Da Carlo Lizzani, specialista in instant-movie che prendendo spunto da notizie di cronaca affrontano fasi importanti nella storia recente del nostro Paese, un film teso, molto ben impostato per come riesce a rendere credibili i personaggi che lo abitano. Il punto di vista è quello dei giovani neofascisti milanesi che avevano eletto San Babila a loro “quartier generale”: la rivalità con i comunisti, le risse improvvisate, i dispetti e i piccoli attentati sono parte del mondo in cui vivevano i ragazzi del tempo, esasperati in alcuni casi da situazioni familiari difficili e dalla voglia di dimostrare il coraggio di saper anche uccidere, all'occorrenza. Non tutti i componenti dello sparuto gruppo...Leggi tutto hanno la stessa importanza, ma quelli sui quali Lizzani convoglia l'attenzione emergono in tutto il loro grigiore, nei rapporti con l'altro sesso e con i genitori. Vestiti di nero con Ray-ban e stivaletti a punta, sguardi decisi e una prepotenza esibita quanto più possibile, i sanbabilini vengono analizzati durante una di quelle che potrebbe rappresentare la loro giornata-tipo, vissuta in gruppo o anche singolarmente e conclusa tristemente con il delitto che fornisce il titolo al film. Lizzani provvede a un ritmo eccellente, restituisce bene l’atmosfera metropolitana della Milano dei Settanta e dirige con bravura un cast le cui qualità faticherebbero altrimenti ad emergere. Il soggetto è semplice e senza troppe sorprese, ma i dialoghi e la regia (discretamente supportata dalle musiche di Morricone) sono di qualità superiore alla media. Affascinante, per luoghi e silenzi, l'inseguimento finale.
Un film pari al delitto: inutile. Un ricettacolo di luoghi comunissimi. Dialoghi che fan cascare i capelli a ciocche. Personaggi ai limiti del macchiettismo e della credibilità, tratteggiati da prove attoriali da psoriasi, situazioni stereotipatissime, senso del ritmo prossimo allo zero, atmosfericamente nullo, ambiguità coatta e sovraesposta e regia anodina. Camarca deve averlo tenuto ben presente mentre dirigeva Quattro bravi ragazzi, che per più di un verso ricorda.
Personalmente l'ho trovato abbastanza valido non solo da un punto di vista professionale (lo dirige comunque Lizzani che non è certo un cane) ma soprattutto da un punto di vista storico-didattico (se così si può dire): la pellicola in questione, infatti, ricostruisce davvero bene il clima di quegli anni e anche se forse a volte sceglie la strada più facile è anche vero che informa bene (come spesso accade nei film di questo regista) su quello che accadeva a quei tempi a Milano. Detto questo, è chiaro che non è un capolavoro.
Cupo, crudo, sgradevole. Cronaca delle turpi azioni compiute dai giovani neofascisti negli anni Settanta, che si spostano in Mehari con l’uniforme d’ordinanza (giubbotti di pelle, stivaletti, Ray-ban). Lizzani realizza un reportage puramente descrittivo, giornalistico, senza condurre indagini sulle cause politico-sociali del fenomeno, a parte i cenni sulla connivenza delle forze dell’ordine. Tra i pochi attori professionisti del cast, l’avatiano Brambilla (nipote di Ugo Tognazzi) e la stangona Skay. Memoria crastini.
Un film reportage nello stile del Lizzani di quegli anni. Non tutto fila liscio: il personaggio di Lalla è veramente fastidioso e inutile, ed anche gli altri sono stereotipati (tanti soldi e vuoto affettivo in famiglia). Rimane l'efficacia dello scenario di quegli anni, in cui portare in tasca l'Unità piuttosto che un altro giornale poteva causare un'aggressione. Rimando esplicito a Pinelli ("una volta dalla finestra cadevano i sovversivi"). Guardabile, ma poi bisogna leggere un po' di libri.
Molto ben realizzato ritratto sociale della gioventù sanbabilina della Milano di metà anni '70. Belle le musiche del maestro Morricone ed ottima la regia che ci proietta nelle belle location e dietro alle più o meno gravi malefatte dei 4 ragazzi protagonisti (molto bravi e in parte). Interessante come la polizia stia a guardare su ordine dell'ufficio politico e interessante la caratterizzazione di ogni singolo ragazzo. Da segnalare Pietro Brambilla, Lidio in La casa dalle finestre che ridono.
