il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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338338 commenti | 63957 titoli | 25360 Location | 12576 Volti

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Location Zone

  • Film: Agente 077 missione Bloody Mary (1965)
  • Luogo del film: La clinica del professor Betz (Umberto Raho), membro del Giglio Nero
  • Luogo reale: La Verrière: Chateau de la Verrière, Avenue de Montfort, Francia, Estero
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  • Film: La pretora (1976)
  • Luogo del film: La strada dove Renato Altieri (Dettori) incontra Viola Orlando (Fenech)
  • Luogo reale: Via della Mola Vecchia, Anguillara Sabazia, Roma
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  CINEPROSPETTIVE

ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Paola Del Bosco

    Paola Del Bosco

  • Tere Velázquez

    Tere Velázquez

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Daidae
Non poi così male, ma lascerà molti delusi. Più che sull'azione (poca) si punta (molto) sull'aspetto "psicologico" dei protagonisti: due poliziotti, dei quali uno non troppo simpatico alla testa delle rispettive squadre si contenderanno l'arresto di un criminale giocando anche sporco. C'è poco da salvare, un'occasione perduta. Peccato perché il cast offre una prova più che discreta.
Commento di: Daniela
Un ragazzo, costretto a girare un video da utilizzare per ricattare un politico, si spaventa e fugge. I carabinieri corrotti che gli avevano commissionato il lavoro lo cercano per farlo fuori e lui, figlio di un boss della mala affetto da demenza senile, cerca aiuto presso altri malavitosi in disarmo... In una Roma dai toni apocalittici, un noir e cupo e pessimista che, pur senza raccontare nulla di nuovo, colpisce grazie alle belle interpretazioni di Servillo, Mastandrea e soprattutto dell'irriconoscibile Favino. Efficace anche Giannini, rare ma ben dirette le scene d'azione.
Commento di: Mr.chicago
Ancora un film di Stone III ambientato in una università e tra le confraternite. Questa volta una leader di colore è costretta a insegnare a un gruppo di ragazze di etnia caucasica (negate e svampite) lo "stepping" (classico "demanio" ritmico di colore) per arrivare a Harvard... Nulla di particolarmente nuovo e classiche dinamiche già viste in altri film dello stesso regista, ma anche in questo caso le sfide finali sono ritmicamente e coreograficamente notevoli.
Commento di: Reeves
Giulio Cesare fugge in Bitinia perseguitato da Silla e deve fare i conti con i feroci pirati capitanati da un ottimo Gordon Mitchell, che è molto migliore quando recita in ruoli da cattivo. Qui i mezzi sono piuttosto ridotti, ma il modellino che vede le navi entrare in un'insenatura chiaramente ricostruita su un plastico e la grotta ricostruita in studio e con sbocco sul mare aperto affascinerebbero chiunque. Se poi si aggiunge che c'è Abbe Lane, il gioco è fatto.
Commento di: Kinodrop
La figlia insofferente e ribelle di un uomo facoltoso e influente, dopo una nottata in discoteca scompare e comincia così una ricerca da parte di un nucleo di polizia specializzato in casi di questo genere. Un poliziesco belga che ricalca programmaticamente tutta la casistica, i personaggi e gli stereotipi visti migliaia di volte nelle serie televisive americane, in cui si sprecano false piste, falsi obbiettivi, un carosello di poliziotti da manuale per giungere all'immancabile esito positivo. Montaggio frenetico falsamente realistico con riprese ipercinetiche piuttosto fastidiose.
Commento di: Cotola
L'esordio del duo Gondry (alla regia) e Kaufman (alla sceneggiatura) è una storia tutto sommato ordinaria, visti i loro standard futuri, in cui ci si interroga sul conflitto - insanabile? - tra stato di natura e civiltà. I presupposti e gli sviluppi non sono particolarmente originali, ma ogni tanto ci si diverte (poco per la verità) e qualche guizzo qua e là c'è. Il regista viene dai videoclip ma non si vede, anche se la regia è poco ispirata, visivamente parlando, così come la sceneggiatura. E anche il cast non fornisce prove di rilievo. Ma qualche timido perché c'è.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Amiche da una vita, Jane (Ladd) e Mandy (Armstrong), separate dalla distanza, si ritrovano in occasione del compleanno della seconda. E' Kelly (Booth), la figlia di Mandy, ad aver avuto l'idea di riunire mamma con quella che lei ha sempre chiamato "zia" in virtù di un legame davvero forte che lega due donne.

