Non che avessi grandi apettative, temendo la baracconata di un talentuoso regista coreano al suo primo film in lingua inglese.
E a pellicola iniziata i miei temuti pronostici mi stavano dando ragione: un vagone di derelitti trattati come i deportati di Auschwitz, bambini insopporabili strappati alle loro madri (altrettanto insopportabili), piagnistei vari, uno sguardo compassionevole sugli emarginati che produce l'effetto opposto, piani di fuga, un'atmosfera che stava tra il cinema tronfio di Terry Gilliam e le favolette oscure di Jeunet/Caro (anche se la tortura del braccio congelato è di sopraffina crudeltà tipicamente orientale).
Poi lotte furibonde al rallentatore che fanno tanto
Matrix ai confini della cafonata.
Ma, d'improvviso, inaspettatamente, quando ci si avvicina alle carrozze dei "benestanti" (il treno funge come una specie di torre pagoda alla
Ultimo combattimento di Chen, che più si saliva più si incontravano i lottatori più forti), salta fuori il talento visionario (e grottesco) di Bong Joo ho (gustoso il suo alter ego coreano che apre tutte le porte del treno a furia di sniffare una droga sitentica altamente infiammabile) che prende di mezzo
Willy Wonka, la canzone d'antan "tormentone" di
Shining, serre e acquari (una gioia per gli occhi), orge sandiane e mondanità discotecara, un belluino e inarrestabile tirapiedi che non si ferma davanti a nulla (la sparatoria tra i finestrini, le feroci lotte corpo a corpo), fino alla testa del treno dove c'è una specie di Bowan kubrickiano misto al "dispotico" e marionettistico
Mago di Oz che filosofeggia con cinismo sopraffino (immenso Ed Harris).
Ma tutta la parte geniale nel vagone scolastico varrebbe da sola il prezzo del biglietto, con la maestrina incinta, i bambini assoggettati al credo del treno e la distribuzione delle uova.
Bellissima e suggestiva, poi, la chiusa finale con l'orso polare e gli unici due sopravvissuti dopo il disastro cassandracrossinghiano, dove la nuova speranza è forse dettata dai bambini come nel finale di
Mad Max oltre la sfera del tuonoDeliziosamente carnevalesca e magnificamente sopra le righe Tilda Swinton (occhio alla dentiera) che se ne esce con deliranti ( e squsitamente demenziali) massime di regime, così come la sgherra che prende le misure dei bambini, la minaccia dei festanti shininghiani in maschera, il lusso sfrenato delle carrozze in testa, l'agghiacciante racconto di cannibalismo di Evans e gli scorci decadenti e desolanti, in corsa, delle città e delle rovine ghiacciate.
Più si avanza tra i vagoni più il grande spettacolo messo in piedi dall'autore di
Parasite aumenta, più ci si avvicina alla locomotiva più le emozioni trepidano.
Un blockbuster con un anima tutta orientale, zeppo di invenzioni visive e momenti poetici (il fiocco di neve che attraversa il finestrino, i tre fuggiaschi divenuti, loro malgrado, statue di ghiaccio) che si barcamena tra l'action tipica da fumetto a una raffinatezza visiva non comune non dimenticando lo stato emotivo.
E il vagone scolastico resta una perla che sfiora il capolavoro.