Reduce dal fenomenale LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO, Pupi Avati decide di mettere alla berlina il genere che invece tanta fama gli darà tra gli appassionati. Così, sulla scia dei “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie, propone di quel classico una versione parodistica ambientandola in un castello così come l'anno prima aveva fatto Robert Moore con il suo INVITO A CENA CON DELITTO, film a cui Avati guarda con decisione. Aggiungendovi però quel tocco magico che mirabilmente gli si riconosce quando gira in Emilia, la sua terra. I paesaggi, le...Leggi tutto scenografie, i colori... Tutto concorre a ricreare quell'aura magica e sospesa che aveva pervaso LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO rendendolo unico. Il desiderio è quello di avvicinare la parodia raffinata alla PER FAVORE NON MORDERMI SUL COLLO; purtroppo manca ad Avati (come del resto mancava a Polanski) la confidenza con i tempi comici, per cui ne è uscita una farsa troppo lenta, spesso indecisa tra il serio e il faceto, con gag a volte geniali ma più frequentemente squallide. Carlo Delle Piane incarna la parte meno ridanciana mentre Gianni Cavina, nel ruolo dell'investigatore scemo, pare spesso improvvisare con risultati penosi. Dispiace vedere scene tanto stilisticamente studiate, a volte incredibilmente spettacolari nella scelta delle inquadrature e delle location, sacrificate per una storia tanto tediosa. La figura dell'assassino (con vestito e guanti neri naturalmente) si muove in un ambiente visivamente eccitante, ma si spreca in idiozie senza costrutto. Come parodia è fallimentare. Il team (compreso Maurizio Costanzo tra gli sceneggiatori) è lo stesso della CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO, ma il senso dell'umorismo latita.
Divertente sceneggiare, ma assai meno vedere questa storia, con mille fonti (resa maccheronica da Ten little niggers, Una giornata spesa bene di Trintignant...) e mille citazioni (Arsenico e vecchi merletti: Delle Piane apre il frigorifero, vede la salma, lo richiude, fa passare qualche secondo e lo riapre; da Laurel e Hardy: a Cavina prende fuoco un dito). Ma la storia, condotta sul grottesco in continuazione, non riesce ad avvincere più di tanto. Delle Piane è eccezionale, la Marciano fascinosa.
Pupi Avati decide di prendere in giro il genere con il quale ha sfornato il suo capolavoro La casa dalle finestre che ridono; così l'anno dopo realizza questo film grottesco, girato sempre in un'Emilia solare, che cerca di ridicolizzare i canoni dell'horror. Il risultato, a mio parere, è buono anche se non tutte le battute sono riuscite: la mano di Avati è più che riconoscibile e sono moltissimi i momenti convincenti e poi, anche se buttata sul ridere, la trama gialla è discretamente avvincente.
Su esempio di Mel Brooks, una spassosa parodia dei thriller e degli horror, di cui vengono ripresi ed esagerati i classici tòpoi: dall’assassino nerovestito alle maledizioni, dai complotti agli inquietanti cigolii; Avati calca la mano su questi stilemi e ha la bella trovata di ridicolizzarli, con risultati di tutto rispetto. Esilaranti le innumerevoli gag, interpretate da un ottimo cast, comprendente Delle Piane, Cavina e uno stuolo di illustri nomi del teatro bolognese.
Pupi Avati sbaglia sùbito dopo il suo capolavoro, mettendosi dietro alla cinepresa di una storiellina quasi senza capo né coda. Gianni Cavina non fa ridere nemmeno un po', anzi tende a innervosire, la sceneggiatura è un "pout pourri" di citazionismo e trovate demenziali più vicine al "penoso" che al "simpatico". Una rivisitazione in chiave ironica di Dieci Piccoli Indiani, che però fallisce sotto tutti i punti di vista. Discreto Delle Piane, ma non valorizzato a dovere. Personaggi caratterizzati al limite dello scandalo.
È un regista insolito questo Pupi Avati, che sigla un film fortemente "polemico", sfacciatamente iconoclasta, mordacemente insolito. Difficilmente può essere ricondotto ad un genere, per via dei molteplici registri (comico/drammatico/grottesco) assunti dallo sviluppo di una sceneggiatura (cui hanno contribuito Maurizio Costanzo e Gianni Cavina) geniale e ottimamente resa sul piano interpretativo dal talento di attori versatili ed efficaci (Delle Piane e lo stesso Cavina). Spaventosamente divertente e mai prevedibile: l'incognita regna sovrana.
Dieci piccoli padani, si potrebbe sottotitolare: Avati e il cast di fedelissimi si divertono vistosamente, il pubblico solo a tratti. Il meccanismo finisce infatti per stritolare lo sviluppo narrativo, e alla fine resta una collezione di gag non tutte a segno. Però curioso e atipico, in un panorama già solcato da nubi di normalizzazione televisiva. Apprezzabile lo sforzo.
Si rimesta un po' di Agatha Christie (Dieci piccoli indiani), un po' di italgotico, un po' di "telefoni bianchi". La sensazione è quella di un divertissement portato avanti quasi a braccio (la sequenza dello scambio di complimenti tra Cavina e Delle Piane, a suon di pacche sulle spalle e spinte sempre più vigorose, è talmente lunga da sembrare che il regista li abbia fatti continuare per saggiarne la resistenza). Il rappresentante di libri di Delle Piane, l'investigatore di Cavina e l'Americano di Mirabella si contendono il primato dell'idiozia.
Gustoso thriller grottesco stile Dieci piccoli indiani della Christie. I vari delitti sono molto originali e bizzarri (il candelotto di dinamite in bocca: richiamo sessuale?). Cast di fedelissimi avatiani (ci sono anche Bob Tonelli e Cavina), ottime musiche, sorprese a non finire. Gustoso.
Avati reimpasta il suo solito cast (includendovi Delle Piane) e lo immerge di nuovo nei luoghi a lui cari, visti però dalla prospettiva dei castelli padani. Non vuole suscitare ilarità a tutti i costi (se così fosse, non ci riesce) ma, come sempre, lavora silenziosamente nella mente di quegli spettatori che sanno gustarsi, senza troppo pensare, il grottesco e il parodistico di stampo avatiano. È forse necessario aver visto i suoi lavori precedenti per assaporarne appieno le atmosfere.
Mordace pellicola del maestro Pupi Avati. Il regista autoironizza sul suo stesso cinema e sugli stilemi abusati del genere horror. Con un inizio che lascia presagire l'horror, pian piano il film si snoda su livelli di comicità a volte geniale, a volte grottesca. Gli attori-feticcio ci sono un po' tutti (Gianni Cavina e Bob Tonelli tanto per fare un esempio), ma qui lasciano la veste seria de La casa dalle finestre che ridono per vestire i panni della parodia a buon mercato. Mirabile Michele Mirabella dei primordi nel ruolo del cowboy incallito.
Dopo il cult horror padano, Avati resta in ambienti misteriosi ma decide di guardare il tutto con la lente dell'ironia. Questo film spiazza e diverte ripercorrendo i temi e le situazioni del giallo classico, mescolandole però con le figure grottesche e surreali spesso presenti nel cinema avatiano. Il cast pullula dei soliti noti, che il regista si diverte a mescolare in stuazioni sempre diverse. Finale un po' affrettato.
MEMORABILE: L'apparato anti-masturbatorio del cugino ritardato.
Avati sfrutta il pretesto di una trama gotica sulla falsariga del suo successo dell'anno precedente (La casa) per mettere in parodia molti dei cliché del genere, contando su una galleria di personaggi grotteschi e magistralemente interpretati dalla sua solita "cricca" cui si aggiunge un Carlo Delle Piane ispirato e divertente. Non un capolavoro ma certamente sottovalutato, forse per la difficolatà di ascriverlo ad un genere preciso, è un film che rende merito alla poliedricità dal maestro.
MEMORABILE: L'assassino pugnala un uomo ma questi non se ne accorge subito. "E questa cos'è?", chiede. Risposta (in emiliano stretto): "L'è una bella coltelata!"
Giallo-rosa dai meccanismi e dalle situazioni tipiche del genere, che non riesce però a divertire ed interessare, in modo particolare a causa dell'incapacità di mescolare in maniera riuscita i due generi. A trovarlo interessante saranno probabilmente solo gli avatiani che troveranno qui tanti attori (che fanno la loro figura) feticcio del regista e delle sue opere. Modellato non poco su "Dieci piccoli indiani".
Colossale boiata di Pupi Avati, che ricicla buona parte delle atmosfere e degli attori de La casa dalle finestre che ridono in un tentativo troppo bizzarro e sopra le righe per funzionare di parodia del giallo all'italiana. La fotografia nebbiosa e irreale sembra presa pari pari dal già citato La casa dalle finestre che ridono, così come il sottofondo malsano ad inizio film (c'è un che di perverso in come Pizzirani obbliga l'anziana serva a mangiare le albicocche).
MEMORABILE: Botta e risposta tra assassino ed editore pugnalato: "E questa cos'è?" "Una bella coltellata!"
Indigeribile stupidaggine girata da Avati dopo il sommo La casa dalle finestre che ridono. Se da un lato ci sono le classiche atmosfere dell'Avati in "nero" (lo scantinato che rimanda a Zeder, la filastrocca, l'inquietante e grottesca serva nana, il "morto" che si alza dal letto) dall'altro c'è una demenza inutile e insistita che non fa mai ridere (il cow boy con terribile accento barese di Mirabella, la macchina antimasturbazione, la nana nel frigorifero, un "fantozziano" Gianni Cavina). Una baracconata da avanspettacolo, molto poco divertente.
MEMORABILE: La sequenza della roulette russa; il phon spara proiettili (da chiodi!); Francesca Marciano, bellissima.
Pupi Avati non è Mel Brooks. Peccato. Con un'idea simpatica, un cast in parte mutuato dal suo capolavoro thriller e la bella ambientazione da "gotico padano" poteva venir fuori di meglio, ma il risultato finale è fiacco e non mi ha convinta del tutto.
A ridosso della Casa dalle finestre che ridono, Avati gira questa variazione dei "Dieci Piccoli Indiani" di Agatha Christie, in bilico tra giallo gotico "padano" (genere che ha reso unico lo stile del regista) e commedia nera. Avati sembra quasi voler sdrammatizzare la cupa seriosità del film precedente; il suo tocco è però pienamente riconoscibile nelle belle scene d'atmosfera, tra l'altro ottimamente fotografate, tanto che a volte si storce il naso quando subentrano gli elementi comici. Tuttavia qualche gag è riuscita e il cast funziona.
Opera di un Avati che vuole smarcarsi subito rispetto a un'opera che avrebbe potuto intrappolarlo e quindi ecco un film che demolisce i topoi del genere gotico-noir de La casa dalle finestre che ridono. È un bel film, a mio avviso. E poi c'è il "cinema" a tutto tondo: c'è il noir (Ariano-Tonelli che parla all'assassino il tutto ripreso in soggettiva), c'è il western, c'è il giallo, c'è il comico... manca la fantascienza ma mica si può avere tutto? O no?
MEMORABILE: La camera su un'ombra, con tanto di pugnale, sul muro. L'ombra avanza. "Tenga!" "Cos'è?" "Una bella pugnalata!" Breve pausa, poi: "Ahhhh".
Avrebbe un senso solamente come film parodia sul genere Scary movie, ma non credo che Avati avesse questa intenzione quando lo ha girato. L'insistenza della demenzialità rovina un lavoro che ha anche del buono (alcune battute funzionano come la fotografia e talune atmosfere) ma che neppure un cast ispirato e preparato riesce ad salvare. L'impronta avatiana è tangibile, ma sono ben altri i film del Maestro da considerare cult. Bocciato.
