Del famoso make-up per la trasformazione "a vista" da uomo a lupo mannaro se ne sarebbe dovuto occupare Rick Baker. Tuttavia, essendo egli in quel momento impegnato analogamente in UN LUPO MANNARO AMERICANO A LONDRA (ci guadagnò l'Oscar), produzione ben più importante, delegò il lavoro ad un suo assistente destinato a far fortuna, Rob Bottin, limitandosi a fare da consulente. L'ULULATO precedette in sala il film di Landis rubandogli di conseguenza l'effetto sorpresa, che resta comunque frutto di Baker in entrambi i casi. Joe Dante invece ha confezionato un horror meno ambizioso ma...Leggi tutto indubbiamente riuscito (i sequel non si contano!), con una storia semplice (una comunità di lupi mannari vive in un bosco e sbrana chi gli capita a tiro) complicata da implicazioni legate al mondo del giornalismo televisivo, da cui proviene la protagonista (Dee Wallace, invero attrice piuttosto mediocre). E' per colpa di divagazioni inizialmente eccessive legate ad un'indagine poliziesco-giornalistica se il film stenta a decollare, nascosto nella prima mezz'ora sotto i panni di un noir poco fantasioso. Poi la componente horror comincia lentamente a farsi strada alzando la qualità e dando un significato al tutto. I mezzi sono evidentemente limitati, la fotografia manca del fascino necessario, il cast (Christopher Stone compreso) fa quel che può, ma fortunatamente la solida regia di Joe Dante copre bene i tanti difetti e cambia radicalmente l'approccio al tema licantropico all'epoca ancora legato a stilemi ormai datati. Ottimi gli effetti speciali ("trasformazione" di Rob Bottin compresa, ovviamente), geniale e cinico il finale. L'ironia di Dante sdrammatizza spesso.
Non lo vedevo da tempo e l'ho rivalutato. Effetti speciali a parte, il film è parecchio scorbutico nella sua critica sociale e questo giova alla contrapposizione con l'atmosfera quasi onirica in cui si vengono a trovare gli interpreti. La presa di coscienza dei protagonisti con la realtà è come un risveglio a metà operazione chirurgica. Nessuna speranza. Fondamentale.
Joe Dante, forse suggestionato dall'operato (pressoché contemporaneo) di Landis, opta per portare sullo schermo la sua versione dell'uomo lupo. E lo fa inserendo momenti di ilarità e di comicità non insistenti, ma a volte fuori luogo. La sua versione è di stampo tradizionale e propone il licantropo con look simil fiabesco (non per questo meno minaccioso). Trasformazioni corporee a vista mediante l'utilizzo di marchingegni animatronici opera di Bottin e Baker (collaboratore anche nella pellicola di Landis). Musiche di Pino Donaggio.
Da vedere.
Insieme al classico di Waggner e al contemporaneo film di Landis, uno dei migliori nel suo genere. Ben scritto e ottimamente diretto dal grande Joe Dante, un horror condito da un'ottima ironia e con una velata critica sociale. Splendidi, per l'epoca, gli effetti speciali ed eccellente cast. In particolare il sempre presente nei film del regista Dick Miller, bravissimo come sempre, l'inquietante Macnee, l'indimenticabile Slim Pickens in uno dei suoi ultimi film e Kevin McCarthy. Cult.
MEMORABILE: Nel pornoshop; la trasformazione dell'uomo in lupo; la trasformazione finale in diretta tv.
Straordinario gioiello del cinema horror che è tra i migliori, insieme al lupo londinese di Landis, tra quelli che affrontano il tema della licantropia. Merito dell’ottima regia di Dante, della riuscita sceneggiatura (a cui partecipa John Sayles) che mescola abilmente sensualità, grandguignol ed ironia e degli stratosferici effetti speciali di Rob Bottin che mostrano per la prima volta nella storia del cinema una trasformazione in lupo mannaro, anticipando di gran lunga il film landisiano.
