Tra il noir e i poliziotteschi che imperversavano nell'Italia di ieri si affaccia anche il cantante Franco Califano, che fortunatamente non interrompe il film cantando ma si limita (musicalmente) a comporre la scialba colonna sonora (diretta da Willy Brezza). Come attore sfoggia una simpatica genuinità che gli fa interpretare il ruolo (quello del padrone di un ristorante che si rifiuta di spacciare lì la droga del boss Martin Balsam) con una naturalezza insolita. La parte del “pesce piccolo” ma con gli attributi gli riesce bene, e seguito dai suoi tre “scagnozzi” (tra i quali riconosciamo Franco Diogene e Roberto Della Casa) riesce sempre a salvarsi dagli “avvertimenti”...Leggi tutto del boss. Gardenia (così chiamato perché porta nel taschino della giacca il fiore bianco) non è certo uno stinco di santo. Anzi, non si esime dal vendicarsi anche sadicamente contro il suo avversario, ma ha un suo codice morale e lo segue fino in fondo. Con un sorriso sardonico che inganna, l'occhio furbo, la parlata veloce e un’eterna rassegnazione apparente dipinta sul volto, Califano è sorprendentemente convincente (pur se si capisce come non sia un attore di professione, anche dalla dizione) e la sceneggiatura di Augusto Caminito (coautore pure del soggetto) gli rende in qualche modo giustizia. Solo discreta la regia dell’ex specialista in peplum e proto-musicarelli Domenico Paolella per un noir all'acqua di rose comunque non disprezzabile. Poca azione, poco sangue, ma d'altra parte un film così non la richiede nemmeno. E’ semplicemente un simpatico ritratto di guappo mancato, con molti luoghi comuni ma un approccio fondamentalmente “soft” e diverso dagli altri film simili.
Gardenia è un personaggio vero, tranquillo e genuino; aiuta tutti ma guai a fare del male a lui o ai suoi cari. Questo è il personaggio interpretato benissimo da Franco Califano, imperdibile nei suoi monologhi. Il film funziona abbastanza bene ed è indubbiamente gradevole, anche se il cast di contorno è più da commedia che da noir. Il cast femminile è davvero notevole (Lory del Santo, Licinia Lentini, Lorraine de Selle, Eleonora Vallone ecc.), purtroppo però non mette in esibizione praticamente nulla.
Gradevole unione tra noir, commedia e azione, con protagonista un Califano attivo, brillante e donnaiolo che dispensa perle di saggezza borgatara e tira persino frecciate a se stesso quando suona un suo disco, senza peraltro evitare - soprattutto nell'epilogo - di farsi avvolgere nelle ombre della disillusione. Il folto cast annovera volti hollywoodiani (Balsam e Webber: il secondo nei panni di un boss dai caratteri più sfumati del primo), caratteristi nostrani (Diogene, Della Casa, Rispoli, Jovine, Venantini, Cerulli) e numerose starlets (Lentini, Vallone, Baxa, Del Santo, De Selle, Chimenti)
MEMORABILE: Gardenia che parla con il gatto; il corridoio blindato; la bomba sulle tagliatelle.
Divertente psuedo noir che ha il dono dell'ironia, perché Gardenia più che essere un "giustiziere della mala" (sottotitolo evidentemente posticcio) è più un moderno Brancaleone con la sua corte dei miracoli... infatti tutto gli va storto, dagli affari all'amore. Califano ha il buon gusto di non prendersi sul serio e di scherzare sulla sua figura. Qualche spunto da Il padrino c'è. Ottimo il parco dei caratteristi, con tante future starlette del genere. La soundtrack, pur accreditata al Califfo, a mio parere non è opera sua...
MEMORABILE: Gardenia che spegne la radio sentendo il Califfo che canta "Tac": "ammazza che palle quando questo attacca!"
Quasi contemporaneo a Luca il Contrabbandiere, con trama stranamente simile. La messinscena è ben più leggera rispetto a quanto proposto dallo scatenato Fulci e Califano gioca all'eroe di turno allentando la componente seriosa con qualche monologo e con alcune tipiche uscite "coatte". Nel cast, persino un ruolo di minimo rilievo - l'unico, forse - per Franco Diogene, che i più ricorderanno come immancabile cammeo nella commedia firmata Castellano & Pipolo. Puro intrattenimento senza pretese.
