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B. Legnani: Vezzosa pellicola di ambientazione luinese (in realtà girato ad Orta San Giulio: si vede anche l’isoletta in mezzo al Cùsio), con gradevolissimi caratteristi. Accanto ad un ottimo Maccione, ruotano l’Agostina ;-))), Gora, Diogene, Leontini, Maffioli, Vargas, Pellegrino… In più ci sono due assi come Bernard Blier (che ha la faccia di uno che è nato per fare l’attore) e Macario (non proprio eccelso, ma lo si guarda sempre con affetto). Film non grande, ma legittimamente di piccolo culto.
Il ferrini: Credevano fosse amore e invece era un calesse. Commediola che si lascia guardare, vuoi per il cast, vuoi per la leggerezza dell'insieme ma senza grossi entusiasmi. L'impressione è che si rivolga principalmente a un target adolescenziale e infatti nel "teorizzare" i rapporti uomo/donna fioccano le semplificazioni, tuttavia le storie che si intrecciano sono molte e questo mantiene viva l'attenzione. La più riuscita è senza dubbio il triangolo amoroso Cooper-Connelly-Johansson, se non altro perché è quella con gli sviluppi meno prevedibili.
Myvincent: Finalmente un biopic su una leggenda cinematografica ancora vivente, una lunga intervista su Salvatrice Elena Greco, alias Sandra Milo, donna, attrice, madre, amante, personaggio. Al solito colpisce quanto in lei coincidano sempre essere ed apparire, coniugati da uno stile e un modo di fare del tutto originale e personale. Da un vecchio baule di foto buttate alla rinfusa si pesca a caso e si raccontano il suo passato, il presente e quello che sarà, il tutto col privilegio di quella inconfondibile risata che solo Federico Fellini seppe riconoscere ed eternare sul grande schermo.
Jdelarge: Buon film caratterizzato dalle ottime prove di tutti gli interpreti. La regia è abile nel mettere in mostra il tema dell'amore di coppia, con i suoi pro e contro, senza cadere mai nel drammatico o nel melenso ma mantenendo un giusto equilibrio che accresce l'onestà intellettuale della pellicola. Forse eccessivamente monotematico ed efficace solo a intermittenza.
Caesars: Non male anche se infarcito di luoghi comuni tipici del cinema hollywoodiano e cucito addosso alla star Tom Cruise. Superiore a quella del protagonista è sicuramente l'interpretazione dell'ottimo Ken Watanabe, nei panni dell'ultimo samurai. Comunque il prodotto è piacevole, anche se penalizzato da una lunghezza davvero eccessiva, ed è diretto con mestiere da Edward Zwick. Buone la fotografia, anche se un po' troppo da cartolina in alcune fasi, e la musica.
Maik271: La fotografia curata da Mario Bava è il solo motivo che mi ha spinto a vedere questa pellicola e che mi ha convinto. Pur non essendo il mio genere sono rimasto positivamente colpito, vuoi per le belle scenografie del cinema italiano di allora, vuoi per il cast dignitosissimo. Un bel mix di azione, amore e fantasia. Leggero ma gradevole.
Daidae: Sono tra coloro che non lo ritengono un capolavoro ma che lo considerano comunque superiore al presunto film di culto con Brando. Grandioso Franco che dimostra di saperci fare anche fuori dal campo comico, bella la Beswick e film che merita i tre pallini.
Siska80: Ideale per trascorrere un pomeriggio scacciapensieri (leggasi non fondamentale), visto che questo film per la tv non offre nulla di originale né tantomeno di particolarmente emozionante. La frase pronunciata da una delle interpreti - "Il primo amore è un amore che dura per sempre" - rende infatti molto bene l'idea dello spessore dei dialoghi, ma anche della trama nella quale la solita bellona che sgomita per far carriera si fa stravolgere la vita da un ex amore (niente male anche lui, ovviamente) e l'happy end scatta in automatico.
