Con Fantozzi al mitico Ippopotamo (più intervista)

3 Agosto 2009

Ognuno ha la sua location prediletta, quella che cerca magari da una vita, quella che rappresenta il punto d’arrivo. Per il nostro Ernesto questa è sempre stata (da che lo conosco) l’Ippopotamo, il locale in cui Fantozzi, Filini e Calboni passano una serata tra i tavoli con telefono per chiamare le belle ragazze che siedono ai tavoli vicini in attesa di essere “contattate”...
  “Trovata quella posso anche chiudere la carriera di cercatore di location e andare in pensione”, ha più volte ripetuto Ernesto. Avevo anche chiesto a chi lavorò nel film ma i ricordi erano troppo flebili. Ci ha dovuto pensare prorpio lui, alla fine, “fantozzista” davinottico della prima ora (tutti ricordiamo il suo primo ritrovamento, ovvero il campetto della partita scapoli/ammogliati), che ha risolto il caso vedremo come. Naturalmente la pensione per Ernesto resta un miraggio, visto che non possiamo permetterci di perdere uno come lui (gli abbiamo allungato il contratto di prestazione gratuita fino al 2012), ma intanto abbiamo finalmente in mano l’Ippopotamo!

L’articolo, che va a completarsi con le location della cabina telefonica da cui Calboni chiama “le attricette” e il ritorno del gruppo a casa, ha come pezzo forte l’intervista dello stesso Ernesto al gentilissimo Vittorio Lombardi (con cui ho anche parlato potendone apprezzare la straordinaria cortesia e disponibilità), che ha risposto a domande relative a quel magico sketch che lo videro presente in scena con la sua band di allora.
 Passiamo quindi la parola ad Ernesto e seguiamo la storia dall’inizio:

Per anni mi sono chiesto dove fosse situato il night club più ‘famoso’ d’Italia finché un giorno, dopo alcune ricerche e un pizzico di fortuna, sono riuscito a scovare “L’ippopotamo”, nome di fantasia dell’attuale night club “Cica Cica Boom”, ex “Capriccio”, sito a Roma in via Liguria n. 36 (una traversa di via Veneto). Un luogo piuttosto importante, per la nostra commedia: è infatti lì che, nel secondo tragico Fantozzi, il ragionier Fantozzi, Filini e Calboni, all’insaputa dei propri familiari, trascorreranno una memorabile serata all’insegna del divertimento e della trasgressione.


FASE 1: LA TELEFONATA ALLE AMICHETTE DI CALBONI

Iniziano all’interno di una cabina telefonica le esilaranti sequenze della serata ‘clandestina’: “L’appuntamento era per le ventuno e trenta alla cabina telefonica di viale Garibaldi. Qui Calboni fece centoventisei telefonate ad altrettanti sconosciuti concittadini, gabellandoli per attricette e indossatrici”.
Come noto, anche le vie indicate nel film sono di fantasia e infatti la cabina telefonica dalla quale Calboni effettua svariate chiamate è ubicata a Roma in piazza Bainsizza, di fronte al bar “Vittorie” e non in Viale Garibaldi come specificato da Fantozzi nel film. Oggi la vecchia cabina è stata sostituita da un moderno punto telefonico.

Fallita la ricerca di compagnia femminile, il gruppo esce dalla cabina (ci stavano dentro tutti e tre!) e sempre lì in piazza Bainsizza opta finalmente per dirigersi, su suggerimento di Calboni, al leggendario “Ippopotamo” che, come dice Calboni “è un locale, pieno così di belle signore sole che vanno lì in cerca di compagnia”. Naturalmente non basta un taxi e, su idea sempre di Calboni, ne verrano utilizzati ben tre, “uno per uno, si vive una volta sola, no?”.


