DELIRIO DI SANGUE prende l'idea di base (l'artista che dipinge col sangue delle sue vittime) dal COLOR ME BLOOD RED dello splatter hero Herschell Gordon Lewis e la mescola a quella dell’ancor più noto REBECCA - LA PRIMA MOGLIE di Hitchcock. Di suo il regista Sergio Bergonzelli (celatosi sotto lo pseudonimo di Peter Hudson) ci mette la scarsa capacità di dirigere con grazia e la sceneggiatura, penosa. Il risultato è un horror di pura serie Z interpretato da un John Phillip Law che sembra Beppe Grillo dopo una tirata di coca e da una Brigitte...Leggi tutto Christensen assente dalla prima all'ultima scena. L’ambientazione nel tetro maniero ricorda i vari Dracula, con Gordon Mitchell che fa il servitore di turno con qualche bollore di troppo da spegnere (stupra vive e morte senza distinzione). Il film si trascina stancamente ripetendosi all'infinito senza variazioni di rilievo (persino il motivetto pianistico è sempre identico, come se Sybille, artista di successo, non fosse in grado di suonare altro), mettendo alla prova la pazienza di chiunque. Si sperava almeno in un po' di splatter (visto il titolo...), invece il sangue sgorga con parsimonia e i due unici omicidi vengono commessi quasi fuori campo: Yvonne, la prima, viene accoltellata al buio dopo la consueta lotta a due per esser poi fatta a pezzi dal maggiordomo con la sega elettrica, ma a noi mostrano solo una testa mozzata e un ossicino dato in pasto al cane. Lo stesso cane sbranerà poi Corinne in una sequenza di due secondi: presa e appesa nuda come un pollo, verrà pugnalata senza troppa convinzione. I monologhi (e dialoghi) poetici del pittore, novello Van Gogh, sono quelli sì veramente deliranti e pretenziosi. Effetti speciali da Circo Togni.
Bruttissimo e delirante film di Bergonzelli che copia senza alcuna vergogna da Rebecca di Hitchcock e da Color me blood red di H. G. Lewis. Scarsa la capacità di dirigere il film e di cavare qualcosa di buono da una sceneggiatura che, a tratti, fa davvero ridere. Gli attori ce la mettono tutta per fare del loro peggio, mentre sugli effetti speciali (per modo di dire) stendiamo un velo pietoso. Per questo motivo non aspettatevi spaventi. Le risate invece sono, forse, assicurate.
Beh, bruttarello forte lo è. Vogliamo considerarlo però un nostalgico grido di dolore per il defunto cinema italiano di "quel" genere, forse. Bergonzelli mostra nudi e interiora senza remore, condisce il tutto con un non deprecabile motivo musicale e presenta il prodotto attraverso una sceneggiatura scellerata che termina nel peggiore (o migliore?) dei modi possibili. Razionalmente "monopallinico", scendendo (o salendo) al suo folle piano, almeno due (di pallini).
C'è poco da dire di questo film di Sergio Bergonzelli, se lo si analizza da un punto vista critico: è come sparare sulla croce rossa! Però come esperimento di film di genere di scarsissimo budget, con una star in declino caduta in disgrazia, sceneggiatura debordante di scopiazzature (o citazioni!) alla fine risulta quasi simpatico. Non fa ridere ma sorridere per la sua ingenuità e scriteriata voglia di fare cinema e Bergonzelli si candida a pieno titolo come l'Ed Wood italiano.
Obbrobrio. Forse a livello tecnico è uno dei peggiori film girati nell'ultimo secolo. Attori decadenti e orribili (in particolare il "figlio del demonio" Mitchell nella sua interpretazione meno riuscita), starlets bruttissime (l'attrice principale), battute non proprio sensate ("si nota un certo travaglio interiore misto alla parapsicologia"...), effetti speciali ridicoli. Morale della favola: fa pena. Vedere per credere.
Rarissimo esempio di film inguardabile sotto ogni punto di vista: musiche in stile "Rondò Veneziano" al limite del fastidioso, fotografia assente, effetti speciali patetici e raffazzonati, dialoghi da adolescente esaltato, attori di una teatralità sconcertante. Per non parlare di una sceneggiatura che comprende un cane di nome "Satan" e un "maggiordomo" (Gordon Mitchell) stupratore di cadaveri nonchè (a detta dello stesso Phillip Law) "figlio del diavolo, ma innocuo". In poche parole, talmente ignobile da rasentare la perfezione. Da vedere.
