Robustissimo thriller impreziosito dalle doti tecniche registiche di Martin Campbell, che non lascia un attimo di respiro, e già si dimostra autore dotatissimo nel narrare storie ad alta tensione ottimamente girate (
Legge criminale ne è un fulgido esempio)
Impreziosito da un cast all'altezza (l'avvocato della Hershey , il detective di Shepard, il ruolo laido e schifoso del sempre grande J.T. Walsh e la performance di Mary Beth Hurt, moglie addolorata e cornuta, con un terribile segreto con cui convivere e non di meno Kellie Overbey, in quello della figlia abusata, sociopatica e tormentata-da antologia i dialoghi tra lei e la Hershey quando quest'ultima la porta al mare-) e il classico noir novantiano , che non perde colpi e tiene alta la suspence (solo una leggera caduta di tono nella parte processuale, ormai di rito nei thriller del periodo).
All'inizio credevo di avere sbagliato film, dove l'incipit mostra un filmetto porno sullo stile
Le ragazze pon-pon tra una cheerleader vogliosa e un giocatore di football negli spogliatoi, poi la scena passa su di uno schermo cinematografico, dove il regista dice di tagliare alcune scene.
Loschi giri di filmetti porno con protagoniste minorenni (i riferimenti all'aldrichiano
Un gioco estremamente pericoloso non sono casuali), malsani incesti tra padre e figlia (il paparino che filma "amorevolmente" la figliola sedicenne lolitesca sul letto che si spoglia, prima di dedicarsi a filmini porno casalinghi alquanto incestuosi), dove le famiglie altolocate nascondono turpi e sordidi altarini (con madri tacitamente consenzienti
Ha preso il mio posto anche a letto), che danno al film quel tocco morboso che dà una marcia in più (sullo stesso tema viene in mente il sottostimato
The Quiet)
Notevoli omaggi a
Bersaglio di notte (la Hershey che fà visita ad una famiglia che vive in una roulotte, con un'altra minorenne coinvolta nel traffico dei video porno), coincitati spizzichi di notevole psychothriller (l'aggressione nell'appartamento della Hershey, tra lotte corpo a corpo, vetri della doccia sfondati a pugni, la tromba dell'ascensore e la belluina violenza dell'aggressore), la tesissima sequenza della cena (il vino versato sul tappeto, l'imbarazzo della Hershey, la presentazione della famiglia e un'atmosfera turpe, che fà capire che in quella famiglia così perbene c'è qualcosa che non quadra), la lotta tra la Hershey e J.T. Walsh nell'elegante ufficio di quest'ultimo, tra nasi rotti a testate, cubetti di ghiaccio insanguinati e tagliacarte, fino alle pareti del bagno e i lavandini imbrattati di sangue, nonchè pornoattori "castrati" che soffrono le pene dell'inferno sul letto di un ospedale.
Eppoi quel finale nella cucina, tra pazzia muliebre e coltellate autoinflitte, che anticipa, in un certo qual modo, la dirittura di arrivo di
Scream.
Un'amiciza tra donne che rivela i suoi lati oscuri, le videocassette con la prova delle passioni incestuose di papino, la rabbia di una ragzzina abusata che si nasconde dietro a menefreghismo e ribellione, il faccia a faccia finale femmineo, che sfocia in dolore e follia.
Ben scritto, un tema scottante piuttosto azzardato per questo genere di film e diretto con gran professionalità da un regista talentuoso che sà il fatto suo.
Co produce Taylor Hackford e sua maestà Kevin Yagher lavora sulle impressionanti ferite da arma da taglio che ricoprono il corpo di J.T. Walsh in fotografia (c'è pure, in campo lungo, una sequenza autoptica "fulciana" sul cadavere di una ragazza).
Grande ripresa delle scarpine col tacco della Hurt, mentre cammina spedita verso la Hershey ingabbiata, con il rumore dei tacchi che rimbobano per il corridoio.
Riprova (dopo
Legge criminale) di come Campbell poteva essere una promessa come autore di thriller, poi non mantenuta.
Di culto i manifesti farlocchi dei film porno appesi sulla parete dell'ufficio della casa di "produzione", la fantomatica Blue Screen Production.
Meloncina