Noodles: Roberto Rossellini riesce a descrivere alla perfezione la tragedia del dopoguerra tedesco in un film di tristezza e cupezza incredibile, con più di una sequenza angosciante. All'ottimo risultato contribuisce sicuramente il cast che, per quanto composto principalmente da attori non professionisti come vuole il genere, se la cava bene. Un plauso soprattutto al piccolo protagonista, le cui camminate tra le macerie di una desolata Berlino saranno difficilmente dimenticabili. Pur non stracitato come altri esempi coevi, è sicuramente una delle vette più alte del neorealismo italiano.
Rambo90: Trama con un certo potenziale, annacquato però da una confezione troppo patinata e da un ritmo molto blando che si sofferma più del dovuto su una storia d'amore hollywoodiana fino all'eccesso. La seconda parte è migliore infatti, con la lunga diatriba in tribunale e un certo alone di mistero che almeno suscita curiosità nello spettatore. Location e costumi sono curati, ma manca il vero coinvolgimento. Gere e la Foster non sono una bella coppia, lui però almeno sembra impegnarsi nel ruolo.
Enzus79: Tratto dall'omonimo romanzo di Henry James: preferendo la libertà al matrimonio, una donna americana respinge spasimanti, ma questo la porterà a cadere nei raggiri di un nobile di Firenze. Film sofisticato, ha molte sottotracce tutte indirizzate nell'analizzare la figura della donna e le sue scelte. Pellicola che si fa apprezzare particolarmente in versione originale. Bellissimi i costumi.
Gabrius79: Una miscela di poliziesco e commedia diretta piuttosto bene da Steno che così inaugura la quadrilogia di Piedone in quello ch resterà il miglior episodio. Qui troviamo un Bud Spencer piuttosto in forma (complice anche la buona sceneggiatura), che non usa le pistole ma solo gli sganassoni. Cast di contorno discreto, con un buon Merli e un valido Infanti. Piacevole la colonna sonora.
Cangaceiro: Non inganni l'ambientazione londinese e la coproduzione internazionale perché siamo in pieno stampo Vanzina ultima generazione con una regia televisiva ed una storia corale zeppa di luoghi comuni, in testa quello degli italiani all'estero casinari, inciucioni ma buoni come il pane. Le solite situazioni da commedia almeno scorrono all'insegna del ritmo e addirittura del garbo (assente ogni volgarità). Stranamente inappropriata la scelta delle canzoni. Everett all'inizio è spaesato ma poi se la cava con l'italiano, Morelli sembra Siani, bravo Brignano.
Rambo90: Western atipico, che concentra quasi tutto in interni e nella descrizione dei personaggi, non unilaterali come in molte produzioni del periodo ma anzi sfaccettati e ricchi di sfumature. Brynner è in gran forma e aderisce perfettamente alla figura del killer, il cast di contorno funziona molto bene (soprattutto Hingle come villain). Lento ma che appassiona, con un bel finale. Da vedere.
Mdmaster: Steinbeck lo adorò e come non dargli ragione? Kazan sforna un'opera notevolissima sul chiaroscuro bene/male che risiede in ogni essere umano, sull'invidia tra fratelli e i complicati rapporti padre-figlio. Dean, anticipando la Gioventù bruciata, è perfetto come ragazzetto complicato e ogni sua improvvisazione cade davvero a pennello. Il resto del cast anche è degno di nota, ma sono la fotografia e la brillante regia di Elias a dominare tutto. Inquadrature splendide e scene memorabili. Emozionante oggi come allora, da vedere.
MEMORABILE: Cal porta il fratello a conoscere la madre; la scena sulla ruota panoramica.
