Introdotto nientemeno che dalla toccata e fuga di Bach sui titoli di testa, il film di Dorigo ci presenta il tipico giallo d’epoca sospeso tra gotico e Agatha Christie, girato in un castello dove troviamo riuniti i sette possibili eredi di un ricco nobile da poco misteriosamente accoltellato a morte proprio lì. L’atteso testamento viene letto dal defunto stesso grazie a un nastro registrato, in presenza di un notaio che ne certifica la validità: dei sette, solo i tre che si ripresenteranno nuovamente davanti a quest'ultimo dopo un periodo di giorni stabilito, potranno ereditare i suoi milioni. Si tratta in sostanza di una sorta di istigazione al delitto, dal momento che non è pensabile che gli...Leggi tutto altri quattro rinuncino volontariamente all'eredità. Così il film procederà su due binari paralleli: da una parte le indagini dell'ispettore (Mazzi) giunto al castello per scoprire l’assassino del capofamiglia defunto, dall’altra le alleanze e le reciproche accuse degli eredi che si trovano a dover rispondere agli interrogatori della polizia e nel contempo a studiare il modo di eliminare i parenti in soprannumero. Un doppio percorso curioso ma una realizzazione ingenua e povera, che si limita a mettere scolasticamente in scena la sceneggiatura senza grinta. Le donne del castello cercano di mostrarsi più perfide e ambigue possibile (dalla sorella disillusa alla moglie del figlio che pare se la spassasse un po’ con tutti), l'ispettore è impegnato a ricostruire gli alibi di tutti per quei pochi minuti nei quali sembrerebbe si sia verificato il delitto. Ognuno racconta la propria versione dei fatti raccontando del confuso andirivieni tra stanze e cucina nei momenti cruciali e tocca seguire con attenzione, se non ci si vuol perdere qualcosa. Molto sembra legato all’arma del delitto, un coltello sul cui manico è incisa una “A” che aprirà a un fatto di sangue risalente a molti anni prima. Recitazione talvolta melodrammatica più spesso semplicemente deludente, con un ispettore che non sa essere incisivo e un prevedibile quanto forzato coinvolgimento comune dei sospetti, ognuno col proprio movente sviluppato insieme a un odio insopprimibile per le vittima (la cui sadica ferocia è in effetti già rintracciabile nell’idea enunciata dal nastro). Dal grigiore generale, che comunque si lascia seguire per la sua matrice gialla onestamente condotta, si erge un finale disperato sui merli del castello che lascia il segno (e sfrutta bene uno dei pochi esterni del film). La necessità di “fare metraggio” è evidente quando in auto qualcuno ricorda il proprio recente passato con un’interminabile serie di flash ricavati dalle sequenze in cui era protagonista. Datato e poco personale, nonostante un intreccio che qualcosa offriva.
Un omicidio. Uno strano testamento che dà il via ad un terribile gioco al massacro. Chi si godrà l'eredità? Giallo vecchio stile che pur partendo da un presupposto non certo originale riesce comunque ad incuriosire, a tratti, lo spettatore. Anche la sceneggiatura non è un granchè e presenta elementi narrativi abbastanza prevedibili, riscattandosi però parzialmente nel finale beffardo. Gli attori sono piuttosto modesti. Ideale per chi ama i gialli di una volta e non ha troppe pretese. Gli altri si astengano.
Assai statico e modesto, assume cospicuo valore storico in quanto – con Bava e Margheriti - tra i primi esempi di giallo italico, debitore sia dei classici anglosassoni che delle esperienze gotiche nostrane (l’intera ambientazione è nel castello di Balsorano, che contribuisce peraltro a mantenere l’origine teatrale del testo di Gastaldi): di queste ultime risalta in particolare l’appeal erotico della Nanà, ballerina nota per il suo “scandaloso” spogliarello al Rugantino di Roma nel 1953.
MEMORABILE: La lotta sul tetto, simile a quella che si vedrà ne Il gatto a nove code.