MEMORABILE: La scena della "mano sinistra" a pranzo di uno dei ragazzi.
In una Milano piovosa e grigia una masnada di fascisti poco più che adolescenti ozia in piazza San Babila. Tra una fesseria e l'altra il gioco sfugge di mano, o forse no e si finisce per scivolare nel terrorismo. Il film è uno spaccato sul periodo che ha, a mio avviso, il limite di andar molto per clichè, basti pensare alla caratterizzazione dei personaggi. Potevae quasi esser un "Arancia meccanica" all'italiana, pur molto annacquata, finisce per esser, invece, fiacco. Fine a se stesso il personaggio migliore del film: Lalla!
MEMORABILE: Lalla che nei pressi della fermata Sesto Marelli fa cadere l'abile travestimento del Sanbabilino in missione destinazione Sindacato.
Mi va bene quando si sottolineano le negatività di personaggi che compiono atti vandalici gratuiti, pestaggi alla vigliacca e accoltellamenti da carogna, ma non mi va a genio se si vuol rincarare che la stragrande maggioranza di loro fossero fighetti in Rayban straviziati e con le formiche al posto del cervello. A quei tempi le ideologie c'erano e contavan qualcosa e rosso e nero non erano così legati ai ceti sociali come tu vuoi far credere, cioè un buon 75%. Caro Lizzani hai depistato e io con te sarò molto avaro.
La vita condotta da un gruppo di ragazzi bene della Milano tendenzialmente di colore nero, che, tra smargiassate e ed atti di violenza, conduce una vita sopra le righe fino all'inutile tragico evento finale. La polizia nel film latita o sembra connivente con i balordi e la trama tende lievemente al manieristico confezionato e non al puro fatto cronachistico. Personaggi poco plasmati.
Incerti fra le varie opzioni possibili (film di denuncia vero e proprio, apologo alla Petri o Arancia meccanica bauscia), Lizzani, Pirro e Giarda indulgono per buona parte più alla caricatura, al fumettone grottesco. Ne scapita forse lo spessore, a tutto vantaggio del divertimento. Poi la presa si fa meno salda, e il finale tragico appare non del tutto amalgamato. Attori in palla, regia efficace.
Catalogabile (nella sterminata e originalissima filmografia di Lizzani) alla sezione "istant movie", è (al netto della "rapidità" dell'operazione) un'opera molto ben scritta e girata, dal ritmo sempre ben sostenuto, con notazioni calzanti sulla deriva giovanile destrorsa degli anni '70. Ovviamente gli accenni alle lacune familiari o alle tare affettivo/sessuali dei protagonisti lasciano il tempo che trovano, ma ce ne fossero di "documenti" del genere nel quasi assoluto mutismo cinematografico sul periodo. Contorta e brava la Skay.
MEMORABILE: Gli ultimi 15 minuti col pedinamento e l'omicidio del ragazzo nel centro cittadino che si fa sempre più "piccolo": la Milano da bere adda venì...
Se il (neo) fascismo (sì, persino quello dei sanbabilini!), non è stato altro che ray ban e stivaletti, e non una passione sciagurata ma genuina, se l'ideologia non è stata altro che il confuso oroscopo di riferimento per un comune disagio adolescenziale, se i giovani di destra e di sinistra che per anni si sono scontrati e ammazzati nelle nostre città erano solo dei fanatici decerebrati e strumentalizzati... a Lizzani la colpa! Film oleografico e zeppo di stereotipi, fallisce sia nella caratterizzazione dei personaggi che nella rappresentazione del contesto ambientale. Irritante.
MEMORABILE: Franco alla madre piagnucolante in Mercedes: "Farò qualcosa degno di San Vittore per uscire dal merdaio di San Babila!" Non si sa a che santo votarsi!
Cartolina dalla Milano nera. Lo spessore è quello. Il film si ispira a un fatto vero e racconta un fenomeno poco noto, la teppaglia neofascista nota come "sanbabilini": legata alle frange estreme dell'MSI, fornirà più avanti manodopera all'eversione nera. Lizzani lascia perdere il background e gira una specie di docudrama senza sostanza storica, con attori scarsi o peggio (raramente si è sentito un lavoro così gramo sugli accenti), personaggi di cartone (Lalla?), famiglie improbabili. Cinematograficamente scarsissimo, vale solo come curiosità.