Jane è vedova da qualche anno, Mandy ha qualche problema non ben specificato con il suo Will (Moses), che al contrario pare ancora inamoratissimo di lei. Cosa turba Mandy? Un amante? No, è piuttosto la sensazione di un rapporto ormai incrinato per...Leggi tutto una routine inaccettabile, una sensazione di disagio che fatica ogni giorno a nascondere e che confessa a Jane, una volta avendola lì con lei "a disposizione". Mandy, che cade dalle nuvole, cerca di capire cosa stia succedendo, ma che tra Mandy e Will le cose non vadano è evidente. La rottura è a un passo e Jane non sa bene come comportarsi: vorrebbe che non si separasse, vorrebbe farle capire che forse è solo un momento di passaggio, ma sa che non può essere lei a stabilire quello che vuole la sua “migliore amica” (così sempre si definiscono le due, anche in pubblico).

Kelly, adolescente legatissima ai genitori, non può che assistere addolorata al frantumarsi della loro relazione e Jane, invitatata a rimanere qualche giorno dall'amica, pensa a quel punto di tornare a casa. Qualcosa invece succede, e cambia a sorpresa le carte in tavola; qualcosa di intuibile leggendo il titolo (anche italiano, che è una corretta traduzione letterale dell'originale). D'altra parte non è certo l'originalità, la carta migliore che il film ha da giocarsi. Ciò su cui invece si lavora discretamente è la complessità dei sentimenti di Mandy e l'impostazione del suo rapporto con Jane. Anche grazie a due attrici che riescono a lasciar trasparire una certa autenticità nell'interpretazione, la costruzione della storia è affontata con maturità, e se anche i mezzi produttivi non sono dei migliori - fotografia piatta, quasi esclusivamente interni - la sceneggiatura, unita alla solida regia di Waris Hussein, permette di seguire bene la vicenda mettendo una discreta curiosità per i suoi sviluppi.

C'è di mezzo anche il boydfriend di Kelly, che suona in un gruppo rock e che Jane va a registrare col mangiacassette sul palco (i telefonini non erano ancora diffusi), ma tutta l'attenzione resta sulle due amiche. Insomma, considerato che di film per la televisione si tratta, si può dire che rispetti le aspettative di chi cerca un dramma sentimentale senza grandi ambizioni, che resta nell'ambito della normalità preoccupandosi di dare quanto più possibile spessore alle due protagoniste, con l'ex Charlie's angel Cheryl Ladd (che sostituì la diva Farrah Fawcett) in scena con l'habitué di PERRY MASON William R. Moses. Si fa luce soprattutto sulle titubanze e lo spaesamento di chi si ritrova in una situazione del tutto inattesa e deve decidere come gestirla.

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Tipica commedia inglese dei Sessanta, intrisa di quell'umorismo caratteristico che la lega da subito al paese d'origine e che, vista oggi, appare indissolubilmente agganciata ai suoi anni, molto meno divertente di quanto vorrebbe essere. La colpa è anche di una storia non particolarmente interessante, che mette in scena un anomalo patto stretto tra la malavita londinese e Scotland Yard con l'obiettivo di sconfiggere una banda di "travestiti". Niente a che vedere con l'orientamento sessuale dei criminali, ovvio; è semplicemente la definizione data dal doppiaggio...Leggi tutto d'epoca (quanto sono cambiati i tempi!) a tre delinquenti australiani in trasferta che, per compiere le loro malefatte, si travestono da poliziotti. Un'idea assai furba e producente: seguono i ladri reduci da fruttuosi furti, li bloccano minacciandoli di portarli in prigione ma dopo essersi fatti consegnare la refurtiva si dileguano lasciando capire quanto coi veri agenti di Scotland Yard nulla hanno a che fare.

La mala della capitale inglese, organizzata quasi come fosse un vero sindacato e guidata dal carismatico "Paino" Gates (Sellers), capisce che i "travestiti" devono avere qualche informatore nella loro banda ma non immagina che questi sia proprio la donna del gran capo la quale, sfruttando l'avvenenza e il suo ascendente su Paino, gli fa spifferare tutto tra un bacio e una carezza. E così, dopo cinque, sei colpi in cui i suoi uomini finiscono derubati da altri criminali evidentemente più svegli, Paino pensa sia arrivato il momento di farsi aiutare dal nemico per eccellenza, a sua volta ovviamente interessato a preservare il buon nome di Scotland Yard da falsi poliziotti che derubano il prossimo.

