Abbandonati i toni enfatici e i facili simbolismi de La califfa, Bevilacqua affronta la sua seconda prova da regista con un film tratto anch'esso da un suo romanzo e realizza la sua opera cinematograficamente più valida. Magistralmente interpratato da un Tognazzi che si fa letteralmente in tre (il protagonista, il padre da giovane e da vecchio), il film scava in modo non banale nei tormenti interiori dei personaggi e, pur fra sbavature e varie cadute retoriche, lascia più volte il segno. Magnifica Jean Seberg, lodevolmente contenuto Morricone.
MEMORABILE: La lunga sequenza della festa nella sontuosa villa nobiliare dove vivono Tognazzi e la Seberg.
Che dire di fronte ad un Tognazzi che per l'occasione si sdoppia nel ruolo sia di padre che di figlio, dominando e rubando continuamente la scena con tutta la sua immensa bravura nel tracciare gli stati d'animo, pensieri, ricordi e tormenti dei due parenti? Talmente incisivo che poteva bastare lui da solo, relegando la presenza della moglie a poco più di comparsa. Stupendo rapporto tra padre ex partigiano, saggio e stanco idealista che vede nel figlio un uomo "arrivato e sistemato" ed il figlio che invece sente tutto il peso del suo fallimento.
Tognazzi si sdoppia e si prodiga tra serio e faceto, ma non riesce ad alleviare il peso dell’origine letteraria, reso particolarmente gravoso da flashbacks masochistici – le continue aggressioni dei fascisti - e dialoghi lambiccati che non portano a nulla. Prossime al manierismo, le ricercatezze scenografiche si diradano riconquistando autenticità nel momento di ritrarre i rustici rituali della cucina emiliana, contesto in cui il celebrante non poteva che essere lo stesso Tognazzi. Nel violento prologo le musiche di Morricone rispolverano le campane dei western di Sergio Leone.
MEMORABILE: I fascisti che devastano il giardino del vecchio Tognazzi.
Un grande Ugo Tognazzi in un duplice ruolo drammatico di padre e figlio riesce a trasmettere un'ampia gamma di sentimenti e sfumature, in una storia che è in bilico tra due generazioni lontane. Il motore del film è una crisi coniugale che spinge due persone a trovare una dimensione autonoma per riaffermarsi; ritornando (nel caso del protagonista maschile) alle origini. Parrebbe tutto scontato, ma la mano del regista ne fa un racconto attento e accorto.
Non male. Parecchio lento e pesante nella prima parte, lo ho cominciato a gradire da metà film in poi. Tognazzi magistrale come sempre, la Seberg superba, bene il resto del cast (eccetto la Aulin che qui mi sembra alquanto spaesata). Regia solida, belle ambientazioni, film gradevole.
MEMORABILE: La distruzione del giardino da parte della teppa.
Da vedere per le splendide interpretazioni del grande Ugo, totalmente fuori dai molti ruoli gigionesco-drammatici che gli sono stati assegnati e che qui interpreta contemporaneamente un padre proletario e un figlio arricchito. Dal punto di vista della denuncia sociale il film non è gran che, così come la sceneggiatura non pare all'altezza nell'approfondire il disagio di chi, semplicemente umano, si trova ad avere a che fare col mondo dei ricchi. Poco convincenti e inutili i flasback, ottimi Morricone e la Dell'Orso.
Film dall'atmosfera generale piuttosto triste. Vero è che ci sono anche momenti conviviali tradizionali del parmense, dove si beve Lambrusco e si assaggia il famoso formaggio grana; o le due sorelle, ex star dell'avanspettacolo, che raccontano dell'infanzia di Tognazzi figlio (Tognazzi interpreta anche la figura del padre idealista), ma la vena di tristezza rimane. E' un momento dell'Italia dove si gettano le basi per una società "moderna", una società che cambia anche i rapporti interpersonali, ma le ombre del passato incombono ancora.
Due facce d’una medaglia, due porzioni della stessa noce. Tagliato a metà e visto in controluce, ecco il quadro di un'opera intensa e aspra di Bevilacqua. L'apparente attrazione/contraddizione dei sessi non conduce alla luce ma sconfina nel disequilibrio di due anime che mai si congiungono pur appartenendosi, due corpi sull’argine di un Po da cartolina anni ’70. Il romano Morricone intuisce da lontano la poesia delle contraddizioni e ci regala dal suo mondo di tonalità/atonalità una gemma senza tempo: da sentire, sulla pelle e nell'anima. Grazie!
Bevilacqua realizza una versione cinematografica del suo omonimo romanzo. L'operazione riesce bene e il film ottiene notevole successo di critica e di pubblico. Rivederlo oggi peraltro denota parecchie debolezze, in particolare una notevole lentezza narrativa, dialoghi "prestampati" e un uso eccessivo dei "flashback" storici. Innegabili alcuni momenti toccanti e dolcemente malinconici. Buon cast con Tognazzi in doppio ruolo.
Non è la deriva letteraria a pesare ma quella, specifica, da Bevilacqua. Non convince il doppio ruolo di Tognazzi, la facilità dell'impianto storico (i flashback reiterati) e la nebulosità di quello psicologico per cui ogni personaggio rimane fondamentalmente indistinto perso com'è in dialoghi pretenziosi e vacui. E anche la festosità della provincia profonda pare manifestarsi in maniera un po' grossolana. Morricone morriconeggia risaputo.
Alberto Bevilacqua HA DIRETTO ANCHE...
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Giusti mssacra il film (Stracult, scheda del film) e segnala la presenza attoriale di Gianfranco Rolfi, già campione di Rischiatutto (sagrestano in quel di Roncadelle - BS).
Facendo una battuta in tema col titolo del film, si potrebbe definire questa uscita Cinekultiana una specie di...dvd (in realtà sembra proprio un mero riversaggio da vhs). Peccato veramente. Spero solo che, almeno per il film che maggiormente mi interessa (Il commissario Verrazzano), la qualità sia migliore.
Per la colonna sonora si era inizialmente pensato ai Pooh, con Roby Facchinetti che, su richiesta dell’ufficio editoriale della CGD, aveva scritto tutta una serie di brani strumentali. Ci fu anche un incontro con Bevilacqua che però alla fine decise di affidare il lavoro a Morricone.
Nei concerti che i Pooh tenevano nel 1972 (c'era ancora Riccardo Fogli) veniva eseguito un pezzo strumentale (chiamato "Un maiale per Ringo") come riempitivo; Facchinetti, su consiglio del produttore Giancarlo Lucariello, provò a mettere insieme parte del materiale scritto inizialmente per il film e parte di questo brano e nacque così una suite di 10 minuti che, presumo, tutti conoscano: "Parsifal" (fonte: interviste varie a Roby Facchinetti).