La casa di Jack - Film (2018)

La casa di Jack
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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Riprendendo in mano la stessa struttura di NYMPHOMANIAC, ovvero capitoli diversi di una vita raccontata in flashback e intervallati da un faccia a faccia invisibile (nel buio) ricco di dialoghi filosofeggianti come da tradizione, Von Trier affronta il tema serial killer a modo proprio, dando del suo Jack (Dillon) il ritratto di un folle meno lucido del previsto, nonostante le apparenze. Jack è matto davvero, ne è consapevole e segue un percorso personale segnato da tappe “culturali” in cui si sovrappongono pensieri apparentemente antitetici, difficilmente decodificabili secondo logica comune. Quello che percepiamo con facilità...Leggi tutto è invece il racconto, relativamente lineare, dei diversi episodi. Jack accatasta le sue vittime in una cella frigorifera; a volte le sceglie, altre le incontra casualmente come nel caso della prima (Thurman), donna con l'auto in panne su una strada innevata; lei gioca con lui, gli dà del serial killer senza immaginare di poter aver ragione, scherza col fuoco prima di bruciarsi. E se qui a parlare è soprattutto la donna, le parti si invertono nel capitolo due, dove dopo aver seguito una signora apparentemente insignificante fino a casa, Jack suona il campanello cominciando a inventare una sterminata sequela di balle per entrare nell'appartamento. Una sorta di sfida con se stesso per raggiungere un risultato che avrebbe potuto raggiungere in mille altri modi. Di tanto in tanto poi il ritorno nel buio, nel botta e risposta con la voce che fa da confessore, che ascolta le malefatte di Jack senza mai provare a dissuaderlo dalle sue azioni ma rilanciando, forse nel tentativo di capire. E quando il discorso cade sul concetto di famiglia si apre un terzo capitolo che fra tutti è il più agghiacciante, in cui la ferocia dell'atto coinvolge gli innocenti con sommo sprezzo di ogni convenzione, mostrando quanto la follia non possa fare vera distinzione nella scelta delle sue vittime. Scene di caccia all'uomo che colpiscono più di sempre, più di quando nell'episodio successivo un'altra donna (ancora dipinta come stupida e intellettualmente inferiore) grida aiuto alla finestra spinta dallo stesso Jack a farlo portando alla luce l'indifferenza e l'egoismo che dominano l'animo della maggioranza. Ma non è finita, perché l'ultima parte rinnega ogni iperrealismo per tuffarsi in un incubo infernale cromaticamente sfavillante guidato dal Virgilio idealizzato di Ganz mentre la casa di Jack, ingegnere che sognava di fare l'architetto, viene costruita e abbattuta più volte su un terreno di sua proprietà alla ricerca di una perfezione impossibile; tutti messaggi che provengono da direzioni diverse, alcuni percepibili, altri intuibili, altri inafferrabili per l'ennesimo argomento da "film di genere" sbriciolato e riedificato dall'anarchia di un autore che se anche lo fa manieristicamente, pretestuosamente, come sempre si nasconde consapevole dietro una maschera irridente; e lasciando spazio a molteplici interpretazioni fa ciò che vuole, alza muri e li abbatte senza preoccuparsi di dover fornire spiegazione alcuna. Se non è libertà questa... Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare. Von Trier ci chiede di mostrargli la strada per il prossimo whisky bar (in Alabama?) aprendoci le porte della percezione. A modo suo, s'intende, con il caratteristico lento incedere tra lo sghiribizzo d'autore, la citazione colta e lo sberleffo. Può irritare, indisporre, farsi odiare, ma non è mai banale.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 17/12/18 DAL BENEMERITO HERRKINSKI POI DAVINOTTATO IL GIORNO 15/07/19
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Herrkinski 17/12/18 03:52 - 8052 commenti

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In soldoni, una versione arty di Henry - Pioggia di sangue, perlomeno nella rappresentazione beffarda e sadica della violenza che si avvicina come pochi altri alla realtà di un serial-killer. Sarebbe già stato un gran bel film così, ma Von Trier inserisce costanti riflessioni filosofiche/esistenziali tramite le voci fuori campo, divaga su argomenti come arte, male/bene, nazismo, religione e nel finale metafisico si diverte a rivisitare Dante; nella follia generale il film funziona senza intoppi e Dillon si dimostra attore sempre più talentuoso.
MEMORABILE: Il secondo segmento; Le sculture coi cadaveri surgelati; La caccia alla famiglia.

Bubobubo 22/12/18 21:52 - 1847 commenti

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Impettito e impenitente, Von Trier vontriereggia per 150' (più bonus) in quella che può essere a ragione definita la summa del suo pensiero e del suo linguaggio cinematografico (con tanto di discussioni metafisiche sul valore dell'arte e riprese grafiche letterarie dei suoi precedenti lavori). Succede di tutto, ma il film rimane piuttosto statico, volutamente épater in alcuni frangenti (il terzo incidente) e inconcludente in altri (il secondo, il finale). Se è una casa di corpi l'unica in cui Lars può abitare, meglio controllare le fondamenta.
MEMORABILE: Il quarto incidente, finalmente grottesco e inquietante senza strafare né annoiare.

Deepred89 2/02/19 10:53 - 3701 commenti

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Von Trier riserva a Jack lo stesso trattamento che riservò alla sua ninfomane: narrazione a capitoli scaturita da un dialogo continuo col personaggio principale, empatia zero, psicologie macchinose con tanto di grafici esplicativi, quintali di chiacchiere (con lunghe parentesi su dittature e architettura) che sommergono la qui piuttosto contenuta (anche in versione integrale) componente exploitation. Certo, Jack dura la metà e non svacca totalmente nel finale (qui naïf ma con qualche bel momento visionario), ma lo sbadiglio è dietro l'angolo.

Noncha17 1/03/19 13:00 - 87 commenti

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Quando l'artista prende il sopravvento sull'uomo e si bea delle proprie opere del passato... In sintesi, questo è il motivo conduttore dell'opera. In realtà, è l'uomo che ha paura di non essere considerato un artista! Diviso in cinque "incidenti" narrati dallo stesso Jack (e dalla sua guida?), il film si dipana tra filosofeggiamenti e una sorta di documentari, atti a spiegare le teorie dello stesso protagonista. A volte pare di essere come l'Alex di Arancia meccanica per la truculenza di alcune immagini alternate a quelle artistico-pittoriche. Deve piacere il personaggio (che sia Jack o Lars)!
MEMORABILE: Il trip sulla luce; Teoria dei due lampioni; I continui "pensamenti"; Le foto venute male; Il tributo; All'Inferno in negativo; "Hit the Road Jack".

Minitina80 2/03/19 18:12 - 2976 commenti

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Chiunque decida di concedere un’opportunità al film dovrà essere cosciente di immergersi per due ore e mezzo nella putrida mente di un serial killer, senza un attimo di pausa o un bagliore di luce a rendere meno oppressiva la sensazione di disagio che si prova. Gli unici lampi sono rappresentati dallo stile personale di Von Trier e da qualche squarcio visionario che corrobora il finale di fuoco vivo. I tempi sono dilatati e il peso si sente sulle spalle, condizionando il gradimento di un’opera che poteva essere compattata senza perdere nulla.

Von Leppe 2/03/19 19:09 - 1256 commenti

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Un serial killer che di professione fa l'ingegnere ma vuole elevarsi ad architetto. Sono soprattutto i dialoghi interessanti, specie sull'arte, a sollevare il film dal già visto. La prima parte ha un'ambientazione abbastanza tipica dove si svolgono i delitti, mentre la parte finale è notevole e ultraterrena. L'entrata in scena di Bruno Ganz è attesa e non delude, Matt Dillon ha acquistato un'espressione che ricorda Bruce Campbell.

Daniela 9/03/19 09:19 - 12606 commenti

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Spiazzante non in senso positivo. Da un provocatore come von Trier alle prese con un tale soggetto mi aspettavo un film che mettesse a disagio, magari costringendo a distogliere lo sguardo nei momenti clou. Il disagio c'è stato per l'impudicizia dell'esibizione di un ego registico tanto smisurato ma la tentazione di distogliere non ha riguardato gli occhi (niente di nuovo e/o particolarmente scioccante) ma le orecchie, inondate da un diluvio di chiacchiere autoreferenziali, citazioni colte, brevi cenni dell'universo in senso gramsciano. Fuffa d'autore di incommensurabile noia. Voto politico.