FASE 2: ALL’IPPOPOTAMO

 Calboni entra e lancia il cappello centrando l’attaccapanni; Fantozzi entra, lancia il cappello e... centra in pieno volto la giovane che sta al banco d’entrata!
 Si avvicina una ragazza con le sigarette. “C’è movimento stasera?” chiede Calboni.
“Siete i primi...” risponde lei sorridendo innocentemente.
“Voleva dire che erano i primi clienti da tre mesi a quella parte...” Il commento del ragionier Ugo ci introduce alla celebre scena, in cui i nostri siederanno a un tavolo e naturalmente pagheranno un conto salatissimo non senza aver ballato con qualche ragazza e aver telefonato imbarazzatissimi alle donne del locale:
Olga: “Pronto?”
Fantozzi: “Pronto, chi parla?”
Olga: “Sono Olga, tesoro”
Fantozzi: “Non è casa Cometti?... Mi scusi, ho sbagliato numero”.

Come sono arrivato all’individuazione di questo mitico locale, trattandosi di una location ‘interna’ con evidenti difficoltà di localizzazione? Il merito è della mia passione per la musica e in particolare per il sound di certi vecchi strumenti musicali oggi definiti ‘vintage’. E così, osservando attentamente il gruppo musicale presente all’interno del locale, i miei occhi si sono concentrati sulla cassa della batteria dove è spesso indicato il nome della band; nel nostro caso è visibile la scritta “Vittorio Lombardi”, e proprio da questo indizio è partita la mia ricerca, che in breve tempo ha dato i suoi frutti. Vittorio Lombardi esiste davvero e nella sequenza del film è l’unico dei cinque musicisti a indossare una giacca (lo vedrete cerchiato di rosso nella prima tavola). Dopo averlo rintracciato l’ho personalmente incontrato e, su suggerimento del nostro zelante ‘amministratore’ Mauro alias Zender, l’ho intervistato in esclusiva per il “Davinotti” in una giornata della torrida estate romana dopo un lauto pranzetto presso il “Salaria Sport Village” di Roma e non prima di averlo fatto parlare anche al telefono con Mauro (beh, lui è il nostro amministratore, che diamine!)

INTERVISTA A VITTORIO LOMBARDI

Ernesto: Ciao Vittorio, innanzitutto grazie per la tua gentilezza e disponibilità. Come ti ho illustrato ci sono molti amici del “Davinotti”, sito internet che frequento da qualche tempo, curiosi di conoscere alcuni retroscena di questa memorabile serata all’Ippopotamo, che tu hai avuto la fortuna di vivere in prima persona. Comincio dalla domanda più banale, ovvero: come vi ritrovaste protagonisti in questo secondo film di Fantozzi
Vittorio Lombardi: Innanzitutto un saluto a tutti voi. È veramente bello e interessante quello che state facendo. Dunque ti premetto che all’epoca il locale si chiamava Capriccio e non era un night club ma un posto molto elegante e in auge a Roma. Era frequentato anche da gente importante. Io ci suonavo in alcuni periodi dell’anno e un bel giorno mi dissero che una mattina sarebbe giunta una troupe cinematografica e il mio gruppo musicale sarebbe stato compartecipe in una scena del film che, ricordo, fu girato nel mese di marzo. Quel giorno noi suonammo regolarmente fino alle quattro del mattino e verso le otto eravamo già di nuovo pronti per girare la scena.

Ernesto: Quanto durarono le riprese?
 Vittorio Lombardi:
Venne fatto quasi tutto la mattina, poi mangiammo assieme agli attori e nel pomeriggio si terminò. La sera eravamo di nuovo regolarmente sul palco a suonare. Il merito della celerità con la quale venne realizzato il tutto fu senz’altro degli attori e naturalmente di Luciano Salce, che ricordo si intendeva molto bene con Paolo Villaggio; quest’ultimo infatti, a volte, rivolgendosi al regista, proponeva di fare diversamente rispetto al copione e Salce, senza obiettare, lasciava decidere a lui; c’era grande intesa tra i due, ricordo una grande spontaneità nelle scene e a volte avevo la sensazione che fosse quasi tutto fuori copione.

