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Volti del cinema italiano nel cast VOLTI ITALIANI NEL CAST Volti del cinema italiano nel cast

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Avati legittimamente si riappropria dell'immaginario compagno dei suoi sforzi più amati sostituendo il Polesine con la laguna veneziana senza che l'incanto svanisca. La complessità dell'omonimo romanzo lascia come traccia di sé sparuti elementi irrisolti, fantasmi erranti di un quadro non sempre coeso e concluso, suggestioni che arricchiscono il dispersivo insieme sottraendo punti alla comprensione completa del tutto, modificandone la percezione soggettiva ma espandendo i confini del racconto. Il ritorno agli Anni 50, ancora una volta ricostruiti con il gusto e la precisione di chi quel tempo ha vissuto e acutamente osservato, è tuttavia fotografato con scelte...Leggi tutto in parte discutibili dal fido Cesare Bastelli: i colori fortemente desaturati paiono una mossa difensiva per restituire immagini che il digitale non può dipingere con la necessaria morbidezza, ma il contrasto tra l'effetto anticato e l'alta definizione crea anacronismi visivi che lambiscono talvolta l'impatto deleterio della fiction televisiva. Fortunatamente la magia degli scenari lagunari, l'impagabile eleganza delle riprese e l'immutata professionalità di Bastelli riallontanano l'impressione confermandoci quale sia stato il grado d'attenzione di Avati nella ricerca delle location e nella loro gestione. La stessa cura non comune percorre l'intero film illuminando vette che ancora il regista dimostra di poter scalare giocando con luci e ombre, muovendo la macchina da presa con consumata sapienza e dirigendo il cast con l'ammirata maestria di sempre. Scalda il cuore rivedere sullo stesso set Cavina, Haber, Capolicchio, un Massimo Bonetti che più dei colleghi stupisce per l'espressività e la profonda umanità infusa nel giudice che indaga sul delitto: scortano tutti, a intervalli, i volti meno noti donando loro spessore per osmosi. E' anche grazie a questo (quale fascino la marmorea “femme fatale” della Caselli!) se l'intricata vicenda, che a raccontarla tutta ci vorrebbero pagine, acquista vita, irradia morbidamente tra l'erba e i casolari l'orrore che s'accompagna alla superstizione e in essa s'innesta. Parole e pensieri ci riportano all'oscurantismo relativo di provincia, confondono sogno e realtà lasciando che a noi spetti l'onere di giudicare, vagliare e interpretare – se davvero lo vorremo – quel finale sospeso che sornione irride la logica; o quell'indagine dai contorni galli più da digerire nell'intimo che da comprendere, vaso di Pandora che da subito scoperchiato libera un vorticoso mulinare di sospetti, segni, volti. Sono tante e tali le note sfiziose, le piccole scene agganciate per trascinarci a forza nel passato, che non pare nemmeno corretto richiamare i precedenti classici: quelli occhieggiano sorridendo solari di lontano, senza potersi rispecchiare nell'inchiostro nero di un film che se ne fa summa racchiudendoli gelosamente in sé, marchi distintivi che rivendicano autonomia extra-cinematografica ad ogni nuova riproposizione. Un distillato avatiano puro nella forma, nella sostanza e persino nel suo disperato tentativo di narrare troppo senza disporre dello spazio necessario; rischiando fieramente di risultare a tratti abbozzato, irrisolto, persino approssimativo. Eppure quelle facce e quelle terre, quei colori e quel mondo restano ora e ancora testimonianza di un talento magari stinto ma estinto mai. Ritrovarne fulgido esempio, imperfetto ma sincero, a distanza di tanti anni commuove. E vien subito voglia di rivivere l'avventura per riscoprire e ricaptare, mettere a fuoco e reinquadrare, cogliere di più e riscoprire. Come sia il cinema d'oggi filtrato dai grandi uomini di ieri.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 26/08/19 DAL BENEMERITO COTOLA POI DAVINOTTATO IL GIORNO 31/08/19
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Taxius 10/09/19 13:18 - 1656 commenti

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Avati dopo tanti anni torna all'horror e lo fa in grande stile, con un bellissimo e inquietante film con tanti pregi e qualche difetto. Lo stile usato dal regista bolognese è simile a quello già usato per La casa dalle finestre che ridono: protagonisti assoluti sono infatti i segreti, le bugie e le superstizioni di un'Italia contadina e rurale appena uscita dal secondo conflitto mondiale. Purtroppo il film paga un finale sbrigativo (ma non deludente) e qualche sottotrama di troppo che non porta da nessuna parte. Spettacolare l'ambientazione.
MEMORABILE: I primi 30 secondi.

Cotola 26/08/19 23:25 - 9043 commenti

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Avati torna alle atmosfere dei film padani: c'è la provincia veneta col suo carico di mistero e di segreti; ci sono Capolicchio e Cavina in piccole parti (anche Haber); c'è una bella confezione con nomi di lusso (Zuccon al montaggio e Stivaletti agli effetti speciali, tanto per fare due nomi). Cosa manca allora per farne un gran film? Una maggiore presa sullo spettatore, nonostante la storia sia gradevole e scorra via veloce grazie anche a una meritoria breve durata: meno di novanta minuti. E mancano le inquietudini del passato. Non male ma difficilmente rimarrà nella memoria del pubblico.
MEMORABILE: Il finale.

Digital 27/08/19 10:58 - 1257 commenti

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Lascia piuttosto perplessi quest’ultima fatica di Avati. L’atmosfera richiama le pellicole padane, con la classica provincia arretrata fitta di misteri e personaggi inquietanti. La storia però fatica a carburare: non riesce mai a intrigare come dovrebbe, perdendosi lungo le maglie di una vicenda che non avvince e, soprattutto, non spaventa. La tensione si riduce a sporadiche sequenze e al colpo di scena finale (che resta con molti punti di domanda) mentre il tedio serpeggia agevolmente seppur mitigato dalla breve durata. Più ombre che luci.