Intelligente e simpatico horror licantropico che mescola il classico canovaccio dell'uomo lupo con stralci ironici su terapia, psichiatria e televisione. Niente di sconvolgente né di terrificante e anche l'ironia di Dante non è al suo meglio, ma il film funziona e gli effetti - seppur datati - funzionano; e sebbene perda qualitativamente il confronto diretto con Landis, lo batte sul tempo nella lotta tra trasformazioni "live".
Joe Dante regala allo spettatore un'ottima versione "moderna" del nostro caro licantropuccio, che non va mai fuori di moda. Dee Wallace è una interprete straordinaria e c'è anche il mito John Carradine. Ogni tanto dà anche qualche sobbalzo. Da notare una delle protagoniste contro un lupo mannaro, mentre il fidanzato si vede i tre porcellini in tv!
Buona rivisitazione moderna del mito del licantropo. Dante è un ottimo regista e seppur priva di alcun virtuosismo la regia è solida ed efficace. Attori nella media, sceneggiatura che si dilunga un po' troppo sulla parte iniziale ma che offre anche qualche spunto ben riuscito. Gli effetti speciali sono decisamente validi, specialmente per l'epoca (il film ha ormai 27 anni!) e ancor oggi fanno la loro figura. Non mancano spunti ironici, seppur contenuti e il finale è giustamente dissacrante. Buono.
Questo film è un diesel. Parte decisamente lento, carbura un po' e poi inizia ad accelerare, piazzando parecchi colpi vincenti (l'attacco nella baita con amputazione, lo sgozzamento, il ritorno del licantropo morto con trasformazione di tutto rispetto, il finale). Qui gli attori contano poco, anche se la protagonista se la cava comunque più che dignitosamente. E' la storia a decretare la riuscita della pellicola (i licantropi sono stati svecchiati grazie a modifiche comportamentali e capacità di controllo sulla trasformazione). Azzeccata anche l'ambientazione. Davvero notevole.
MEMORABILE: "I lupi mannari sono duri come gli scarafaggi. Se non gli spari con pallottole d'argento, o li bruci, tornano sempre in vita".
Discreto horror targato Joe Dante, che risente però in negativo della "concorrenza" del bel film (praticamente coetaneo) di John Landis. In questa pellicola si respira un'aria quasi da favola (sia per il bosco, sia per l'aspetto dei lupi mannari), ma la tensione si mantiene su livelli più che discreti. Ben girato e ben interpretato, non vanta però una storia particolarmente riuscita, motivo per il quale rimane leggermente al di sotto del buon film. All'epoca lo vidi al cinema e ne rimasi un filino deluso.
Dante con questo horror si dimostra un regista di qualità e confeziona un intrattenimento più che riuscito per cinefili incalliti. Di gran lunga il miglior film sul tema dei licantropi, brucia sul tempo e migliora il lavoro del suo "gemello" John Landis anche grazie ai trucchi strabilianti di Rob Bottin (coadiuvato dal "rivale" Rick Baker), ad un cast di ottimi caratteristi e ad una coinvolgente colonna sonora di Pino Donaggio. Impossibile non apprezzare le doti di questo cult-movie destinato negli anni ad accrescere la sua già enorme fama.
Quando lo vidi per la prima volta, mi sembrò il migliore film sui lupi mannari realizzato sino ad allora; oltretutto ironico, intelligente, colmo di cammei e citazioni. Col passare degli anni mi sono reso conto che era girato quasi "al risparmio", ma ciò nonostante la pellicola di Dante rimane tuttora per me - insieme a In compagnia dei lupi e a Wolf - la belva è fuori - uno dei miei werewolf-movie prediletti.
Piccolo classico del genere licantropico in versione moderna, insieme al quasi contemporaneo (ed altrettanto riuscito) film di John Landis. Il regista Dante è abile nel mantenere il film su buoni ritmi e l'interesse è tenuto desto anche grazie agli ottimi effetti speciali. Di buon livello la prova del cast.