Sircharles: Film senza capo né coda, un'inconsistenza inseguita a ogni centimetro di pellicola con tanta convinzione da indurre il sospetto che sia un'operazione studiata a tavolino. Attori e sceneggiatori a corto di argomenti, gag così prive di spessore ridanciano da indurre comunque al sorriso di fronte a tale surreale non-comicità (un paradosso che è forse il miglior risultato raggiunto dall'opera). Eppure la tematica delle relazioni amorose online avrebbe potuto offrire spunti in quantità. Si salvano la verve della Villa e l'avvenenza della Tabita.
Il Gobbo: Come mai gli Apaches sono muniti di fucili ultimo modello? L'esercito incarica di scoprirlo un eterogeneo quartetto (ufficiale anarcoide, bandito messicano, pistolero bianco e pistolero nero). Spettacolare western dell'onesto artigiano Gordon Douglas (scritto dallo specialista Clair Huffaker), con un cast di ottime seconde linee in piena forma, una stupenda fotografia e scene barocche e di grande impatto. Notevole anche la parte finale, un Cuore di tenebra in piccolo. Decisamente da recuperare.
Cotola: In questa sua terza avventura extra large, George diventa nientemeno che astronauta. Ma la sua navicella precipita nella giungla dove vivrà numerose e diverse avventure. La storia è un pelino più intricata del solito, ma si lascia
comunque seguire senza problemi anche dai più piccoli. Così come il film risulterà alla fine gradevole un po' per tutti, grandi e piccini, sebbene questi ultimi gradiranno, ovviamente, di più.
Guru: Egregia interpretazione di Quinn nei panni di un rumeno che, denunciato come ebreo, verrà crudelmente allontanato dalla famiglia (e persino pubblicizzato come "campione" della macabra teoria purista!) sino alle ultime battute del processo di Norimberga. Verneuil dirige le emozioni e la voglia di ricominciare e addolcisce la pillola con l'ingenuità e la positività del protagonista. La fotografia è buona, ritaglia la sofferenza ma non si accanisce sul dolcissimo volto di Virna Lisi.
Pessoa: Film inconfutabilmente marcato Salemme non solo per il cast, dove ci sono tutti i fedelissimi, ma anche per una storia originale e priva di derive volgari, nonostante l'argomento fornisse diversi spunti in tal senso. Il risultato non è alla stessa altezza di altre prove dell'artista di Bacoli precipuamente a causa di una sceneggiatura non sufficientemente brillante, che spesso perde concretezza in divagazioni poco divertenti che finiscono per coinvolgere anche il cast, in cui brillano la grande Moretti e i soliti Buccirosso e Paone. Un plusvalore la bellissima ost di Pino Daniele.
Redeyes: Ad anni dal Johnny toscano ecco Ballerina nelle vesti del boss. Come già detto quasi tutto sa di deja-vù, a metà strada fra quel Benigni e anche Zalone e così come nelle loro pellicole la volgarità è fortunatamente bandita. Efficacemente parodistico il cast autoctono, su cui spicca un "eticissimo" Lo Verso. La storia è gradevole e Ballerina ispira una certa simpatia.
MEMORABILE: Lo Verso che critica le auto a benzina della polizia.
Il Gobbo: Seconda salgarata di Capuano col futuro Lucky el intrepido nei gloriosi panni. Tutto piuttosto alla buona e al risparmio, anche di espressioni (eccezion fatta per quella del coccodrillo ipnotizzato - e vabbè - da Bufi Landi), con fondali disegnatissimi. Bitto Albertini direttore della fotografia, Baldanello aiuto. Parrocchiale.
Galbo: La commistione regionale, una costante del cinema di Miniero, ritorna puntualmente in questa commedia scolastica. Discreta nella prima parte che vede la partecipazione di un Lello Arena in grande spolvero, il film naufraga nel prosieguo, in gran parte per colpa della coppia Papaleo/De Sica, assai male assortita e poco "servita" da una sceneggiatura che presenta gag insipide e con inserti animati che fungono da inutile riempitivo. Anche la brava Finocchiaro appare un po' fuori posto.