Puppigallo 27/08/19 15:30 - 5275 commenti

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Uno di quei casi in cui la pellicola ne avrebbe giovato se si fosse data una spiegazione razionale, che facesse leva sulle credenze popolari, sulla suggestione, sull'ignoranza e sulla paura del diverso. E invece... Comunque, grazie al parco attori della scuderia Avati, all'ambientazione e a una certa aria malsana, risulta comunque vedibile, nonostante gli scivoloni nel grottesco, nel caricaturale, con tanto di eccessi (la prima scena; il volto sfigurato del padre morto e la lunga estrazione dentale), che rendono il tutto esageratamente artificioso, stridente nei confronti della confezione.
MEMORABILE: Ogni qualvolta si vedono i denti (escludendo l'estrazione), le braccia tendono a staccarsi (sembrano quasi quelli di plastica del costume da Dracula).

124c 2/09/19 01:47 - 2918 commenti

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Un giovane funzionario romano viene mandato in un paese della provincia veneta per investigare sulla tragica morte di una neonata a opera di un ragazzino che dice di aver visto in lei il diavolo. Pupi Avati torna all'horror circondandosi di volti noti del suo cinema che compaiono come guest star (Gianni Cavina, Lino Capolicchio e Alessandro Haber, per dirne tre), ma non tutto quadra come dovrebbe, nonostante le buone atmosfere grigie e la discreta ricostruzione della vita rurale dell'Italia degli anni '50, macabre chiesuole di paese incluse.

Rambo90 27/08/19 02:30 - 7697 commenti

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Una delusione. Avati torna agli orrori della campagna ma con scarsa vena. La trama si fa anche seguire, ma la pessima confezione paratelevisiva e la recitazione dei protagonisti non aiutano. Nella seconda parte, poi, diventa sempre più evidente che la sceneggiatura abbia ben poco cui approdare, vivendo di un generale senso malsano e non di una vera costruzione. Rimangono le partecipazioni di lusso di vecchi compagni sodali e qualche momento disturbante affidato agli effetti di Stivaletti. Mediocre.

Ira72 27/08/19 08:24 - 1313 commenti

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Grande ritorno di Avati in chiave horror, dal sapore d'altri tempi ormai raro nel panorama cinematografico. Si parte subito con una scena impattante e rivelatrice per proseguire nei lidi tanto amati dal regista, permeati di decadenza, umidi e piovigginosi, tra vecchi casali malridotti, atmosfere cupe e inquietanti. Efficaci gli interpreti, con volti cianotici e profonde occhiaie su cui spicca una Caselli dalle calze sgualcite e dall'aria sinistra che sorprende per la prova attoriale. Il made in Italy, nel genere, non ha eguali, se in così sapienti mani!

Lucius 27/08/19 10:07 - 3015 commenti

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La formula è quella de La casa dalle finestre che ridono, quindi vincente. Ben recitato dall'intero cast, il nuovo lavoro di Avati risulta in linea con le tappe padane, nere, della sua filmografia. A lasciare perplessi è la sola fotografia (anche se non è del tutto insalvabile). Una storia diabolica la cui inquieta atmosfera contribuisce a dare quel quid di mistero e di malefico all'intera trama. Un'opera nera che attinge non solo dalla filmografia del regista ma anche dall'horror in generale, plasmata dall'autore e in grado di incutere paura.

Rebis 27/08/19 09:53 - 2337 commenti

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C’è qualcosa di abissale che soggiace nelle terre tra Ravenna e Venezia e più su fino al Polesine. Avanti vi è convocato 43 anni dopo, come un rabdomante della paura, per intercettare ancora gli umori mefitici di una presenza antica e inalienabile: e la scova. Se l’articolata indagine investigativa avrebbe meritato più respiro – Ivan Zuccon monta con nerbo - e il finale disorienta più che atterrire, il film si sostanzia nelle luci sature di Bastelli, nel truce gore di Stivaletti e in un cast di sobria professionalità.

Bubobubo 27/08/19 11:20 - 1847 commenti

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Riunione di grandi nomi, attoriali (Cavina, Capolicchio, Haber...) e tecnici (Zuccon, Stivaletti) per il celebrato ritorno di Avati all'horror padano. Il problema è che, tolte le atmosfere plumbee e malate del Polesine e un paio di scene di grande impatto visivo, il film non sta in piedi: registicamente sciatto (l'abuso del ralenti è insopportabile), scritto approssimativamente (gli ultimi 10' arrivano dal nulla, quasi al fast forward) e con svariate sottotrame superflue (la cornice politica), quando non inutili (la liaison amorosa).
MEMORABILE: La sanguinolenta scena iniziale; L'estrazione dei denti. In negativo: l'uso estensivo del ralenti; Le scene all'ospedale; Il finale.

Pupi Avati HA DIRETTO ANCHE...

Spazio vuotoLocandina La mazurka del barone, della santa e del fico fioroneSpazio vuotoLocandina BordellaSpazio vuotoLocandina La casa dalle finestre che ridonoSpazio vuotoLocandina Tutti defunti... tranne i morti

Trivex 27/08/19 12:40 - 1744 commenti

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Ben costruita, anche nell'atmosfera, l'Italia di quel tempo, con il potere politico che palesemente deborda per perpetuare se stesso. Ordinario e formale il protagonista, un po' come il film medesimo. Ci si infila nel contesto contadino ove superstizione e religione spesso e purtroppo camminano insieme. Avati coglie le ragioni della critica al sistema e le incrocia con un fatto terribile. Poi si prosegue ancora spediti, senza indugi ma con poco "calore", sino al finale che coniuga una maliziosa ambiguità con la fretta, eccessiva, di chiudere la storia.
MEMORABILE: I denti; Il finale (poco riuscito).

