A suo tempo la critica ufficiale lo massacrò ma si tratta di un De Palma di razza, non tra i suoi migliori ma comunque estremamente valido. Certo la trama non presenta grandi originalità e il tributo del regista ad Hitchcock (ma anche a se stesso) è enorme, ma come sempre il cinema di De Palma riesce a conquistare per come dice più che per cosa dice. John Lithgow, attore spesso impiegato dal grande regista, è interprete molto valido e convincente. Un film poco considerato che meriterebbe una maggior attenzione.
Il discorso iniziale in auto è notevole e poi…Bravo John Lithgow; ha più di un ruolo e si destreggia piuttosto bene (con qualche eccesso). Gli oscuri meandri della mente umana sono sempre stati una manna per i bravi registi; e questo è un esempio di buona pellicola del genere, nonostante la narrazione abbia delle pause e gli attori, a parte il protagonista, non siano propriamente eccelsi. Oltretutto, il disturbo mentale di Carter Nix è tale che a un certo punto non si capisce più quale sia la personalità predominante, o semplicemente la sua.
MEMORABILE: Una delle personalità di Carter: "Il dottore schiatta di rabbia; Caino non è più nella gabbia".
Buon film di De Palma. La sceneggiatura è un po' confusa ma intrigante e piena di colpi di scena. Ottimo il protagonista e bravi anche gli altri attori. Straordinarie molte sequenze, anche se la bella scena finale è spudoratamente copiata da Tenebre di Argento.
Il repertorio stilistico del regista viene proposto con coerenza e, in questo, Raising Cain è film strettamente ascrivibile al genio di De Palma, che sfrutta con destrezza l'ottima performance degli attori, con prevalenza di scena per il bravissimo John Lithgow. Il titolo italiano è improprio: più che due personalità, il killer ne assume qui almeno cinque, sviluppate su uno script basato su rari casi di schizofrenia multipla, accertati dalla disciplina medica. Omaggio/citazione a Tenebre che venne, alla prima, segnalato via telefono ad Argento.
Tipico prodotto di De Palma dove alcuni frammenti geniali si mescolano a momenti di ilarità e inconsistenza. Qui prevalgono i secondi e il risultato è meno armonico e credibile del solito. Anche perché si abusa nel ricorso a flashback e falsi sogni. Da ricordare: il bacio di fronte alla moglie comatosa, la moglie risorta, l'assistente del professore. Da dimenticare: lo sparamoccico iniziale, i tormenti amorosi della protagonista, il cadavere " espressivo", l'interrogatorio condotto senza polizia, la bambina volante.
Dopo un inizio straordinario, che permette allo spettatore di calarsi immantinente nel personaggio di Carter, il film prosegue poi in maniera più stanca e risaputa alternando cose buone e cose poco riuscite. Citazionista (ma anche autocitazionista) conferma tutte le virtù ed i limiti di un regista che, spesso, potrebbe girare grandi pellicole ma che, vuoi per una ragione vuoi per un'altra, il più delle volte non ci riesce. Riuscito il finale che omaggia l'argentiano Tenebre.
Il titolo italiano del film è deviante perchè più che di doppia personalità si può parlare per il protagonista di personalità multiple. L'opera è in puro stile De Palma con evidenti citazioni ad opere del passato di altri (è spesso Hitchcock il supremo modello di riferimento) ma anche dello stesso regista. Godibile, ha però il limite di un'eccessiva complicazione della sceneggiatura che lo rende a volte ostico. Molto bravo il protagonista.
La caratteristica di un regista come Brian De Palma è che lui può citare e autocitarsi e nessuno si deve permettere di criticarlo per questo. E così via con Vestito per uccidere, vari omaggi ad Hitchcock e Argento. Ma il film? Sì, il film regge, è godibile e di durata anche ragionevole (tentare di allungare per 2 ore film di questo calibro è solo un difetto). Lithgow, con il suo faccione da "ciambellaro USA" si fa in 5 (è proprio il caso di dirlo) e regge il film praticamente da solo. Un buona prova.
Un simil-Frankestein, questo Carter, creatura di uno scienziato pazzo, Io parcellizzato in identità multiple: ha un condominio nella testa, un condominio litigioso! Film incoerente e bislacco, citazionista e grottesco come tanti altri di De Palma, la tecnica e l'inventiva ci sono sempre, ma qui gli eccessi non sono tenuti a freno: sottigliezze, proprio nessuna. L'istrionico protagonista fa il saltimbanco, il trapezista, il giocoliere... alla fine, però, mi pare si sia divertito solo lui. Io, non troppo.
De Palma sfodera tutto il suo repertorio registico da virtuoso d'alta scuola nelle inquadrature, nei piani ipnotici, nella costruzione delle scene e delle sequenze. Ed è un bel vedere per il cinefilo in cerca di emozioni puramente visive. Se guardiamo alla sostanza, tuttavia, questo è un film poco riuscito, soprattutto per le troppe forzature e implausibilità nella sceneggiatura, veramente sbrigative ed irritanti, e non all'altezza di un maestro come De Palma. La valutazione risulta da una media fra forma e contenuto.
Un John Lithgow da Oscar per un Brian De Palma di altissimo livello. Doppia personalità si ispira profondamente ad Alfred Hitchcock, ma il regista americano sa aggiungere molto del suo (tipo le lunghe carrellate nell'ufficio della polizia). Sottovalutato.
De Palma si sbizzarrisce in un'opera altamente inquietante, in cui numerose paure elementari vengono mescolate con sapienza: la minaccia all'infanzia, l'identità frammentata, il mistero che si nasconde dietro alle figure familiari, con scene da brivido in casa, nel parco, in un bosco stregato. Il tutto avvolto in una luce ambigua, vero e proprio marchio di fabbrica del regista, mentre colpi di scena a ripetizione tengono alta la tensione senza mai stancare.
De Palma ti prende, ti fa salire sul suo ottovolante di virtuosismi e ti destabilizza con le sue inquadrature spericolate e i suoi ralenti. Che poi, in questo caso, l'originalità non abbondi e le citazioni (anche di se stesso) siano esagerate, poco conta. La forma supera la sostanza. Grande prova di John Lightow e brava anche la Davidovich.
Considerata opera minore nella filmografia di De Palma e generalmente sottovalutata, è nondimeno una tappa nodale nel suo percorso autoriale: segna il passaggio dal cinema inteso come artificio e illusione al cinema come incursione onirica. Per oltre metà film siamo trascinati in un labirinto dove la permeabilità tra sogno e realtà disorienta e genera sgomento. In questo senso i virtuosismi, le ellissi narrative, le iperboli melò, la recitazione artificiosa e sopra le righe, il citazionismo analogico, sono la dichiarazione della forza perturbante delle immagini oltre la verosimiglianza.
Incredibilmente sottostimato, Raising Cain è un film che bilancia alla perfezione l'innata perizia tecnica di De Palma con una sceneggiatura riuscita (seppur con qualche sbavatura), capace di creare dialoghi e sequenze colme di tensione narrativa. Gigantesca e sofferta la prova di Lithgow, un attore davvero di classe cristallina. Rallenti elegantissimi, segmenti onirici truffaldini e una particolare attenzione funzional-simbolica del volto umano rendono il girato imperdibile.
Preferivo, e di molto, i vecchi De Palma come Vestito per uccidere. Ma non è affatto un'opera da buttare via; magari tolte alcune assurdità come i tormenti sessuali della moglie del dottore riusciva anche meglio. Il cast è ottimo, ci sono diversi vecchi volti già visti in altri film di De palma e la trama è interessante. Passabile.
Senz’altro affascinante per il modo in cui introduce le personalità multiple di una menta deviata (Lithgow solita maschera inquietante) e per la struttura narrativa nervosa e frammentata che gioca con lo spettatore in modo mirabolante traducendo la pazzia in realtà, il desiderio in sogno. Un’intelaiatura che spiazza, sorprende e avvince per un thriller drammatico con implicazioni famigliari con punte horrorifiche. Citazionista (Psyco, L’occhio che uccide), trancia l’inquietudine con antidiegetiche ma in fondo riuscite virate farsesche. Buono.
MEMORABILE: Il finale; Il superbo pianosequenza all'interno del palazzo di polizia.
Traumatizzato da piccolo dal padre che lo ha utilizzato come cavia per scoprire l'origine della dissociazione di personalità, il protagonista vuole continuarne gli studi sulla psiche infantile... Come spesso accade, De Palma confeziona un thriller-omaggio, in cui confluiscono influenze diverse, a partire dallo spunto powelliano. Pur contando su sequenze efficaci e sull'interpretazione ironicamente istrionica di Lithgow, il risultato è però una maionese impazzita, con situazioni che talvolta sfiorano il ridicolo involontario. Certo c'è del buono, ma è un De Palma minore.