Sulla carta, un ritratto romanzato della gioventù nera nella Milano anni '70, con i suoi status symbol, i punti di ritrovo e i metodi di militanza violenta; all'atto pratico però il film non fa che replicare vizi, difetti e semplificazioni generiche dei più scadenti pariolini-movie romani, con l'aggravante di depulpizzare una materia già friabile e forzare il racconto verso uno pseudo-realismo impiastrato di quadretti sexy-comici demenziali (la partecipazione "flaviaventesca" della Skay), convenzionalità ideologicamente prestampate e parentesi familiari da teatro dei pupi. Rozzamente sbalestrato.
MEMORABILE: Le indecenti stupidità nei discorsi fatui della svampitissima Skay; Lo scombiccherato e confusionario tema "ossianico" letto in classe durante la lezione.
Come film in sé non sarebbe nemmeno male: la storia dei ragazzi neofascisti che, dopo molte prove e tentennamenti, arrivano a compiere il classico "fattaccio" è convincente e realistica. Meno passabili invece le approssimazioni a tutti i livelli, dalla caratterizzazione dei personaggi (alcuni davvero imbarazzanti) al semplicismo con cui è rappresentata la realtà anni 70 (con spunti di dietrologia spicciola del tutto fini a se stessi). Non malissimo tutto sommato, ma forse si è persa l'occasione di fare un film veramente originale e "diverso".
Discreta opera di Lizzani ispirata a un fatto realmente accaduto; svariate le semplificazioni sui personaggi, tuttavia più ascrivibili al pensiero del regista che al tentativo di "commercializzare" l'opera. Il ritmo, la fotografia e il cast (composto da attori semisconosciuti) rendono il tutto realistico e piuttosto crudo. Nel complesso un buon manifesto di quella realtà storica e sociale.
Il tentativo di catturare un'istantanea del clima che si respirava negli anni di piombo a Milano è palese. Lizzani purtroppo mostra, colpevolmente, solo una delle parti alterando il contesto storico del periodo. Meritevole comunque di essere visionato.
MEMORABILE: Il passo dell'oca in piazza San Babila.
Davvero imbarazzante (si capisce perché Morandini lo massacra). L'incipit al cimitero comunica che non si farà d'ogni erba un fascio (le sineddochi politiche sono pericolose), ma poi il tutto è così caricaturale (proprio tutto: compresa la esagerata cadenza milanese e compreso il folle personaggio della Skay), così esagerato (i grotteschi spazi familiari), così banalmente ricercato (l'inseguimento finale non riesce a rinunciare al taxi perso per un pelo e alla serranda chiusa davanti al naso) da lasciare sbalorditi. Il film s'ispira a un fatto vero, ma si guarda bene dal citare gli antefatti.
La giornata tipo di un gruppo di neofascisti culminata con il delitto del titolo. La vicenda è scarna, ma il film di Lizzani rimane un ottimo documento sulla città di Milano degli anni '70. Ottima le sequenza finale con il brillante e tesissimo inseguimento. Buone le musiche e l'atmosfera.
La ficcante regia di Lizzani fotografa in modo energico una giornata milanese carica di situazioni estreme, così come estremo era il gruppo dei sanbabilini di cui si tratta. Attori misconosciuti ma capaci, qualcosina di forzato ma comunque vicino alle cronache di allora, per ricordare un passato non troppo lontano.
Lizzani narra un fatto di cronaca che si configura come l'inevitabile culmine del dualismo politico tra fascismo e comunismo a Milano. Il risultato è un imbarazzante trionfo di retorica che dipinge i ragazzi pseudo fascisti come amanti della violenza, al limite della demenza, mentre i comunisti come ragazzi socialmente impeccabili (studiano, sono fidanzati e si interessano di cultura). Perciò sembra che il senso della pellicola si riduca semplicemente al mettere in mostra la negatività del fascismo, soprattutto quello "da ragazzini". Pessimo.