Nergal 27/08/19 14:38 - 6 commenti

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Il ritorno di Pupi Avati al gotico padano soddisfa solo a metà: l'atmosfera morbosa c'è, la storia pure, ma non si può far finta di ignorare gli evidenti limiti tecnici (la regia piatta, la fotografia eccessivamente desaturata, il montaggio grossolano) e attoriali che inevitabilmente incidono sulla qualità complessiva del film; la scena della culla insanguinata è terribile. Fa però piacere rivedere alcuni dei volti storici del cinema di Avati riuniti ancora una volta sul set. Tre palle per la simpatia e l'affetto.
MEMORABILE: La scena del dentista; La discesa nelle tenebre.

B. Legnani 27/08/19 22:46 - 5532 commenti

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Avati si rivolge a chi ama La casa e non resiste alla tentazione di pluricitarsi: non penso alle presenze attoriali, che sono graditissime, ma a situazioni, oggetti, luoghi, inquadrature. E in questo eccede. Il film è girato bene e con attori diretti benissimo (straordinaria la Caselli): alla Avati, insomma. È anche sincero, nell'andare a mettere in scena le paure infantili, sulle quali operava la rigida educazione cattolica dell'epoca, che creava colpe, le quali rendevano meno felice la vita dei bambini (paure che, però, hanno reso possibile il film). Bordate seminascoste pure contro la DC.
MEMORABILE: La copertina del quaderno si apre.

Gmriccard 29/08/19 12:06 - 121 commenti

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Mezza delusione. Buona la fotografia (ma colorimetria noiosa), bene gli attori (salvo il ruolo più importante, il piccolo Franchini, anche troppo allampanato). Il problema principale risiede nello storyboard: troppe informazioni fuorvianti, location sovrabbondanti, personaggi solo abbozzati che appesantiscono la messa in scena e la logica della trama. Ottimo soggetto originale, solita maestrìa registica e consueto, sorprendente finale. Se il grande schermo deve morire a colpi di remake e avengers vari, meglio mille film così di registi satolli.
MEMORABILE: Senz’altro il finale.

Enzus79 28/08/19 20:48 - 2896 commenti

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Storia gotica nostrana firmata Pupi Avati, che ritorna all'horror dopo un bel po' di tempo. Non siamo ai livelli né de La casa dalle finestre che ridono né di Zeder, ma è un buon film che ha nel finale la più grande pecca: troppo veloce nello svelare il perché di certe situazioni. Scene raccapriccianti ci sono, ma si contano sulle dita di una mano. Comunque, dei film diretti da Avati negli ultimi dieci/venti anni, è il migliore.
MEMORABILE: La prima comunione; L'estrazione dei denti.

Noodles 29/08/19 00:58 - 2228 commenti

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Le atmosfere, le inquietudini e le ambientazioni suggestive sono quelle di sempre e Pupi Avati non ci tradisce. La storia, pur scorrendo piacevole per tutta la sua breve durata e pur presentando notevoli spunti di interesse resta sempre un po' sul vago e vi sono anche un paio di difetti di sceneggiatura, che a volte si fa un po' confusa. Un piacere rivedere alcuni grandi nomi del cinema di Avati: si amalgamano bene in una recitazione generalmente buona. Meritevole di visione.

Myvincent 29/08/19 16:21 - 3741 commenti

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La bruttezza, il raccapriccio, la deformità, viste con la doppia lente della superstizione/religiosità (facce della stessa medaglia), raccontate con l'usuale profonda capacità a cui Avati ci ha abituato. Non solo un horror, ma un film d'autore, il cui "romanzo" accurato è un mezzo per far riflettere sui labili confini che si stabiliscono tra il reale e l'innaturale, lasciando a ognuno di noi di ultimarne l'interpretazione. Un film che i registi di "genere" dovrebbero guardare per capire quanto ancora sia possibile creare un buon film.
MEMORABILE: I volti spietatamente invecchiati dei suoi attori feticcio: Capolicchio, Cavina, Haber; La suprema interpretazione di Chiara Caselli.

Dìmio 30/08/19 17:05 - 1 commenti

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L'attesa c'era e le premesse pure, ma Pupi Avati, uno fra i pochi registi rimasti di un certo calibro, non riesce a riempire lo stomaco dello spettatore, che anzi rimane a digiuno e deve accontentarsi di una trama promettente con un titolo, "Il signor Diavolo", che suona un po' come uno degli albi più belli di Dylan Dog. Purtroppo, a cose fatte, tutto è zoppicante e niente funziona a dovere. È come rimettere in moto una macchina d'epoca: tanto fascino ma senza ottime garanzie.

Caesars 2/09/19 10:42 - 3790 commenti

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Più che gradito ritorno di Avati alla atmosfere "gotico padane". Il nostro, pur in età abbastanza avanzata, dimostra di non aver perso la mano e dirige con la consueta sapienza un cast attoriale di certo pregio (bravissima la Caselli). Il film non mette paura (per questo forse non è esatto parlare di genere horror), ma mette addosso molta inquietudine e questo è pregio non da poco. I difetti ci sono e non sono trascurabili (su tutti la scelta cromatica, desaturata, della fotografia e un finale troppo frettoloso), ma resta un film molto valido.
MEMORABILE: Purtroppo c'è da segnalare, in negativo, la scena della culla insanguinata, effetto digitale realizzato in maniera davvero imbarazzante.

Markus 1/09/19 21:13 - 3687 commenti

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Di tanto in tanto Pupi Avati ritorna all'horror (ci provò l'ultima volta con Il nascondiglio, ma non se ne accorse quasi nessuno) per assecondare il folto pubblico che lo richiede. Ecco dunque una sorta di Casa 2.0: ci sono ancora la campagna lagunare veneta, le vecchie cascine, le credenze popolari, la chiesa e la politica, ma ahimé manca il pathos e soprattutto una vicenda che attanagli e che faccia paura. Niente da fare: nonostante il rassemblement di attori "avatiani" e l'anonimo score di Amedeo Tommasi, non si va oltre la bella estetica.