L'idea è quella di organizzare un furto in grande stile, di farsi seguire e derubare dai "travestiti" e infine di arrestarli una volta per tutte. Un'operazione complessa, ben architettata (ma non spiegata con troppa chiarezza nelle sue sfumature) e che occupa tutta la seconda parte del film, in cui l'azione più concitata si sostituisce all'impostazione più da commedia poliziesca della prima. Meglio? Non troppo, anche se pure fin lì la storia risulta inutilmente complessa, densa di accadimenti che finiscono col soffocare battute già presenti in numero limitato.

Sellers, che curiosamente nello stesso anno del primo Clouseau usa come copertura un personaggio che parla con forte accento francese, resta un ottimo attore, ma in un ruolo tendenzialmente serio e per nulla imbranato come il suo memorabile ispettore, non ha lo stesso impatto comico, gli altri - che non possono naturalmente contare sulla stessa predisposizione al genere - risultano talora pure irritanti. La verve sta più nel ritmo che nei dialoghi, insomma, ma la regia di Cliff Owen è anonima, troppo occupata a seguire gli sviluppi scialbi della storia per risultare spassosa come vorrebbe. Non che manchino spunti azzeccati, ma vengono svolti meccanicamente, privati della necessaria interazione tra figure simpatiche o perlomeno buffe (valga per tutti l'ispettore "Nasello" Parker di Lionel Jeffries, esempio di un umorismo sorpassato e ad oggi difficilmente digeribile).

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L'ennesima cronaca di un'impresa ci riporta questa volta indietro fino agli Anni Trenta (pare che Clooney ci abbia preso gusto a evitare la contemporaneità, nei suoi film), quando un gruppo di canottieri riservisti dell'università di Washington cominciò la sua marcia trionfale dalle acque del fiume Hudson.

Nel raccontare le gesta del gruppo di ragazzi in barca protagonisti del romanzo omonimo di Daniel James Brown del 2013, Clooney sceglie il profilo basso. Non rinuncia, per forza di cose, all'esaltazione del momento, ma riconduce la storia nell'ambito...Leggi tutto di una certa normalità ben calata nella realtà del tempo, nell'era della Grande Depressione. I ragazzi non sono figli della ricca borghesia come quelli che occupano le imbarcazioni "titolari", ma sanno imporsi grazie al cuore, alla tenacia, e questo è quanto il film porta in scena, senza dimenticare di descrivere - pur con una certa sbrigatività che si traduce spesso in superficialità - il mondo in cui si muove l'unico vero protagonista Joe Rantz (Turner), senza un dollaro in tasca e convinto a tentare la via del canottaggio solo grazie al consiglio di un amico, che gli spiega come stiano reclutando gli otto canoisti chiamati a fare le riserve pagando i prescelti un bel po' di quattrini.

L'occasione d'oro, per Joe, diventa il trampolino di lancio per comporre un equipaggio coeso come nessun altro, motivato a dovere da terra da un coach fondamentale (Edgerton). Le traversie che i nostri dovranno superare sono messe in scena fortunatamente senza grande enfasi ma con una buona attenzione per il contesto storico, anche attraverso una ricostruzione di pregio valorizzata da una fotografia scintillante. A fare la parte del leone, tuttavia, sono senza dubbio le riprese sul fiume, presenti in gran numero e ottime nella loro spazialità, nell'alternare con gusto panoramiche dall'alto e inquadrature a pelo d'acqua evidenziando lo sforzo degli atleti e l'affiancamento agli avversari durante la competizione. Sono i momenti che meglio rappresentano il discreto lavoro in regia, con una fluidità che mette in luce un'apprezzabile classicità nello stile, lontana dagli eccessi della spettacolarizzazione che spesso il cinema sportivo inserisce con esagerata enfasi.

Piacevole anche la parentesi alle olimpiadi di Berlino del 1936 (compresa di Jesse Owens, svastiche e con un Hitler contrariato presente alla finale), a conferma di un buon lavoro complessivo nella ricreazione di un preciso periodo storico. Ciò che manca è semmai una solida spina dorsale che dia una direzione decisa al film, che per lungo tempo procede apparentemente per inerzia, descrivendo piuttosto anonimamente e senza la giusta intensità quanto accade, fornendo un freddo resoconto che non coglie quasi mai highlights significativi. D'altra parte tutti sanno (o come minimo immaginano) cosa accadrà e quindi le sorprese sono al massimo la leggera malattia di qualcuno, la corsa a raggranellare i soldi necessari a finanziare una spedizione che in molti non vedono affatto di buon occhio... La scelta di filmare a lungo le sfide sull'acqua sottrae tempo alla caratterizzazione dei personaggi e la cosa si nota, lasciando l'impressione di un'opera condotta sapientemente ma priva di una vera anima, un esercizio di stile pacato e sobrio, a tratti un po’ grigio...

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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