Ernesto: Che ricordi hai degli altri due attori, Giuseppe Anatrelli (geometra Calboni) e Gigi Reder (ragionier Filini)?
 Vittorio Lombardi: 
Conservo un ricordo di loro simile a quello che ho per Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Lino Banfi, De Vico; era tutta gente che veniva dall’avanspettacolo, gente abituata ad improvvisare. In particolare ricordo Reder, che fu di una cordialità strepitosa; quando c’era qualche break ci sedevamo assieme e mi raccontava un sacco di cose.

Ernesto: Le ragazze “entraîneuse” presenti nel locale erano habitué del locale o attrici?  
 Vittorio Lombardi:
non erano del locale ma attrici o comparse generiche che noi non conoscevamo assolutamente.
 
Ernesto: Ricordi la scena del violinista in pista?
 Vittorio Lombardi:
Me la ricordo benissimo. Lui era Michele, il chitarrista, che dopo aver riposto la chitarra prese il violino; gli dissero di girare per la pista, di avvicinarsi a Fantozzi non appena ne avesse avuto l’opportunità e di cercare di colpirlo negli occhi facendo una certa attenzione. Naturalmente lui doveva rimanere serio. Il violino non era il nostro ma della troupe cinematografica e dunque credo che la scena fosse prevista nel copione.

Ernesto: Ma a voi non veniva da ridere?
 Vittorio Lombardi:
Si, certamente, però in quel momento ci comportavamo da professionisti e ridevamo a scena ultimata. C’era un’atmosfera veramente rilassata e cordiale.

Ernesto: Le musiche che si sentono in sottofondo erano vostre o furono aggiunte in un secondo momento?
 Vittorio Lombardi:
I due brani che mi hai fatto ascoltare non li ricordo. Noi comunque durante le riprese suonavamo dal vivo: facemmo un giro di blues, ci chiesero di fare un pezzo ritmato, ma credo che i pezzi che si sentono nel film siano stati aggiunti successivamente.

Ernesto: Non sei obbligato a rispondere a questa domanda; percepiste un compenso quel giorno?
 Vittorio Lombardi:
Si, lasciamo stare la cifra esatta (sorride) però fu fatto tutto regolarmente; nel mio caso io dovetti rilasciare una fattura, pagarono l’iva. In sostanza, per aver lavorato una mattina, il compenso ti dico che poteva essere equiparabile al ricavato di un mese suonando tutte le sere (sorride).

Ernesto: Gli strumenti che utilizzate erano vostri o era tutto preparato?
 Vittorio Lombardi: 
Quella che vedi nel film è la formazione originale dell’epoca e gli strumenti erano  nostri, gli stessi che utilizzavamo tutti i giorni.

Ernesto: Chi erano gli altri musicisti?
 Vittorio Lombardi:
Allora, osservando la clip del film che mi mostri, da sinistra (con una Fender Stratocaster) c’è Michele, colui che poi reciterà la parte del violinista. Lo sento tuttora ed è un impiegato di Sky; poi ci sono io con una chitarra dodici corde, l’unico in giacca (ai tempi il gruppo utilizzava una divisa e il cosiddetto caporchestra cantante, in questo caso io, indossava una tenuta diversa); la chitarra ce l’avevo solo per esigenza di copione perché essendo io cantante del gruppo e suonando in quel momento un pezzo strumentale, per non rimanere fermo mi misi questa chitarra a tracollo che nella realtà utilizzavo per qualche pezzo folk; il batterista si chiama Walter. Era di Milano, dove vive tuttora, e all’epoca era pienamente inserito nel mio gruppo; quando lasciò se ne tornò nella sua città; il bassista, Carlo, dovrebbe trovarsi in Inghilterra mentre il tastierista, Enrico, lo incontro spesso e qualche volta lavoriamo assieme; fra l’altro è il fratello di un tastierista molto bravo che è nel giro dei big attuali: ha lavorato per Renato Zero e credo che attualmente sia con Antonello Venditti.