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Zaratozom 1/09/19 00:46 - 63 commenti

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Il film è noioso e adatto soprattutto a un pubblico anni '70. Le credenze popolari e la superstizione perdono il loro fascino tra i pissi pissi bao bao dei vari Haber, Cavina e Capolicchio. Gli omaggi alle location de La casa dalle finestre di Comacchio, i trucchi di Stivaletti che omaggia se stesso nello sfascio dentale già visto in Mater Lacrimarum di Argento, il finale agghiacciante che ti aspetti e che però arriva come una liberazione, son tutti indice di quello che sarebbe potuto essere un bel film se solo si avesse avuta una marcia in più.
MEMORABILE: Il finale che cerca di ricalcare l'effetto di successo delle altre escursioni di Avati nel gotico padano.

Hackett 1/09/19 12:21 - 1867 commenti

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Pupi Avati torna a parlare di campagne avvolte dal mistero e di suggestioni religiose che sconfinano nell'orrore e lo fa partendo da un buon romanzo da lui scritto un paio di anni prima. La regia al solito è indiscutibile e ci regala tutto l'universo avatiano grazie alla partecipazione di parecchi suoi attori feticcio. Il montaggio è virtuoso, la fotografia intrigante anche se a tratti un po' patinata. Chi si aspettasse jumpscare non conosce lo stile di Avati, né il suo lavoro.

Graf 2/09/19 23:11 - 708 commenti

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Il "signor diavolo" esiste davvero e Pupi Avati prova a rappresentarlo. Coraggiosa testimonianza estetica di un artista fedele alle sue idee, il film mette in scena una complessa e sofferta esplorazione sulla seduzione del Male. Il Mysterium iniquitatis è una forza oscura e tremenda che il regista, fondatore del gotico padano, riesce a evocare attraverso la proliferazione di atmosfere arcane e tenebrose. Regia di nerbo, tecniche sopraffine, recitazione al diapason; peccato per il finale irrazionale, che contraddice il racconto fino ad allora nitido e logico.
MEMORABILE: Pupi Avati si conferma gran direttore di attori.

Metuant 12/09/19 11:11 - 456 commenti

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Nel quasi deserto panorama horror italiano di oggi, un film come questo è una bella boccata d'aria fresca. Pupi Avati non ha perso la mano e più di una volta si può sentire nella pellicola l'eco di Zeder o della Casa dalle finestre che ridono, in particolar modo nell'ottima ambientazione. Forse il colpo di scena finale poteva essere gestito un po' meglio, ma è un difetto minore rispetto a un film decisamente riuscito. Menzione di merito per un cast azzeccato e inquietante.
MEMORABILE: La disturbante sequenza iniziale.

Maxx g 12/09/19 12:19 - 635 commenti

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Film horror di Pupi Avati ambientato in Veneto negli anni '50, si avvale di un'ottima scelta di luoghi che emanano atmosfere piuttosto tetre. Efficace la ricostruzione di quel periodo, costumi compresi. La tensione c'è, è presente, sottolineata dal cielo grigio e plumbeo che porta l'orrore. Efficace il cast, anche se la prova della Caselli lascia qualche dubbio. Forse Roncato e soprattutto Haber meritavano maggiore spazio. Da brividi e, come annunciato dallo stesso Avati, l'orrore non finisce qui. Da vedere.
MEMORABILE: Le scene con il temporale, a sottolineare il clima nel paese e nei cuori delle persone; Il finale.

Ryo 17/09/19 00:11 - 2169 commenti

I gusti di Ryo

Il ritorno all'horror di Pupi Avati è un po' sotto le aspettative, specie se paragonato alla Casa dalle finestre che ridono e Zeder. L'atmosfera cerca di essere cupa e malsana in ogni inquadratura, ma non sempre ci riesce. La credibilità della vicenda, poi, viene compromessa da una terribile recitazione del bambino protagonista (ma anche della maggior parte dei comprimari), che spesso recitano a memoria, senza esprimere ciò che realmente dicono le loro parole. Ritmo troppo lento. Ottimi gli effetti speciali e la cura degli ambienti.

Minitina80 23/09/19 15:45 - 2984 commenti

I gusti di Minitina80

Chi conosce Avati non rimarrà deluso in quanto gli elementi tipici del suo cinema sono presenti. Si torna alla provincia italiana dai volti imperfetti e consumati in cui il folklore ben si amalgama con la religione e le credenze popolari. Mancano quei picchi fatti di sussulti e rumori improvvisi, ma è un elemento che distingue la capacità narrativa di Avati dalla maggioranza dei registi dell’orrore, incapaci di andare oltre il sobbalzo dalla sedia. Molti gli spunti riusciti, tra cui il raggelante epilogo a sugellare un’ora e mezza spesa bene.

Ultimo 1/01/20 13:23 - 1655 commenti

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Il ritorno di Avati al genere horror dà vita a un film non brutto ma ben lontano dal suo capolavoro degli anni '70. L'ambientazione lagunare è azzeccata e la vicenda è inquietante al punto giusto, ma quello che manca è un cast convincente: gli unici attori promossi fanno parte della vecchia guardia (Cavina e Capolicchio, per intenderci...). Finale tipicamente avatiano, che lascia di stucco e apre la fantasia dello spettatore. Non male, nel complesso.
MEMORABILE: La prima comunione dei bambini.

Nando 20/03/20 00:58 - 3814 commenti

I gusti di Nando

Avati torna alle atmosfere primordiali con una pellicola a tratti affascinante che narra di un'Italia rurale infarcita di religione cattolica e partito annesso. Alcune situazioni appaiono ben realizzate ma Lo Giudice non convince perché appare troppo timido nell'interpretazione. Poi ci sono i camei, che vedono come mattatrice la Caselli ben coadiuvata da Cavina. Finale magari poco gradito ma consono.