Belfagor: Finalmente un sequel animato all'altezza del predecessore. Pur conservando gli elementi vincenti del primo capitolo - slapstick a palate, ritmo comico rapido e costante, abbondanti citazioni - il film riesce a continuare la storia in modo originale, senza limitarsi a proporre idee già viste. La grafica variopinta e curata in ogni particolare è una gioia per gli occhi. Apprezzabile anche la morale, uno sberleffo alle multinazionali e ai loro manager finto-progressisti à la Jobs, di cui il folle guru doppiato da Elio è una mordace parodia.
MEMORABILE: Le varie creature dell'isola; Il festeggiatore; Il padre di Flint che pesca assieme ai cetrioli; La lacrima del cameraman e quella del poliziotto.
Rambo90: Non uno dei migliori film con Totò, ma rimane memorabile per essere l'unica occasione in cui si incrocia con un altro grande: Alberto Sordi. Le parti in ufficio sono le migliori e le più divertenti, insieme al surreale momento nell'adilà con la borsa nera per il lotto. Buoni i duetti con Albertone, ma anche migliori quelli con il buon Aroldo Tieri. Simpatico.
Ultimo: Una commedia un po' diversa dal solito, con un Bisio in ottima forma (più sul set che sul campo da gioco, è bene specificarlo...) e con un cast che si incastra ottimamente nella vicenda. Gli amici affrontano i problemi della vita quotidiana, accomunati dalla passione per la partita settimanale che non saltano neanche sotto tortura. Manca qualcosa nella comicità, poiché è un film sopratutto riflessivo. Curiosità: se amate il calcio ammirate le magistrali punizioni di Mina, praticamente letali.
MEMORABILE: È la legge di Nereo Rocco, in campo come nella vita (Mina).
Galbo: Nonostante non sia la prima regia di Clint Eastwood e'decisamente la sua opera meno memorabile. Le premesse (il furto di un aereo spia sovietico ad opera di un pilota americano) non sono originalissime ma e'tutto lo svolgimento a lasciare francamente insoddisfatti da chi dal grande attore e regista americano si aspetta sempre il meglio. Routinario.
Giùan: Film dal buon concept di partenza, che O'Connor nella prima parte mostra di saper svolgere con bella determinazione e discreto senso del coinvolgimento emotivo come dello spettacolo cinematografico. Certo il personaggio di Affleck ne rimastica troppi altri, quasi fino a sfiorare l'involontaria parodia, ma la trama si snoda appassionante salvo poi decidere di ridurre tutto a redde rationem, mettendo nel calderone agnizioni (l'incontro tra i fratelli), colpi ad effetto (la morte del padre al funerale della madre), incongruenze capziose (il ruolo della sorella). Falso in bilancio.
Daniela: Palese l'ambizione di rilanciare il genere che appariva allora in declino con questo western all-stars dalla confezione di gran classe nelle ambientazioni esaltate dalla fotografia di John Bailey e nella ost di Bruce Broughton. Il film però, al di là dei pregi della messa in scena, è poco convincente: forse per un eccesso di zelo, Kasdan infarcisce la sua sceneggiatura di personaggi iconici e di situazioni tipiche, oltretutto variando i toni dal picaresco al drammatico. Ne risulta uno spettacolo sontuoso ma freddo, privo di passione, quasi fosse una "summa" ad uso didattico.
Disorder: L'idea di base è semplice e anche un po' buonista: l'uomo comune che, messo per caso nella "stanza dei bottoni", riesce a sconvolgere col suo candore i consolidati equilibri di potere fra maneggioni senza scrupoli e politicanti ottusi. Il film però funziona, grazie soprattutto alla coppia d'assi dei protagonisti (Kevin Kline e Sigourney Weaver), spalleggiati da abili comprimari. Lo svolgimento è prevedibile, ma ci si diverte. E poi è bello vedere, anche se per finta, l'onestà trionfare una volta tanto sui sotterfugi politici. Buono.