Interessante. Atmosfere da Agatha Christie, con un buon colpo di scena finale. Nel cast va segnalato il buon Ivano Staccioli, ottimo il castello in cui avvengono le vicende. I personaggi sono ben delineati e risultano antipatici nel modo giusto, può divertire. Cito anche la morte della Nana.
Classico giallo whodunit di matrice filo (e finto-) inglese. Tuttavia lo sceneggiatore Gastaldi già introduce alcuni di quegli elementi (avidità, infedeltà coniugali, ribaltamento dei personaggi fino all'ultimo secondo) che presto diventeranno seminali nella produzione del "suo" giallo sexy anti-borghese (da Il dolce corpo di Deborah in poi). Cast curioso, con la Nana doppiata benissimo da Sandra Mondaini (pare pure di vederla) e Aldo "Panuuunzio" Rendine nel ruolo di un notaio inglese (ma si doppia da solo col suo accento partenopeo).
MEMORABILE: La lettura del testamento registrato su un nastro.
Giusto il finale e la soluzione dell'enigma divertono parecchio e si possono connettere ad un celeberrimo detto... Per il resto il film è decisamente molle, impostato su giochetti ed alleanze inconsistenti, flebili, che si sbriciolano per un nonnulla, per poi andare a zonzo a cercare altri compari più convenienti. Film datato e i suoi anni li dimostra tutti; non un granchè...
MEMORABILE: La danza prima di dormire è decisamente stimolante: capisco Staccioli che va giù di testa.
Terribile, milionesima riproposizione di un plot consunto, realizzata in austerity che nemmeno la Grecia, risibile negli snodi (?) e recitata da cani - tocca anche sorbirsi un monologo di Ciani, anche se il peggiore come sempre è Staccioli. Ineffabile poi la non richiesta giustificazione del titolo. Gli ammiccamenti a Bava (la Arden, il telefono penzolante) sono un vilipendio.
Forse il prodotto nostrano più vicino al vero giallo classico della letteratura anglosassone: un castello (Balsorano ovviamente), sette personaggi, un'eredità, un assassino, nessuna divagazione erotica o splatter. Lo spasso è indubbio per chi ama il genere, ma convincono poco la direzione presa dall'intreccio (eliminazione a vicenda anziché whodunit tout-court) e la gratuità di alcuni risvolti. Regia elementare ma funzionale, attori scarsi (eccetto, forse, Mazzi) ma dotati delle giuste facce, ritmo che tiene per tutta la durata. **! con clemenza.
Sette eredi si riuniscono attorno al lascito a tanti zeri di un riccone misteriosamente assassinato, ma solo a tre di essi sarà garantito il tutto. Inizia come tanti altri film e si sviluppa prendendo a prestito Agatha Christie (ma molto alla lontana, visti i risultati a dir poco cheap). Attori semisconosciuti, recitazione ingessata, macchina da presa quasi ferma e per finire un movente agli omicidi da non credersi. Talmente assurdo da risultare divertente.
MEMORABILE: Il segretario che più segretamente sciupafemmine non poteva essere.
Giallino storicamente importante come fondatore del genere italico. Gli ingredienti sono già presenti: avidità, eredità, intrighi familiari e una latente inquietudine gotica (la casa opprimente, il temporale, il chiaroscuro). L'insieme non è poi male (con una musichina d'antan abbastanza centrata); peccato che vi sia un'ingenuità di fondo assai marcata nell'intreccio, nei dialoghi e nella definizione dei caratteri. Discreto il finale.
Acerbo proto-italian-giallo della prima sfornata, che pur rifacendosi chiaramente agli schemi classici dei racconti di Agatha Christie, con un pizzico di gotico in stile "old dark house", lascia trasparire un lodevole cinismo di fondo, che ricorda il gusto baviano per i twist beffardi e l'ironia caustica (dalla negatività dei personaggi al perfido finale a sorpresa). Se si riesce a guardare oltre l'ingenuità delle atmosfere e la banalità dei dialoghi, che avanzano di spiegone in spiegone ripetendo svolte e concetti come la peggiore delle fiction, può rivelarsi un discreto diversivo.
