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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Nel clima rarefatto di un inverno romano bollente, con la colonnina del mercurio che sale fino a 39 gradi, diverse storie s'incrociano riunendosi idealmente quanto fugacemente nella chiesa dove officia Bill (Huston), che confessa l'alteratissima Gianna (Bruni Tedeschi) e cerca di tenere sotto la propria ala protettiva l'ex alcolizzata Caterina (Rohrwacher). Collegate alla prima donna si dipanano altre vicende: quella di Pupa (Golino), pornostar al tramonto che grazie ai social rivive una seconda giovinezza e che Gianna detesta perché le ha soffiato il marito, e quella della figlia (Panizzi) di quest'ultima, disastrosamente bulimica ma mentalmente ben più sana della madre....Leggi tutto Caterina invece ha il suo bel daffare non solo nel riuscire a controllare il vizio ma anche nel compiere la visita programmata per rivedere il figlio che il marito (Scamarcio) ha, per ovvie ragioni, portato con sé. Anche Bill si ritaglia comunque il suo spazio: riceve a Roma la sorella (Scacchi) venuta dal'America per spargere all'interno del cimitero acattolico (come da sue ultime precise volontà) le ceneri della madre appena defunta.

"Short cuts" che si confondono e s'immergono in una fotografia (di Vladan Radovic) sgranata dai toni caldi davvero eccellente, capace di caratterizzare con forza il film donandogli immagini eteree, che nel finale surreale affogano senza via di scampo in un vaporoso bagno di nebbia arancione destinato a farsi chiusa perfetta. Se però visivamente e nella scelta di alcune inquadrature la regia di Ginevra Elkann (sorella di Lapo e John) sa imporre uno stile non indifferente, altrettano bene non si può dire di quel che racconta, con storie in buona parte non significative portate avanti con scarsa convinzione quando non apparentemente buttate lì come nel caso della bulimia della figlia di Gianna, occupata ad accudire una signora anziana (nella vita Marisa Borini, ovvero la madre della Bruni Tedeschi!). Anche il disperato bisogno d'affetto di Caterina e la sua ansia di riavere almeno per un pomeriggio suo figlio non sortiscono comunque grandi risultati, con uno Scamarcio in disparte nei panni del marito chiamato ad assecondare il carattere fragile e possessivo dell'ex moglie. Ma è il rapporto di Caterina col figlio ad essere importante, a corrodere i sentimenti per poi riallacciarli.

Detto anche di un Danny Huston e di una Greta Scacchi che fanno minutaggio tirando avanti faticosamente un incontro che ha più i caratteri dello scontro (con un continuo rivangare di lei il passato non certo immacolato di lui, pure eroinomane nonostante la tonaca!), resta invece da segnalare l'episodio di gran lunga migliore. Ne sono protagoniste Valeria Bruni Tedeschi - in quello che è il suo ruolo ideale della folle incontrollabile – e una Valeria Golino perfetto clone dell'ultima Cicciolina. Le due brillano da sole e in coppia, si integrano al meglio e l'ossessione della prima dei confronti della seconda cresce minuto dopo minuto rianimando un film per il resto troppo sonnacchioso, autoriale spesso con gusto ma privo del mordente che si richiede a chi gira in un certo modo; anche perché l'ondata di calore è un semplice, futile pretesto (ben diversamente rispetto a quanto accadeva in SICCITA'), utile giusto a individuare un labile filo conduttore che riunisca sotto lo stesso cielo i personaggi facendoli sudare mentre i colori abbacinanti della fotografia lavorano sull'immagine regalandole la fragile consistenza del sogno. I drammi personali si sciolgono nelle strade tinte in gialloarancio di una Roma che alterna il centro alla periferia cogliendone angoli suggestivi, scorci inusuali ma anche imponenti (Piazza Venezia). TE L'AVEVO DETTO è come una sorta di gigante dai piedi (e dai colori) d'argilla, che non appena sottrae le due Valerie alla scena precipita nell'indifferenza sostenuta esclusivamente dalla professionalità del cast.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 4/02/24 DAL DAVINOTTI
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Markus 4/02/24 14:41 - 3691 commenti

I gusti di Markus

Il cinema italiano degli ultimi anni ha decretato che la capitale d'Italia deve avere un dramma in corso: stavolta è il turno di un caldo anomalo a 39° a gennaio e quest'ennesima sfiga romana - contenti quelli che fanno cinema - fa da cornice a episodi di vita e malavita che s'intrecciano in una forma non troppo armoniosa. Il punto forte di questa pellicola - con qualche pretesa di velleità artistica non riuscitissima - è indubbiamente parte del comparto attoriale: dalle deliziose nevrosi della Tedeschi alle maschere tormentate della Golino e della Rohrwacher.

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