MEMORABILE: Il poema recitato ogni trenta secondi da Phillip Law: "Fitto attorno a me l'arcano...".
Un delirio vero! Il soggetto non è neppure malaccio, ma il difetto sta nella stesura di una sceneggiatura diluita in 87 minuti di cui solo 15-20 sono interessanti. Il risultato è che spesso il film annoia, si ripete e dosa male i tempi. A ridicolizzare il tutto si aggiungono la scazzottata finale e i nonsense gratuiti. Dispiace perché alcune scene sono davvero inquietanti (e il "maggiordomo" del pittore è assai viscido), ma inserite in un contesto tale perdono il fascino che avrebbero potuto avere con uno sviluppo migliore.
MEMORABILE: Ecco! Eccolo... il colore della sofferenza!
Che Bergonzelli si sia ispirato a Herschell Gordon Lewis o al "pittore delle agonie" di Avati non è dato sapersi, comunque il suo film mantiene un'aura malsana non indifferente, che a tratti può pure ricordare Buio omega. L'ambientazione da gotico all'italiana è decadente e squallida al punto giusto, il personaggio di Mitchell è malatissimo, Philip Law novello Van Gogh è delirante, la fotografia sembra di 10 anni più vecchia, il tema musicale ossessionante, le scene gore ripugnanti, i numerosi nudi gratuiti; resta un guilty pleasure irrinunciabile!
MEMORABILE: Ogni scena con Mitchell, maggiordomo necrofilo, maniaco sessuale, omicida e cannibale!
Puntando follemente verso l'alto, Bergonzelli combina elementi talvolta nemmeno malvagi (inquadrature, confezione, musiche) ottenendo magicamente grandiose perle di comicità involontaria grazie anche all'overacting generale e splendidi dialoghi trash-decadenti. Quando poi nel secondo tempo si spinge il pedale sulle nefandezze (nemmeno all'acqua di rose) il divertimento cala un po', ma se non altro si tiene fede al titolo. Ultima alienata deriva del nostro cinema di genere e testamento del mitico Serge Bergon, tanto folle da meritare un *!.
MEMORABILE: Al museo: "Fitto attorno a me l'arcano inquieta la pupilla esplora e tra veli opachi futuri frammenti intravvede, nascosti ma da sempre presenti".
Ci sono quei film terribili che puoi subire a patto di stare in compagnia di amici desiderosi di sano trash da irridere con una birra in mano e questo è uno dei casi più esemplari, in questo senso. Delirio puro, low budget, effetti speciali a dir poco ridicoli, attori sopra le righe e musiche invadenti sono l’asse portante di questa pellicola. Ci sarebbe molto a disposizione per stroncare questo filmetto (una delle ultime cartucce del cinema di genere), ma sarebbe come infierire su un bersaglio davvero facile.
Basterebbe limitarsi alla parola delirio per descrivere, senza alcun margine di errore, lo standard della pellicola. Storia assurda e mal trasposta, supportata da una recitazione stralunata e da un finale talmente incomprensibile e sopra le righe da lasciare basiti. Metti che il motivo portante della colonna sonora è ripetuto fino allo stremo ed ecco che si finisce per alzare bandiera bianca molto presto.
Mai titolo fu più adatto. Film veramente delirante; trash a palate, eppure con grande stupore non si riesce a trovarlo totalmente osceno. Infatti, trash a parte (la vocina e gli effetti ottici finali sono quanto di più terrificante il nostro cinema di genere abbia partorito), il film ha un'atmosfera veramente malata e perversa che raramente si è raggiunta nel nostro cinema horror. Mitchell, qui maggiordomo necrofilo e omicida, offre un'interpretazione veramente incredibile (in senso positivo), troppo sopra le righe Law. Veramente curioso.
MEMORABILE: Mitchell che squarta la vittima di turno; La "sua collezione"; "Satana perché mi hai abbandonato?"; Citazioni colte: "Tanto rumore per nulla!"