Von Leppe 5/12/19 13:12 - 1262 commenti

I gusti di Von Leppe

Avati torna all'horror ma lo fa utilizzando la pessima recitazione sussurrata odierna e questo mina una trama non male. Altra difetto è che nelle scene inquietanti il film manca di un certo mordente. L'ambientazione veneta è ottima (le location azzeccate). Tutti gli edifici sono fatiscenti (perfino lo studio del dentista) e creano atmosfera. Il personaggio di Emilio è riuscito ed è l'elemento più interessante del film. Finale che spiega poco ma è buono.

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Daniela 4/12/19 19:44 - 12662 commenti

I gusti di Daniela

Quando nelle campagne venete un ragazzino uccide un coetaneo ritenendolo il diavolo, la principale preoccupazione delle autorità è quella di evitare che nelle indagini vengano coinvolte persone legate alla Chiesa... Presentato dallo stesso regista come un ritorno al cinema horror delle origini, un film che ne riprende l'ambientazione e parte del cast ma non riesce a replicarne l'impatto, sia per qualche incertezza a livello di sceneggiatura che per alcune prestazioni attoriali poco convincenti. Nel complesso un film non pienamente riuscito ma interessante, visivamente suggestivo.
MEMORABILE: L'ostia calpestata

Nicola81 10/12/19 21:53 - 2857 commenti

I gusti di Nicola81

Avati quando si è cimentato nell'horror non ha mai deluso e non lo fa neppure con questo film, parco di spaventi ma attraversato da un'inquietudine costante che raggiunge il suo apice nell'epilogo (forse fin troppo sbrigativo). Molto efficaci la ricostruzione degli anni '50 e l'ambientazione nelle campagne venete, con tutto il corollario di ignoranza, credenze popolari e ipocrisia cattolica. Recitazione un po' troppo sussurrata, ma alcune caratterizzazioni (in particolare la caselli nerovestita e Bonetti giudice istruttore) sono rimarchevoli.

Il ferrini 16/12/19 18:54 - 2358 commenti

I gusti di Il ferrini

Di certo è emozionante rivedere Cavina, Haber, Capolicchio su un set di Avati. Apprezzabile anche l'atmosfera orrorifica da provincia fulciana e l'onestà intellettuale del regista (cattolico e da sempre considerato vicino al centrodestra) nell'affrontare in modo critico e tagliente il conservatorismo. Fotografia desaturata un po' modaiola (vedi The nest) ma un livello di recitazione finalmente degno e una storia che pur senza grossi picchi si fa seguire volentieri, complice anche la breve durata. Un po' nostalgico, forse autocelebrativo ma elegante.

Didda23 30/12/19 10:07 - 2426 commenti

I gusti di Didda23

Un'opera indubbiamente meritoria sotto il versante dell'ambientazione e della scelta degli attori (bravi come spesso capita Bonetti, Cavina e Haber), molto meno per quanto riguarda la fotografia (decisamente sottotono) e l'abuso dei ralenti (che penalizzano- imperdonabilmente - la tensione). Nel mentre una sceneggiatura molto ambiziosa che mescola sacro e profano, politica e ricerca della verità con risultati modesti soprattutto per colpa di un finale di rarissima inefficacia. Qua e là si respira il genio del maestro che fu, ma è davvero troppo poco.
MEMORABILE: L'interrogatorio condotto dall'eccellente Bonetti; La morte della sorellina del "mostro"; I denti.

Lupus73 5/01/20 16:56 - 1494 commenti

I gusti di Lupus73

Avati torna ancora all'horror, stavolta non padano ma veneziano. Stupenda fotografia, molto desaturata con effetto retrò, atmosfera radicata nella tradizione popolare, recitazione a volte suggestiva (Cavina e Haber) a volte scolastica per un folk horror squisitamente italico che si esprime criticamente nei confronti di una superstizione religiosa che diviene istituzione (e politica). Il secondo periodo horror di Avati è abbastanza ermetico, quindi il film necessita di una seconda visione. Ottimo esempio di cinema horror culturalmente italico.

Capannelle 4/01/20 22:22 - 4411 commenti

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C'è qualche buona sequenza, la prova della Caselli e un insieme di location e costumi ben studiati. Ma tutto il resto veicola la sensazione del voler rinverdire i fasti passati senza troppa convinzione e con diverse falle. Alcune scene ridicole e gratuite come quella iniziale; sottotrame slegate come la storiella tra Momentè e l'infermiera (anche se la Pedetta non è male); copione e ritmo televisivi e con molti passaggi didascalici; montaggio e sonoro discutibili e comunque poco funzionali rispetto alla tensione che si vorrebbe creare.

Deepred89 6/01/20 23:29 - 3706 commenti

I gusti di Deepred89

Lodevole la volontà di Avati di mettere in scena una sceneggiatura ambiziosa e sfaccettata, avvalendosi di vecchie glorie tuttora efficacissime (meno in forma, pur senza sfigurare, i più giovani) e riesumando suggestioni che parevano sopite da almeno tre decenni. Purtroppo fallisce nel dare respiro al suo dipanarsi di colpi di scena e cambi di rotta (peccando, peraltro, in una chiusa che lascia perplessi) ed esce tentennante dinnanzi allo scontro con la pochezza del budget, tra fotografia desaturata al risparmio, sonoro scarso e goffi ralenti.

Paulaster 8/01/20 09:52 - 4419 commenti

I gusti di Paulaster

Funzionario deve influenzare un processo d'omicidio tra ragazzini. Clima che tende all'orrorifico ma che invece indaga sui misteri di provincia. Trama inusuale che solo Avati può ripercorrere e in cui il climax è raggiunto in brevi momenti mentre il fondo di superstizione toglie pathos. Fotografia che usa troppi filtri (a volte è satura di colore, a volte grigia o quasi slavata...). La fase governativa è molto televisiva. I vecchi amici del regista fan la loro parte, con la Caselli in una grande interpretazione.
MEMORABILE: La deposizione della Caselli; Il segno che deve mandare l'amico da morto.