Che sia questo capolavoro che tanti dicono non mi sembra proprio... Trama abbastanza confusa, alcuni momenti soporiferi nel classico stile dantiano, attori che non rimangono certo impressi... però ci sono anche delle trasformazioni molto buone (per l'epoca) ed una certa capacità provocatoria (l'abbinamento sessualità/licantropia) che stupisce, in un autore decisamente soft come Dante. Tutto sommato è da vedere per chi ama il genere...
MEMORABILE: La scena di sesso "bestiale" tra Christopher Stone e la licantropa; la trasformazione a vista di Robert Picardo.
"The Howling" rimane l'insuperato riferimento principe della filmografia licantropica di tutti i tempi (insieme al film di Landis, più orientato a toni da commedia), per le celebri metamorfosi che - dopo 30 anni - ancora stupiscono per il livello tecnico, ma anche e soprattutto per uno script solido ed articolato, che genera sottotesti non banali. Il resto ce lo mette la regia ispirata di Joe Dante, uno che di cinema mastica molto e bene e che qui riesce a creare situazioni di tensione e terrore difficilmente eguagliabili.
Il camaleontico Joe Dante confenziona un prodotto sui lupi mannari davvero accattivante, con ottimi sfx (trasformazioni live), bravi attori ed un final spiazzante. Se c'è una cosa che mi ha colpito è il tentativo (riuscito a metà) di aggiornare il tema di The Wicker Man, traslandolo sul campo dei licantropi.
Leggermente migliore rispetto all'operazione analoga di Landis, il film di Joe Dante parte lento per continuare in un crescendo di tensione e paura fino ai fantastici 20 minuti finali: assistiamo a una grande trasformazione in diretta di un lupo mannaro (migliore di quella di Landis) e a un vero e proprio assedio da parte di un'intera setta di questi mostri. La Wallace non è granchè, ma Macnee è bravo e straordinari sono i veterani Carradine e Pickens (alla sua ultima apparizione al cinema) in ruoli secondari.
Buon lavoro per Joe Dante, alle prese con uno dei miti per eccellenza dell'horror, il licantropo. La trama è piuttosto scarna e la prima parte soffre di un'eccessiva lentezza narrativa. Il buon Joe gioca tutte la cartucce nella seconda metà, a partire dalla straordinaria e stracultissima trasformazione, ancora oggi visivamente sorprendente. Il sangue non abbonda ma alcune scene d'impatto ci sono e il buon Joe riesce anche a infilare nel film un po' di sana ironia e qualche riflessione senza appesantire. Buono.
Dopo la prima mezz'ora de L'ululato ancora non si capisce perché quest'horror di J. Dante sia un cult di genere; basta, però, pazientare per veder dispiegarsi davanti ai propri occhi una vera magia. In effetti la trama lascia alquanto a desiderare; infatti, sebbene il film inizi nel bel mezzo dell'azione, sembra non equilibrarsi mai, lasciando tutto ad una lunghezza amorfa a tratti stancante, appesantita inoltre da un cast mediocre. Da annoverare resta l'incredibile, bellissima e terrificante trasformazione da uomo in licantropo mostrata senza stacchi.
Il buon Joe Dante mette in atto la civilizzazione dell'istinto in questo horror che sembra più un film fantastico: i boschi, le nebbioline, il senso di smarrimento che attanaglia i protagonisti (come fossero dei protagonisti di una fiaba), alle prese con una comunità piuttosto particolare. Gli strabilianti effetti speciali non sono per niente invecchiati e hanno reso il film un vero e proprio cult da non lasciarsi sfuggire.
Aggiornamento della tematica licantropa che, visto ancor oggi, colpisce per la sua modernità: sensazione che deriva non solo dagli straordinari trucchi di Bottin (che batteron sul filo di lana quelli di Baker per il film di Landis), ma in generale da una gran speditezza nel ritmo. Dante (con l'aiuto allo script di Sayles) ci mette il suo tocco, prendendo la giusta distanza ironica dalla materia e insistendo sul binomio sessualità repressa-istinto animale in maniera affatto pedante. Wallace tutt'occhioni, bravo il veterano Macnee, la Brooks si fa ricordare!
