Si, ammetto che con Camerieri credevo di trovare una sorta di nuova e inedita vanzinata anni 90. Ma mi è piaciuto molto lo stesso, perché Pompucci realizza un film disgustoso e malinconico. E' una riflessione sull'uomo analizzato attraverso un suo modo di comportarsi, quello pietosamente schifoso, vigliacco e immorale. E tutto diventa un mix tra inquadrature raffinate, musiche soft, interpretazioni e movimenti quasi teatrali e un'atmosfera malinconica e solitaria, quella dell'Eden sul mare. Davvero non male le interpretazioni di tutti.
Lo spunto di partenza (che mi ha ricordato quello di Americani) poteva essere molto interessante se degnamente realizzato. Peccato che le cose non siano andate così e il regista abbia sprecato malamente il talento degli attori coinvolti nella pellicola probabilmente anche a causa di una brutta sceneggiatura piena di pressappochismo e con alcuni buchi. In definitiva un’occasione mancata in cui c’è ben poco da salvare.
Una giornata di ordinario lavoro tra il personale di un ristorante sul Tirreno durante un banchetto in onore delle nozze d'oro di una coppia. Questo lo spunto del film di Leone Pompucci, che parte da premesse promettenti. Purtroppo il buon potenziale (ed anche il cast a disposizione) viene in parte sprecato dalla mancanza di un efficace lavoro in fase di sceneggiatura. Affidandosi all'estro degli attori, il regista perde di vista l'insieme e alcune soluzioni narrative appaiono francamente improvvisate alla meno peggio.
Commedia decisamente più agro che dolce, con attori in buona forma, ognuno alle prese col suo personaggio, facente parte di un sottobosco formato da perdenti, fanfaroni, uomini squallidi, cinici, rovinati dalla vita, o semplicemente bastardi. Ne è un fulgido esempio Abatantuono, con la sua "perla nera": "Bocca no", o Villaggio, incatenato al passato, ma costretto a vivere in un presente dove, a parte il nipote, nessuno lo rispetta, specialmente il cuoco. Si esagera un po' nel voler distruggere i protagonisti, tendendo a ripetere il concetto, ma nel complesso, è una pellicola riuscita.
MEMORABILE: "Tu giocavi?". E Abatantuono: "Ho oscurato Causio"; "Titolo di studio?". "Patente B"; Abatantuono al cagnolino: "Che razza sei, un levriero nano?".
Uno spaccato cinico, spietato e pungente del ramo ristorazione. Difficile dire se siano peggio i camerieri o i clienti. A conti fatti nel film c'è la summa di avidità, prepotenza, egoismo e vigliaccheria che neanche in Brutti, sporchi e cattivi. Pompucci sembra voler fare lui il film coi suoi splendidi movimenti di macchina, ma man mano lascia spazio e importanza al parco attori d'eccezione. Se Villaggio fatica ad affrancarsi dal suo solito personaggio, Abatantuono si riconferma garanzia di un'ottima performance. Un po' fastidiosa l'assordante fisarmonica.
MEMORABILE: Abatantuono fa cadere di proposito le forchette per...; Villaggio che cerca di distinguere i due vini.
Un racconto pungente ed ironico ambientato all'interno di un ristorante che per sopravvivere deve convincere il nuovo padrone. Un cast di ottimo livello che dispensa cattiverie cinematografiche e cinismo. Lievemente carente l'introspezione psicologica dei personaggi, ma la narrazione scivola senza intoppi.
Bel film di attori, con una storia di partenza non particolarmente elaborata ma che sa sfruttare benissimo le doti di ogni singolo interprete. Abatantuono e Villaggio immensi, come sempre, ma anche Messeri, Fassari, Salimbeni dimostrano di essere validi attori di personaggi costruiti con grande realtà. Curiosa la colonna sonora, belle le ambientazioni e l'atmosfera che si respira. Comparsata per il grande Ciccio Ingrassia e inquadrature ben fatte. Solo il ritmo a volte stenta un po' ma non fa nulla.
Tipico spaccato della nostra società ben disegnato da Pompucci, ambientato in un ristorante sul mare senza troppe pretese, con camerieri litigiosi e squattrinati, clienti piccolo borghesi volgari e cafoni. Ne esce una commedia più che gradevole con Villaggio superlativo nel ruolo del capo cinico, ma perdente e Abatantuono in quel tipo di italiano che cerca di arrangiarsi in mille maniere. Ottima la performance di un cattivissimo Fassari, mentre le donne sono quasi tutte troppo volgari.
MEMORABILE: Abantantuono fa a braccio di ferro con un cliente e Fassari: "Se vinci ti tengo", ma dopo mezzo minuto: "Se non perdi vi caccio via, tutti voi camerieri.