Nel rispetto del cliché Bergonzelli trova modo di bluffare: l’assassino è il maggiordomo, ma il mandante è Lewis (Hershell o Jerry?); la diligente techné è dichiarata su un tarlato tavolo di sole 3 gambe, dove l’incuria registica verso la sponda attoriale ha la meglio nel farlo traballare, rendendo pericolante ogni possibilità di prendere seriamente uno script patchworkato coi cestinati scarti di Zulawski e Adinolfi; Mitchell, Drebin post-atomico, sguazza tra Buttgereit e D’amato, Law ci manda tutti affanGogh. Si tenta la derapata nel marciume, ma è l’ilarità ad avere la prima e ultima parola.
MEMORABILE: Le allucinazioni durante lo stupro; La proemica epigrafe in voice-over e il 90% dei dialoghi; Le colonne di marmo che rimbalzano durante il crollo!!
Inenarrabile boiata horroroide di serie Z che tocca alte vette di ridicolo. Più che un delirio di sangue un delirio di dilettantismo. Attenzione però: è un vero giardino di delizie per gli esegeti del trash nostrano; e per chi vuol farsi quattro risate involontariamente stimolate dagli autori di questo prodotto della categoria "se non lo vedi non ci credi". Da insulto all'udito la musica.
L'inizio ad alto tasso trash è molto promettente; peccato che poi il film letteralmente si spenga in un mare di noia, lentezza e fastidioso splatter a buon mercato. La trama tenta le citazioni "colte" (Rebecca la prima moglie, La donna che visse due volte) ma fallisce miseramente sia per via dei pessimi dialoghi che delle recitazioni, tutte classificabili fra l'inespressivo e l'esilarante. Nel complesso un polpettone davvero difficile da digerire, solo per trashofili o completisti del genere horror.
La classicità gotica del doppio (la defunta che si reincarna idealmente e necrofiliacamente nella sua sosia) viene qui mixata con l'amore smisurato per l'arte tale da sacrificare la vita e il corpo (il taglio dell'orecchio Van Gogh-iano e i salassi sulle vittime, fonte non illimitata di colore per la tela). Un motivetto pop-classico orchestra questo delirio malsano dal ritmo sostenuto, con anche il leit motiv bergonzelliano del volto fantasma che si sdoppia e si triplica sullo schermo. Molto suggestivo, tra le location, il castello abruzzese.
Se il cinema di genere era già una mezza parodia di quello alto (Visconti), questo di Bergonzelli è sicuramente una piena parodia di quegli episodi già decadenti (che vantavano, però, notevoli attori). Come horror sovrannaturale vale zero; si fa apprezzare unicamente per alcune impennate deliranti (lo scheletro al piano, il maledettismo del novello Van Gogh, i ridicoli sproloqui new age), ovvero per il contrario di ciò per cui dovrebbe essere apprezzato. Finale esilarante.
Qualcosa di stilisticamente valido l'ho trovato; ad esempio la creazione trifacciale sghignazzante che ironizza sull'operato del pittore, le espressioni del pittore stesso (Law non demerita) e perfino la seconda metà, che ci è sempre vicina e che ha la peculiarità di appartenere al passato e di rappresentare già il futuro. Ma per il resto il film fa acqua da tutte le parti, nonostante si utilizzi il sangue come unico colore vivo, al punto da far lacrimare perfino dei bellissimi quadri. Nessun brivido e nessuna sensazione particolare, solo un brutto film.
MEMORABILE: Il dispositivo di sicurezza della dispensa.
Non così trash come si sente dire. Il film di Bergonzelli può beneficiare di una confezione tutto considerato dignitosa, con una fotografia ricercata e musiche adeguate al contesto. Anche l’atmosfera malsana è riuscita e rende il film piuttosto cupo, tanto da apparentarlo a una memorabile perla di Massaccesi. Il cast, poi, offre buone performance, con Law folle pittore e Gordon Mitchell maggiordomo necrofilo. Ciò che lo penalizza è un ritmo tendenzialmente catatonico, il che genera non di rado tedio, ma nel complesso trattasi di B-movie potabile.
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Buio, non so dove cercarti, comunque tra i tuoi flanetti hai quello de Il medaglione insanguinato di Dallamano?l'ho visto ieri sera e ne sono rimasto conquistato/terrorizzato come non mai
Il BD di cui sopra dura 94' 17" (a 23.976 fps), opzioni audio inglese e italiano, sottotitoli removibili in inglese e region free, qualche screen di seguito