Sesso perverso, mondo violento - Documentario (1980)

Tardo mondo movie targato Mattei che negli intenti dovrebbe, o vorrebbe essere, un'inchiesta sul desidero e sulle perversioni sessuali nel mondo. In realtà è solo il pretesto per mostrarci una serie di scenette palesamente finte girate per l'occasione. Il tutto intervallato da una candid camera, ovviamente fasulla anch'essa, su un regista che fa provini per film hard. Ed è proprio grazie a questa parte che il film risulta un minimo divertente. Finalone con microremake di Cannibal Holocaust! Tutto sommato guardabile.

Per certi versi una piacevole sorpresa. Il cine-documento si prefigge di far luce, con un'inchiesta, sul sesso e sulle sessualità in tutte le naturali varianti. C'è posto per la danza fallica, gli amori omo tra indigeni e nella società degli anni 80, con tanto di citazione a Pasolini, gli amori saffici e un vero e proprio elogio al corpo femminile. Certo le connotazioni ideologiche oggi fanno sorridere, così come il mix di ciò che viene presentato allo spettatore, ma conserva un suo sapore afrodisiaco demodè. Non tutto è finto. Perversioni? Hi! Hi! Hi!

Finto mondo-movie a carattere sessual-pornografico (si fa per dire...). Va detto che in genere prediligo i mondo ambientati in Africa che spiegano agghiaccianti usi e costumi delle tribù, per cui l'ambiente un po’ squallido della vetusta pornografia settantina già di per se non è molto allettante, ma questo film (che vorrebbe essere un documentario) è solo un'accozzaglia di scenette ricostruite ad hoc senza nemmeno tanto impegno. La finzione è talmente palese da rimuovere qualsiasi entusiasmo legato al sensazionale. Evitabile.

Il commento sarebbe da urlo, sia per la filosofia espressa che per la potenza degli argomenti trattati, vedi l'excursus dell'omosessualità nei millenni e il ruolo della donna nell'atto sessuale e nella pornografia, ma il medesimo è letto a manetta e su immagini meno entusiasmanti di tanti altri mondos. Tanto che le scene più belle sono anche le più semplici, ovvero il festival del nudo e la danza erotica finale, orgogliosamente occidentale. A parte quella sulla finta bambola, le altre candid camera si potrebbero potare come piante infestanti. Peccato!

Difficile capire se si tratti di sberleffo o involontaria ironia. Certo, quando si scoprono i fisici e i volti dei "robusti stalloni" del bordello o quando si ascoltano i deliri della frazione "lesbo" è difficile credere che il tutto non sia voluto. Il risultato rimane impresentabile (anche l'ideuzza del metacinema come collante crolla in fretta), ma l'incredibile voce narrante lo rende una tappa obbligata per i trashofili e il folle montaggio di immagini e musiche di repertorio ne fa un interessante rompicapo per filologi.

Risate involontarie in questo bizzarro ma allo stesso tempo interessante Mattei-movie. Quasi tutto è ricostruito in studio e il poco di vero è materiale saccheggiato da documentari dell’epoca. Ma è proprio nel ricostruito che Mattei ci regala perle di delirio con situazioni al limite del paradosso: sottotrame fittizie che reggono situazioni inverosimili con attori mai visti (c’è spazio anche per critiche a Pasolini!). Sicuramente non è da apprezzare come mondo movie, ma la pellicola diverte e può risultare interessante in certi punti. È un film insolito che va preso per quel che è.

Patchwork che si pone come pseudo seguito di Sexual aberration, a firma dello stesso Mattei. Si dibatte sulla sensualità femminile e sul mercato del sesso, partendo dagli spogliarelli esibiti nei circoli privati. Si scende nei meandri della pornografia, cercando di mostrarne la doverosa dignità autoriale, evitando di cadere in facili volgarità. Infine si condisce il tutto con qualche messa nera a forte tensione fallica e l'immancabile (Ma godibile anzichenò) parentesi tra le tribù antropofagiche. L'arte di arrangiarsi messa su pellicola, con un suo (seppur minimo) fascino.