Ernesto: Torniamo un attimo al film; i telefoni che si trovavano sui tavoli erano del locale o facevano parte del copione del film?
 Vittorio Lombardi:
No, no, i telefoni erano assolutamente finti. Come ti ho detto il locale non era un night club ma un posto dove si ascoltava musica, si ballava, si beveva qualcosa. Era un locale “in” dove si esibivano ad esempio Fred Buongusto, Peppino Di Capri (con i quali duettavo), poi c’erano Bruno Martino, Rocky Roberts, l’Equipe 84, Caterina Caselli. Ogni tanto venivano organizzate serate speciali da Renato Morazzani e interveniva gente nota dello spettacolo. In una di queste serate ricordo con gran simpatia la partecipazione del noto caratterista “Jimmy il fenomeno”. Oggi, paradossalmente, il locale è un vero night club. Piuttosto, pensa che in quel periodo un locale chiamato Ippopotamo esisteva veramente a Roma;  si trovava nei pressi di Piazzale Flaminio.

Ernesto: E l’arredamento? Fu apportata qualche modifica?
 Vittorio Lombardi: 
No, non fu toccato né modificato nulla: tutto quello che vedi nel film era esattamente ciò che trovavi lì  tutti i giorni.

Ernesto: Quando il film uscì nelle sale andaste a vederlo?
 Vittorio Lombardi:
Si, assolutamente. Qualche mese dopo mi recai al cinema Barberini assieme a mia moglie; all’epoca eravamo ancora fidanzati, ci sposammo ad agosto di quell’anno.

Ernesto: Senti Vittorio, so che tu sei romanista e che hai reinterpretato una canzone poi divenuta molto popolare nell’ambiente, “La canzona di campo Testaccio”.
 Vittorio Lombardi:
Si, è un po’ quello che è accaduto ora con te. E’ venuta fuori per caso, reinterpretai questo brano scritto nel 1931 da Toto Castellucci; per questa cosa fui contattato da Sandro Ciotti e mi chiese appunto una registrazione di questa canzone; non sapevo di cosa si trattasse e comunque proprio al Capriccio registrai il brano. Nel corso della sessione Ciotti mi spiegò appunto che questo era l’inno di Testaccio, il primo inno della Roma e che voleva far rivivere questa canzone dimenticata.

Ernesto: E se io ora ti dicessi che sono laziale? Ecco, ora mi cancelli l’intervista!
 Vittorio Lombardi: 
A me non dispiace!
Ernesto: Meno male, Mauro mi avrebbe cacciato dal Davinotti (sorrido).
 Vittorio Lombardi: 
Vedi, c’è tifoso e tifoso, c’è il tifoso che la pensa come la politica, in maniera sviscerata… per me c’è libertà di scelta... nessun problema…

Ernesto: Vittorio, sei stato gentilissimo, ti ho cercato, ti ho trovato e ti ringrazio tanto per averci concesso, parlo anche a nome di tutti gli amici del Davinotti, questa piacevole intervista.
 Vittorio Lombardi:
E’ stato un piacere anche per me. Grazie a voi.

MA L'IPPOPOTAMO COM'E' OGGI?

A causa degli orari di apertura un po’ ‘fuori portata’ rispetto ai miei consueti (ho moglie e figli, quindi capirete...) non ho avuto occasione di entrare all’interno dell’”Ippopotamo” (oggi "Cica Cica Boom", come detto in precedenza); ho provato una mattina ma era chiuso così come pure il pomeriggio. Parlando però con un mio amico, Renato, ben inserito nella “Roma di notte”, ho saputo che l’architettura del locale è rimasta tale e quale a quella che si vede nel film fatta eccezione, naturalmente, per gli arredi interni e per un restyling in generale che ha riguardato le pareti (oggi rosa e a tratti nere) e l’inserimento di molti specchi nelle salette, più o meno disposti come si vede nel film. Quella che trovate nella tavola è l’unica foto attuale che sono riuscito a trovare ed è relativa al mitico palchetto dove suonava l’orchestra di Vittorio Lombardi.