Greymouser 14/01/20 18:43 - 1458 commenti

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Una storia morbosa di provincia con risvolti horror e qualche svolazzo soprannaturale poco organico alla trama. D'altronde, Avati sembra irresoluto fra due tesi: quella della realtà di un male diabolico che affligge la piccola comunità lagunare degli anni 50 e quella del pregiudizio e della superstizione che uccidono corpi e dvastano anime. In molti passaggi c'è la mano del maestro, ma il film, in complesso, sembra zoppicante e il finale, per quanto inaspettato, sembra poco più che un gratuito "coup de theatre".

Pumpkh75 16/01/20 13:33 - 1749 commenti

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Se Aiazzi e Maroccolo incidessero domani un nuovo disco con i Litfiba non uscirebbe mai un altro 17 Re. Allo stesso modo, pur non versando lacrime, oggi le finestre di Avati non ridono più: il regista benedice il buon cast, ristagnano amate atmosfere padane e malesseri ecclesiali ma poi i difetti della pellicola spengono l’attesa e l’inquietudine, principalmente quando gli occhi si arrendono alla fotografia smunta, all’aria da sceneggiato RAI e a un finale troppo colmo da svuotarsi. Fa, purtroppo, meno paura delle lancette che rintoccano.

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Jdelarge 16/03/20 13:11 - 1000 commenti

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Religione, superstizione, realtà e mentalità provinciali sono tematiche care ad Avati che qui, ancora una volta, riesce a creare un ottimo ritratto dell'orrore che si cela dietro l'ignoranza e l'omertà di personaggi ambigui. Il colore cupo che domina tutto il film fortifica la sensazione di morte che caratterizza un'epoca e una realtà che non esistono più. Se la componente horror funziona, però, l'intrigo giallo, che prende troppo spesso il sopravvento, mostra più di una lacuna. Comunque un buon film.

Gugly 18/03/20 23:21 - 1187 commenti

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Si procede per accumulo di elementi ma sono troppi e confusi in quanto l'avanzare parallelo di fatti oggettivi e di un'ipotetica spiegazione "soprannaturale" non funziona; alla fine restano troppi interrogativi senza risposta e le singole interpretazioni dei "vecchi" Cavina, Haber, Roncato e della Caselli, che tuttavia si mangia troppo le parole. Non tutto da buttare perché un po' di atmosfera c'è, ma da Avati era lecito aspettarsi di più.
MEMORABILE: Emilio, passaggi brevi ma intensi.

Pinhead80 21/03/20 17:43 - 4760 commenti

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Pupi Avati torna al gotico padano con quest'opera sinistra e straniante capace di far rivivere le atmosfere di alcuni dei suoi più grandi capolavori. La paura del diverso sommata alle credenze contadine diventa il pretesto per una caccia alle streghe ambientata in un piccolo paese veneto disposto a cedere alle lusinghe sia della Chiesa che del male. Impossibile non riconoscere all'interno della storia le caratteristiche tipiche degli horror rurali di Avati. La ricerca della verità a tutti costi porterà alla luce mostri di ogni genere.

Maurizio98 19/06/20 08:00 - 30 commenti

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Decenni dopo il capolavoro thriller, l'incubo cult La casa dalle finestre che ridono e dopo ancora il cupissimo Zeder, Avati torna, alla bella età di 80 anni, al thriller/horror italianissimo. Storia da lui stesso scritta e pubblicata, religione associata a superstizione, la diversità associata al demonio. Location perfetta, anche in una livida Venezia e una lividissima laguna, attori "redivivi" in alcuni casi (bravissima e sorprendente Chiara Caselli).  Incipit shock, ancor prima dei titoli di testa e finale agghiacciante e nerissimo.
MEMORABILE: La discesa agli inferi nella botola del cimitero sotterraneo.

Bruce 22/07/20 11:19 - 1007 commenti

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Riuscito ritorno dell'ottantenne regista, dopo circa quarant'anni, negli stessi luoghi lagunari del suo capolavoro. Non è solo un omaggio al gotico padano o un'operazione nostalgica; il film ha una sua chiara identità, una buona struttura, una grandissima atmosfera. Strepitosa è la scelta dei protagonisti e dei volti che interpretano una storia contadina, fatta di pregiudizi, superstizione e malignità. Vi è una certa approssimazione nei dialoghi, a volte appena accennati. Avati torna al vero cinema di paura e lo fa nel miglior dei modi. Ottimo.

Anthonyvm 3/10/20 02:21 - 5689 commenti

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Il tanto chiacchierato ritorno all'horror del maestro si rivela un prodotto suggestivo solo a sprazzi, che può contare sulla forza di un riuscito cast "avatiano" e di location agresti perfettamente in linea con la tradizione del gotico padano, ma ne esce impoverito da colori eccessivamente (e "digitalmente") plumbei, un protagonista senza nerbo e uno script disomogeneo. L’atmosfera di omertosa superstizione, che l’autore de La casa dalle finestre che ridono conosce bene, è di per sé ben resa, ma l'inquietudine non riesce mai a emergere del tutto. Finale "shock" assai inconcludente.
MEMORABILE: Il feroce omicidio della bimba nella culla; L'ostia calpestata; I denti da maiale di Emilio; L'uccisione del verro; L'occhio colpito dalla fionda.

Giùan 17/10/20 17:41 - 4559 commenti

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Bel rientro al film di genere per Avati con un thriller dagli espliciti connotati "politici". In effetti a disorientare positivamente è la dieresi tra la kafkiana figura del travet Momentè, col suo sottotesto di trame di potere ideologico/burocratiche, e l'immersione antropologica nell'entroterra padano, col suo corollario metafilmico di citazioni relative all'atmosfera, al coté ma ancor più alla galleria di volti e personaggi avat(ar)iani. Paradossalmente il piatto forte (il bambino "posseduto") è la parte più debole, ma il contorno si fa assaporare, stuzzicando senza però saziarci.