Una commedia corale agrodolce, a tratti riflessiva, con sconfinamenti nel malinconico. Questa la summa del bel film diretto da Pompucci, regista che evidentemente sa tenere a bada personalità prorompenti come Villaggio e Abatantuono (entrambi misurati, perfettamente nel loro ruolo) nonchè realizzare inquadrature suggestive della location marittima. Un plauso anche al resto del cast; buona pure la fotografia. Sicuramente uno dei prodotti migliori usciti dalla commedia italiana degli anni '90, erroneamente scambiato da molti per un film frivolo.
Ottimo esempio di cinema italiano, come spesso accade sottovalutato. Villaggio esce dai panni di Fantozzi e offre una perfetta prova di personaggio dispotico e insopportabile, Abatantuono interpreta bene il ruolo di trafficone. Ma è l'intero cast a funzionare bene. Forse ci si aspetterebbe di ridere un po' di più contando un cast di attori solitamente votati a ruoli leggeri. Invece il film è molto malinconico, quasi aspro. Da segnalare anche l'ottima prova di Fassari e il cameo del grande Ciccio Ingrassia.
I camerieri di un ristorante devono guadagnarsi il posto accontentando i nuovi proprietari del locale, una famiglia di orrendi mobilieri cafoni arricchiti. Nessuno è un grand'uomo per il suo servo, ma qui non serve Shaw, i personaggi in questione sono tremendi. Vorrebbe essere una commedia nera con spunti sociali, ma il nero è troppo nero per essere vero e gli spunti sociali sono spuntati, lanciati su bersagli scontati e stereotipati. Cast sprecato e probabilmente troppo numeroso: per essere gestito avrebbe richiesto un Altman in forma.
Personaggi inariditi, cattivi e squallidi che riflettono l'aura del ristorante-casermone sul mare che può far solo venire i brividi (nel senso negativo). Il "davanti" e il "dietro" sono rappresentati con "malvagia maestria" e tutto ciò funziona, grazie anche al notevolissimo cast.
Com'è dura la vita dei camerieri, sopratutto quando il vecchio padrone (Cicco Ingrassia) vende il suo ristorante ad un cinico immobiliare (Antonello Fassari), che organizza unn pranzo per i cinquant'anni dei suoi genitori, per mettere alla prova i camerieri e vedere se tenerli o meno. Ma se Fassari fa l'antipatico, Villaggio, Abatantuono e gli altri camerieri non sono certo dei santi; anzi, si azzannano l'uno con l'altro per ingraziarsi le simpatie del nuovo padrone, che li sopporta a malapena. Si ride poco niente, ma è un film bellissimo.
MEMORABILE: Carlo Croccolo, il padre del nuovo padrone e Sandra Milo, l'amante del vecchio, amoreggiano in bagno, mentre è in corso il pranzo del cinquantesimo.
Mettere in scena la vicenda di un gruppo di seconde linee ad assecondare il futuro capo e descrivere i loro rancori poteva essere vincente. Anche per uscire dal solito stereotipo della commedia. Nonostante buoni caratteristi, la sceneggiatura è misera. Buona l'ambientazione e qualche angolo di ripresa. Il finale conciliatorio sembra messo per concludere col minimo sforzo.
MEMORABILE: Messeri alla fisarmonica; Villaggio che balla all'esterno; Villaggio che racconta i suoi trascorsi.
Commedia che descrive abilmente il mondo del lavoro e il "così vanno le cose" tipicamente italiano. Ingraziarsi il datore di lavoro, svendendosi per poter rimanere, sono atteggiamenti tipici del dipendente italiano che vive nella paura e nell'istinto di sopraffare l'altro. Interessante esperimento che però presenta una sceneggiatura troppo noiosa e alla lunga stanca troppo.
Classica tragicommedia italiana dove il cinismo si fonde con lo squallore e la rappresentazione della fauna umana diventa una sorta di trattato di psicologia. Cast ricco, anche se non tutti riescono a imprimere la giusta direzione al loro personaggio e Pompucci, che scrive anche soggetto e sceneggiatura, scimmiotta grandi miti come Avati senza averne le stesse doti. Meno male che alla fotografia c'è uno scafato come Contini che riesce a tirar fuori il meglio anche da quel poco che offrono le location. Ambizioso ma riuscito a metà.
Lavoro sopraffino della meteora registica Leone Pompucci, il cui talento è negli anni scorsi finito al servizio di improponibili serial e fiction televisive di improbabile qualità. Grandissima prova di Villaggio, forse la migliore della sua carriera e di tutto il resto del cast. La storia riflette in modo estremamente cinico i mali della società contemporanea e il tema della famiglia è approfondito in maniera angosciante. Tutto bellissimo; peccato per il finale troppo facilone e poco coerente con il resto. Gran film.