Più che poliziesco, una commedia poliziesca. Troppo buonista, troppo "romano". Il califfo non è male come attore, ma alcune trovate stupide come la doppia porta-trappola potevano essere evitate. Tutto sommato piace, anche se è molto, molto debole rispetto agli altri polizieschi italiani. Ottimo cast.
MEMORABILE: Il califfo che nella mondezza trova casualmente una rivista.
Una commedia con latenti venature di noir, in cui il Califfo dispensa battute e aforismi con malcelata presunzione. La narrazione è abbastanza labile e le ambientazioni poco curate. Il protagonista si strugge d'amore in maniera poco credibile. Cast discreto ma carente il risultato.
Nonostante le forzature da lacrimatoio come il mendicante, il cane randagio alla fine e in generale una Roma povera e popolare che non c'è più, il film ne esce a testa alta con una dignitosa morale di fondo. Califano (senza l'aiuto del doppiaggio) fa sua la scena rendendo credibile e umano il suo Gardenia, facendo passare in secondo piano la propria evidente inespressività. Interessante notare Diogene e Della Casa in vistosi ruoli molto diversi dal loro solito. Domandina finale: è possibile che non si veda mai un poliziotto in un gangster-movie?
Dopo il discreto La polizia è sconfitta Paolella dirige con mano anonima e svogliata questa commedia-gangster tutta costruita sulle spalle del Califfo, che per la gioia dei suoi fan non è doppiato e si produce in monologhi che ricalcano tutti i luoghi comuni del suo personaggio ("facciamo l'amore?" "nooo, ora so' stanco, devo riposare!"). Stonano (e manco divertono) le spalle comiche affidate al protagonista, e il livello trash dei dialoghi è (strano a dirsi) fin troppo contenuto rispetto alle analoghe commedie poliziesche con Tomas Milian.
MEMORABILE: La partita a biliardo con Balsam: "Se vinci ti prendi tutto" -"Mecojoni!"
Debole (*½), non solo per le note vicende, all'epoca, del protagonista. È un ibrido poco riuscito, che non riesce ad essere né un film adatto a tutti, né un film per chi ama i generi. Piacerà ai fan di Califano, qui dipinto come un eroe e uno sciupafemmine. Il ritmo è lento, la recitazione lascia spesso il tempo che trova. Ma che emozione vedere entrare nel film Webber e Balsam (peraltro in un ruolo di boss mezzo tonto) col secondo seduto alla sinistra del primo, come quando erano, per Lumet, il giurato numero dodici e il giurato numero uno...
Filmettino costruito attorno al personaggio del Califfo sciupafemmine che, nel momento del suo massimo splendore artistico e fisico interpreta un malavitoso all'acqua di rose, seppur spietato quando serve. La competizione, nella trama e nell'interpretazione, è nientemeno che con Martin Balsam e Robert Webber ma, se nella trama non gli va poi così male, nell'interpretazione non c'è partita... Nel panorama femminile spicca la bella Maria Baxa.
Opus peculiare, che accarezza il noir non disdegnando la gradevolezza di toni da commedia, demandati alle performance del nostro Califano, qui alle prese con gatti, cuochi ma soprattutto malavitosi. La cerchia di persone che gli sta intorno è il vero piatto forte di questa pietanza paolelliana, con un trio Diogene-Della Casa-Rispoli in grande spolvero (soprattutto l'ultimo dei tre, nelle veci di un avvocato sui generis). Botte, sangue, risate e soliloqui per un lavoro altalenante e scostante, adatto solamente ad aficionados.
MEMORABILE: "Il trio delle meraviglie" che chiede a Gardenia di spartire il bottino.
Una commedia simpatica che alterna gag comiche a scene abbastanza crude, non mostrate negli effetti splatter. Califano interpreta con spontaneità e personalità e non sfigura interpretando un personaggio che ogni tanto snocciola filosofia cinese e parla con gli animali (i quali, opportunamente, non gli rispondono). Certo la trama è quel che è, ma tutto sommato si arriva in fondo senza difficoltà.