Lizzani torna a descrivere la Milano a cavallo tra gli anni '60e '70, dilaniata dagli anni di piombo, dopo il grande Banditi a Milano. Stavolta lo spunto è un delitto compiuto da un gruppo di ragazzi neo-fascisti avvenuto l'anno prima dell'uscita del film. La storia scorre abbastanza fluidamente e si lascia seguire fino alla fine. Un po' stereotipata la distinzione tra "rossi" e "neri". Morricone poco incisivo.
Non un capolavoro ma un buon spaccato di storia italiana. Per chi ama le atmosfere di un certo cinema e per chi ha interesse storico per conoscere un periodo, delle atmosfere, approfondire un contesto sociale. Molto mestiere in regia e buona caratterizzazione dei personaggi (anche se confondibili tra loro dal punto di vista puramente fisico), pur se a volte eccessivi (penso a quello della Skay). Un bel reportage.
Solito ducu-film in stile Lizzani che racconta dell'estremismo politico (soprattutto di destra) in una Milano che già cominciava a odiare. La parte più documentaristica si rifà a luoghi comuni che ormai il pubblico di questo cinema conosceva a memoria, mentre lo svolgimento narrativo della vicenda paga la scelta del regista di utilizzare soprattutto attori non professionisti. La denuncia si mantiene ai piani bassi del sistema e rimane piuttosto vaga: i coraggiosi livelli di Damiani o Petri sono piuttosto lontani. Per curiosi e nostalgici!
MEMORABILE: "Prima ci volavano i sovversivi, dalle finestre della questura, adesso ci volano i cazzi di gomma!"
Lizzani dirige senza incidere questo spaccato della Milano bene degli anni 70 dove si annidano viziati (e problematici) giovinastri dell'estrema destra in lotta coi comunisti di allora. L'anonima sequela di volti sposta il protagonismo nelle mani di un fenomeno dai risvolti drammatici di quegli anni di piombo, qui non supportato da un benché minimo spessore socio-politico, neanche di assurdo estremismo ideologico. Nel complesso, infatti, l'intento non sembra funzionare come ci si aspetterebbe.
Lizzani privilegia l’urgenza della denuncia all’analisi, suscitando curiosità sull’ambiente neofascista milanese destinate a restare insoddisfatte, risultando più efficace nel delineare alcune situazioni tipiche e i caratteri, ma soprattutto l’assenza di valori e di valore del quartetto protagonista, evidenti nel crescendo di violenza cui questo si abbandona. La presenza di alcuni elementi caricaturali, non del tutto pertinenti (il padre di Miki, Lalla), ha il merito di acuire la tensione.
MEMORABILE: La polizia che sta a guardare; Miki a tavola con i genitori; “Sai cosa si prova, eh, quando si è fatta una strage?”; L’agguato finale.
Non essendo in grado (per anagrafe e cittadinanza) di certificarne l'esattezza documentaristica, mi limito ad apprezzarne l'efficacia: Lizzani è encomiabile nel porgere l'attenzione a un fenomeno sociale importante e poco raccontato e onesto nell'affrontare l'argomento con una tesi dichiarata: i siparietti più didascalici (con i poliziotti e con il giornalista) sono inevitabili allo scopo, ma il cast sconosciuto porta credibilità e la vena grottesca di Ugo Pirro (il passo dell'oca, la manifestazione coi cazzi di gomma) è un valore aggiunto.
MEMORABILE: Lo zoom all'indietro che "scappa" dalla scena del delitto insieme agli assassini: il controcampo sarebbe stata la scelta più ovvia; Onore a Lizzani!
Critica ai sanbabilini degli anni '70 da parte di Lizzani, che li rappresenta in maniera turpe e probabilmente non troppo distante dalla realtà; è altresì vero che non vengono qui mosse obiezioni sulla sinistra, ma se si vuol tralasciare l'aspetto prettamente politico il film resta comunque un lavoro ben girato e con caratterizzazioni esagerate ma funzionali, un cast di facce giuste e una parte finale di grande tensione, avvicinando il film a certi lavori analoghi d'ambientazione romana. La Milano d'epoca, come sempre, si fotografa da sé.
Ricapitoliamo: personaggi vividi e ben calibrati che resteranno nella storia del cinema? Non direi. Sceneggiatura del tutto apolitica? Nemmeno. Colpi di scena inediti e incalzanti? Non proprio. Bellissimi alcuni scorci della Milano da bere al di là da venire, interessante anche il clima generale di tensione politica ma è un po' magro come risultato; forse con una buona guida turistica illustrata dell'epoca...