MEMORABILE: Il ritrovamento dello zio morto; La moglie adultera colta in flagrante; L'interminabile fuga in auto con flashback allunga-metraggio; L'ultimo erede.
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Puoi mettere l'immagine?
DiscussioneDusso • 17/07/09 17:38 Archivista in seconda - 1832 interventi
giallo decisamente mediocre
DiscussioneZender • 17/07/09 20:40 Capo scrivano - 47813 interventi
Ehi Dusso, welcome back... Strano intervento però, molto sibillino. Noi di solito commentiamo i film nell'apposito spazio, ricordi? Un saluto, ad ogni modo. Non ci si era dimenticati di te, io nel tuo speciale sui teenmovies ci casco spesso :)
DiscussioneDusso • 18/07/09 12:03 Archivista in seconda - 1832 interventi
Zender ebbe a dire: Ehi Dusso, welcome back... Strano intervento però, molto sibillino. Noi di solito commentiamo i film nell'apposito spazio, ricordi? Un saluto, ad ogni modo. Non ci si era dimenticati di te, io nel tuo speciale sui teenmovies ci casco spesso :)
grazie,purtroppo come ho gia spiegato a qualcuno mi sono stufato di recensire film ma comunque seguo sempre con grande interesse il davinotti
DiscussioneZender • 19/07/09 11:17 Capo scrivano - 47813 interventi
Legittimo, Dusso, ci mancherebbe. Fatti sentire sul forum ogni tanto, in questo caso. Qui non serve recensire nulla :)
B. Legnani ebbe a dire: (...) Per la csc l'dentificazione, fatta dal mancinologo norvegese Johan Melle (non sto scherzando), è quella di Giovanna Lenzi, moglie del regista Sergio Pastore (a volte mi chiedo a cosa mi serva sapere 'ste cose...).
La moglie di Pastore? Quindi è lei la tossicodipendente che vive nel negozio di animali in Sette scialli di seta gialla?
Mi sai dire per caso se è imparentata anche col sommo Umberto o se si tratta di una semplice omonimia?
Il Dandi ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: (...) Per la csc l'dentificazione, fatta dal mancinologo norvegese Johan Melle (non sto scherzando), è quella di Giovanna Lenzi, moglie del regista Sergio Pastore (a volte mi chiedo a cosa mi serva sapere 'ste cose...).
La moglie di Pastore? Quindi è lei la tossicodipendente che vive nel negozio di animali in Sette scialli di seta gialla?
Mi sai dire per caso se è imparentata anche col sommo Umberto o se si tratta di una semplice omonimia?
(vedi che te serve, sapelle 'ste cose!)
;-
Sì, è lei.
Sulla parentela con Umberto, non saprei. Il fatto che non se ne parli, di questa parentela, forse vuol dire che essa non sussiste...
B. Legnani ebbe a dire: Il Dandi ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: (...) Per la csc l'dentificazione, fatta dal mancinologo norvegese Johan Melle (non sto scherzando), è quella di Giovanna Lenzi, moglie del regista Sergio Pastore (a volte mi chiedo a cosa mi serva sapere 'ste cose...).
La moglie di Pastore? Quindi è lei la tossicodipendente che vive nel negozio di animali in Sette scialli di seta gialla?
Mi sai dire per caso se è imparentata anche col sommo Umberto o se si tratta di una semplice omonimia?
(vedi che te serve, sapelle 'ste cose!)
;-
Sì, è lei.
Sulla parentela con Umberto, non saprei. Il fatto che non se ne parli, di questa parentela, forse vuol dire che essa non sussiste...
PS Fonti solitamente informatissime e degne di fede mi dicono che la parentela a loro non risulta.