Dal titolo e il nome del protagonista non sapevo se aspettarmi un poliziesco all'italiana o un musicarello. E' invece un sorprendente noir dai toni leggeri, pur smorzati da tocchi di humor nero e inaspettati momenti di serietà (questi ultimi talvolta un pochettino stucchevoli). A tratti sembra quasi si voglia fare il verso al Milian "monnezzaro" o ai personaggi alla Spencer e Hill. Califano se la cava, non era certo un grande attore ma in questo caso, con un personaggio evidentemente tagliato su misura, fa una buona figura. Non male.
Gradevole ibrido tra noir e commedia nera che alterna gag decisamente divertenti a momenti di vero gangster-noir davvero da brividi. Insomma, seppur con qualche limite è un film riuscito. Una bella sopresa viene dall'interpretazione del qui esordiente (in campo cinematografico) Franco Califano: un'interpretazione asciutta, molto spontanea e genuina nonchè funzionale al suo personaggio; un personaggio buono ma molto vendicativo e capace di tutto per esserlo. Presenza "importante" di Balsam e tanti caratteristi e starlette dell'epoca.
Gardenia è un godibilissimo noir trasteverino, assai afficace nella ricostruzione d'ambiente (suggestive le riprese nei vicoli e perfetta la scelta delle facce che contornano il califfo) e avvincente nell'azione. Gardenia è un piccolo boss malinconico, scorbutico (ma con un core così) e naturalmente amatissimo dalle donne che il super fetente Martin Balsam (grande!) tenta di coinvolgere in un traffico di droga (si figuriamoci...). Il califfo lo farà piagne. Consigliato.
Caricatura del mafia-movie? Poliziottesco buttato in burletta? Casuale deriva trash del flic-movie d’oltralpe? Tutto il resto è mafia? Non è dato sapere né facile definire. Certo è che la quasi totalità di dialoghi e situazioni richiedono faccia tosta a chi li mostra e santa pazienza a chi se li spizza, che Califano sempre in bilico tra l’esserci e il farci pare avere in tasca il santino di Celentano ogni due pose, che la presenza di Della Casa (che passerà infatti a fianco della belva umana) non lascia dubbi sull’incerta serietà del film, che la gonfia vena di una polizia sconfitta è qui cava.
Una commedia, in fondo, con un'impalcatura da gangster-movie all'italiana (o "alla vaccinara"), dove Califano è protagonista compassato e sornione, simile a un gatto che un po' osa e un po' si lecca le ferite. Il film non è orribile; povero ma con qualche ombra di dignità va comunque preso con le pinze. Ha una sua atmosfera borgatara "maledetta" che può interessare, insieme a qualche cinica e/o malinconica battuta del Califfo.
Non del tutto cestinabile ibrido di commedia e noir, il film si regge sul Califfo nazionale, capace di una discreta e tutto sommato simpatica performance recitativa senza aiuto di doppiaggi. Un po' di facce da culto (Venantini, Balsam, Webber!), un indisponente Diogene, uno stranissimo Della Casa spagnolizzato, qualche efficace cameo (Bazzocchi e l'inquietante pertica Basso Bondini), alcuni spunti frizzanti vanificati da parentesi abbastanza terrificanti. Divertissement.
Più che giustiziere, il ristoratore Gardenia è una specie di antieroe del milieu romano (e romanesco), circondato da aiutanti bislacchi ma fedeli. Lo scontro con i criminali "veri" (e veramente "cattivi") si risolve in una sequenza mal congegnata di scene tra commedia e farsa e momenti drammatici. Il tutto ammazzato dallo scarso ritmo e dalla recitazione approssimativa del protagonista Califano. Mezzo punto all'originalità del tentativo, che avrebbe richiesto ben altri mezzi e talenti in campo per riuscire.
E' un vero peccato che Franco Califano abbia interpretato ufficialmente solo due film (oltre a questo, Due strani papà): come attore non era affatto male, aveva una grande personalità nell'interpretare i personaggi. Qui ci troviamo di fronte a un film d'azione condito da un'ironia tipicamente romana. Il regista Domenico Paolella lo dirige al meglio; bravi anche Martin Balsam e Robert Webber. Nel cast feminile troviamo diversi nomi molto interessanti. Bellissime le musiche malinconiche composte dallo stesso Califano. Cult!
