Nei sotterranei del General Hospital il dottor Bob Frankenstein (Blankfield), che si fa chiamare Frankenheimer, armeggia col suo aiutante Iggy (Jordan) nel tentativo di realizzare il sogno di suo nonno, quello naturalmente di animare una creatura composta da parti anatomiche appartenenti a uomini diversi. Da quando ha acceso il voltometro dell'illustre parente nel laboratorio sono scomparsi i colori e quindi abbiamo un film in cui le (brevi) parti dedicate agli esperimenti sono in bianco e nero. Un vezzo che poco cambia, così come non lo fa l'inserimento di saltuari cartelli descrittivi tra le scene come nei film muti. In verità la differenza maggiore, rispetto alle altre parodie in tema, la fa l'ambientazione...Leggi tutto ospedaliera, al punto che per buona parte del tempo sembra semplicemente di vedere una sorta di OSPEDALE PIU' PAZZO DEL MONDO girato con battute meno raffinate e un ricorso più frequente allo slapstick e all'esposizione di nudi femminili (molte le poppe in mostra). Il protagonista peraltro ricorda fin dalle espressioni e la capigliatura Gene Wilder creando un ponte ideale col più alto esempio di comicità legata a Frankenstein, richiamato anche dalla presenza della bambina cieca, che riunisce in uno i due personaggi chiave incontrati al tempo dal mostro di Mel Brooks. Ma anche in questo caso il modello è distantissimo e tocca accontentarsi di un umorismo molto meno ricercato e filologico, con rade gag che vanno a segno (simpatica quella legata alle solite macchie di Rorschach) e un numero ben maggiore da annoverare tra l'imbarazzante e il vetusto. Ci sono i personaggi che provano a riempire la scena con qualche caratterizzazione particolare (i due medici che scommettono su tutto, quello che studia il siero per fermare l'invecchiamento), il direttore arcigno dell'ospedale, la seducente psicologa (Shower) o l'infermiera ninfomane (Caple); o anche il povero chirurgo accusato di aver fatto fuori cinque degenti sotto i ferri quando la colpa era in realtà solo di Iggy, che per conto di Frankenstein si dedicava a macabri trucchi con l'ossigeno per procurare al suo padrone materiale con cui comporre la creatura. Quest'ultima poi, come da tradizione, “romperà le catene” vagando per l'ospedale, sollazzando la psicologa ma facendo meno danni del previsto. In film così, dichiaratamente comici, è chiaro che il valore è dato in buona parte dalla qualità delle gag e dalla simpatia del cast. In entrambi i casi siamo sotto agli standard, con il nutrito gruppo di belle figliole che conferma la direzione pecoreccia dell'insieme, tipica di molta ingenua, spensierata comicità Anni Ottanta senza pretese diretta a un target giovanile.
Ennesima tediosissima commedia basata sulle gesta del discendente di Frankenstein. In questo caso siamo in ambiente ospedaliero e, per un'ora buona, siamo costretti a sorbirci gag pedestri fra dottori nevrotici, segretarie focose e il capo dedito a pratiche S&M. Le battute sono fiacchissime e anche quando entra in gioco il mostro (Irwin Keyes), ovviamente arrapato e superdotato, si sorride poco. Buona solo l'idea di usare il bianco e nero per le scene in laboratorio. In tema di parodie scollacciate, meglio Frankenstein all'italiana di Crispino.
MEMORABILE: Iggy porta per sbaglio due gambe sinistre a Frankenstein; Gli effetti "sottocoperta" delle foto porno consultate dal mostro; L'amplesso in ascensore.
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Sui poster italiani (ma non sui titoli di testa) impera un misspelling nel nome del dottore (Frankestein senza la "n"). Il povero barone non ha mai goduto di particolare fortuna presso i distributori italiani (dalla locandina di Il mostro è in tavola, barone Frankstein a un analogo Dracula contro Frankestein, come si legge nei titoli di testa).