Manfrin 8/12/20 09:23 - 392 commenti

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Avati torna al suo genere preferito ritrovando gli attori preferiti (Cavina, Capolicchio) e riesce ancora una volta a creare un film di notevole spessore. Le livide atmosfere, i paesaggi della laguna veneta, la perfetta ambientazione nel secondo dopoguerra, ma soprattutto la curiosità e l'innocenza di un bambino di fronte alla paura e le superstizioni, invero mai sopite, del tempo. Notevoli come sempre le "maschere" di Stivaletti.

Lythops 23/12/20 18:34 - 1019 commenti

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Non c'è niente da fare, è la mano del Maestro che (ri)costruisce il passato, tornando a girare in luoghi a lui cari, non senza uno sguardo nostalgico a un genere da lui abbondantemente trattato. Del tutto apprezzabili la fotografia e l'impiego di attori ampiamente collaudati nelle produzioni precedenti. Qualche incongruenza non scalfisce un'opera che, pur non entrando nella storia del cinema, è del tutto godibile.

Teopanda 21/12/20 17:33 - 102 commenti

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Ritorno per Pupi Avati nel mondo dell'horror. Ottimo lo sviluppo della trama, così come la scelta del personaggio principale, un uomo deluso dalla vita quotidiana che viene mandato in una missione speciale. Meno bene fotografia (decisamente incolore) e il finale, che arriva troppo frettolosamente. Bastavano 15 minuti di costruzione per il finale e si poteva anche parlare di quattro pallini, purtroppo non è così.

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Tarabas 25/02/21 15:35 - 1878 commenti

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Italia del dopoguerra, cattolicissima provincia veneta, infanticidio, torbidi segreti, superstizione, oscurantismo religioso. Ce ne sarebbe d'avanzo, infatti la storia fa fatica a comprimere tutti questi elementi in nemmeno 90 minuti, con un cast molto composito, quasi una reunion avatiana che rischia di diventare una somma di comparsate. Peccato perché la confezione visiva è ottima e la suspense non manca. Forse il protagonista è un po' debole, mentre il ragazzino si rivela azzeccato per il ruolo. Film vagamente fuori tempo, appartiene a un'altra epoca, ma si vede con piacere.

Reeves 26/02/21 11:58 - 2216 commenti

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Pupi Avati ritorna all'horror con un film quasi perfetto, ingiustamente mortificato dalla produzione che lo ha fatto uscire in estate avanzata. La costruzione della vicenda è come sempre attenta, gli effetti sono quelli necessari e niente di più, gli attori sono tutti messi nelle condizioni di dare il meglio. Avati continua a essere uno dei nomi piu completi e sorprendenti del nostro cinema.

Redeyes 1/03/21 07:28 - 2449 commenti

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Avati torna sul luogo del misfatto e confeziona un thriller sulla carta molto atteso ma nella pratica poco incisivo. Da un lato infatti apprezziamo le atmosfere buie e i corridoi silenziosi che nascondono segreti, dall'altro si ha la sensazione che qualcosa si sia inceppato. La prima parte scorre abbastanza bene soprattutto quando affronta il passato dei bambini, ma tutta la seconda che dovrebbe chiudere il cerchio arranca, con performance attoriali poco convincenti e un ritmo che non decolla mai. Il finale simil witcheriano a sua volta intriga ma non cattura.

Magi94 2/03/21 20:27 - 952 commenti

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Spiace veramente che questo tentativo di riattizzare le fiamme dell'horror padano sia riuscito così malamente. Si notano la voglia, la fantasia, la passione (solo per questo si concede la sufficienza), ma manca completamente qualsiasi qualità tecnica, a partire dagli attori che recitano (e dialogano soprattutto) con tratti da teatrino scolastico. Il soggetto è anche interessante, ma la sceneggiatura lascia l'amaro in bocca per i dialoghi sbilenchi e le caratterizzazione frettolose. Il finale avrebbe meritato una spiegazione più complessa per essere veramente credibile e inquietante.
MEMORABILE: Purtroppo si ricordano soprattutto le tante, troppe cadute nel grottesco involontario, a partire dall'incipit.

Keyser3 13/07/21 22:44 - 444 commenti

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A più di 40 anni dal suo capolavoro, Avati torna a calcare le atmosfere dell'horror in salsa padana. Pur non essendo all'altezza dell'opera ispiratrice, il film si lascia vedere e ha il merito di venir fuori alla distanza: il tono è quello della favola nera e si ritrovano molti volti cari al regista bolognese, con Cavina e Capolicchio in prima fila. Lo Giudice ha la leggerezza classica dei personaggi avatiani, la Caselli in nero è straordinaria. Peccato per qualche momento fuori posto (le sequenza rosa con l'infermiera), che penalizza la valutazione finale.
MEMORABILE: La rimozione dei canini.

Victorvega 27/11/21 21:28 - 502 commenti

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Ritorno all'horror delle origini, con le sue atmosfere padane. Non c'è più la magia del tempo o, almeno, c'è solo in parte: questo film non sarà ricordato come La casa dalle finestre che ridono ma è ugualmente un film notevole, molto ben diretto, con un buon numero di attori reduci da allora. La storia è molto ben condotta e le atmosfere ben riproposte, pur se in una fotografia con volute tonalità poco sature. Il bel finale nobilita il tutto. Bello, da vedere.

Alex75 14/12/21 19:31 - 880 commenti

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Avati torna ad atmosfere gotiche, tra le terre e le acque della Laguna e del Polesine, in uno spazio reso ancora più atemporale dalla fotografia desaturata, nonché da oscurantismo e da superstizione che, congiunti a basse trame politiche, sono i veri elementi orrorifici della vicenda. Pur segnate dal tempo, le vecchie glorie (tra cui la decadente Caselli e il dimesso Roncato) hanno abbastanza smalto per compensare le prove esangui e fastidiosamente sussurrate delle giovani leve, che, assieme ad alcune incoerenze narrative e all'effettistica risibile, costituiscono i limiti del film.
MEMORABILE: L'ostia calpestata; Il pasto sacrilego e la successiva soppressione del verro; Le calze smagliate della Caselli; L'estrazione dei denti; Il finale.

Max dembo 29/04/23 00:41 - 427 commenti

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Ultima goffa, sgangherata, incursione di Avati ormai anziano nell"'horror", il risultato è purtroppo di livello talmente basso da avere più di un punto in comune con gli ultimi film di Argento. Come sparare sulla Croce Rossa è dover parlare della fotografia digitale ultradefinita e smarmellata da fiction TV, che uccide ogni possibile atmosfera, di effetti digitali poveristici, pessimi, una recitazione bisbigliata e dai dialoghi mangiati, davvero di basso livello generale, di una storia che saccheggia l'unica trovata da un episodio di Trilogia del terrore di Dan Curtis.
MEMORABILE: La scena della culla insanguinata, con effetti di sangue colante in CGI da app di Googlestore: se non la vedi, non ci credi; La storia d' "amore".

Rocchiola 16/04/24 13:34 - 968 commenti

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Anni 50, un timido funzionario ministeriale viene inviato in Veneto per trattare il caso di un minorenne che ha ucciso un coetaneo, sostenenedo che si trattava del diavolo in persona. Avati cerca di riscattare una carriera declinante tornando alle atmosfere gotico-padane degli esordi. Ma di brividi ce ne sono pochi e la confezione è di stampo televisivo, con una narrazione troppo trattenuta, una fotografia desaturata del tutto incolore e un finale tanto affrettato quanto peraltro inquietante. Non del tutto riuscito ma una delle migliori cose fatte dal regista negli ultmi trent'anni.
MEMORABILE: La sorellina uccisa a morsi; La culla sanguinante; Il calpestamento dell'ostia consacrata; L'uccisione del maiale sacrilego.
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  • Homevideo Zender • 18/12/19 15:40
    Capo scrivano - 47787 interventi
    Preciso che parlo del bluray, il dvd è ancora disponibile (finché non esauriranno pure quelli, evidentemente di bluray ne avevan presi pochi e li han finiti subito).
  • Homevideo Caesars • 18/12/19 15:42
    Scrivano - 16811 interventi
    Grazie dell'info Zendy.
  • Discussione Capannelle • 3/01/20 01:02
    Scrivano - 3513 interventi
    Appena finito di vedere. Penso di poter far mie molte considerazioni (e voto) di Bubobubo. A cominciare dalla terribile prima scena.
    Raffazzonato il montaggio, sonoro dimenticabile, tra gli attori salvo la Caselli, la giovane Pedetta (che Avati valorizza appieno anche se il personaggio è superfluo) e in parte Cavina.
    Belle le ambientazioni, curati i costumi ma c'è anche molta didascalia narrativa e recitazioni/movimenti di stampo televisivo che ammazzano il tutto e non creano vera tensione. Nelle scene horror si sfiora il caricaturale, proprio del gotico anni 70 ok ma spesso esagerato.
    La fotografia desaturata può penalizzare certi esterni o stancare alla lunga ma almeno gli dà carattere.
    Ultima modifica: 3/01/20 01:08 da Capannelle
  • Discussione Gugly • 19/03/20 08:41
    Portaborse - 4710 interventi
    Capannelle ebbe a dire:
    Appena finito di vedere. Penso di poter far mie molte considerazioni (e voto) di Bubobubo. A cominciare dalla terribile prima scena.
    Raffazzonato il montaggio, sonoro dimenticabile, tra gli attori salvo la Caselli, la giovane Pedetta (che Avati valorizza appieno anche se il personaggio è superfluo) e in parte Cavina.
    Belle le ambientazioni, curati i costumi ma c'è anche molta didascalia narrativa e recitazioni/movimenti di stampo televisivo che ammazzano il tutto e non creano vera tensione. Nelle scene horror si sfiora il caricaturale, proprio del gotico anni 70 ok ma spesso esagerato.
    La fotografia desaturata può penalizzare certi esterni o stancare alla lunga ma almeno gli dà carattere.


    E il finale poi...come si arriva non dico alla complicità di uno dei personaggi adulti ma a quella di un ragazzino? Boh.
  • Discussione Caesars • 18/10/21 13:15
    Scrivano - 16811 interventi
    Pupi Avati ha scritto un romanzo che dovrebbe essere, in qualche modo, il seguito de "Il signor diavolo". Titolo; "L'archivio del diavolo". Chissà se lo trasporterà anche in film...
  • Discussione Mauro • 18/10/21 15:06
    Disoccupato - 11983 interventi
    Caesars ebbe a dire:
    Pupi Avati ha scritto un romanzo che dovrebbe essere, in qualche modo, il seguito de "Il signor diavolo". Titolo; "L'archivio del diavolo". Chissà se lo trasporterà anche in film...

    Il progetto di un secondo film c'è già da tempo
  • Discussione Mauro • 26/03/22 10:21
    Disoccupato - 11983 interventi
    E' scomparso Gianni Cavina
  • Discussione Zender • 26/03/22 12:05
    Capo scrivano - 47787 interventi
    Purtroppo ho sentito. Tristissima notizia, con lui se ne va un pezzo di Casa... Maschera indimenticabile e unica, di rara simpatia.
  • Discussione Herrkinski • 26/03/22 14:35
    Consigliere avanzato - 2632 interventi
    Dispiace molto, attore indimenticabile..
  • Discussione Caesars • 28/03/22 10:05
    Scrivano - 16811 interventi
    Mauro ebbe a dire:
    E' scomparso Gianni Cavina
    Bruttissima notizia.