MEMORABILE: Il monologo di Califano sull'arredamento della casa; Califano prepara una bistecca in cucina nel suo ristorante; La canzone "Tac"... che palle questo!
Frullato tra il poliziottesco e la commedia, rimedia un risultato assolutamente accettabile grazie all'adeguatezza dei partecipanti che, pur non straordinari, conferiscono il giusto supporto a una storia abbastanza banale e diretta in modo non troppo convinto. Evidentemente curiosa la figura del protagonista, interpretata in modo simpatico e disinvolto da Califano; un dandy antieroe con qualche punto fermo (la cucina, le donne), alla fine non così cattivo e forse soltanto troppo solo e malinconico per avere un vero e proprio unico amore.
MEMORABILE: La rapina in banca con i banditi "sostituiti"; Il malinconico finale.
Inutile dire che si tratta di un autentico cult movie. Non tanto per la sceneggiatura in sé quanto per la fitta nebbia malinconica che pervade l'intero film. Califano fa Califano (così come in Due strani papà) personaggio al confino, in bilico tra legalità e sbando, che fuma toscani e parla col gatto. Ottime le star di contorno, caratteristi o meno (il grande Martin Balsam) per un film avvolto dall'autunno romano, dallo scorrere del tempo, dai tempi comici sconnessi.
MEMORABILE: Califano che ascolta sé stesso su disco.
Curioso film diretto dal veterano Paolella che punta tutto sul carisma del Califfo, che attraversa la pellicola impassibile. Nei suoi limiti il film funziona per un tono malinconico che sembra anticipare la fine del genere e di un'epoca e per i dialoghi cult pieni di perle di saggezza "coatte". Cast eterogeneo che mischia star di Hollywood, caratteristi nei ruoli di improbabili malavitosi (Diogene doppiato in romanesco, Della Casa e Rispoli perché?) e starlet in fiore. Povero ma con una dignità di fondo e con un finale poetico a sottolineare la natura del protagonista.
MEMORABILE: I monologhi col gatto; Gardenia con le braccia rotte che sgomina i nemici; Diogene romanesco e Rispoli avvocato poco sveglio.
Califano sulle ali del successo dà una più che sufficiente prova di attore in questo noir/criminal movie nel quale interpreta la parte di un ristoratore non proprio tranquillo che rifiuta di mettersi a spacciare per un anziano boss. Finirà per sgominare i cattivi. Grande savoir-faire, fascino, charme e sorrisi da parte del cantante romano, sempre impeccabile e col fiore all'occhiello.
Il Califfo è un gangster vecchio stampo che non vuole entrare nel traffico di droga, a metà fra Mario Merola e Nico Giraldi. Ma se il protagonista può dire la sua come cantante, come attore lascia piuttosto a desiderare e il suo personaggio sopra le righe non buca lo schermo. Va meglio con le seconde linee, fra cui si registrano le buone prove degli americani Balsam e Webber e del nostro Diogene. Storia non particolarmente originale e ritmo lentissimo non aiutano la baracca, mentre si sente l'assenza di una ost adeguata nei troppi momenti morti. Solo per appassionati del genere.
MEMORABILE: "Se ti inchini e t'accorgi che hai quattro palle, è troppo tardi".
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Fedemelis ebbe a dire: L'attrice che interpreta la ragazza interrogata a forza di schiaffi da Gardenia (Califano) è o non è Stefania Sandrelli?
Però mi sembra strano che non sia accreditata, vista la noterietà dell'attrice in quei anni. Nel film interpreta una parte molto piccola, ma viene viene citata Lory Del Santo in un ruolo simile al suo.
A guardarla bene non è che ci somigli molto, anzi. Men che meno a Lory Del Santo, su questo non ci piove.
CuriositàZender • 25/03/15 15:47 Capo scrivano - 47787 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film. Si noti come si precisi che il "per tutti" è stata quasi una concessione della commissione censura; non ci si sbagli, la violenza c'è tutta!