MEMORABILE: La dottoressa pomicia con un uomo mentre questi è accanto al letto della moglie morente: cavolo, che sensibilità!
Un De Palma in forma smagliante dirige un thriller ingiustamente sottovalutato, che anzi se avesse schivato un paio di cadute di tono (l'eccessiva insistenza sui tormenti sessuali della Davidovich e l'interrogatorio condotto senza poliziotti nei paraggi) avrebbe potuto ambire all'eccellenza. Scienziati pazzi, schizofrenia, personalità multiple e oscillazioni tra sogno e realtà formano un cocktail intrigante e in grado di mantenere la suspense per l'intera durata. Lithgow ha l'opportunità di giganteggiare, ma anche i comprimari funzionano.
MEMORABILE: L'incipit; Il piano sequenza all'interno della centrale di polizia; Il finale.
Quella di John Lithgow per me era già una faccia da psicopatico (quella del serial killer Trinity), ma dopo questo film non ci sono davvero più dubbi. Un'interpretazione straordinaria, o forse dovremmo dire almeno quattro interpretazioni (il mite Carter, il malvagio Caino, il ragazzino Josh e perfino il padre di se stesso) alle quali vanno aggiunti i travestimenti femminili. Sexy la Davidovich, merito anche della sensuale voce di Simona Izzo. De Palma crea una bella tensione (la scena dell'obitorio non si scorda) e il film vola. Buono.
Un film notevole, ma che alla fine della visione lascia un senso di incompiutezza. Saranno i colpi di scena scontati, sarà il fatto che la resa dei conti finale è piuttosto risibile nel suo effetto ralenti e nel suo improbabile concatenarsi di eventi. Dopo una prima parte davvero promettente e barocca (tra sogni nei sogni, ricordi e allucinazioni), il terzo atto delude le aspettative. Peccato, perché lo stile inconfondibile di De Palma c'è tutto e Lithgow è indubbiamente bravo. C'è di meglio. Esiste un director's cut: forse rende di più.
Difficile muoversi in una sceneggiatura tanto intricata che ruota attorno a uno psicopatico affetto da personalità multiple. Il montaggio destrutturato nemmeno aiuta e bisogna mantenere alta la concentrazione per cercare di avere una visione d’insieme plausibile. Alcuni particolari possono facilitare la comprensione, ma non è sempre facile coglierli, ragion per cui un’ulteriore visione permetterebbe di apprezzarlo meglio. Tante le citazioni, autoreferenziali e non, con cui De Palma si diverte a giocare.
"Visionaria discesa nell'inferno della schizofrenia" (Sorrisi e canzoni)? Ma mi faccia il piacere! Il film di De Palma (irriconoscibile) è al massimo una visionaria discesa nel trash più spinto, nell'ilarità assoluta, nel ridicolo involontario: le pretese di serietà degenerano immediatamente in un mix folle di thriller (poco) erotico di serie Z, un film-tv poliziesco e le visioni deliranti di Ed Wood e Andolfi grazie a una sceneggiatura con più buchi di un Emmenthal dove la risata regna sovrana. Capolavoro del trash, come thriller non ci siamo.
MEMORABILE: Le citazioni (inopportune) a Argento; L'adulterio di fronte alla moglie di lui, morente; Le espressioni ridicole dei cadaveri.
L’ultimo grande thriller depalmiano. Un film schizoide come il suo multiforme protagonista interpretato da uno strepitoso Lithgow finalmente promosso al ruolo principale. Il regista torna a scrivere un soggetto dai tempi di Omicidio a luci rosse saccheggiando a piene mai classici come Psyco a L’occhio che uccide e arrivando persino all’autocitazione di Vestito per uccidere. E poco importa se la sceneggiatura è altamente irrazionale: i fan del regista troveranno pane per i loro denti, in questo film bistrattato all’uscita ma degno di recupero.
MEMORABILE: Carter che dialoghi con i suoi doppi; La testata alla dottoressa Waldheim; L’auto che affonda nello stagno; La citazione finale da Tenebre.