Cotola 18/03/19 22:39 - 8998 commenti

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Signore e signori...Lars Von Trier nudo e puro: tecnicamente e visivamente intrigante ed inappuntabile; contenutisticamente (molto) fumo e fuffa e poco arrosto e sostanza. Poca ironia (giusto qualche guizzo); molta verbosità spesso sterile e gratuita, troppa seriosità che sfocia in una insopportabile protervia tipica dello svedese. Ma c'è anche almeno una grandissima qualità, ormai sempre più rara nel cinema contemporaneo: non lascia indifferenti ed apre le porte al dialogo se non alla diatriba. Ed invita, armandosi di pazienza causa ritmi molto dilatati, ad una seconda visione.

Digital 21/03/19 11:25 - 1257 commenti

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Di film centrati su psicopatici che uccidono come se non ci fosse un domani è colmo il cinema, ma ovviamente trattandosi di una pellicola diretta da Lars von Trier il tutto è ammantato da una patina autoriale, con voli pindarici verso lidi maggiormente inusuali. La parte iniziale è quasi un thriller ordinario, con un monumentale Dillon che rimembra i suoi crimini, mentre nell'ultimo segmento ci si sposta in una dimensione fantastica, ove l’estro del regista danese si fa palese. Un film quasi perfetto che trova nella prolissità l'unico neo.

Capannelle 19/06/19 23:25 - 4394 commenti

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I capitoli, il farsi gioco delle convenzioni e lo stile tanto cari a Von Trier ci conducono attraverso due ore e mezza di trovate simpatiche (alcune) e amenità logorroiche (tante). Matt Dillon è costretto agli straordinari come unica figura narrativa, tanto che alla lunga non risulta più accattivante e i titoli di coda giungono come una liberazione. Sadismo e humor macabro si mescolano con alterne fortune: ci sono passaggi da ricordare (la pioggia lavatrice, brontolo, jack da bambino, il vicinato) ma anche una lunghezza e un epilogo ingiustificati.

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Alf62 20/06/19 11:03 - 64 commenti

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Didattica filosofica sulle efferatezze di cui solo l'essere umano è capace? Le rovine di Speer, l'albero di Goethe, l'estetica degli Stuka, la caccia e molto altro. La summa dell'iconografia della crudeltà umana in questo viaggio dantesco verso l'inferno. Estremamente divisivo, il film spazia dall'ironia macabra alla spietatezza priva di qualsiasi empatia umana. Jack è un ingegnere che si crede architetto, costruttore artista con l'estetica della morte. Erede di Henry, un Hannibal senza ipocrisie.

Enzus79 1/11/19 22:55 - 2864 commenti

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Provocante e spiazzante non sono sinonimi di deludente, almeno nel cinema di Lars von Trier. Storia di un serial killer che cerca la perfezione negli omicidi che compie. Forse c'è poca originalità nella trama (dove sono presenti sfumature filosofiche) ma indubbiamente il coinvolgimento non manca, così come le scene al limite dello splatter. Matt Dillon in una delle sue migliori interpretazioni.

Anthonyvm 19/07/19 17:02 - 5615 commenti

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Non dissimilmente da Nymphomaniac, Trier dirige un dialogo-monologo-interiore in cui il protagonista si confessa e narra (per capitoli) momenti salienti della propria vita. Qui si parla di un serial killer e ogni capitolo ruoterà attorno a un delitto. Un'opera complessa ma non inaccessibile, che si presta a diverse letture (metafora sul cinema di Trier? Psicanalisi autoreferenziale dell'autore?), una violenta black comedy che passa dall'iperrealismo degli omicidi a un epilogo surreale e dantesco. Ottimo Matt Dillon. Per un pubblico consapevole.
MEMORABILE: Jack bambino taglia le zampe di un anatroccolo e lo fa affogare; La caccia alla famiglia; Il borsellino fatto con un seno amputato, à la Ed Gein.

Puppigallo 9/08/19 19:30 - 5250 commenti

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Inusuale, particolare, con i suoi inciampi, ma che resta piuttosto impresso; e con un finale, sì azzardato, ma coerente e degno della mente, a dir poco disturbata, del protagonista. E' questo il sunto di una pellicola, dove gli "incidenti" segneranno il cammino di un serial killer convinto che gli oggetti abbiano una loro volontà (chiedere al cric). Tra improvvisazione, improbabili discorsi appioppati alle vittime "Ho dimenticato il distintivo, è dall'argentiere", ma anche voglia di migliorare, imparando dai propri errori, Jack farà partecipe lo spettatore del suo delirante cammino. Riuscito.
MEMORABILE: La famiglia non si sposta nel giusto ordine di cacccia; La ghiacciaia inizia ad essere "un po'" affollata (un proiettile per più teste); La "casetta".

Schramm 11/08/19 16:34 - 3490 commenti

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Ars von Trier, oramai sempre più sbronzo di greenawayano fideismo tassonomico, e sempre più uguale a sé, torna a nymphomaniacare, incistando l'eros in zona thanatos, per farne un neo-eros e un Erostrato. A tutta autoreferenziata smania ESpositiva, ma meno lussuoso ebbro e pravo di quanto ambisca a essere o sembrare (già: quanto!), ben s'atteggia a dequinceyana colonna d'Ercole del 69 arte-eccidio; ma sulla teoretica del togliere la vita quale suprema fiamma vitale creativa e psichica frutta sciaguratamente tardivo: la cianidrica insalata belga ci aveva già stecchiti tutti quasi trent'anni fa.
MEMORABILE: Il "quadretto di famiglia" in aplomb; L'Hannibal-house

Gestarsh99 12/08/19 16:43 - 1395 commenti

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Repetita hybris. Nel mezzo del cammin di mala vita il rèprobo Lars, inorpellato da teoreta pluriomicida, s'infossa senza più attenuanti nel suo ossessivismo irrazionalsocialista: cita Speer e gli Stukas, nomina suo "Virgilio" l'ei führer Ganz e, didascaleggiando fra schemini e slides, allude all'Olocausto quale soluzione artistica finale cui tributare deferenza. Come un cane che si morde la coda, la sua sermocinazione teosofico-estetico-antropologica s'involve nell'identico menefregocentrismo del Ferrara più sterile. Un circolo reiterativo, senz'altro ricreativo ma assolutamente non creativo.
MEMORABILE: Gli andirivieni in furgone con la petulantissima Thurman, che la scampa miracolosamente per ben due volte (alla terza infatti becca il cric fatale).

Jdelarge 8/10/19 00:26 - 1000 commenti

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Alcune cose funzionano, altre decisamente meno, in questo film di Lars Von Trier. Principalmente è la forte impronta intellettuale a non convincere appieno, perché tratta temi già piuttosto noti in maniera un po' scontata e raffazzonata, senza andare ad aggiungere alcunché alla questione. Il finale, oltretutto, sembra più sbrigativo che illuminante. Molto belle alcune immagini frutto di una mente visionaria che quando si svincola dalla macchina da presa a mano riesce a fissare personaggi, colori e luci in maniera mirabile.

Pumpkh75 1/12/19 14:30 - 1736 commenti

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Quanta generosità in Von Trier nel concedere agli attori i volti di Delacroix quando avrebbe voluto il suo su tutto il quadro: un vanesio fedele solo a se stesso che però sa incantarci nelle pause e nei monologhi, nei passaggi a vuoto e nelle efferatezze. Proprio qui forse alberga il rimbrotto più sonoro: la violenza gratuita sembra tale solo per nutrire di chiacchere e fama il suo ego. Ripensi al fascino del film e non lo immagini tale senza la faccia di Dillon e senza quel maestoso quarto d’ora finale. Alieno.

Hackett 16/03/20 18:10 - 1865 commenti

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Crudele e tagliente come al solito, Von Trier narra le folli gesta di un serial killer compulsivo, narcisista ed efferatamente creativo interpretato da un eccellente Matti Dillon, che sa dosare bene la freddezza dello sguardo con la dolenza dei movimenti. Ovviamente non ci si fa remore nel mostrale la violenza nella sua natura più primitiva ma, grazie al personaggio di Bruno Ganz, sorta di Virgilio moderno, i fatti vengono portati al pubblico senza prese di posizione o giudizi di pancia, lasciando a chi assiste un maggior senso di disagio.

Giùan 23/03/20 10:17 - 4528 commenti

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Micidiale! Conferma l'impressione che, dopo Antichrist, Lars abbia intrapreso gradualmente quella discesa nell'Ade cinematografico la cui (esplicita) messa in scena raggiunge qui livelli di toccante imbarazzo (per lo spettatore). Si assiste senza soluzione di continuità a una declamatoria prosopopea, a un Von Trier secondo il Cinema (e la psicanalisi e l'arte... e boh!) col grado di provocatorietà che si dibatte tra Godard e Fellini. Il primo incidente sarebbe anche promettente, poi.. All build and no play makes Lars a dull boy.

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Mickes2 23/05/20 17:41 - 1670 commenti

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Se da un lato bisogna riconoscere l’approccio ricercato, la voglia incessante e maniacale di dare un’impronta marcata al proprio cinema, dall’altro un soggetto del genere abbisognava di più asciuttezza e meno svolazzi intellettualoidi, con i quali il nesso risulta debole rimanendo fumosi e gratuiti. Tuttavia, l’immaginario epidermico e simbolico sul serial killer (grazie anche a un Dillon molto convincente) riporta l’attenzione, più che sulla deviazione mentale senza moventi, all’indifferenza più silenziosamente assordante e letale.
MEMORABILE: La strage col fucile.

Myvincent 24/11/21 08:22 - 3722 commenti

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Von Trier destruttura il genere horror, come sempre, e gira un film decisamente politico, in cui si discute di tanto altro: ecologia, psicoanalisi, religione, arte. La solitudine umana è la vera tragedia quotidiana che si consuma quotidianamente nella indifferenza più generale. Non fa paura quello che fa Jack, ma gli abissi di incomunicabilità fra lui e il mondo, in cui tutto sembra scorrere placido, senza modulazioni emotive. Zeppo di rimandi e spunti di riflessione filosofica.

Thedude94 28/03/22 00:19 - 1084 commenti

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Da Von Trier non ci si può aspettare un classico film che presenta il serial killer di turno in tutte le sue sfaccettature e malefatte, e difatti il regista danese decide di affrontare un vero e proprio viaggio mentale diviso in capitoli, oltre che mostrare le crudeltà di una persona palesemente disturbata. Nel mezzo del racconto non mancano riferimenti al suo cinema e all'arte in generale che il protagonista, un ottimo Dillon, vede nell'omicidio come massima espressione del suo io interiore e della sua volontà di potenza. Buone la regia e la tensione che riesce a trasmettere.

Ira72 11/05/22 11:12 - 1305 commenti

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Affermava Oscar Wilde: “C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé”. E dei film di Von Trier non si può non parlare, nel bene o nel male: impattanti, onirici, grotteschi a loro modo, sanno comunque creare quel senso di disagio (e di disgusto) che repelle e cattura al contempo. Ma. Qui si aggiunge anche un certo torpore, dati i molti dialoghi soporiferi diluiti in una lunghezza eccessiva. Ambizione visionaria che sconfina nel manierismo forzato. Notevole prova di Dillon.

Redeyes 7/08/23 08:37 - 2442 commenti

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Lars si piace e da questo spunto muove i passi per dar libero sfogo al suo edonismo incurante dell'altro da sé. Jack, per quanto villain dal fascino considerevole, complice anche un ottimo Dillon, altro non è che il burattino nelle mani del regista. Attraverso le sue scorribande, impregnate di letargia, il regista può dare libero sfogo alle proprie elucubrazioni filosofiche che non solo rallentano esizialmente il ritmo ma collassano su se stesse fra fiumi di autoreferenzialità. Un Von Trier anni luce distante dai geniali exploit iniziali.

Piero68 4/03/24 12:20 - 2955 commenti

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Come quasi tutta la produzione di von Trier, anche questo film è altamente disturbante. La figura di Jack, tra l'altro magistralmente interpretata da un Matt Dillon che non ti aspetti, è forse uno dei peggiori serial killer nella storia della cinematografia mondiale. Anche se, come al solito, la pellicola ha risvolti onirici o comunque lisergici (Bruno Ganz novello Virgilio e Jack neo-Dante a spasso nell'inferno), l'efferatezza e la descrizione di alcuni omicidi sono un vero e proprio pugno nello stomaco. Pellicola non per tutti, caldamente sconsigliata ai deboli di stomaco.
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  • Discussione Schramm • 12/08/19 18:11
    Scrivano - 7693 interventi
    non sono propriamente deluso (per me ci sta un tripalla, se non altro quanto a complessiva fascinazione estetica), ma grossomodo risente (tra molto altro) di quanto ho rimproverato a humanoids. per lars tra il dire e il dire c'è di mezzo il dire, e tempo permettendo il mostrare un mare magnum come trampolino per continuare a sproloquiare, possibilmente mettendo tra la sua bocca e il tuo orecchio un megafono e ripetere 146' la stessa cosa che già era adamantina al quinto minuto.

    mi ha molto ricordato quelle persone che quando ti parlano, per meglio sottolineare il concetto, ti puntellano a più riprese il dito sul petto come se tu fossi la loro macchina da scrivere o ti prendono a spinte. stessa identica cosa. però lars è anche sempre stato così. si prende o si lascia. o si prende, come in questo caso, con riserve, sperando che una volta sturato a fondo il proprio ego riparta per nuove strade.
  • Discussione Gestarsh99 • 12/08/19 19:23
    Vice capo scrivano - 21546 interventi
    Schramm ebbe a dire:
    non sono propriamente deluso (per me ci sta un tripalla, se non altro quanto a complessiva fascinazione estetica)[...]

    Io l'ho bipallato solo per il lato estetico e "ricreativo", altrimenti ci sarei andato giù con molta meno clemenza.

    Per me è un film "ad criticos", fatto solo ed esclusivamente per regolare conti personali in sospeso con chi gli ha sempre rivolto certe accuse ben precise.
    Gli indizi son talmente tanti che è difficile far finta di nulla: perché ad esempio scegliere Bruno Ganz come Virgilio e "guida turistico-spirituale" del protagonista (protagonista che poi rappresenterebbe il regista stesso attorialmente parafrasato da Dillon)?
    É un caso che Bruno Ganz sia colui che ha interpretato Hitler in uno dei film più controversi sul dittatore tedesco?

    Se non è questo un punzecchiare e farsi beffe di certa fetta di critica col dente avvelenato su di lui, non so come altro potrebbe chiamarsi...
  • Discussione Schramm • 12/08/19 19:43
    Scrivano - 7693 interventi
    sì, si è più o meno comportato con la medesima acrimonia e scorrettezza del moretti che si serviva del cinema come vomitatoio del proprio livore critico verso frange di cinema che trovava insopportabile, supponendo invece il proprio misura di tutte le cose e ideale perfezione di cosa dovrebbe invece essere il cinema.

    la tua analisi non fa una grinza e anzi mi giunge come ottimo implemento di lettura, ma a me personalmente han dato più sui nervi altri aspetti: la tautologia esasperata (quasi fosse un libro di 300 pagine uno), la mancanza di qualsivoglia spinta evolutiva rispetto al lavoro precedente (qua ridotto ad acribia formale e maniera spinta con quel greenawaysmo d'accatto che per favore fermati qua), il filosolfeggiare sempre in urlato battere e mai in levare, il ribadire cose che già de quincey compendiò, e con tutt'altri risultati, nell'ottocento.

    e a proposito, rifarsi a lui ragionando sull'atto di creazione e sulla propria biofilmografia fu già proprio dell'argento apicale (anche qui, con risultati estremamente più acuti): come anche tu osservi per me dillon/jack sta a von trier come peter neal/franciosa sta a dario.
  • Discussione Von Leppe • 12/08/19 19:51
    Call center Davinotti - 1104 interventi
    Al di là delle intenzioni di Trier è stato un piacere vedere Ganz tornare all'horror dal quel 1979 in cui interpretò Harker in Nosferatu, in più anche qui con abiti ottocenteschi malgrado non sia un film ambientato in quell'epoca.
  • Discussione Gestarsh99 • 12/08/19 20:28
    Vice capo scrivano - 21546 interventi
    Schramm ebbe a dire:
    [...]la tua analisi non fa una grinza e anzi mi giunge come ottimo implemento di lettura, ma a me personalmente han dato più sui nervi altri aspetti: la tautologia esasperata (quasi fosse un libro di 300 pagine uno), la mancanza di qualsivoglia spinta evolutiva rispetto al lavoro precedente [...]

    O sei telepatico o hai letto in anticipo il mio commento passando una mazzetta a Zender :DDD

    Pensa, alla fine del commento ho chiuso con queste parole:

    "Un circolo reiterativo, senz'altro ricreativo ma assolutamente non creativo."

  • Discussione Raremirko • 12/08/19 21:56
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Schramm, se ricordo bene comunque avevi apprezzato un uso simile in Human centipede 3, dove Six prendeva in giro/faceva autoreferenza del proprio prodotto ecc, coinvolgendo anche terzi soggetti esterni.


    Gers pare dire che Von Trier qui abbia usato il mezzo filmico in maniera consimile; a me pare una cosa discutibile, ma senz'altro interessante.
  • Discussione Schramm • 13/08/19 15:23
    Scrivano - 7693 interventi
    Gestarsh99 ebbe a dire:
    Schramm ebbe a dire:
    [...]la tua analisi non fa una grinza e anzi mi giunge come ottimo implemento di lettura, ma a me personalmente han dato più sui nervi altri aspetti: la tautologia esasperata (quasi fosse un libro di 300 pagine uno), la mancanza di qualsivoglia spinta evolutiva rispetto al lavoro precedente [...]

    O sei telepatico o hai letto in anticipo il mio commento passando una mazzetta a Zender :DDD

    Pensa, alla fine del commento ho chiuso con queste parole:

    "Un circolo reiterativo, senz'altro ricreativo ma assolutamente non creativo."



    magari potermi permettere di dispensar mazzette! che de paperoni ti ascolti!

    te l'ho detto, oramai siamo in pieno preoccupante cablaggio metapsichico! non hai idea di quanto ci sia rimasto stranito quando hai iniziato a sciorinar commenti sullo specifico di un fest che stavo preparando da anni e il cui ritardo mi stava facendo temere che l'idea mi sarebbe stata bruciata. man mano che saltavan fuori tra l'altro indossavo a mo' di amulato le t-shirt che sempre grazie a jung mi vennero regalate quando il fest prese forma: una su chernobyl, una su hiroshima e una su fukushima!

    sincronicità ci cova? ci avranno disgiunti alla nascita? noosfera mit uns?
    speriamo non ci scoppi cronenberghianamente la cabeza. :D

    a questo punto brucio di curiosità per leggere tutto il resto!
    Ultima modifica: 13/08/19 15:29 da Schramm
  • Discussione Schramm • 13/08/19 15:33
    Scrivano - 7693 interventi
    Raremirko ebbe a dire:
    Schramm, se ricordo bene comunque avevi apprezzato un uso simile in Human centipede 3, dove Six prendeva in giro/faceva autoreferenza del proprio prodotto ecc, coinvolgendo anche terzi soggetti esterni.

    non mischierei maionese e marmellata. sono due macchine rappresentative dalla cilindrata retorica e dall'abitacolo grammaticale differentissimi.

    in six tutto è travolto dal ludens fino al sollazzevole autoannientamento, mentre von trier si prende stramaledettissimamente sul serio, e l'autoreferenzialità la usa come massimo esponente per autoglorificarsi e far vedere a tutti quant'è bella e preziosa la corona che si è fatto e messo da solo in testa, e questo solo per dirne una (e nemmeno la più grave)..
    Ultima modifica: 13/08/19 23:23 da Schramm
  • Discussione Raremirko • 14/08/19 21:09
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Schramm ebbe a dire:
    Raremirko ebbe a dire:
    Schramm, se ricordo bene comunque avevi apprezzato un uso simile in Human centipede 3, dove Six prendeva in giro/faceva autoreferenza del proprio prodotto ecc, coinvolgendo anche terzi soggetti esterni.

    non mischierei maionese e marmellata. sono due macchine rappresentative dalla cilindrata retorica e dall'abitacolo grammaticale differentissimi.

    in six tutto è travolto dal ludens fino al sollazzevole autoannientamento, mentre von trier si prende stramaledettissimamente sul serio, e l'autoreferenzialità la usa come massimo esponente per autoglorificarsi e far vedere a tutti quant'è bella e preziosa la corona che si è fatto e messo da solo in testa, e questo solo per dirne una (e nemmeno la più grave)..



    Grande, bella rispostona.
  • Discussione Raremirko • 13/03/21 20:24
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Von Trier al mille per mille, con dialoghi fiume, solite tematiche,  attori notevoli e 150 minuti scorrevoli.

    Certi momenti alla Buttgereit (il picnic con i morti), altri di puro body horror (i tizi legati vicini gli uni agli altri per poter esser sparati all'interno del congelatore, uno dei momenti più terribili), altri ancora riservati al filosoffeggiare più scatenato.


    Dillon notevole; Von Trier nel bene e nel male, molto criticabile ma senz'altro denso, significativo.