The killing room - Film (2009)

Medea CIA è l'Enigmista per eccellenza, ma se lo scopo dell'experiment si snebbia solo -e parzialmente- in dirittura d'arrivo, le sue modalità e dinamiche restano fuori da ogni possibilità di comprensione e tradiscono il vertiginoso disordine mentale e il nullo QI dello sceneggiatore. Per la terza volta la Germania ci narra di ignare cavie umane che vengono giocate dal gioco che credono di cavalcare, ma misurandosi con fatti che non la riguardano -e che ha capito zero, come del resto zero capiremo noi fruitori- ripiega su una pasticciata fantapolitica che nemmeno Orwell nelle sue giornate più no

Dopo il primo quarto d'ora Liebesman ci dà un bel pugno nello stomaco, o - se volete - un colpo basso che, sebbene difficile da accettare, cattura l'attenzione e ci predispone al seguito con vivace senso di attesa. Purtroppo lo svolgimento ulteriore delude le aspettative, per la sempre maggiore improbabilità della storia e per l'assenza di una vera evoluzione psicologica dei personaggi. A quel punto il vero esperimento lo subisce lo spettatore, costretto ad ingoiare più di quanto possa digerire.

Se le pareti del cubo fossero state vetri fumè. Se i tranelli dell'enigmista li avesse piazzati un marine. Se il gioco dei nove fosse in realtà una versione opprimente di "Primo e ultimo" di Mammucari. Se l'esperimento di Stanford avesse sortito l'effetto last-man-standing di uno dei i rapimenti degli odierni serial-riddlers. Ecco, se solo non avesse avuto tali e tanti prodromi questo The killing room avrebbe ben più di "un suo perchè", dato che il realismo dell'ipotesi dietrologo-governativa (quando si parla d'esperimenti misteriosi e raggelanti) non è proprio l'ultima cosa a saltarci in mente.

Parte abbastanza bene col suo carico di promesse poi non mantenute. L'interesse non manca del tutto, così come la tensione ma alla fine, come logico per questo tipo di film, gioca più sul non detto che sull'esplicabile, si produce in un finale aperto che potrà far adirare lo spettatore ed alla fine lascia una sensazione di già visto e di non aver aggiunto nulla a pellicole simili. Vedibile ed abbastanza "piacevole" a patto di non aspettarsi troppo.

Examinandi chiusi in una cell vengono sottoposti ad un experiment psicologico assai arzigogolato... tutto il commento potrebbe essere fatto inanellando link ad altri film, il che la dice lunga sull'originalità dell'operazione. Se poi si aggiunge un cast non proprio felice (Hutton sembra recitare in un altro film, Sevigny esperta di microespressioni si impegna a non muovere muscolo) il giudizio sarebbe scarso, però 2 cose alzano il punteggio: il coup de teatre iniziale, che disorienta e sveglia l'attenzione, e Stormare, ineffabile dottor morte.

Freddo, asettico in tutte le sue parti, di un claustrofobismo che al cinema si vede di rado, perfetto in una "prima parte" la cui durata è credo soggettiva, ci si domanda alla fine con quali scopi sia stato girato: denunciare? Intrattenere? Offrire uno dei tanti finali sospesi sempre in agguato nei film made in USA da anni? Tirando le somme, credo sia un film che non vada oltre a una semplice lezione di tecnica, che indubbiamente è buona e sotto certi aspetti singolare, pur rimandando al altri fim di genere.