Call girl - Film (2012)

Tratta da una storia vera, un'opera prima girata bene ed il cui regista mostra di avere già un buona padronanza del mezzo. Sa inoltre mescolare con sapienza immagini e musica e districare abbastanza bene una matassa narrativa all'inizio un po' intricata ma che diventa pian piano sempre più chiara. Finale molto amaro e per nulla positivo. I ritmi sono buoni nonostante la lunga durata (140 minuti) e la confezione è curata e di buon livello, con la fotografia (volutamente retrò) sugli scudi. Pernilla August in forma smagliante nella parte della maitresse. Quando si dice: buona la prima!

Una storia che viene dalla civilissima Svezia, che negli anni '70 del secolo scorso mostrava come potesse assomigliare a tante altre Nazioni considerate meno evolute. Le pulsioni umane sono uguali a tutte le latitudini, come pure gli abusi del potere. Mikael Marcimain, dopo diversi lavori per la tv, esordisce nel cinema con un buon film, dalle fredde atmosfere, che si ferma però davanti ai fatti, senza voler giungere a facili morali, lasciando ogni spiegazione (se mai ce ne fossero) alle espressioni di Iris e a un finale che si fa ricordare.

Ispirato da uno scandalo che travolse l'agone politico svedese negli anni '70, il sostanzioso dramma di Marcimain dimostra di aver studiato a fondo le caratteristiche strutturali di operazioni coeve, compensando un certo ritmo da inchiesta para-televisiva con la solida omogeneità della storia e la credibilità delle interpretazioni (notevole, nella fisionomia e nella resa scenica, la protagonista Karemyr). Il quadro che ne esce raffigura, forse troppo impietosamente, una Svezia bifronte: avamposto delle libertà civili da un lato, licenzioso territorio di caccia alla morale dall'altro.

Un film sulla prostituzione minorile, ma anche qualcosa di più. Su ispirazione di una storia vera degli anni 70, denuncia l’ipocrisia di una società che sembra dare risalto alla figura femminile per promuovere il modello social-democratico, mentre invece tratta le donne come bambole gonfiabili. Questo nella tanto progredita Svezia. Lo stile freddo, didascalico che riflette la loro cultura, nuoce però  alla riuscita complessiva dell’operazione, che alla fine non riesce ad essere incisivamente originale come avrebbe potuto essere. Finale amarissimo.