MEMORABILE: Il veloce e gustosissimo cameo di Arnold Schwarzenegger.
Homesick: Alla sua seconda regia cinematografica il figlio di Ridley Scott adatta un soggetto d'alta drammaticità - il lutto, l'agorafobia, la crisi esistenziale, la surrogazione degli affetti perduti - da lui diretto per sottrazioni ed ellissi, svelando a poco a poco i segreti, le pene e la pietas dei tre personaggi. Gandolfini recita flemmatico e sommesso, dando forma ad un meraviglioso, commovente ritratto maschile; lo completano le irrequietezze della Leo e le impulsività adolescenziali della Stewart. Nessun improbabile lieto fine, né patetici semplicismi da cinema mainstream. Umano.
MEMORABILE: Gandolfini che trattiene un dollaro dalla pigione dovuta alla Stewart ogni volta che lei pronuncia la parola "stronzo".
Daniela: Inserito nel programma protezione, il testimone di un delitto di mafia finisce in uno sperduto paesino di montagna nel Friuli dove poco tempo dopo viene spedito anche il killer da lui denunciato, nel frattempo divenuto a sua volta collaboratore di giustizia... Una situazione inverosimile da inquadrare nel clima surreale di questa strana commedia, apprezzabile a patto di comsiderarla una sorta di fiaba in cui Pollicino, che vive nel terrore o di essere trovato dall'Orco, se lo ritrova come vicino di casa, scoprendo di avere molte più cose in comune di quanto potesse immaginare.
Gabrius79: Un film dal taglio psicologico in cui i quattro protagonisti devono capire chi di loro sia il vero colpevole della morte di un loro caro amico. La tensione c’è, anche se non si affetta con il coltello. Il cast è discreto, con Franceschini di poco sopra gli altri in quanto a bravura. Peccato che la pellicola si affievolisca quando si mostrano i flashback per raccontare a monte la storia. Al netto di quelli, la storia coinvolge abbastanza.
Capannelle: I due registi dimostrano senso del ritmo e conoscenza del genere, ma la storia manca di quel quid che possa stimolare la mente. Non tanto per l'originalità della trama (è come cavar sangue dalle rape) ma per la mancanza di varianti nei personaggi o spunti ironici. Alla fine chi rimane impresso (oltre alla fottuta cagnetta) è infatti un cattivo abbastanza autoironico interpretato da un Nyqvist in forma. Reeves tra luci e ombre, Dafoe marginale. Confezione visiva comunque buona.
Nando: Tipico prodotto di evasione che ha il pregio di non prendersi del tutto seriamente: muscoli e combattimenti a iosa ma anche qualche stralcio ironico. Discrete le ambientazioni, con Johnson che gigioneggia non poco. Sempre magnetico Hurt nonostante il laido ruolo, piccola partecipazione per Irina Swank come moglie assassinata del protagonista. Accettabile.
Silvestro: Rowan Atkinson dimostra di saper tenere lo schermo anche in un lungometraggio. Certo, qualche tempo morto e battuta a vuoto c'è, ma nel complesso il film regge discretamente. Alcune gag sono esilaranti e da sole valgono il prezzo del biglietto. Non sempre le spalle sono all'altezza, ma il protagonista riesce a viaggiare tranquillamente da solo. Leggero e divertente.
Galbo: Qualche anno dopo il primo film dedicato a Brancaleone, venne prodotto un sequel sempre diretto da Monicelli su sceneggiatura di Age e Scarpelli, che mostra le disavventure del nostro in Terrasanta. Il film è di qualità comparabile al primo episodio rispetto al quale perde forse un po' (me poco!) di spontaneità a favore di una maggiore cura della sceneggiatura (specie nella scrittura dei dialoghi e nell'attenzione al linguaggio) e dell'apparato scenico. Molto valido il cast.
