieno di dubbi, cerca di mantenere la sua integrità), col suo tatticismo e il suo rigido dogmatismo non esce bene da questa intricata storia di spie. Con Maselli il rischio letargia è sempre in agguato, tanto più che le musiche sono firmate da Giovanna Marini, ma Volonté (immenso anche nei silenzi) tiene viva l’attenzione, assieme a un buon cast nel quale è da segnalare il poco noto Pietro Biondi.
MEMORABILE: La discussione sul rapporto con i socialisti; Il confronto finale; “Sono un militante del Partito Comunista Italiano, non ho altro da dichiarare”.
Emilio R., il personaggio di Volontè, è sui generis: militante comunista degli anni Trenta che rispetta socraticamente la legge del partito, anche se contraria al buon senso. E' il conflitto tra individuo e soggetto collettivo che Solinas ordisce pensando al clima sospettoso e delatorio di ogni stalinismo, e Maselli mette in scena con un'asciuttezza un po' più briosa del solito. Lento nell'elaborazione ma non macchinoso, meno scontato di altri film politici o meglio dell'ampio sottogenere "irrisolta autocritica interna alla sinistra".
MEMORABILE: La dialettica tra l'ortodossa Girardot e il dubbioso Volontè nel Caffè parigino.
Un bel film attraverso il quale Citto Maselli parla dei problemi che aveva il partito comunista clandestino negli anni Trenta per alludere a quelli che ha il PCI negli anni Settanta. Burocrazia, problemi interni, militanza cieca che non soddisfa piu il militante: il film è tutto sospeso tra passato e presente, e se sei interessato a quei problemi ti affascina. Tocchi di classe: l'interpretazione (ovviamente) di Volontè, quella di Corazzari e le musiche di Giovanna Marini.
Francesco Maselli è un buon regista, ma forse qui gli è sfuggito il concetto che è possibile fare cinema politico senza per forza annoiare gli spettatori. È un film che vale per la fotografia e i suoi interpreti (manco a dirlo, Gian Maria Volontè straordinario). Ma manca completamente il coinvolgimento e la pellicola finisce per essere un compendio della dottrina comunista pre-guerra fredda, datata e noiosissima, a volte troppo silenziosa a volte troppo prolissa. Finale discreto, ma il resto proprio non gira. Opera (volutamente?) per pochissimi.
Ove individualismo e collettività politica sfiorano i propri confini senza mai collidere con clamore, l'ardita opera maselliana sembra avere inizio. Ambientata nello scottante triangolo Milano/Torino/Parigi del '34, la vicenda appare nelle sue bulimie di silenzi e nelle contrapposte parentesi di asimmetrica verbosità un brillante metro di paragone tra le foschie d'ambiguità piombate su di un giovane PCI e le affini falle di quest'ultimo durante i Settanta, mentre paranoia, cruda rigidità e costante sfiducia strattonano Emilio sino all'accettato supplizio. Letargico ma illuminante.
MEMORABILE: Cooptazione di Emilio; Disquisizioni con Teresa sul nuovo nemico socialista; Al museo egizio; Arresto di Pintus; Schiaffeggiamento; L'amaro finale.
Esule del Partito Comunista viene fatto rientrare in Italia per scoprire una spia all’interno dell’organizzazione. Gli stilemi dovrebbero essere quelli del mystery e invece si assiste a una dimostrazione di cinema politico tout court. I dialoghi sono assimilabili a un pamphlet di storia delle dottrine, pomposi nei loro ragionamenti universali e scarsi come applicazione pratica. Il contesto del Ventennio è accurato nell’esprimere una certa paura sociale. Spiegone finale granitico per la pesantezza. La Girardot sembra una militante, Volontè sente il personaggio.
MEMORABILE: L’arresto.
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DiscussioneZender • 17/01/20 14:45 Capo scrivano - 48725 interventi
Quindi noi dovremmio usare il titolo senza Maselli...
B. Legnani ebbe a dire: Zender ebbe a dire: Quindi noi dovremmio usare il titolo senza Maselli...
Ma no. Perché mai?
E' noto col titolo lungo
Però altri siti (esempio: FilmTv, Wikipedia) usano il titolo corto. Tra l'altro la prima uscita cinematografica è stata con quello senza il nome del regista.
Guardando su l'archivio de La Stampa,
ho trovato una cosa che non sapevo.
Dopo essere uscito col titolo "Il sospetto", dopo circa un mese fu reintitolato semplicemente "Sospetto" (almeno secondo i flani pubblicati dal giornale).
DiscussioneZender • 17/01/20 16:41 Capo scrivano - 48725 interventi
B. Legnani ebbe a dire: Zender ebbe a dire: Quindi noi dovremmio usare il titolo senza Maselli...
Ma no. Perché mai?
E' noto col titolo lungo
Perché di norma usiamo il titolo della prima edizione dei film, che sia il più noto o meno.
DiscussioneAlex75 • 24/01/20 19:06 Call center Davinotti - 710 interventi
B. Legnani ebbe a dire: S P O I L E R
Sono molto perplesso dalla scheda di Kezich (IL MILLEFILM 1967-1977).
1. "Emilio (..) saprà reagire alla delusione con fierezza". Veramente mi pare che il film si chiuda (sapientemente) lasciandoci il dubbio: termina con Emilio che, anziché ripetere la consueta frase, risponde diversamente. Qui il film finisce, lasciandosi il sospetto (non la probabilità, ma il sospetto sì), che Emilio possa prendere la via... di Silone.
2. "paese grigio e tetro, strade squallide". La fotografia tende al grigio per significare la cappa "poliziesca", ma le strade sono popolate da gente vestita in maniera più che decente, con un traffico d'auto pure cospicuo per essere negli Anni Trenta.
Mah!
Sarà, ma io tutto questo grigio non l'ho visto. Anzi, ho trovato certi scorci di Torino molto ariosi (in particolare le sequenze lungo il Po).
Sono molto perplesso dalla scheda di Kezich (IL MILLEFILM 1967-1977). 1. "Emilio (..) saprà reagire alla delusione con fierezza". Veramente mi pare che il film si chiuda (sapientemente) lasciandoci il dubbio: termina con Emilio che, anziché ripetere la consueta frase, risponde diversamente. Qui il film finisce, lasciandosi il sospetto (non la probabilità, ma il sospetto sì), che Emilio possa prendere la via... di Silone. 2. "paese grigio e tetro, strade squallide". La fotografia tende al grigio per significare la cappa "poliziesca", ma le strade sono popolate da gente vestita in maniera più che decente, con un traffico d'auto pure cospicuo per essere negli Anni Trenta. Mah!
Sarà, ma io tutto questo grigio non l'ho visto. Anzi, ho trovato certi scorci di Torino molto ariosi (in particolare le sequenze lungo il Po).
Difatti. Molto strana, la scheda di Kezich.
MusicheReeves • 1/12/20 20:17 Contratto a progetto - 781 interventi
Dovrebbe essere l'unica volta in cui Giovanna Marini compone la colonna sonora originale per un film.