Il diritto di contare - Film (2016)

Un discreto film sulla discriminazione razziale, affrontata con enfasi ma anche con leggerezza e ironia. Le protagoniste sono tre donne nere molto dotate, che grazie alle loro capacità intellettive e alla loro determinazione riescono a emergere e ad affermarsi in un mondo dominato dai maschi bianchi, contribuendo ai successi della Nasa negli anni '60. L'impostazione è molto didascalica, talvolta un po' finta e ricorda quella di tanti altri prodotti celebrativi americani. Perfetto per le scuole.

Emancipazione delle donne ed emancipazione dei neri in una sola vicenda, raffigurata da tre interessanti e bizzarre donne interpretate da altrettante formidabili attrici. La storia è quella della corsa allo spazio durante la guerra fredda e riesce a coinvolgere, ma forse si poteva incantare ancora di più; molto buone la regia e la fotografia, che abbelliscono le automobili, i vestiti, l'atmosfera di quegli anni. Lo spazio presto finisce sullo sfondo, raramente inquadrato e le vicende personali prendono il soppravento. Gradevole.

Il progresso della Nasa e le sue conquiste spaziali vissute dall'interno e - nello specifico - da tre personaggi chiave per la storia dell'agenzia governativa, facenti parte di due categorie discriminate: donne e nere. La conquista della tecnologia va di pari passo con quella dei diritti di uguaglianza sessuale e razziale. Film ben confezionato e ben raccontato, con ottimi momenti. Da segnalare la presenza di "Sheldon Cooper" in un ruolo molto vicino a quello che l'ha reso famoso!

Bel film per quello che racconta, il problema è che quello che invece si narra non è molto avvincente per il sottoscritto (ma d'altronde è una storia vera, quindi non gli si può rimproverare nulla). Interpretazioni molto buone delle tre protagoniste, meno dei comprimari con i personaggi di Kevin Costner, la Dunst e altri ridotti un po' a macchiette.

Bel film d'impegno sociale. Lascia stupiti pensare che nel 1961 importanti figure scientifiche fossero ancora soggette a fenomeni segregazionisti anche da parte di soggetti di elevata istruzione e che 50 anni dopo un nero non solo avrebbe potuto candidarsi per la Casa Bianca ma anche essere eletto. Non è vero che le cose non cambiano mai! Brava la Dunst in un ruolo non più da ragazzina.

Film professionalmente attrezzato e con diversi agganci alle tematiche sociali che caratterizzavano gli anni 60 (guerra fredda e corsa allo spazio, segregazione razziale e donne al lavoro). Non mancano delle parti più banali o didascaliche, quasi tipiche di ogni biopic a così vasta portata, ma grazie alla verve delle tre protagoniste mantiene dei buoni motivi per guardarlo.

La conquista americana dello spazio da una prospettiva insolita e poco conosciuta, quella delle matematiche di colore. Come sempre il cinema americano mainstream coniuga la spettacolarità al messaggio etico sull’uguaglianza, mostrando il nervo sempre scoperto dei diritti civili. Una confezione assai professionale e un gruppo di attrici dall’indubbio carisma affiancati da "spalle" maschili illustri come Kevin Costner e Mahershala Ali. Un film fatto per piacere al grande pubblico e che ha colto il bersaglio.

Pellicola riuscita che presenta in maniera molto efficace sia il razzismo dei bianchi nei confronti dei neri che il sessismo. Tre donne, eroine della pellicola, intelligenti e ostinate, cercano di cambiare alla loro maniera "il mondo". Il tutto è ambientato durante l'esplorazione spaziale americana. Due mondi così separati e distinti che con un pizzico di umanità in più potrebbero essere molto più vicini.

Ispirato da una vicenda realmente accaduta, il film si segnala per evidenziare le condizioni lavorative di tre donne di colore nell'America dei primi anni 60, con particolare attenzione alle primissime esperienze aerospaziali. Buon ritmo e interpretazioni appropriate e soprattutto la volontà di denunciare certi atteggiamenti all'interno della NASA.

Un film che affronta un tema abusato (la conquista dei diritti più normali da parte di afroamericani) ma lo fa in modo atipico e interessante. Intrecciare la storia delle tre protagoniste con i primi esperimenti spaziali funziona e coinvolge grazie a una sceneggiatura mai troppo pesante ma anzi con molteplici tocchi ironici. Regia corretta, qualche americanismo di troppo ma non fastidioso. Brave le tre donne (soprattutto la Spencer), impeccabile Costner e azzeccate le figure minori. Bella la colonna sonora. Notevole.

La rincorsa alla conquista dello spazio da parte degli statunitensi in difficoltà nei confronti dei sovietici è uno spunto originale per trattare il tema del razzismo e della discriminazione nei confronti delle donne (soprattutto se colored) nella società. Tutto è ovviamente politicamente corretto, ma ciò non infastidisce più di tanto. Trattasi del classico buon film diretto con mano sicura e senza intoppi che si avvale di un cast ben scelto e con una sceneggiatura che sa posizionare al momento giusto le fasi topiche del racconto.

Film così servono a diffondere storie che dovrebbero essere ben più note. Il contributo decisivo dato da tre donne afroamericane alla corsa allo spazio USA è ben raccontato da questa pellicola solidamente classica, con pochi fronzoli, ben diretta e interpretata, con un bel cast ovviamente e giustamente egemonizzato dalle tre eroine. Tra formule e calcoli incomprensibili se non a pochissimi, computer preistorici e razzi da mandare in orbita, ne vien fuori un quadro disarmante (ma aperto alla speranza) dell'America del tempo. Classico moderno.

Ben realizzato e ottimamente interpretato, il film ci fa conoscere tre protagoniste della corsa allo spazio, fino a quel momento praticamente sconosciute ai più. Ci si immerge nella realtà degli anni '60, dove il segregazionismo in USA era ancora fortissimo. Il problema risiede in una sceneggiatura che non evita nessuno dei luoghi comuni tipici di questo genere di film hollywoodiani; così non ci fa mancare, ad esempio, la corsa contro il tempo per controllare i calcoli all'ultimo minuto prima del lancio nello spazio.

Schematico ma decoroso film che narra l'inserimento di alcune donne nere nell'organigramma della NASA in tempi di segregazione razziale. La sceneggiatura è ben oliata e non mancano alcuni picchi emotivi, ma la sensazione è che tutto sia stato troppo ripulito per essere credibile. Oltretutto è arduo trovare interessante la matematica pura. Molto affascinante invece è vedere la tecnologia con cui lavoravano ingegneri e scienziati nei primi anni Sessanta.

In tempi di (tardivo) riconoscimento popolare del ruolo imprescindibile delle minoranze nei grandi successi storici, sorprende e avvince il racconto sulla squadra di emarginate al quadrato, perché donne e perché nere, strategiche nella conquista americana dello spazio. Qui però non si tratta solo di doveroso esercizio della memoria o agiografia ambigua (il regista è maschio e bianco), ma di buon cinema, spettacolare, emozionante e spiritoso, insomma narrativamente godibile, anche grazie al vivace terzetto di protagoniste.