Lupoprezzo: Fantapolitico di discreta fattura, che parte in maniera frizzante (l'incipit è da antologia) per poi afflosciarsi in una seconda parte più convenzionale, anche se qualche buona trovata non manca (la collana). Il ritmo resta buono e sostiene decentemente la pellicola. La prova degli attori è accettabile: Clint Eastwood ha fatto di meglio ma se la cava e Ed Harris è discreto nella sua compostezza.
Nicola81: Tipicamente americano nella valorizzazione del paesaggio, ma nella tematica politica, nell’inclinazione alla violenza e nella caratterizzazione dei personaggi si avverte l’influenza degli spaghetti western più impegnati. Sceneggiatura che non riserva particolari sorprese, ma sequenze d’azione spettacolari e ritmo alto. Reynolds e Brown adatti ai rispettivi ruoli di bandito che persegue l’ideale e granitico poliziotto, Lamas funziona nei panni dello spietato generale messicano del titolo, Raquel Welch è semplicemente la rivoluzionaria più bella mai ammirata sullo schermo.
MEMORABILE: L'inizio; Salvati dal plotone di esecuzione; La presa del fortino; L'assalto al treno; La battaglia finale.
Galbo: David Gilmour si "confessa" ad un giornalista della BBC parlando dei suoi esordi e del suo rapporto con la musica. Si ascoltano aneddoti interessanti poco noti sulla formazione del musicista. Interessante la parte dedicata al mitico studio di registrazione galleggiante sul Tamigi abituale luogo di lavoro di Gilmour. Non male, anche se si vorrebbe ascoltare più musica.
Gabigol: Per essere brutto è brutto, niente da dire. Tolto il simpatico omaggio al videogame con la visuale in FPS, la trama viene perennemente strattonata da dialoghi sciocchi e imbottita di deliri pseudoscientifici per giustificare tutto l'ambaradan; e non risulta all'altezza nemmeno la componente action, troppo spesso permeata di un fastidioso buio che aumenta la confusione (la speranza sarebbe quella di sortire un'avvolgente atmosfera ansiogena). Silenzio stampa sull'asse Johnson-Urban, davvero qualcosa di bassissimo livello.
Faggi: Tentativo di commedia corale che dovrebbe restituire le complessità di Eros e la non linearità dei rapporti sociali. Tentativo, appunto, perché siamo lontani anni luce da un prodotto di qualche rilievo; visto, può essere senz'altro cestinato. Le parti riuscite si contano sulle dita di mezza mano, per il resto siamo dalle parti di un intrattenimento popolare da tabloid o cronaca rosa.
Redeyes: Film che, senza eccessive pretese, pur comunque sciorinando il sempre in auge richiamo del figlio d'arte, ci propone una non brillantissima, ma piacevole fuga esotica. I due attori non calano l'asso nella manica ma non annoiano e persino le trite trovate della bellona, contesa, si sopportano senza eccessive difficoltà. Più belle comunque le suggestive locations che il film in sè e per sè. Passabile.
Pesten: Tipica commedia poliziesca qui in variante femminile. Presentato come nuovo film della Bullock, in realtà tutto si tiene in piedi grazie al personaggio e all'interpretazione della McCarthy, vera mattatrice e capace di rendere quasi inutile la presenza della ben più famosa collega. Linguaggio scurrile e storie indecorose danno contorno a una storia fin troppo vista nel corso degli anni, ma proprio questa scurrilità e le situazioni comiche (senza scendere troppo nel ridicolo) strappano più di qualche risata e tengono incollati allo schermo.
Il Gobbo: Da un formidabile testo di Henry James una vocenda di perfidie sottilmente sadiane (in senso puramente intellettuale), resa purtroppo in modo calligrafico e un po' polveroso, sfruttando al di sotto delle potenzialità un cast notevole (sebbene Malkovich soprattutto fosse già entrato nella fase iper-gigionesca in cui la mera apparizione ghignante da sola preannuncia malvagità assortite... ). La Campion si compiace di sè, gli spettatori meno e sbadigliano un po' più del necessario. Eccellente la sottostimata Hershey.
