Terzo lungometraggio di Moodysson ad arrivare dalle nostre parti, è anche il migliore. La triste storia di Lilja, ragazzina persa nello squallore della povertà di una repubblica ex-sovietica, abbandonata anche dalla madre e fatalmente destinata a vendersi per sopravvivere. Il regista è bravissimo nel rendere "vera" la storia della povera Lilja, ma quando osa e prova a toccare corde più alte e difficili, il film decolla verso vette difficilmente prevedibili... Coraggioso Moodysson, ma soprattutto capace.
Buonissimo dramma da parte dello svedese Moodysson che costruisce con tocco quasi "delicato" la parabola di una povera ragazza di periferia, in balia di cose più grandi di lei, della sua tenera ingenuità e alle prese con lo sforzo di migliorare una vita di espedienti. Come suo solito il regista non ama calcare la mano (niente violenza troppo esplicita) e la pellicola, nonostante trasudi tristezza, spesso si apre a insperate parentesi di dolcezze, vedasi il rapporto tra Lilja e il ragazzino. "Vero" ma mai urlato e sopra le righe. Gran film.
C'è una dolcezza infinita tra l'amicizia quasi materna di Lilja verso Volodya, come anche tutto il cinismo possibile per affrontare un tema che altra via non può avere: lo sfruttamento. Oksana Akinshina pone la sua bellezza acqua e sapone ad una prova semplice e tormentata allo stesso punto. Il regista indugia sui primi piani, gli spazi sono molto ristretti, il taglio è abbastanza grezzo e splendido. La camera si muove frenetica, quasi confusionaria. Meravigliosa la sequenza finale. Bello, bello, bello.
Moodysson si trasferisce nell'ex unione sovietica per raccontarci a modo suo la cruda realtà di paesi feriti e annegati nel degrado, dove l'abuso e il sopruso sono all'ordine del giorno. Un inferno in terra, senza via di fuga se non l'estremo gesto. I nobili intenti sono apprezzabili (la prostituzione minorile e il relativo mercato sessuale sono certamente orribili e da condannare), ma lo stile registico non convince e non appassiona più di tanto; inoltre gli scorci onirici, oltre che già visti, sono semplici e poco evocativi. Brava la protagonista.
Un pugno nello stomaco, nonostante la semplicità registica con cui Moodysson gira questo film. Più interessante risulta l'attenzione alla fotografia e all'ambientazione della vicenda, tutta in luoghi squallidi e tristi senza mai un panorama o un orizzonte, che trasmette allo spettatore quella sensazione di oppressione sociale e perdita della speranza nel futuro. Molto brava la protagonista, Oksana Akinshina, anche se le scene più violente e crude sono girate tutte in soggettiva evitandole il lavoro più difficile.
Dal premiato filone vontrieriano "prendi-una-donna-trattala-male", un film scontato e ricattatorio, così programmatico e prevedibile nella progressione delle sfighe della sua vittima sacrificale da suscitare più sbadigli che altro. A poco servono i traballamenti, le ambientazioni nordiche degradatissime, i brani dance di bassa lega, i bravi attori: il tanto ricercato disagio ogni tanto affiora, ma per motivi opposti a quelli ricercati dal regista (si pensi all'imbarazzo che suscitano i dialoghi esistenziali, ad esempio). Pollice verso.
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DiscussioneRaremirko • 11/09/21 22:25 Call center Davinotti - 3862 interventi
Buonissimo dramma, con giovani attori notevoli, regia invisibile ed un ottimo inquadramento sociale e geografico.
Più volte è un vero pugno nello stomaco, che lascia poche speranze sino alla fine e trasmette disagio.
Un film di denuncia senz'altro riuscito, che meriterebbe più programmazioni e visibilità.