Come nel precedente, tematiche di un certo rilievo (il rendersi amaramente conto di essere nel posto sbagliato e nella famiglia sbagliata, il bisogno di essere felici e l’importanza di sentirsi liberi, ascoltare le proprie vocazioni, non aver paura di scegliere) vengono banalmente ridimensionate da screzi da scuola elementare, amori improbabili e scelte forzate. Rimane l’aderenza attoriale (ma Jones è troppo gatta morta) e una certa malinconia di fondo che esplode nel tuttavia furbetto twist conclusivo, sfociando così nel dramma di esistenze fratturate.
Come insegnano decenni di commedie all'italiana l'arrivo della ragazza innocente e carina non manca mai di risvegliare antichi torpori. Anche in questo caso, in modo ben impostato all'inizio ma assai prevedibile per come evolve e per gli esiti melodrammatici che hanno sui caratteri, in particolar modo la figlia. Un minimo di atmosfera comunque c'è e gli attori se la cavano, anche se tutto sommato non gli vengono chiesti dei miracoli.
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