Dopo 19 anni passati a occuparsi di produzione, Roger Corman, il leggendario simbolo del cinema indipendente, torna in prima persona dietro alla macchina da presa, per una volta senza le consuete vincolanti ristrettezze di budget. Partendo così dal romanzo del noto autore di fantascienza Brian W. Aldiss (”Frankenstein Unbound”), il re del cinema bis americano riprende in mano il mito di Frankenstein per rielaborarlo in chiave fantascientifica. Immagina così che il protagonista Buchanan (John Hurt), scienziato dell'anno 2031, torni indietro ai primi dell'800 a causa di una spaccatura temporale creatasi nel cielo (esattamente come in PHILADELPHIA EXPERIMENT...Leggi tutto). Qui conoscerà il barone Victor Frankenstein (Raoul Julia) e la bella Mary Shelley (Bridget Fonda) proprio mentre quest’ultima, basandosi su di una storia vera, sta ideando il suo immortale romanzo. Inseritosi maldestramente nella vicenda, l'uomo del futuro combinerà poco o nulla, incontrando però il vero mostro di Frankenstein (che sembra uscito dal CABAL di Clive Barker e si candida a peggior creatura di sempre). Fin qui la parte più classicamente in costume, che offre ben pochi spunti interessanti e si rivela ingenua quanto deludente. Poi Corman vira improvvisamente verso la fantascienza e le cose migliorano. La favoletta di Frankenstein si trasforma in un inatteso viaggio temporale grazie a effetti che non possono non ricordare il primo RITORNO AL FUTURO e finalmente la consistenza del budget si rende visibile. Il film si tinge di colori surreali e, pur restando il frutto di un esperimento poco riuscito, propone qualcosa di nuovo. Dal ritorno di Corman era lecito aspettarsi di più, ma evidentemente la sua vera dimensione resta il low budget (e alcuni effetti speciali anacronistici lo dimostrano). L'idea era buona, ma viene sfruttata male. John Hurt è troppo spento, Raoul Jiulia si vede poco. Bridget Fonda è un’adorabile viziosa.
Incredibile guazzabuglio voluto da Corman, che mescola male il tema horror con la fantascienza riuscendo a girare un film di una bruttezza raramente espressa nella sua (nutrita) filmografia. Noiosissimo, si sviluppa lentamente attraverso scene di "viaggi nel tempo" condite con disastrosi effetti speciali (il look della creatura). Non aiuta nemmeno una colonna sonora atta -alla resa dei conti- a conciliare il sonno, in linea con una regia che definire piatta è un eufemismo. Le scene violente ci sono, ma non possono essere definite un plusvalore.
Fantahorror di Corman del 1990, dallo spunto interessante: uno scienziato dal futuro si ritrova tra le Alpi Svizzere nel periodo in cui fu scritto Frankenstein. Corman lo gira sempre nel suo stile da B movie, ma i risultati sono inferiori agli horror usciti circa trent'anni prima. Gli effetti speciali sono (come vengono spesso definiti negli horror italiani) "artigianali", più che altro sono fatti al risparmio in questo film dove ci sono anche momenti splatter. Ma è la fotografia, soprattutto, ad essere da telefilm e a non creare l'atmosfera necessaria.
MEMORABILE: Il mondo che hai creato è migliore di quello di Victor: è sterile... e anch'io sono sterile; e deserto.. e anch'io sono solo.
Atroce filmaccio che ha fatto svanire molta della stima che avevo per Corman. Il film riesce ad accumulare: 1) trama assurda; 2) sviluppo narrativo pessimo e noiosissimo; 3) il peggior mostro di Frankenstein di tutta la storia del cinema e forse il peggior mostro in assoluto mai fatto; 4) il massacro recitativo di attori di pregio come John Hurt (incredibile la sua presenza in tal scempio), Bridget Fonda, Raul Julia; 5) regia inesistente. Dopo un film simile Corman è andato in pensione... per fortuna!
Dopo un assenza ventennale, Corman riprende in mano la cinepresa dando vita a una sorta di fanta-horror metaletterario in cui le vicende di uno scienziato del 2031 si intrecciano con quelle di personaggi storici e fittizi. L'esito è piuttosto deludente e il discorso sul ruolo della scienza nell'umana storia vive di chiari e scuri. Inoltre, personaggi oltremodo stereotipati mettono in scena psicologie superficiali, spesso risibili. Non un buon ritorno.
Siamo in un mondo nel quale il romanzo di Mary Shelley è ispirato a fatti realmente accaduti: dirottandoci nel passato, in una mise en abyme metastorica e vieppiù sci-fi, l'autore creatore e la creatura creatrice e creata, coesistono. Ma le affascinanti premesse cozzano con una rievocazione d'accatto, inverosimiglianze clamorose, azzardi psichedelici che più che sorprendere, imbarazzano. Make-up abborracciato - il mostro è tra i più brutti visti al cinema - con inutili concessioni allo splatter. Finale ambizioso ma sostanzialmente irrisolto. Cast tra l'impacciato e l'incredulo. Deludente.
Film senza né capo né coda, con una sola freccia al suo arco: il fatto che lo scienziato "pazzo" conosca gli sviluppi futuri delle vicende dei personaggi può essere abbastanza "divertente". Un po' pochino, soprattutto visto il nome del regista. Per il resto le alte ambizioni, dovute agli importanti temi trattati, non collimano con una sceneggiatura pedestre ed una realizzazione anch'essa non di primo livello. Per fortuna dura poco, ma resta uno dei punti più bassi di un regista a suo modo geniale e rivoluzionario che chiude la carriera in modo abbastanza inglorioso.
Ambientato nel 2031, simpatico innanzitutto perché anticipa diverse cose tecnologiche che ora sono realtà (o lo stanno diventando). I set, i costumi e gli oggetti di scena hanno un’ottima cura. Così come i trucchi e gli effetti speciali. La trama prende spunto dalla vita di Mary Shelley trovando sì una piega originale ma non sempre interessante o gestita al meglio. Alcune forzature in sceneggiatura, ma rimane un film abbastanza affascinante.
MEMORABILE: La macchina che parla anticipa Alexa e Google; Mary Shelley legge il suo stesso romanzo del futuro.
Imperdonabile pasticcio di un Corman oltre le frontiere del (suo) tempo. Alle soglie dei Novanta, come un pesce fuor d'acqua, cerca di tenersi a galla miscelando nel calderone quanto più possibile: gothic, Ritorno al futuro, le vette artistiche della Universal. Purtroppo l'intruglio rimane imbevibile anche perché il buon Roger, pur brillante, non ha mai avuto la raffinatezza dell'autore. Il ricco cast annega in tale brodaglia fra il ridicolo (i due mostri) e il macchiettistico (il ménage a trois fra gli Shelley e Byron). Deludente.
Corman omaggia la Shelley con una curiosa vicenda di viaggi nel tempo e improbabili intrecci fra letteratura e storia. Il gioco all'inizio diverte, ma più si va avanti più sembra smorzarsi, fra cadute di ritmo frequenti e una regia non sempre ispirata. Hurt è un protagonista intenso, Julia un Victor antipatico e poco energico. Altalenanti gli SFX: le nuvole interdimensionali sono ottime, i raggi laser un po' meno, make-up della creatura bocciato. Buono, però, il parallelismo fra il mostro di Frankenstein e le atrocità belliche della scienza moderna. Ambizioso, non del tutto riuscito.
MEMORABILE: Gli occhi cuciti della creatura; I contadini massacrati brutalmente; Il finale con la donna-mostro che sarà ripreso nel film di Branagh del '94.
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