Futuro prossimo tecno-cencioso, con gli umani superstiti che vivacchiano grazie al lavoro svolto da automi vagamente antropomorfi... Quello dell'intelligenza artificiale è tema sempre affascinante, ma il film, pur dignitoso nella sua impostazione asimoviana, risulta povero di idee, riciclato nella messa in scena, fiacco nei dialoghi, poco felice nel casting: se i "cattivi" sono di routine, Griffith ha il volto paralizzato dal botox e Banderas inflaziona troppo in tv con i suoi biscottini per essere ora preso sul serio come tormentato post-apocalittico.
L’influenza di pellicole come Blade Runner e Io, robot è evidente, quindi questo fantaprodotto non può essere considerato particolarmente originale. Ma nonostante questo, si è al cospetto di un robotmovie che, pur non facendo del ritmo il suo punto di forza, riesce a presentare una propria idea, sviluppandola e dandole l’unica direzione possibile, visto che si parla di macchine che passano a un altro livello. Nel complesso non è male, grazie anche alle interpretazioni, se non altro professionali, degli umani (ai robot basta già la presenza), compresa quella del protagonista.
MEMORABILE: Autoriparazione e coscienza (percorso evolutivo e secondo protocollo); I babykiller; "Solo una macchina? E' come dire che tu sei solo una scimmia".
Il bravo Ibáñez ibrida Asimov e postapocalittico trovando una sua identità ben precisa. Fantascienza con idee e anima e un uso degli effetti speciali che, vivaddio, punta sulla qualità e non sulla quantità. Opera pregna di un'atmosfera di struggente malinconia che davvero sa suggerire la fine di un'era e l'avvento di una nuova alba. Al netto di qualche difettuccio veniale, un film che ogni vero appassionato di sci-fi non può che supportare. I produttori di Io, robot dovrebbero vederlo in ginocchio sui ceci.
MEMORABILE: La malinconica cyber-prostituta Cleo e il suo progressivo spogliarsi di tutti gli orpelli "umanizzanti". Vero cyberpunk.
Assolutamente non male come film, anzi buono fino agli ultimi 20/30 minuti. La storia si basa su assunti conosciuti ma trova ugualmente una sua caratterizzazione ben riuscita. Gli attori non entusiasmano ma fanno il loro e Ibáñezriesce appunto a dare sufficiente personalità al girato, concedendosi anche delle magnifiche inquadrature come quelle dei robot in mezzo al deser to.
Se si cerca l'originalità, meglio evitare la visione di questo film spagnolo in cui la fantascienza è un continuo rimando ad opere letterarie e cinematografiche precedenti, una per tutte Blade runner. Bisogna però ammettere che si tratta di una pellicola ben realizzata, con un notevole gusto visivo e una suddivisione alla lunga funzionale tra una parte iniziale più di genere e una seconda parte maggiormente "esistenzialistica". I limiti sono una sceneggiatura abbastanza povera e un interprete principale che si impegna ma pare poco adatto.
Tanto di cappello a questo film e al suo regista. Intanto perché nonostante sia un prodotto spagnolo e con produzione limitata non sfigura affatto al cospetto di simil-prodotti made in Usa. E poi perchè la sceneggiatura, seppur non originale e ispirata chiaramente a due mostri sacri come Asimov e Dick, cattura e appassiona nonostante i tanti tempi morti. E' vero, Banderas è solo il ricordo di un attore (per di più smagrito e calvo è ancora meno credibile) e la Griffith irriconoscibile nel suo botox. Eppure il prodotto mi ha molto colpito.
In un futuro non troppo lontano il mondo è abitato da pochi umani e da robot intelligenti capaci di rendere più confortevole l'esistenza. Ma qualcosa succede e l'aspetto "umano" sembra sovvertito. Una favola cibernetica che vede protagonista un buon Antonio Banderas ricco in espressioni mimiche, mentre irriconoscibile nei suoi primi 10' appare Melanie Griffith, tanto è "mutata". Su tutto aleggia lo spirito di Asimov.
Ottima fantascienza; l'atmosfera post-apocalittica, decadente, fornisce la perfetta cornice per una vicenda semplice ma non banale. Ottimo Banderas ma anche gli altri non sfigurano, in particolare Forster (mai così in forma dopo Jackie Brown) e la Griffith, ruolo fugace il suo ma incisivo. I robot (ma anche "le" robot) sono realizzati molto bene e rappresentano di fatto una parte rilevante del cast. Adatte le polverose location bulgare, fotografate con colori fortemente desaturati. Una favola noir.
MEMORABILE: Il suicidio del robot che si dà fuoco; Banderas che insegna a ballare Cleo.
Onesto ma anche modesto film fantascientifico che saccheggia opere passate sia di celluloide (ad esempio Blade Runner) che di cellulosa (Asimov su tutti). Il risultato non è certo sgradevole, ma se si cercano emozioni forti, idee nuove o una fantascienza più sofisticata, è meglio passare oltre. Se invece ci si accontenta di un film di genere per passare una novantina di minuti, se ne può affrontare la visione. L'elemento più interessante è il robot Clio. Banderas
appare inadeguato al ruolo.
Un Banderas insolito in versione "THX 1138" anima un film che ripercorre il filone alla Blade runner; è visibile però il tentativo di dargli un'identità pur ammiccando alle opere maggiori del filone. Alla fine il tutto risulta piacevole e ben realizzato. L'espressività di Cleo è notevole (cosa non semplice da rendere in un robot) e contribuisce a reggere la lunga fuga verso la zona contaminata in cui gli automi intendono "ricrearsi" come vera e propria specie. Il finale forse è un po' troppo prevedibile, ma complessivamente è un film da vedere.
Ambientazioni di chiara matrice Blade runner e dai temi fortemente derivati da Asimov; eppure, nonostante trasudi rimandi e ispirazioni tali da far sì che il tutto non lasci sufficientemente il segno, si percepiscono comunque, seppur flebili, alcuni tentativi di originalità nell'affrontare il tema della coscienza nella robotica, alcuni dei quali piuttosto riusciti. Alla fine il film funziona nell'obiettivo di intrattenere un appassionato di fantascienza. C'è anche un bel gusto dell'estetica (specie dei robot cosiddetti "Pilgrim").
Copiare può essere un'arte o un crimine. Nel primo caso è una citazione, nel secondo un plagio. Automata aspira alla summa ma somiglia molto di più a una scopiazzatura. Asimov (e quei "volti" di robot che vengono dalle illustrazioni di McQuarrie), Dick, Scott (e Blade runner), i postatomici. Un certo gusto (derivativo anch'esso) visivo e per le atmosfere si vede, così come il tentativo di non accontentarsi. Poi però si finisce (come spesso accade) con botti & spari e capisci che il tentativo è fallito. Peccato.
Fanta-thriller nel quale si affronta il tema dell'intelligenza artificiale, purtroppo senza buoni risultati. Pur se il soggetto non è da sottovalutare, la pellicola non appassiona né coinvolge granché: ritmi troppo lenti e dialoghi senza un nesso. Manca inoltre di quella verve che molti film del genere hanno. Antonio Banderas non convince del tutto, Forster per niente.
Film distopico-futuristico con un Banderas pelato alle prese con robot dalle sembianze e dai comportamenti sempre più umani. Ibáñez inscena questo fantasy-drama futuristico in cui predominano location sporche e polverose, degradate e soleggiate con una storia articolata che fa anche riflettere sulla cyber-etica. C'è anche Melanie Griffith, stagionata ma sempre affascinante.
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Sto promuovendo il film in ufficio ma al nome Banderas mi si rivoltano contro.
Direi che la sua prova è potabile anche se come dice Puppigallo è la malinconica cyber-prostituta Cleo la figura più azzeccata del film.
Particina minore per una Griffith post-lifting che in effetti non avevo riconosciuto.
DiscussioneDaniela • 27/03/15 12:59 Gran Burattinaio - 5930 interventi
Capannelle ebbe a dire: Sto promuovendo il film in ufficio ma al nome Banderas mi si rivoltano contro.
In effetti è difficile non farsi condizionare...
Per lo meno, la sottoscritta non ci è riuscita: nelle scene ambientate nel deserto, invece che impolverato, mi veniva da immaginarlo infarinato :o(
Oltretutto, al bombardamento pubblicitario si è aggiunta pure la parodia crozziana, con i suoi Profilatticini senza lattosio da tenere sempre nel portafoglio...
Al personaggio di Cleo - che concordo sia il più riuscito - la Griffith ha prestato la voce, molto più convincente che non il volto, deturpato da interventi estetici che l'hanno resa più plasticosa della sua controparte robotica.