MEMORABILE: La scena nel peep show e la palpitante paura di Karen White; l'accoppiamento "licantropo" tra Chris e Marsha.
Dante svecchia il mito del lupo mannaro, ma il film è di molto inferiore al capolavoro coevo landisiano e sinceramente gli preferisco Piranha (più dantiano tout court). Il magico Dante si destreggia tra porno shop, cinema a luci rosse, cliniche licantropiche, citazioni cinefile, I tre porcellini in tv, trasformazioni a vista (immenso Rob Bottin, che crea i migliori lupi antropomorfi) e mutazioni (più canine che mannare) in diretta tv. L'ironia pungente che pervade il film si stempera nel furioso finale tra fiamme, fucilate e bistecche al sangue. Ferino.
MEMORABILE: Belinda Balaski alle prese con la trasformazione di Eddie, mentre in tv passano i Tre porcellini; La trasformazione di tutta la comune; Il fienile.
Filmetto horror che "inganna": quando la protagonista arriverà in una comunità di recupero e faremo conoscenza di tutti i personaggi che ci abitano, crederemo di essere di fronte ad un giallo in cui l'indentità dell'uomo lupo si nasconde dietro uno dei personaggi. Non sarà proprio cosi! Gli effetti speciali erano il top per il periodo, ora fanno sorridere agli occhi più smaliziati, ma rimangono impressionanti gli espedienti usati nell'era pre-computer grafica. Ricco di splatter, contiene alcuni momenti ridicoli, ma nel complesso rimane accettabile.
MEMORABILE: Durante la trasformazione completa in uomo lupo, la vittima, aspetta prima che sia terminata, poi gli scaglia dell'acido addosso.
La licantropia vista da Dante appare come una sorta di liberazione dalle repressioni croniche della società post-moderna. Ecco dunque che con velata ironia si profila lo scontro tra la subcultura massmediale (regno entro cui opera la protagonista), manifesto dell’irrispettoso sensazionalismo contemporaneo, e una natura selvaggia, la cui crudeltà non è però mai fine a sé stessa. Effetti speciali artigianali di buon livello consentono allo spettatore di ammirare la prima trasformazione uomo-lupo in tempo reale (ex-aequo con il film di Landis).
Inizia come un classico thriller per poi raggiungere progressivamente i territori dell'horror licantropico. La storia regge abbastanza, le ambientazioni funzionano, la Wallace è una protagonista convincente e Pino Donaggio firma una discreta colonna sonora. Singolare, visto il tipo di pellicola, la pungente critica rivolta al cinismo degli organi di informazione. Per chi ama il genere è sicuramente un bel film, per chi non lo ama (come il sottoscritto) è comunque guardabile.
Splendida rivisitazione del mito del mannaro, diretto magnificamente da un Joe Dante in forma smagliante. Eccezionale il contributo di Rob Bottin, che compie un lavoro straordinario sia al trucco che alla trasformazione in licantropo. Porta con sé diverse chiavi di lettura e qualche piccola citazione che lo arricchiscono nei contenuti dandogli maggiore forza. In definitiva un piccolo capolavoro come se ne vedono pochi, in giro.
Superbo horror gotico di Dante che rivisita la fiaba del lupo mannaro in ambientazione moderna. Perfetta e colma di tensione la trama, che si snoda sino alla fine cali. Ottimi anche gli SFX e le ambientazioni. Una pietra miliare del genere horror ottantianto. Seguito da diversi sequel di scarsa fattura. Colma di carica erotica la "lupa-sacerdotessa" Elisabeth Brooks.
Gioiellino del cinema horror, ancora oggi di buon impatto per la storia non banale (la congrega dei lupi mannari) e per gli effetti speciali (le trasformazioni). La scelta di accantonare del tutto l'ironia (cosa che non succede nel film di Landis) dona maggiore impatto al film. Nel cast da segnalare la Wallace e la presenza di Carradine.