Probabilmente la sceneggiatura scritta a quattro mani (c'è in mezzo anche Maurizio Costanzo) non ha giovato a questa commedia gialla. Il fricandò giallo-comico-demenziale con spruzzate di sesso nobil-campagnolo, che ricorda prodotti di diversa levatura, non è proprio riuscito. Eppure Avati aveva a disposizione un cast a lui congeniale... Ma evidentemente questo non basta: le battute e le situazioni non prendono il verso giusto e si arenano in un pantano che lascia lo spettatore privo di reazioni, inerme fino alla parola fine.
Tipico film grottesco alla Avati in cui sfila una parata di personaggi che più eterogenei non si può... e qui c'è davvero di tutto, comprese una serie di situazioni al limite del paradossale. Eppure non tutto funziona come dovrebbe, anche se qualche momento non male c'è; questo perchè la storia si snoda attraverso eventi fin troppo assurdi che, a volte, finiscono per apparire del tutto fuori luogo. Il comparto attoriale è buono, con qualche eccezione.
MEMORABILE: L'omicidio col candelotto di dinamite, pazzesco; Il ritardato masturbatore.
Grottesca rappresentazione dei classici clichè dell'horror. film che anticipa di vent'anni le parodie che poi saranno realizzate dalle produzioni americane. Il film non è semplice, ed ai più potrà risultare poco comprensibile. Comunque le gag sono gradevoli e pregne di un sarcasmo che solo Avati è in grado di rappresentare. Superbo, come sempre, Carlo Delle Piane.
Non è certo il Pupi Avati che conosco, quello che si immortala in questo film; incontrato per caso su una rete televisiva l'ho scambiato per il solito lavoro targato Mel Brooks. No, non mi è piaciuto neanche un po', ho tirato fino alla fine la visione vincendo più di una volta l'irrefrenabile istinto di spegnere la televisione. Per fortuna sono passati tanti anni e oggi Avati è senza dubbio il mio regista preferito.
Un invito a cena con delitto padano, forse ancora più grottesco e demenziale, con tantissime gag, alcune divertenti altre no. La bravura degli interpreti sopperisce a molti momenti infelici: Delle Piane fu scoperto come protagonista, Cavina è semplicemente irresistibile e c'è un allucinante Michele Mirabella. L'operazione in generale mi ha trasmesso molta allegria, così pur se con molti difetti ho apprezzato questo film, sicuramente insolito nella carriera di Avati.
Scelta azzeccata anche commercialmente, quella di giocare parodiando e citando film di genere senza per giunta prendersi troppo sul serio dopo tanto gotico precedentemente offerto. Il risultato è un'opera tutto sommato godibile, anche se il voler troppo divertire, a volte, risulta fastidioso. Avanti è riconoscibile per la presenza in massa degli attori a lui più cari, per la vena horror già ampiamente dimostrata che volge simpaticamente al ridicolo. Non un capolavoro, ma da vedere comunque.
Deludente e fiacca commedia di uno dei nostri registi migliori, nonostante alla sceneggiatura abbiano lavorato in quattro (o forse proprio a causa di questo). Gli attori il loro dovere lo fanno, purtroppo quello che manca è il ritmo: scene prolisse, una certa stanchezza già dalle prime battute. Fiacco, da consigliare solo ai collezionisti.
Dopo il terrificante thriller-horror La casa dalle finestre che ridono Avati decide di fornire una sua personale variante del genere filtrato con derivazioni umoristico-grottesche. Nonostante molte di queste divagazioni comiche non siano pienamente riuscite si nota come il regista sia sempre pienamente a suo agio tra le decadenti atmosfere gotico-padane del film ed è indiscussa la sua capacità di saper mantenere viva e desta l'attenzione e la tensione fino al finale. Da rivalutare o quantomeno da apprezzare con la dovuta perspicacia.
