Incredibile ed imbarazzante pellicola girata (con la mano sinistra) da uno Chabrol al suo minimo storico (assieme a Giorni felici a Clichy). Sconcertante nel suo pressappochismo, risulta ridicolo nei suoi svolgimenti narrativi per non parlare della presunta ideologia dei terroristi. I dialoghi poi sono superficiali come se ne sono visti pochi. Un guazzabuglio senza né capo né coda che, considerato il regista, va dimenticato in fretta.
Non l'ho trovato così brutto. Certo Testi ha fatto di meglio, così come Chabrol, ma questo particolare film drammatico non dispiace troppo. Alcuni buchi e ridicolaggini come la morale dei terroristi potevano risparmiarceli, ma io dico che la sufficienza, seppure risicata, la ottiene.
Fedele al cinema d’autore e corteggiando il cinema di genere, Chabrol fallisce su tutti i fronti. Oltre ad essere intriso di manicheismo ideologico irritante e pernicioso – i terroristi assurgono ad improbabili (anti)eroi romantici e le forze dell’ordine decadono a caricature di sadici repressori degni di un filmaccio di serie Z - , l’adattamento del romanzo di Manchette manca di progressione drammatica e i suoi personaggi rinsecchiscono in altrettanti stereotipi psicofisici di rivoluzionari. Castel e la Melato ai loro minimi storici; ridicolo Testi con look cheguevariano.
MEMORABILE: Due poliziotti a proposito del terrorista sotto interrogatorio: «E se gli torcessimo un po’ le palle?». «Questa è tortura… Non si può fare, no.».
Nella filmografia del Maestro questa pellicola certamente non brilla come stella di prima grandezza. L'operazione mi è sembrata piatta e al limite del noioso. Il quasi dignitoso cast e la decente fotografia non sono sufficienti a salvare la baracca. Ciò che più mi ha sorpreso è che non sembra un film di Chabrol; è come fatto col mestiere di un altro. Qualcosa di simile ho notato per un altro suo film poco riuscito, Giorni felici a Clicy.
Svogliatissimo Chabrol che riunisce un gruppo di terroristi estremisti guidati da Buenaventura Diaz per la solita impresa anarcosnob. Il film ha due-tre momenti riusciti (come la morte del poliziotto ucciso da Castel) ma è sciatto e ha un finale western spaghetti che nemmeno Testi meritava di girare. Castel, smessi i panni bellocchiani, rivela decisi limiti; la Melato è impacciata; il racconto, nei momenti salienti, è girato male. La denuncia del film non fa centro; musiche da stock.
MEMORABILE: L'incontro-rissa tra Testi e Garrel, ridicolo.
A tratti anemico, ma sempre ben condotto, il film ha qualche arma a sua disposizione. Anzitutto la felicità con cui mescola le carte: i terroristi, in fondo, improvvisatori e idealisti, sono da preferirsi a un apparato statale codardo e calcolatore in cui ognuno si comporta da inetto burocrate per tirare l'acqua al proprio mulino. E poi per il cast, sin troppo eterogeneo seppure azzeccato nel ruolo chiave di Aumont, un esponente delle forze dell'ordine spietato e laido come un pappone. Buon documento d'epoca.
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