Markus: Giovane e bella restauratrice giunge in una villa toscana a restaurare alcuni affreschi. Lì troverà un decadente e aristocratico microcosmo familiare. Un polpettone melodrammatico/sentimentale dalla regia piatta e televisiva, che se fosse stato concepito in puntate per la tv avrebbe forse trovato più ragion d'essere. Il problema non sta tanto nelle interpretazioni quanto alla vicenda (di per sé banale) e in una regia incapace di andare oltre alla normale routine da sceneggiato d'antan fuori tempo massimo. Più di qualche ridanciano scivolone trash.
MEMORABILE: Il sesso orale che fa la Welch a un ragazzo in mezzo alla campagna; La scena di sesso in macchina.
B. Legnani: Vezzosa pellicola di ambientazione luinese (in realtà girato ad Orta San Giulio: si vede anche l’isoletta in mezzo al Cùsio), con gradevolissimi caratteristi. Accanto ad un ottimo Maccione, ruotano l’Agostina ;-))), Gora, Diogene, Leontini, Maffioli, Vargas, Pellegrino… In più ci sono due assi come Bernard Blier (che ha la faccia di uno che è nato per fare l’attore) e Macario (non proprio eccelso, ma lo si guarda sempre con affetto). Film non grande, ma legittimamente di piccolo culto.
Ronax: Poliziesco paratelevisivo con sottotesto thriller in cui l'unico elemento di qualche interesse sono le belle location portoghesi, dove un agente londinese della narcotici (il monocorde Anthony Steffen) si agita freneticamente per scoprire il segreto che si nasconde dietro un gigantesco traffico di droga e l'uccisione di un suo collega seguita da una lunga serie di omicidi. Sparatorie, inseguimenti e scazzottate occupano almeno mezzo film che approda piuttosto stancamente a un finale non del tutto imprevedibile. Fajardo fa, al solito, il cattivo.
MEMORABILE: La macchietta dell'affittacamere gay con cui Bosch verrebbe oggi probabilmente accusato di omofobia.
Guru: Egregia interpretazione di Quinn nei panni di un rumeno che, denunciato come ebreo, verrà crudelmente allontanato dalla famiglia (e persino pubblicizzato come "campione" della macabra teoria purista!) sino alle ultime battute del processo di Norimberga. Verneuil dirige le emozioni e la voglia di ricominciare e addolcisce la pillola con l'ingenuità e la positività del protagonista. La fotografia è buona, ritaglia la sofferenza ma non si accanisce sul dolcissimo volto di Virna Lisi.
Giùan: Qui non è questione del film brutto, sporco e primigenio che surclassa l'opera pensosa e menosa (discorso che razzisticamente tenderebbe a giudicar ancora dall'alto il lavoro di Cicero vs Bertolucci), ma ben più concretamente di una coscienza parodica la cui rispettosa filologicità diventa fenomenologica portando alla luce inesorabilmente uno straordinario testo/specchio indipendente, un singolare universo filmico. Formidabile il corpo della Beswick e incommensurabile la misura di Franchi, che si veste di gesti e spessore "over brandiani". Fa venir voglia di vedere Parigi.
MEMORABILE: Franchi "rimastica" i ricordi narrando di cani e di gare a chi la fa più lontano; Il monologo davanti alla salma; Il linguaggio sempre più hard.
Parsifal68: La tragedia più emozionante del Bardo Shakespeare trova la sua ennesima trasposizione in questa versione dell'italiano Carlei, che si avvale di un mix di attori giovani emergenti (bravi ma ancora acerbi) e di altri più validi ed esperti che danno al film un tocco di doverosa professionalità. Non male la ricostruzione della location e i costumi, ma il film non aggiunge e non toglie niente a quanto già visto. Lo si può comunque vedere per emozionarsi.