Mediocre. "Fragile" per come è strutturato e anche perché più o meno si sa già come va a finire. I personaggi non sono tanto convincenti, anche se la bravura di Messeri, Villaggio e Abatantuono si evidenzia molto. Poteva esser fatto meglio, non c'è dubbio, ma qua e là comunque qualche sorriso esce.
Un gruppo di attori spettacolosi salva, ma solo parzialmente, un film con troppi aspetti esagerati. La voglia di essere "cattivi-cinici", nel rappresentare sia la mediocrità dei "servi" sia la cafoneria dei nuovi ricchi, porta il tutto in overdose. La storia aggiunge aggiunge aggiunge, anche quando si tratterebbe di levare, finendo paradossalmente con l'annoiare. Gli attori sono talmente bravi che diventa impossibile fare una graduatoria di merito. Il film richiama un episodio de I nuovi mostri.
MEMORABILE: Villaggio presenta il suo curriculum, citando il fatto di aver servito anche Donna Rachele Mussolini.
L'idea non è niente male, l'ambientazione in questa trattoria al mare fuori stagione ha il suo fascino e contribuisce a dare quel che di decadente che la sceneggiatura vuole che venga percepito. Rapporti sfilacciati e di totale disistima tra i camerieri alle prese con un gruppo di "coatti" arricchiti che pensano di avere il mondo in mano. Gli attori sono a un ottimo livello e ognuno differenzia adeguatamente il ruolo con la creazione di un buon mix di caratteri. L' ho rivisto volentieri.
Una rotonda sul mare e camerieri (poco amici) a servire, per dirla alla Fred Bongusto. Il cast è importante, e con due star come Abatantuono e Villaggio (dall'accentuarsi genovese eccessivamente forzato) era lecito aspettarsi qualcosa di più. L'artificiosità del regista e una lentezza evidente non giovano certamente. Anche il finale è piuttosto deludente.
Grande cast (illaggio, Abatantuono, un Fassari dal personaggio viscidissimo, il cameo di Ingrassia) per un film nichilista, cinico al massimo livello, dove non si salva nessuno e dove nessuno si salva da solo. Una pellicola che lascia l’amaro in bocca e che ci mostra un banchetto di nozze terribile: se qualcosa può andar storta sicuramente lo farà e infatti stona e non poco il finale, telefonato rispetto alla piega pietista che il resto del film aveva preso. Ottima la recitazione con un Villaggio magistrale; peccato per il finale, che abbassa un poco il voto.
Un ritratto spietato e nichilista di una vecchia Italia che muore lasciando spazio alle giovani leve, qui uniche rappresentanti di valori positivi. Il decadente ristorante si configura come microcosmo nel quale si consumano le vicende di personaggi moralmente discutibili, rappresentanti di una nazione marcia e in crisi. Qualche sprazzo di luce si intravede nella semplicità di alcuni personaggi, puntualmente stroncati dagli arroganti di turno. Molto particolare e ben filmato.
Circondato da una misteriosa quanto incomprensibile aura di culto, questo secondo film per il cinema di Leone Pompucci accumula lungo il cammino tanti di quei difetti che sarebbe difficile anche solo ricordarseli tutti a fine visione. Personaggi che berciano di continuo, accumulo di situazioni grottesche, momenti felliniani fuori luogo, cliché iper-sfruttati (ancora il 13 al Totocalcio per risolvere tutto?). Sprecato il cast di bravi attori, a partire da un Paolo Villaggio deliziosamente regionale nella parlata.
MEMORABILE: Abatantuono che ricorda il suo passato calcistico: "Primavera Atalanta: ho oscurato Causio".
Il personale di un ristorante in disuso sul litorale romano si gioca il futuro di fronte al nuovo proprietario dell'immobile indeciso se mantenere l'attività di ristorazione o trasformarla in un mobilificio. Tra I nuovi mostri e Americani una commedia cinica e amara in cui emergono echi dei maestri Risi, Fellini e Avati. Un film ingiustamente bistrattato dalla critica che preferisce talvolta rivalutare i cinepanettoni piuttosto che riconoscere i meriti di Pompucci. Regia mobile, cast di livello ben utilizzato; peccato solo per il finale consolatorio un tantito posticcio.
MEMORABILE: Messeri che esegue alla fisarmonica "Violino Tzigano"; La prova dei vini a cui è sottoposto Villaggio; Il furto delle mance; Il taglio del codino.
