La bonissima Barbara incontra un aitante nero che scatena le sue fantasie erotiche, vissute in un pomeriggio di peregrinazione. Brass nel suo periodo pop-londinese mette in campo tutto il bric-à-brac del caso: optical art, body-art, Mao, Godard (imitatissimo e citato esplicitamente), Crepax, Vietnam e ogni altro contrassegno del periodo che vi venga in mente. Sperimentale ma leggero e di apprezzabile brevità, strepitosa colonna sonora eseguita dai Freedom. Cameo di Tinto come ginecologo (e te pareva).
In pochi battiti convergono felicemente iconicità pop, icasticità pubblicitaria, allusione pornografica, sovraccarico citazionista, sovrapposizione burroughsiana, tentazione avanguardistica (con Richter e Duchamp in testa), taglio e umore espressionista, verve polemica, gag surreale, sberleffo autoironico e siparietto musicale. L'erotismo ne esce sacrificato, ma quanto perde in impatto erotico guadagna in carica eversiva. Un blob ante-litteram senza dio, stato, servi nè padroni. Il Brass che rivorrei.
Profluvio di immagini senza né capo né coda, dietro la cui libertà espressiva, formale e narrativa si nasconde, sostanzialmente, il nulla dell’insieme. Un Brass prima maniera, un po’ migliore di molti dei suoi lavori futuri, ma decisamente inferiore ai suoi film degli esordi. Non basta, infatti, accumulare immagini, nemmeno poi così bizzarre e sperimentali come ci si aspetterebbe, le une dietro alle altre, per fare un buon film. Tipico prodotto della “cultura” di quegli anni con annessi tutti i pregi e difetti.
MEMORABILE: "Sesso, sesso, sempre sesso, la pubblicità è piena di sesso, tutto si vende col sesso. Che tristezza! " dice la protagonista. E siamo appena nel 1969!
Orribile Brass prima maniera; in pratica una scusa per far sfoggio delle sue abilità indubbie di fotografo. Il regista rimastica stilemi godardiani, pop art vista dalla serratura, swinging London delle periferie per un filmetto sconclusionato che già all'epoca era mortalmente noioso. Tutto già fatto e meglio da altri. Notevole posteriore della bellissima protagonista.
La filosofia brassiana del tradimento, come vitale ed indispensabile all'equilibrio del rapporto di coppia, è contenuta -in nuce- già nel primo erotico in assoluto, così definito anche nel titolo con caratteri in evidenza (caratteristica, questa dei titoli, costante e tipicamente ascrivibile allo stile dell'autore). Da notare come, per Brass, nulla sia casuale ma anzi, al pari di Argento -che si muove su binari thriller- ritornino costanti elementi che costituiscono, armoniosamente, un diluito e ricercato senso artistico-espressivo: basta confrontare nEROSubianco a Così fan Tutte. Pregevole.
Brado e programmatico. L’eros, la figura della donna-moglie annoiata e l’adulterio come paradossale antidoto alla crisi di coppia irrompono nel cinema brassiano incanalandosi in un lungo videoclip surreale e lisergico che, tempestato dalle torrenziali musiche dei Freedom, dà sfogo ai fremiti di una Londra underground, brulicante collettore multietnico di emancipazioni, trasgressioni e avanguardie artistiche che concretano i disegni più sperimentali e anarchici dell’Autore. Spiccato il citazionismo: non ultimi l’occhio e la mucca di Buñuel.
Un interessante Tinto Brass in versione psichedelica/pop art anche se, tirando le somme, gigioneggia troppo. Parte bene, con carrellate eleganti e un montaggio efficace. Rischia di impantanarsi sui temi socio-politici e sui filmati di repertorio (che noia..) ma si riprende nel finale quando torna a focalizzarsi sul tira e molla all'interno della coppia. Omaggi e influssi di marca bunuelliana, qualche passaggio che precorre l'Arancia di Kubrick e una interprete, la Sanders, di fascino.
Non sembra neppure un'opera di Tinto Brass. Un film magnifico, e faccio fatica a coniugarlo con la filmografia del regista porcellone. Ovviamente contiene spunti rubacchiati qua e là a vari cult del periodo, ma l'erotismo è raffinato e la colonna sonora è notevole. Ho amato molto anche i titoli. Apprezzabilissimo e sosprendente lungometraggio.
Calderone brassiano in cui finisce un po' di tutto, con la predominanza di un lato british-pop che alla lunga stanca. La Sanders viene utilizzata il minimo necessario, senza l'auspicabile audacia che un tale film richiedeva. Esperimento fallito.
Le immagini sono meravigliose, solo che non è film né documentario, ma una lunga carrellata su grafica, moda ed impaginazione di quegli anni, che entra molto sporadicamente nel vivo della questione attraverso flebilissime metaforine. Allora come video può andar magnificamente (se riproposto in continuazione in un locale di tendenza sixty), come film d'autore merita meno di zero. Al limite potrebbe fungere da studio per un film successivo o da sperimentazione fine a se stessa, ma come concetti sembra l'acqua minerale che chiede se c'è qualcuno...
MEMORABILE: L'intervento sull'automatismo del sesso...
Il primo film di Tinto Brass è un ibrido, un quasi erotico dal sottofondo ideologico, ma si tratta di un’ideologia esposta in modo confuso, con un montaggio a volte frenetico di un collage di immagini e situazioni. Sembra quasi un taccuino con appunti disordinati di pensieri e idee, con il pensiero dominante rivolto all’utilità del tradimento per ravvivare un rapporto di coppia (tema che poi verrà ripreso in Così fan tutte). Brass mostra già un occhio attento al particolare piccante e si riserva un cameo da ginecologo. Bella Anita Sanders.
Continua qui il tema iniziato dalla Emanuelle di Canevari; un collage pop-art con Bosch, l'occhio del cane andaluso (l'ipersaturazione filmica), il fumetto sexy, la pubblicità tirannica-occhio schedatore, la censura pubico-cattolica (che dà però libero sfogo alle atrocità belliche dove la donna è la prima a essere seviziata e che continuano col femminicidio), l'anarchia antiborghese emancipatrice della donna, la psichiatria e i suoi orrori, l'antirazzismo. Tutto confezionato in un contenitore esplosivo, geniale e sintetico di un'ora e venti.
MEMORABILE: Il protagonista nero toglie il libro rosso di Mao dalle mani del cinese e lo sostituisce con quello di Malcom X; I razzisti stile Golconda di Magritte.
Manifesto sgargiante del citazionismo (de)componibile pop: un lungo, sensuale, anarchico video musicale ante litteram (in un'ora e venti si sentono almeno una decina di pezzi dei Freedom: troppi) interpretato dalla disinibita Sanders e dal misterioso Carter di dolcevita inguainato. Il film, naturalmente, non esiste, annegato in verbosi sproloqui sull'attualità (ma non senza autoironia: si vedano i titoli di coda), vaghe menzioni sociali (l'aggressione a Carter in metro) e strizzate d'occhio surrealiste (la mucca nel letto). Nei giorni pari divertente, in quelli dispari sfiancante.
MEMORABILE: La mucca nel letto; I titoli di coda.
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"(In nEROSubianco) ci sono delle sequenze disegnate da Crepax, e fa parte della quadrilogia di film londinesi, perché in quel momento Londra rappresentava un grande fascino, di permissivismo, di trasgressione, di libertà, ci tornavo sempre volentieri, e cercavo di concepire le storie in modo che potessero essere girate là.
Col cuore in gola partiva da un racconto giallo di Donati che non era ambientato a Londra, ma qui in Italia".