Indagine di un giornalista sulla mafia del sesso - Film (1969)

Importante, perché è il primo che ho visto in cui si vedeva pelo: già all’epoca m’aveva colpito per la goffaggine. Mai avrei pensato che fosse oggi reperibile. Rivederlo è stata esperienza pazzesca. Il protagonista sorride sempre, il regista piazza la telecamera e la tiene ferma: la cagneria degli interpreti fa il resto. L’ufficio della polizia è fatto con due cartine, due telefoni e un abat jour. Le facce dei cattivi dànno ragione a Lombroso. La vicenda e gli snodi sono indescrivibili. E c’è ancora di peggio: i siparietti comici: allucinante.

Un giornalista scrive un'inchiesta sul mondo della prostituzione, ma presto alcune delle donne che ha intervistato vengono uccise... Non ci aspetti un thriller o un film d'azione, dato che l'unico interesse di Hendel è quello di accatastare numerosi incontri tra clienti e prostitute sia per mostrare qualche nudo (ma non si va più in là) sia per andare a pescare fra i più triti stereotipi legati alla materia: l'anziano, il ragazzino vergine, quello vestito da postino... Un disastro senza se e senza ma, per di più con una regia impersonale.

Avrebbe la presunzione di mescolare tre generi: poliziesco, giallo e film inchiesta; peccato che con nessuna delle tre componenti riesca a sbarcare il lunario. In qualsiasi modo lo si veda è di una banalità rara da trovare e solo parzialmente vengono in aiuto i fisici delle prostitute con relative nudità, in quanto pure loro sembrano telecomandate nei dialoghi e con pochissima personalità. Si salva un pappagallo parlante che dà una risposta magistrale, nonché le musiche di Umiliani riprese dai mondo-movie di Scattini. I gangster poi sono da fumetto.