IL MESTO RIENTRO IN TAXI

La farsesca serata all’”Ippopotamo”, che costerà a Fantozzi “649.000 Lire + il 18% di servizio”, termina con l’arrivo dei tre impiegati a casa di quest’ultimo con al seguito nove taxi, “una media di due e un quarto a persona”; qui Filini dovrà vedersela con gli infuriati tassinari mentre Calboni se la filerà a casa di Fantozzi assieme ad una delle ragazze rimorchiate all’”Ippopotamo”. Le scene di quest’ultima sequenza sono state realizzate a Roma all’interno del condominio sito in via di Donna Olimpia n. 30, una delle “tante” sedi della casa di Fantozzi. E quella che sembra una piazza attorno alla quale girano tutti i taxi è invece, come vedrete, una piazzola interna al complesso condominiale stesso. oggi ci sono molti più alberi e anche fotografata dall'alto non sembra più la stessa, ma basterà guardare gli edifici intorno per capire che siamo davvero lì!

Testi e intervista: Ernesto - Tavole: Zender - Fotografie: Vittorio Lombardi

ARTICOLO INSERITO DAL BENEMERITO ERNESTO

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commenti (12)

RISULTATI: DI 12
    Don Masino

    3 Agosto 2009 15:20

    Apprezzo veramente molto quest'insolita formula location + intervista! Bravissimo Ernesto, hai fatto un lavoro completo e sono molto importanti anche le foto di Lombardi, che ringraziamo tutti. Che colpoaccio!!!
    Markus

    4 Agosto 2009 12:10

    Rallegramenti estremi Ernesto...bravo!!!! Davvero interessante e di culto ;-)
    Blutarsky

    4 Agosto 2009 18:07

    ottimo approfondimento, complimenti a tutti!!
    Ernesto

    4 Agosto 2009 18:12

    Merci à tous.
    Effettivamente mi sono divertito molto a fare questa cosa. Il mio primo speciale, che emozione!!! :-)
    Come scritto da Mauro era e rimane la mia location del cuore, non so spiergarvi il motivo esatto di questa cosa, ma ogni volta che guardavo il film era diventata un'ossessione. Grazie al Davinotti, e quindi a tutti voi, sono riuscito a trovare lo slancio per cercarla e alla fine eccola qui. Ora non mi rimane che chiedere una liquidazione all'amministratore.

    P.S. per Renato: se capiti a Roma ci andiamo assieme dai, nessuna paura, quelle sono cose che succedono.
    Zender

    4 Agosto 2009 18:59

    Per la liquidazione passa pure in sede Ernesto, non c'è problema. Ovviamente grazie a te Ernesto, hai fatto un ottimo lavoro!
    Geppo

    4 Agosto 2009 19:50

    Grazie Ernesto per questo meraviglioso special!!!
    Capannelle

    5 Agosto 2009 09:32

    Complimenti, sembra di leggere un romanzo, non è una mera descrizione di location.
    Gaetano

    5 Agosto 2009 16:02

    sono commosso...
    Ellerre

    5 Agosto 2009 21:10

    Divertentissimo special, lodevole anche sotto il profilo "giornalistico". Complimenti Ernesto!
    PagniMauri

    6 Agosto 2009 14:12

    Verissimo! Alcune location diventano un ossessione!
    Difficile individuarne le ragioni.
    E' così e basta!
    ERNESTO con questo dettagliatissimo speciale ne fornisce una conferma concreta.
    OTTIMO!