Il miglior film sui licantropi assieme a Un lupo mannaro americano a Londra di Landis. Dalle comunità perse tra i boschi alle sporche strade delle metropoli i lupi mannari sono tra noi. Pellicola dall'atmosfera tra il selvaggio e il fiabesco con ottimi attori, splatter e straordinari effetti speciali di Rob Bottin come la trasformazione in diretta. Cult.
MEMORABILE: L'aspetto dei licantropi, simile ai lupi cattivi delle favole.
Il film definitivo sui licantropi insieme al coevo classico di Landis e il miglior horror di Joe Dante, allievo di Corman. Interessante l'idea dei lupi mannari che vivono in una clinica tra i boschi, come una congrega ululante. Finale con un doppio sberleffo. Efficace il trucco del giovane Rob Bottin mentre Elisabeth Brooks è una sexy mannara che non si dimentica.
Tante citazioni e attori che hanno interpretato classici del genere (tra cui un cameo di Roger Corman) in questo riuscito film di licantropi. E' ambientato in una baia suggestiva che crea una buona atmosfera. Fanno il loro effetto anche i disegni di quello che all'inizio si pensa sia un maniaco. Trama interessante che lentamente svela gli arcani, con un finale tragico e divertente al contempo. Gli effetti speciali, come spesso acccade negli anni Ottanta, sono ben fatti.
Dante affronta in contemporanea con Landis uno dei miti horror più longevi della storia. Lo script di Sayles fonde satira sociale (la comunità licantropa, il rapporto con i mass-media) e antichi terrori infantili (i tre porcellini, la protagonista sola nel bosco) raggiungendo un interessante punto d’incontro tra Quinto potere e Cappuccetto rosso dagli evidenti risvolti sessuali. Buoni gli effetti speciali, i quali pur restando un gradino sotto quelli del Lupo mannaro americano a Londra, offrono la prima trasformazione da uomo a lupo in presa diretta.
MEMORABILE: L’incontro iniziale nel pipe-show; L’accoppiamento con la selvatica e sensuale Marsha; L’assalto del lupo mentre in TV trasmettono I tre porcellini.
Fattura e storia da B-movie, ma regia e narrazione di livello superlativo: uno schema tipico del cinema di genere americano degli anni '80, sulla scia di Carpenter. Si soprassiede quindi sulla trama abbastanza elementare e sugli effetti che ormai appaiono datati, mentre si lascia briglia sciolta al divertimento e alla passione per un sano cinema horror puro. Efficaci le scene lupesche, tra sesso bestiale e nebbia nella foresta, così come l'ambientazione metropolitana underground che fa da contraltare al bosco millenario.
Una giornalista, dopo aver subito un aggressione da parte di un misterioso individuo, su consiglio del suo psicologo decide di andare in villeggiatura in un piccolo paesino che in seguito si scoprirà nascondere un infernale segreto. Grande cult anni 80 che condivide col film di Landis lo scettro di miglior storia sui lupi mannari. La trama, lenta a ingranare, cresce progressivamente fino a auno splendido ma amaro finale. Pezzo forte sono gli effetti speciali: la trasformazione in lupo mannaro è spettacolare. Notevole!
Punto di enorme svolta, assieme al capolavoro di Landis (stesso anno), del genere "lupi mannari". La grossa innovazione di entrambi è mostrare un trasformazione integrale dettagliata con SFX per l'epoca riuscitissimi. Oltretutto entrambi i lavori sono a oggi insuperati nel campo. Sicuramente Landis è un po' più in alto, ma anche quest'opera di Dante è eccellente sotto molti aspetti: la sceneggiatura azzeccata con svolta "settaria", l'ambientazione boschiva patinata e suggestiva e un finale tragironico. Imprescindibile.
MEMORABILE: La trasformazione e lo stadio finale simile alle raffigurazioni del folclore sui licantropi; Le varie citazioni alla tv.
La prima parte sfiora il capolavoro, con le sue reminiscenze urbane e metropolitane, l’assalto notturno al negozio di dischi, le visioni schizofreniche della protagonista (una fragile paladina nelle mani della giustizia). Si perde un po’ nella seconda parte, in cui si sfiora il fantasy celtico. Preziosa la fotografia cromatica di John Hora, bellissima Dee Wallace. Da vedere.
