Lo scambio di due bambini alla nascita, uno palestinese e l'altro ebreo, offre lo spunto a Lorraine Lévy per interrogarsi sui destini personali, sul senso di appartenenza a un popolo e una famiglia, sul concetto stesso di identità. La tragedia che dilania la Terra Santa viene letta in chiave privata, se così si può dire, in un'area in cui ogni scelta, forzatamente, è politica. Bella l'introspezione psicologica dei personaggi, acuto lo sguardo sui due popoli, buoni gli interpreti. Porta aperta alla speranza: un'utopia che consola.
MEMORABILE: La "scoperta" del giovane palestinese vissuto segregato in Cisgiordania della modernità e del lusso di Tel Aviv.
Partendo da uno spunto iniziale risaputo (uno scambio di bimbi nella "culla") il film mette sul tavolo tematiche di enorme delicatezza ed importanza: il caso, l'identità, l'appartenenza ad un popolo ed altro ancora. Stupisce e merita applausi per il modo di farlo: con lucidità, misura e sobrietà, evitando scene madri ed urlate, senza mai cadere nel patetismo e mantenendo una lodevole equidistanza tra la parti. Non ci sono giudizi e prese di posizione (ma non è un atteggiamento pilatesco)
ma il tentativo di interrogarsi e capire. Il finale si affida alla speranza. Molto bello ed emozionante.
Dilemma dei sentimenti calato nel dramma israelo-palestinese ma che non trova la sua ragione d'essere soltanto in tale contesto. La Levy si concentra sulle persone e giustamente non si adagia su abusate questioni politiche, approcciandosi con una regia sobria che si concede sì qualche pausa ma sa toccare i tasti giusti e muovere bene i propri interpreti.
"Siamo tutti fratelli" è il messaggio che esce da questo interessante film. La religione Cristiano Cattolica non c'entra (ma la religione, le religioni, hanno un posto importante nella storia). È sufficiente scambiare, per sbaglio, due bambini nella culla, ma non in un Paese europeo (che già avrebbe il suo peso) ma nella tribolata Terra Santa. Il bambino palestinese cresce in una famiglia israeliana e il bambino isreaeliano cresce in una famiglia palestinese. Entrambi amati e allevati con sani principi. Dai giovani verrà l'apertura più intelligente.
MEMORABILE: "che Dio ti aiuti, che Allah sia con te".
Tra i film che hanno trattato l'annosa vicenda dei rapporti israelo-palestinesi, uno dei più riusciti e toccanti. Gli autori riconducono la vicenda ad una sfera intima e privata. Ne deriva un'opera sincera che fa perno sulle sensibilità genitoriali senza negare il problema politico e razziale. Una sceneggiatura equilibrata e una toccante interpretazione delle protagoniste femminili. Da vedere.
Buon film francese, che usa il caso dello scambio in culla tra due bambini - uno palestinese e l'altro ebreo - per scandagliare il tema dell'irriducibile contrapposizione tra i due popoli. L'approccio è aperto e lo sguardo intimista; viene dato spazio alla valorizzazione delle due diverse culture e tradizioni attraverso le vicende e i sentimenti dei due ragazzi ormai maggiorenni e della loro cerchia di amici e parenti, in un quadro di forte contrasto ma con squarci di speranza. Interessante.
Scambio di neonati in culla: tema già affrontato più volte al cinema, qui reso più complesso dal fatto che le famiglie coinvolte appartengono a popoli divisi da uno storico antagonismo. La questione arabo/israeliana è così affrontato con gli occhi di due adolescenti che si trovano privati dei tradizionali punti di riferimento, con madri in grado di stabilire un immediato contatto umano e padri invece condannati all'incomunicabilità. Non privo di alcuni passaggi didascalici e con una chiusura un poco affrettata in chiave ottimistica, si tratta però di un film sincero, partecipato, coinvolgente.
MEMORABILE: Il primo incontro fra le famiglie dal medico; Il dialogo con il rabbino; Il canto intonato insieme durante la cena
Lo scambio nella culla è sempre atroce, ma se avviene tra famiglie di due popoli in conflitto, qui ebrei e palestinesi, il dramma personale si mescola con più complesse questioni politiche, diventando paradigma del paradosso di quelle terre. Se Ritorno a Haifa mostrava un orizzonte cupo, qui la vicenda si propone come espediente per una soluzione positiva che passi attraverso la comprensione: corretto, intelligente, ma inevitabilmente forzato nell’inseguire metafore e retorica della bontà. Comunque sincero e importante.
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