Ai margini della metropoli - Film (1953)

Ispirato molto vagamente alle vicissitudini giudiziarie di Lionello Egidi (incolpato ingiustamente per l'uccisione di Annarella Bracci nella borgata romana di Primavalle), il film si snoda in modo corretto ma senza particolari sussulti interpretativi e di regia (anche a causa di censure e rimaneggiamenti, volti a salvaguardare l'onorabilità di polizia e questura, compromessa proprio dall'indagine).

Un disoccupato viene arrestato per l'assassinio dell'ex amante. Le prove contro di lui sembrano schiaccianti, ma il suo avvocato inizia a condurre indagini per conto proprio... Da un fatto di cronaca nera, un film che mixa l'ispirazione neorealista con i toni melodrammatici viranti al patetico sentimentale, espressi soprattutto nel personaggio lacrimoso interpretato da Masina, mentre le ambizioni di critica sociale sono viziate da una retorica che emerge in tutta la sua pesantezza in occasione di ciò che avrebbe dovuto costituire il pezzo forte del film, ossia l'arringa in tribunale.

Ispirato a una storia vera, il film s'incentra sulle vicissitudini di un poveraccio incolpato di omicidio, appunto perché senza né arte né santi in paradiso... Con sfumature neorealiste, è anche un'occasione per osservare com'era Roma prima del boom edilizio, ricca di alture verdeggianti e baraccopoli periferiche senza pietà. Ottime, come c'era da aspettarselo, le interpretazioni di Massimo Girotti e Giuletta Masina. Ingiustamente caduto nel dimenticatoio.

Un film d'Assise che per automatismo si rifà a unità neorealiste: è la seconda prova di Lizzani, già patentato nella tecnica (i morbidi zoom sulla Masina e Jourdan), anche se il machiavello del giallo pare abbastanza prevedibile. Girotti irrigidito da una punta di sussiego, graziosa la Berti, al minimo sindacale la Masina. Resta l'atto di pietoso svelamento del mondo dei baraccati romani, che diventerà quasi un genere (vedi tre anni dopo Il tetto di De Sica): la performance più necessaria è infatti quella di Giulio Calì.

Lizzani inizia a mostrare quell'attenzione verso la cronaca nera (nella fattispecie l'omicidio di Annarella Bracci e il successivo calvario giudiziario di Lionello Egidi) che gli ispirerà alcuni dei suoi film più celebri, ma in questa opera seconda deve ancora sottostare ai dettami della censura, che gli impongono di attribuire un ruolo risolutivo alla polizia, che nella realtà ne uscì invece con le ossa rotte. In compenso, la rappresentazione delle borgate romane è degna del miglior neorealismo. Masina troppo sopra le righe, Girotti professionale, Berti più bella che necessaria.