Un horror licantropico diventato quasi un classico, di buona tenuta narrativa che mette in campo situazioni "possibili" (la giornalista temeraria alla ricerca dello scoop) via via scalzate dal montare del fantastico e dell'imprevedibile. Una buona regia con un occhio di riguardo al lato ironico dei vari colpi di scena, l'aspetto favolistico delle location e al sorprendente make up che ancora oggi è abbastanza impressionante. Al di là di qualche inevitabile ingenuità, si apprezza per la sua irriverenza e per la frecciatina alla psicodipendenza da network. Nessun sussulto ma diverte.
Sconvolta da un evento traumatico di cui non ricorda nulla, una giornalista tv trascorre un periodo di riposo in una comunità in mezzo ai boschi gestita da un noto psicologo... Anche se non bello come il contemporaneo film di Landis con cui condivide le innovative trasformazioni a vista, il film di Dante è importante per aver mostrato il possibile "lato sociale" del lupo mannaro, fino ad allora presentato come un essere derelitto condannato alla solitudine. Qualche incertezza nella prima parte riscattata dalla seconda più grintosa e culminante in un bel finale ironicamente cattivo.
Quanto a statuto, non ha superato il fandom horror, a differenza del film di Landis che gode di un maggior riconoscimento, malgrado Dante l’abbia caricato di istanze politiche persino più esplicite (contro i media, le lobby, la repressione culturale). In effetti, a fronte di qualche momento di grande suggestione, il film è fragile, narrativamente scompaginato, senza un vero protagonista, procede disordinato per arrivare a dimostrare la sua tesi - il finale, comunque, merita. Il cast è esangue e gli spfx, troppo ostentati e artificiosi, cancellano completamente il corpo dell’attore.
Bel film di Dante il cui merito principale, pur svelando da subito quale sia la villosa materia, è quello comunque di alimentare e arricchire il mistero fino all’ “infuocato” finale, disseminando il percorso di deviazioni socio-politiche e sfruttando un lavoro encomiabile di Rob Bottin che trova la propria sublimazione nell’ultima mezz’ora. Da segnare sul taccuino il peep show, le generosità della Brooks e lo show ambulatoriale di Eddie Quist, il vero fulcro della storia. All’opposto c’è la Wallace: alla sua estraneità latente si deve un punto esclamativo in meno. Adeguato.
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L'immagine del film porno a cui assiste Karen nel cinema a luci rosse (la ragazza con babaglio nero che si dimena sul letto), per seguire Eddy, non è tratta da un film XXX qualsiasi ma girata dallo stesso Dante nel garage di casa sua.
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (30 ottobre 1987, come da ricerche di Zender) di L'ululato:
L'attrice hard Annette Haven fu opzionata per il ruolo della licantropessa sexy Marsha (poi andato a Elisabeth Brooks)
La pornostar (allora in voga) rifiutò categoricamente la parte perché contraria a qualsiasi tipo di violenza al cinema e per una avversione personale al genere horror.
Fonte: Incubi americani
HomevideoRocchiola • 1/09/19 09:29 Call center Davinotti - 1238 interventi
Il bluray marchiato Pulp Video è un ottimo prodotto. A differenza dell'altro titolo dantesco Piranha, il marchio ha fatto questa volta un buonissimo lavoro utilizzando il master del BD Studio Canal risalente al 2010. L'immagine proposta nel corretto formato 1.85 è decisamente superiore alle precedenti edizioni in DVD per definizione e pulizia. L'audio italiano è proposto in versione 5.1 e 2.0. Normalmente per film ormai non più recenti preferisco il 2.0, ma in questo caso devo dire che il dts 5.1 fa il suo dovere risultando mediamente potente ed un po' più chiaro del 2.0.
CuriositàZender • 1/08/21 18:55 Capo scrivano - 47729 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film: