Evil - Il ribelle - Film (2003)

Un ragazzo cresciuto con un'educazione rigida e ricca di maltrattamenti da parte del patrigno, viene mandato nell'altolocata scuola di Stjärnsberg per riscattarsi socialmente. Un film durissimo e riuscito che mostra come può essere crudele il sistema dell'adulto che affida agli studenti più grandi il compito di mantenere il rispetto delle regole. Diversi sono i momenti difficili da accettare, così come si rimane scioccati dall'idea che possano essere esistite (e che forse esistano anche tutt'ora) realtà del genere. Da recuperare alla svelta.

Un ragazzo "difficile" viene spedito in un collegio esclusivo, dove la disciplina è demandata agli allievi più anziani che sottopongono gli altri ad ogni sorta di violenze ed umiliazioni. Il protagonista, non disposto a sottomettersi ai soprusi, dovrà però imparare a controllare la sua forza... Dalla Svezia, un film di denuncia di un tipo di formazione scolastica che ricorda altri classici inglesi del sotto-genere, narrato in uno stile tradizionale e talvolta un poco effettistico, che risulta però avvincente non solo per la storia ma anche per la bella prova di Andreas Wilson

Il film sta pienamente nei cliché del genere college-movie, non senza esagerare nello scontro tra il giovane eroe adolescente e un’intera scuola dove vige il bullismo come sistema (addirittura sostenuto e ufficializzato dagli adulti). Pochi gli spunti originali o che spalanchino nuove prospettive o emozioni. Insomma, è fatto molto bene, ma la sensazione è che si cerchi la tensione drammatica con l’esposizione esagerata (e stereotipata) delle violenze e delle ingiustizie su una trama fatta di eventi prevedibili.

A causa di maltrattamenti da parte del patrigno, il giovane Eric, saprà sopravvivere ad altre violenze e soprusi, durante un anno di studi da recuperare in un “prestigioso” collegio maschile. Sarà l’occasione per diventare uomo e conoscere la vera amicizia. Pur con qualche esagerazione narrativa  di troppo, il film va nella direzione giusta e verso un finale che chiude il cerchio nella maniera più consona  possibile e con sincero senso  drammatico. Merito anche del protagonista Andreas Wilson e della sua più che convincente interpretazione.