Pellicola che cerca ovunque la metafora, finendo per esagerare e diventare da poetica a retorica; regia alternativa, ricca di trovate, piani sequenza, che fa uso della forma per veicolare la sostanza; la pecca di questo raffinato film, che racconta una non-storia, è lo smodato uso del surreale, emblematico nel prolungato terzo atto e nel finale che, date le tantissime porte narrative aperte, poteva chiudersi in modi molto più geniali. Peccato. Rimane comunque un film degno di nota, scostato dall'incombente mediocrità di molto cinema.
Un bel film di Pompucci che ha dalla sua il merito di raccontare una storia divertente in modo ordinato e lineare, che nell'asfittico panorama del cinema italiano del periodo è grasso che cola. Certo, ogni tanto appare qualche falla, subito tappata dalla grande prova corale dell'esimio cast, in cui spiccano per cinismo Croccolo e Fassari, entrambi molto nel ruolo. Una sceneggiatura ben scritta che ha meritato il Nastro d'Argento e un'impagabile location sulla spiaggia ne accrescono il valore complessivo. Una visione meno facile di quanto si creda, in grado di regalare emozioni vere.
MEMORABILE: L'ambiente delle cucine, reso con realismo; Il figlio di Abatantuono scacciato dal patrigno "infrattato" in macchina..
Particolarissima commedia amara, da "pugni nello stomaco", il cui motore principale è costituito dai rancori portati all'estremo della sopportazione. Il pubblicista Leone Pompucci dirige un'opera (da lui stesso brillantemente co-sceneggiata) che si regge completamente sulla nevrosi di tutti i personaggi, tra cui spiccano Catania e Messeri. Villaggio torna nel suo - non così frequente - ruolo del duro cinico dalla cadenza genovese, Abatantuono fa il suo degno contraltare rivale. Pressoché ignorato nelle sale, forse a causa del trailer ufficiale che fa presagire tutt’altro.
Decisamente più un film drammatico o puramente grottesco che non una commedia. Il senso di desolazione che si prova durante la visione è grande, non solo per la fotografia che privilegia paesaggi "lunari" (escludendo il ristorante non si vedono altri edifici) ma soprattutto per il carosello di detestabili individui che viene servito allo spettatore. Colonna sonora calzante (la fisarmonica mette malinconia) e ottimi gli attori protagonisti (incluso Villaggio, qui in un ruolo insolitamente caustico). Decadente e a tratti angosciante, ma penalizzato da un finale troppo "facile".
MEMORABILE: Villaggio screditato dai colleghi di fronte al nipote.
Film di rivendicazione sociale in una commedia amara, ottimamente recitato (Diego, Fassari, Messeri e Croccolo su tutti, mentre il personaggio di Villaggio è insopportabile). Ambientazione squallidamente eccelsa. Resta un'operazione vacua nel delineare caratteri non sempre riusciti e l'avanzamento "cafonal" dei nuovi ricchi di borgata contrapposti ai poveri disgraziati che, con tutti i loro difetti, vengono "salvati" dal regista. Intenti propagandistici a parte, resta un film discreto che non riesce a colpire nel segno, scontentando un po' tutti. Peccato per il cast sprecato.
Il regista Leone Pompucci, negli anni '90, pareva fare il verso a opere alla "Dino Risi Anni ‘60"; peccato si sia poi perso nei mille rivoli del cinema e della tv un po' meno ambiziosa e di fatto la carriera - che pareva così promettente - s'è rivelata decisamente meno sgargiante. “Camerieri” è forse l'opera - comunque non riuscitissima - che ne ha esaltato tale ambizione, ma che in definitiva regge perlopiù sulle solite intuizioni attoriali fatte di espressioni e talento più che sulla scrittura e a scelte di grottesco e cinico umorismo (palesemente fine a sé stesso, tra l'altro).
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Nel cast anche Massimo Ferrero in una delle sue rare interpretazioni, prima che diventasse il presidentissimo della Samp. Eccolo in versione Sam allevatore di cani levrieri a cui Abatantuono si rivolge per un cane da corsa. Si vede poi ancora quando gli porta il cane e alla fine, quando gli molla un pugno perchè non ha i soldi per pagarlo.
Nel cast anche Massimo Ferrero in una delle sue rare interpretazioni, prima che diventasse il presidentissimo della Samp. Eccolo in versione Sam allevatore di cani levrieri a cui Abatantuono si rivolge per un cane da corsa. Si vede poi ancora quando gli porta il cane e alla fine, quando gli molla un pugno perchè non ha i soldi per pagarlo.
Massimo Ferrero oltre che come attore è accreditato nei titoli di testa come organizzatore generale del film.