Rivisitazione in chiave grottesca del genere thriller-noir a opera di Pupi Avati che, più portato a un umorismo tenero e malinconico (si pensi a produzioni quali Jazz Band o Cinema!!!), dimostra in quest'opera di non avere invece disposizione per la comicità surreale. La sensazione è quella di trovarsi di fronte a una filodrammatica che recita a soggetto, improvvisando gag e battute con risultati modesti (a essere generosi). Si salvano Delle Piane, la bella Francesca Marciano, certe ambientazioni tenebrose e nient'altro.
Maldestro tentativo di Pupi Avati di mettere in scena una versione ibrida del classico racconto dei Dieci piccoli indiani della Christie, cercando di unire al lato misterioso uno più demenziale. Se da una parte è netta la bravura tutta italica nel saper imprimere su pellicola certe atmosfere grazie alla scelta sempre unica di location, scenografie, inquadrature e luci, dall'altra si perdono nettamente punti proprio sul lato demenziale, troppo forzato e spesso fuori luogo, con Cavina che sembra voler imitare Fantozzi in più di un momento.
Bizzarro, bizzarrissimo e - cosa ancor più sorprendente - realizzato appena pochi mesi dopo lo straordinario La casa dalle finestre che ridono. Qui il registro cambia e viene messo in grottesco ciò che là era tensione. Però appare chiara una certa svogliatezza, un prendere tutto alla leggera dopo il presumibile impegno precedente. Anche la sceneggiatura sembra realizzata in poco tempo e con scarso impegno e le battute sono inutilmente surreali e ben poche vanno a segno. C'è da chiedersi: perché tutto ciò?
Un simpatico e sfortunato venditore di libri a domicilio si ritrova suo malgrado a dover fare i conti con una serie di delitti inquietanti e con una famiglia bizzarra. Divertentissima commedia a tinte gialle zeppa di personaggi strampalati e grotteschi che cadono come le mosche vittime di un serial killer e della loro stessa idiozia. Magistrale l'interpretazione di Gianni Cavina nei panni del detective più improbabile della storia del cinema. Il film funziona meglio quando vuol far sorridere.
Presenta le caratteristiche del film destinato a spaccare le platee, di quelli che piacciono e vengono reputati geniali oppure si odiano per la rara bruttezza che li contraddistingue. Più probabile una propensione per la seconda opzione, a discapito di un titolo accattivante che lasciava presagire un bel giallo, magari intinto nella commedia. Si può restare facilmente delusi dal pasticcio che ne viene fuori, una parodia o non si sa bene di cosa dalle fattezze scadenti che stanca quasi subito. Oltretutto appare invecchiato assai male.
Film piuttosto sballato. Incerto tra parodia e grottesco, si infila in un mix davvero poco allettante e riuscito. Le gag (quasi tutte a carico di Canova) sono piuttosto tristi e il tentativo di surreale/paradossale crea situazioni insulse. Si vede un tentativo di riproporre Invito a cena con delitto (film di suo già non del tutto riuscito) in una veste propria all'italiana, ma l'obiettivo è palesemente mancato.
Avati ci riprova, mescolando l'horror con il genere comico: il risultato è a dir poco demenziale. Gianni Cavina qui fa letteralmente piangere e mette a dura prova la pazienza dell'utente medio, rischiarata solo dalla simpatica marionetta di Carlo delle Piane e dalla grazia della Marciano. La trama è quella di un giallo ad eliminazione e se presa più sul serio avrebbe ragranellato qualche voto in più. Finale beffardissimo.
