"Edgar Allan Poe's THE OBLONG BOX", recitano i titoli di testa, ma al solito il saccheggatissimo scrittore americano viene citato a sproposito: "Lo cassa oblunga”, ovvero il breve racconto al quale il film sembrerebbe volersi ispirare, c'entra poco o nulla. C'è una bara, d'accordo, ma le analogie si fermano qui e alla sostituzione del cadavere contenuto. Se in Poe la storia è ambientata a bordo d'una nave, qui si parte dall Africa per poi ritornare agli abituali interni iperscenografati. A questo punto è più coerente il titolo italiano, dal momento che un killer sanguinario che si copre il volto sfigurato con un telo rosso ritagliato...Leggi tutto almeno c'è e che alcune scene in cui questi si aggira in locali dove la gente danza ricordano molto un altro classico poeiano ("La maschera della morte rossa", per l'appunto). Ad ogni modo il film, perso tra malefici africani, donne spaventate, ladri di cadaveri e quant'altro, è solo un guazzabuglio poco interessante che forse il giovanissimo e promettente regista Michael Reeves avrebbe saputo meglio valorizzare se non si fosse suicidato poco prima delle riprese (avrebbe dovuto dirigere lui...). Così com'è THE OBLONG BOX rischia di deludere anche gli affezionati al genere: dialoghi verbosi, nessuna tensione, personaggi mal delineati, Vincent Price e Christopher Lee (per la prima volta nello stesso film) che s'incrociano solo in una scena di pochi secondi, make-up modesto, mai un guizzo che risollevi la soglia d'attenzione, sgozzamenti ridicoli con fili di sangue rosso fuoco. La buona cura per la messa in scena non può bastare.
Non entusiasmnte prodotto che finisce col deludere chi, affascinato dal racconto "La maschera dalla morte rossa", poco si raccapezza con quanto si vede. In più la trama (che è stata creata attorno a due idee di Poe) non è esattamente capace di conquistare. Anche il grande Vincent Price qui non pare al meglio. Guardabile, ma nulla di più.
Vincent Price fa quel che può, ma a dirigerlo (in questo caso) non è Roger Corman, bensì il più "televisivo" Gordon Hessler. Da un eccellente racconto (ovviamente di Allan Poe), con l'aggiunta del professionale Christopher Lee e dalla cura riposta nella realizzazione di una scenografia di alta teatralità, era lecito attendersi qualcosa di migliore. Convenzionale, in senso negativo però...
Horror gotico appena discreto, ispirato ancora una volta ai racconti di Poe e alle sue ossessioni per la morte apparente. Lento e ordinario nella prima parte, accenna una timida ripresa verso il finale, quando entra in azione Williamson e la sua maschera rossa. Causa la scialba regia, Price con concede certo una delle sue prove più memorabili, mentre Lee è relegato (e del tutto sprecato) in un ruolo troppo modesto per il suo carisma.
Piuttosto violento per l'epoca, con l'assassino che colpisce a rasoiate le sue vittime proprio alla gola, il film ha i suoi momenti. Vincent Price grandioso come al solito, c'è il piccolo ruolo di Rupert Davies pittore doppiato da Reder. Alla fin fine soddisfa, anche se si poteva fare un po' di più nel finale.
Ispirato al racconto "La cassa oblunga" di Poe (da cui il titolo originale) è in realtà un film abbastanza convenzionale nei temi, girato a basso costo con una buona fotografia nella campagna inglese, ma con affascinanti risvolti che portano in Africa. Ci sono due star come Christopher Lee e Vincent Price in una storia di ladri di cadaveri, volti sfigurati e delitti. Regia non molto ispirata malgrado i colpi di scena.
Prodotto dalla AIP, ha il suo massimo acuto nella parte iniziale, con la genesi della voluntas vendice. Poe e la sua cassa non pertengono più di tanto a questa pellicola ma val sempre bene citarli. Price è sempre Price, mentre il giovane Lee non rimane in scena abbastanza per contribuire a rendere la confezione più invitante. Il rosso incappucciato ci va giù pesante con le armi bianche, ma nel complesso resta il rammarico di un'occasione non sfruttata alla perfezione.
Troppo lambiccato e deragliante nella sceneggiatura. E di Edgar Allan Poe, ovviamente, manco l'ombra (o quasi). Nonostante tali pecche (e la coppia Lee-Price non molto convincente) il film riesce a catturare l'attenzione grazie al rigore della ricostruzione ambientale e a quell'atmosfera esotica che si concreta come latente minaccia (l'Africa come radice del male): lo specchio della cattiva coscienza dei colonizzatori inglesi (ovvero il sottofondo "politico", forse inconscio, di tali pellicole).
Vendetta e nemesi di un altro sepolto vivo (benché la dedizione alle pagine di Poe, stavolta da "La cassa rettangolare", non sia delle più tenaci). Hessler, alla prima regìa cinematografica, osa qualcosa: omicidi da giallo moderno (col coltello e in soggettiva) e tabù ancestrali (la maledizione africana, il bordello). Price però pare poco convinto, mentre Lee piace in una delle sue rare occasioni di fare il buono. Discreto gotico, quasi buono, ma non del tutto risolto.
MEMORABILE: L'omicidio nel bordello; Il rito voodoo.
Con una bella atmosfera (data dai colori vivaci e dalle scenografie curate) e una prima parte molto intrigante, dove la trama intricata sa far coincidere le cose in modo soddisfacente. Nella seconda parte si perde un po' di mordente, con scene superflue o allungate a dismisura (vedi quella nella bettola), fino a un finale prevedibile ma discretamente inquietante. Comunque godibile, con le leggende Price e Lee nella stessa pellicola ma che purtroppo si incontrano solo verso la fine e molto brevemente.
Duplice ispirazione letteraria ("La cassa oblunga" di Poe e soprattutto "Il marchio della bestia" di Kipling) per un horror non disdicevole ma neppure imprescindibile. La prima parte offre una buona tensione, i delitti sono discretamente sadici e il finale piuttosto inquietante, ma il ritmo è discontinuo (troppo tirata per le lunghe la sequenza della taverna) e anche le due icone Vincent Price e Christopher Lee (che peraltro si incrociano solo nel finale e per pochi istanti) non vanno oltre interpretazioni di routine.
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Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni (Ciclo: "Dracula & company", mercoledì 25 marzo 1986 ) di La rossa maschera del terrore:
"lo specchio della cattiva coscienza dei colonizzatori inglesi (ovvero il sottofondo "politico", forse inconscio, di tali pellicole)".
In questo caso non mi sembra ci sia molta difficoltà ad ammettere che lo schiavismo e la colonizzazione siano state un male, perché è un sentire molto comune. Ma voglio ricordare che molti vecchi film di genere avevano un messaggio molto preciso, come "Ultimatum alla terra" o "Il pianeta delle scimmie", contro la malvagità umana e il proliferare di bombe atomiche, oppure "Il club dei mostri" dove nel finale c'è un bel discorso pessimista sull'umanità, che preferisco a certi film d'autore politicamente schierati o troppo patriottici, tipo quelli di Eisenstein, grande regista che gira magnificamente, ma imbrigliato nella sua epoca sovietica. O anche certi vecchi western americani - "Gli invincibili" di De Mille - che demonizzavano i pellerossa come nemici...
Il numero 21 di Oltretomba Collezione ristampa due numeri della serie originale: il primo, L'orrenda maschera, è palesemente ispirato a questo film (l'altro, "Testa o morte" e una storia di necrofilia durante la Rivoluzione Francese). Il film come noto è infatti solo ispirato a Poe, in realtà c'entra ben poco: la morte rossa non trova posto e solo il titolo originale "The oblong box" ("La cassa oblunga" in italiano) si rifà a Poe, ma pure questo non c'entra molto; il fumetto, invece, segue lo schema del film. Eccolo scannerizzato dalla collezione di fumetti von Leppe:
Il numero 21 di Oltretomba Collezione ristampa due numeri della serie originale: il primo, L'orrenda maschera, è palesemente ispirato a questo film (l'altro, "Testa o morte" e una storia di necrofilia durante la Rivoluzione Francese). Eccolo scannerizzato dalla collezione di fumetti von Leppe: