Blind beast - Film (1969)

Blind beast
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Titolo originale: Môjuu
Anno: 1969
Genere: horror (colore)

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 9/04/07 DAL BENEMERITO IL GOBBO
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Il Gobbo 9/04/07 11:55 - 3015 commenti

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Delirante gioiello di Yasuzo Masumura, fra erotismo malsano e gore, nello stile dello scrittore Edogawa Rampo da cui è tratto. Storia dell'amour fou di uno scultore cieco per una bellissima donna, che sequestra e reclude in un casolare isolato per farne oggetto delle proprie perversioni tattili. La donna all'inizio non ci sta ma poi... Viaggio nei meandri della follia erotica, di claustrofobica intensità, con interpreti eccezionali: imperdibile.

Supervigno 12/06/07 22:39 - 229 commenti

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Claustrofobico, allucinante, sensuale. Questo film è in grado di trasmettere tutta la gamma di sensazioni che vanno dall'orrore all'attrazione passando per ogni possibile sfumatura di morbosità. Bellissime le statue che popolano lo studio dell'artista, bellissima la scultura che il protagonista cieco cerca di creare servendosi soltanto delle proprie mani e del corpo della sua modella. Tragica, ossessiva e appassionante la storia d'amore. Meraviglia!

Cotola 9/08/08 21:48 - 9112 commenti

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Film giapponese di chiara origine teatrale che può contare su un’idea di partenza molto interessante (la creazione dell’arte del tatto) che non viene però sfruttata al meglio e fino in fondo: tuttavia nonostante a tratti sia piuttosto usuale e non brilli certo per originalità, il film cresce gradualmente anche diversi giorni dopo averlo visto, rivelandosi infine difficilmente dimenticabile. Merita la visione anche se va detto che non è certo una pellicola per tutti i gusti.

Aal 14/10/10 19:46 - 321 commenti

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Un film memorabile, di una intensità devastante: una spirale discendente che conduce verso un finale in cui il livello emozionale è al limite della tollerabilità. Costruito su tempi teatrali, mette in scena la degenerazione di un rapporto erotico che nasce tiepidamente per poi evolversi nella celebrazione del dolore come piacere, passando attraverso stadi progressivi di complessità psicologica, morbosità e perversione. Attori splendididamente diretti, musiche minimali ed evocative, scenografia suggestiva dai toni surreali. Imperdibile.

Greymouser 21/05/11 18:54 - 1458 commenti

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Prodotto nel 1969, questo film è in realtà molto più inquietante di tanti horror dei nostri giorni. Si vedano le scene finali, quasi insostenibili, nonostante l'assenza di ogni facile effetto splatter. Infatti, lo sguardo del regista è sempre pieno di pudore, e nononostante ciò il risultato è sensuale, morboso e infine raggelante come pochi altri. Paradossalmente, il punto di forza della vicenda di agonia ed estasi sta nell'essere del tutto decontestuaalizzata, sospesa, rinchiusa in un interno metaforico di chiara apparenza teatrale. Bello.

Giùan 20/02/13 13:06 - 4603 commenti

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Claustrofobico e ossessivo courtdrama, costruito da Masumura come una implacabile scala a chiocciola verso il buio della mente. Il film, che ha curiosi punti di contatto concettuale con La prigioniera di Clouzot, procede per successive variazioni perturbanti (dall’incipit erotico feticistico al delirio edipico, fino all’estremo precipizio autodistruttivo) capaci di provocare lo spettatore, giocando sul filo teso della verosimiglianza. Certo diseguale e a tratti ingenuo, ha il merito di cortocircuitare il triangolo Ars-eros-thanatos. Scenografie oniriche.
MEMORABILE: Il massaggio; Lo straordinario lavoro scenografico sull’atelier dell’artista cieco.

Qpossum 5/01/14 22:56 - 39 commenti

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Claustrofobico (tre personaggi e in pratica un solo ambiente), inquietante dramma/horror d'antan, dopo oltre 40 anni sa ancora regalare ottime sensazioni. La lenta discesa nella follia dei protagonisti e della loro situazione culmina in un finale cupissimo che lascia attoniti. Indimenticabile lo studio dell'artista.

Rufus68 1/02/16 23:33 - 3858 commenti

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Un'attrazione puramente estetica si tramuta prima in coinvolgimento fisico, quindi degenera (o sublima) in estasi sadomasochistica, sino al cupio dissolvi finale. Girato quasi tutto in un interno (lo studio dell'artista, di rilievo quasi espressionista), il film è un resoconto oggettivo delle pulsioni autodistruttive proprie al Giappone del dopoguerra, ormai privo dei riferimenti morali tradizionali. Più nichilista che davvero visionario.

Daniela 10/01/17 11:21 - 12719 commenti

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Invaghitosi di una statua esposta in un museo, uno scultore cieco rapisce la modella e la segrega nel suo studio, un antro buio cosparso di riproduzione giganti di organi umani... Dramma claustrofobico con tre soli personaggi (c'è anche quello della madre del cieco, disposta ad assecondare il figlio ma gelosa di lui) che, mostrando pochissimo sangue ed alludendo al sesso più che mostrarlo, riesce ad essere estremamente disturbante: un incubo immerso in stupefacenti scenografie surreali, un naufragio erotico dagli sviluppi imprevedibili. Affascinante, strano, indimenticabile.
MEMORABILE: Le pareti di occhi, nasi, bocche, gambe, braccia, orecchi, mammelle; L'inseguimento nelle due enormi sculture di corpi femminili morbidi

Fulleffect 3/10/21 11:45 - 107 commenti

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Uno scultore cieco rapisce una bella ragazza e si rinchiude con lei in un magazzino con l'intento di utilizzarla come modello per una scultura. Stranissimo e affascinante film giapponese che nonostante tenga violenza e sessualità in fuori campo, riesce a disturbare e risultare morboso. Il rapporto tra i due protagonisti è in continua trasformazione, i rapporti di forza si invertono e lentamente si cade nella follia e nell'autodistruzione. Fantastiche le scenografie di stampo surrealista che avrebbero meritato invece una regia più sperimentale e un montaggio meno canonico.
MEMORABILE: La mutilazione corporea mostrata attraverso la distruzione della statua.

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Kinodrop 10/12/23 18:52 - 3004 commenti

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Nello studio/antro di uno scultore cieco si consuma un dramma nichilista dai tratti espressionistici che coinvolge lo stesso artista e una modella a suo tempo rapita per saggiare un nuovo tipo di arte "tattile". Chiaramente teatrale - l'unico altro personaggio è la madre di lui - risente della ristrettezza dell'ambiente se pur interessante dal lato scenografico e di una psicologia schematica che si rivela anche nella stessa gestualità che va ineluttabilmente verso un finale autodistruttivo debitore anche di un certo clima artistico estremo, tra bondage e feticismo (vedi Araki ecc).
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