Restituire in immagini le distorsioni di una personalità multipla non può che implicare il ricorso a una sovrapposizione convulsa e onirica di tratti realistici e rivisitazioni psicotiche. De Palma riesce a collocarci in mezzo ai molteplici deliranti fatti attraverso la fluidità delle riprese che sconfinano l'una nell'altra, rendendo palpabile il caos di una psiche frastagliata; ciò che può sembrare confuso è forse il segno caratteristico di questo thriller. Lithgow ha su di sé tutto il peso interpretativo, coadiuvato da un cast all'altezza.
MEMORABILE: Il padre di Carter e i suoi "esperimenti"; L'interrogatorio sotto ipnosi; Il finale.
Marito fin troppo apprensivo con la figlia si rivelerà essere stato manipolato in giovane età. Il soggetto a base psichiatrica, tolti i discorsi sull’educazione serve unicamente per creare tensione. La prima parte accentua gli eventi, mentre De Palma dimostra perizia tecnica. Gli sviluppi narrativi successivi tra indagini, vecchie fiamme e psichiatri, mescolano gli argomenti e i momenti thriller risultano telefonati. A volte anche il confine tra omaggio cinematografico e ricalco spudorato appare labile. La trama favorisce l’interpretazione di Lithgow, che dà mostra di saperci fare.
MEMORABILE: La lancia che trapassa il vetro della macchina; Il volto della defunta sul lettino; La bambina in caduta libera.
De Palma si diverte a giocare con gli stereotipi del thriller hitchcockiano (e depalmiano) estremizzandoli fino quasi al limite della parodia (se Norman Bates aveva una personalità doppia, qui il povero Carter di personalità ne ha almeno quattro; non mancano salti logici e colpi di scena al limite dell'assurdo; il dottor Nix sembra una caricatura dei mad doctor nazisti degli anni 30). Eppure la maestria registica è come sempre enorme con pezzi di bravura da lustrarsi gli occhi. Incantevole e brava la Davidovich, notevole la prova di Lithgow. Finale shockante tipicamente depalmiano.
MEMORABILE: La Davidovich rediviva dalla palude; La versione femminile di Carter; L'assurdo finale al rallentì col dottor Nix.
Ottimo film di De Palma nel quale il regista gioca con la sceneggiatura per creare situazioni di suspense e sulla psicologia per garantire ai personaggi (primo tra tutti l'ottimo protagonista) la possibilità di compiere delle performance davvero notevoli. La maestria si vede in alcuni passaggi, come il perfetto flashback nella scena del parco, anticipato dalla storia e poi spiegato in seguito. Poi quando si cita il grande Argento va sempre bene.
Basterebbero i primi dieci minuti per far entrare il film tra i cult del thriller. Ed è proprio quell'inizio che non ti aspetti ad aprire come un grimaldello la psiche contorta e disturbata del protagonista (un grandissimo John Lithgow), esponendo da subito lo spettatore a tutto il proprio campionario di personalità sconvolgenti. La tensione è sempre altissima e gli avvenimenti si susseguono senza soluzione di continuità e con la classica morbosità delle scene erotiche tipiche dei film di De Palma. Non si avvertono momenti di stanca e pure il finale rimane fisso nella memoria.
MEMORABILE: Il clamoroso inizio in auto.
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Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (venerdì 16 febbraio 1996) di Doppia personalità:
Ma è mai circolato in Italia con il sottotitolo inglese, come indicato in scheda? A me risulta che il titolo italiano sia semplicemente "Doppia personalità".
DiscussioneZender • 11/07/19 08:39 Capo scrivano - 47698 interventi
Mah forse no, può essere che l'avessi messo al tempo per riconoscerlo, vista la banalissima traduzione. L'ho tolto, comunque.
HomevideoRocchiola • 15/10/19 14:28 Call center Davinotti - 1236 interventi
Finalmente tornato disponibile questo titolo depalmiano finito presto nel dimenticatoio ma meritevole di recupero. Il DVD della Cult Media mi sembra migliore della vecchia edizione Universal. Probabilmente è stato usato un master estero preso da qualche bluray come ad esempio quello americano della Shout Factory o da quello francese della Elephant. Che dire le immagini sono pulite e discretamente definite. L'audio italiano 2.0 è mediamente potente e chiaro e si preferisce un pochino alla traccia rielaborata in 5.1.