Pittoresco e grottesco il giallo/commedia di Avati che sembra una rimpatriata della precedente pellicola. Le atmosfere emiliane permangono ma la fotografia ha tonalità più scure per via delle scene negli interni della villa (arredata in stile anteguerra) e per la stagione piovosa e spoglia nelle campagne. Spiccano nel coro la bella Marciano e l'impettito Delle Piane. Le gag strampalate e la vocina inquietante dell'assassino dettano il tono ma il cuore dell'operazione sta nel passare in piacevole compagnia dell'assurda congrega qualche momento per esplorarne, da ospiti, vizi e virtù.
MEMORABILE: La trovata del tubicino con il cianuro; La nebbiolina nel giardino della villa; Il triangolo amoroso.
Avati gioca con i generi: prende "Dieci piccoli indiani", ci aggiunge una maledizione ma gira il tutto con taglio comico. Cavina perfetto nel ruolo del detective impacciatissimo, le gag banalotte al tempo stesso funzionano proprio perché si respira un'aria divertita. Delle Piane bravissimo, ma non è una novità. La regia si prende i suoi tempi, le morti sono senza dubbio particolari e tutte differenti e i personaggi, almeno alcuni, hanno un tocco di stranezza che li fa ricordare. Colpo gobbo finale in linea con il resto del film. Divertente passatempo.
Pupi Avati tenta un connubio tra il suo horror padano e il grottesco, tanto caro al regista nei suoi primi lavori. Il matrimonio può dirsi riuscito perché nessuno dei due generi soffoca l'altro. Il lato farsesco e parodistico prevale, ma qualche atmosfera gialla tutto sommato è apprezzabile, in questo lavoro. Ancora una volta tutti gli attori feticcio del regista bolognese sono presenti insieme e questo piacerà ai fan del regista. Ottima l'ambientazione, che riesce a dare un tocco in più alla vicenda. Pur con i suoi difetti (e ce ne sono) risulta un lavoro assolutamente apprezzabile.
Nel tentativo di destrutturare il suo capolavoro, Avati si disimpegna dalla sua reputazione con un giallo dai toni dissacranti. La contaminazione dei generi è lodevole quanto difettosa: il piglio grottesco "divora" le atmosfere gotiche, attraverso un affastellamento di burle ed equivoci che spesso girano a vuoto; la componente giallo-investigativa, invece, è più estemporanea del previsto. Da segnalare l'ottima ambientazione nel castello modenese e la professionalità del cast (sugli scudi la maschera di Delle Piane, Cavina e l'affascinante Marciano). Finale divertente e beffardo.
MEMORABILE: Il micidiale americano interpretato da Mirabella; La stanza con i morti; Il phon; I coltelli da lancio; La macchina anti-masturbazione; Il finale.
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CuriositàZender • 25/11/09 09:41 Capo scrivano - 47726 interventi
Concordo: rientra nelle intenzioni parodistiche, secondo me. Dieci piccoli indiani è uno dei gialli più famosi di sempre, per cui mi pare anche logico.
Agatha Christie è una delle scrittrici più sfruttate (apertamente o meno) proprio a causa del classico Dieci picooli indiani.
Influenza riscontrabile anche in questo grottesco film di Avati....
HomevideoXtron • 7/04/12 11:23 Servizio caffè - 2147 interventi
Il dvd Rarovideo ha una durata di 1h39m26s.
Fortunatamente è in 16/9 e non in 4/3 come riportato erroneamente sulla fascetta del dvd.
Nel postare la location di Casalecchio di Reno, il buon Mauro (peraltro ottimo il suo lavoro) spoilera un po' troppo. Credo che qualcuno che ancora non abbia visto il film potrebbe non gradire troppo sapere certi dettagli. Forse andrebbe un po' rivisto il commento a corredo delle immagini.
DiscussioneZender • 12/07/12 15:32 Capo scrivano - 47726 interventi
Vero Caesars, ma si è sempre detto che le location sono zona franca per gli spoiler. Ce n'è sempre stati, anche perché c'è necessità con poche parole di identificare quanto prima la scena.
CuriositàFauno • 27/10/18 00:09 Contratto a progetto - 2742 interventi
Dalla collezione cartacea Fauno, il flano del film: