Lowlife - Film (2017)

L'esordio di Prows, ampiamente pubblicizzato come un film "alla Tarantino", in realtà del cinema del primo Quentin non ha poi tanto, se non parzialmente la struttura alla Pulp fiction; le similitudini si fanno vedere se mai nell'ultima parte (la migliore, in effetti), perlopiù grazie alla strana coppia Oswald/Ogbonna, mentre il primo tempo è maggiormente virato su toni drammatici e splatter. Nel complesso diverte a momenti alterni e alcuni personaggi meritavano maggior approfondimento; vorrebbe esser cult a tutti i costi, funzionando a tratti.

Discontinuo. Piuttosto sottotono i primi quarantacinque minuti, nonostante i futili eccessi splatter e le pretese tarantiniane di intrecciare a piacimento i vari piani narrativi. Con l'ingresso in campo di Randy-Oswald, un personaggione degno della congrega di Kevin Smith, si ha una percepibile impennata, sia nel tono comedy che nella solidità delle interazioni tra i personaggi, sino a un finale di (quasi) tutti contro tutti dalle venature addirittura drammatiche. Poco a fuoco El Monstruo, luchador vendicatore all'ombra dell'ingombrante padre.

Gingillo eccentrico quant'altri mai, questo di Prows: annuncia un'Ade di tratta delle messicane e mercato nero d'organi scalciando nelle nespole coi più barbari shockumentarismi (dovendo tenere conto dei soli iperrealissimi f/x urleremmo al pentapalla secco): l'mdp idrovora autopsie rudimentali, il sangue sporca schermo mente anima, lo scranno testimoniale si fa gelido e scomodo. Poi inforca repentino l'analessi grottesco-tarantinara combattuto tra pittoresco e fumettistico, ma continuando – così nel dubbio - a scalciare in bocca. Si suda artico nel capire come prenderlo, ma piace.