MEMORABILE: L'intervista alla sciura uscita dal sexy shop.
Strano, a tratti ottimo, a volte quasi imbarazzante. C'è la Milano di San Babila e degli scontri politici tra le opposte visioni del mondo, in quel tempo un po' sciagurato. Lizzani mostra la sua professionalità nel creare un clima di tensione a volte davvero disturbante (in particolare nel finale, ma non soltanto). Accanto, degli episodi ridicoli, assurdi e prolungati, quasi a voler caratterizzare il film con note grottesche. Anche alcuni personaggi sono tratteggiati in modo caricaturale: legittimo, ma opinabile nel risultato. Comunque meritevole di visione.
MEMORABILE: Il terribile omicidio; I delinquenti che tirano le biglie alla gente; L'incredibile farsa del sexy shop.
Roma "bene" ha i "pariolini" e Milano i "sanbabilini": tutti missini con il vizio della violenza. In parte vero, secondo le cronache nere Anni '70. Carlo Lizzani continua il filone criminale/meneghino di Storie di vita e malavita (si scorgono i medesimi caratteristi) con la consueta Milano "settantiana" invernale per compiacere il pubblico di allora. Caratterizzazioni a mo' di caricatura e stucchevoli contesti, posti nella suggestione di una pellicola con poca sostanza ma bella estetica. Un po' come i "personaggi" qui ritratti.
Lizzani fotografa in maniera molto realistica un preciso momento storico-politico della nostra nazione. Lo fa cercando di non risparmiarci nulla della contestazione e del clima di terrore che si respirava in quel periodo. La contrapposizione tra "neri" e "rossi", tra classe agiata e proletariato, è accompagnata dall'inettitudine volontaria delle forze dell'ordine, che si girano dall'altra parte ogni volta che gli conviene. Ci si può vedere una sorta di Arancia meccanica italiana, sia per violenza che per contenuti.
Il pregio maggiore di questo film è l'ambientazione milanese quasi tutta in esterna e in locali veri, che offre uno scorcio ormai storico sulla vita e sul costume italiano degli anni Settanta. Per il resto ha un ritmo in linea con le produzioni coeve, ma è un po' troppo didascalico e infarcito di cliché nella rappresentazione dei "rossi" e dei "neri" di quegli anni. Il personaggio di Lalla (la Skay) pare fuori luogo, anche se trova la sua giustificazione nel finale. Bravo Brambilla nel dare il volto a un personaggio insopportabile.
MEMORABILE: Involontariamente comica la scena del passo dell'oca a piazza San Babila: non ce n'è uno che vada al passo con gli altri!
Dal lato strettamente tecnico nulla da dire, la confezione è di tutto rispetto, si riconoscono il mestiere di Lizzani, la discreta fotografia di Pozzi e una pungente colonna sonora del maestro Morricone. A svilire l'opera è l'eccesiva carica stereotipata di tutti i personaggi (che comunque se la cavano dignitosamente) e la complessiva scarsità di sostanza. Apprezzabile il finale piuttosto teso, ma è troppo poco.
Non poteva certamente scrivere e dirigere un film imparziale Lizzani, che sul cadavere ancora caldo del povero Alberto Brasili costruisce un plumbeo noir dalle ambizioni sociali sulle rampanti frange giovanili neofasciste all'ombra della Madonnina. Ed è in fondo la (comprensibile) partigianeria che, nonostante gli angoscianti 25' conclusivi di sulfureo guardie e ladri, carica di sovratoni grotteschi - quando non macchiettistici - narrazione e personaggi principali, tra i quali incredibile nella sua bambinesca e logorroica naiveté è Lalla (Skay). Buona la O.S.T. morriconiana.
Il Lizzani "cronista" girò a tempo record anche questo instant movie (come accadde per Banditi a Milano e Barbagia) con pregi e limiti. I dialoghi scritti con Pirro e Guarda suonano frigidi e, pur attendibili, gli attori che agitano i cinici sanbabilini non reggono sempre il palco fatta eccezione per Brambilla, non a caso unico professionista. E Brigitte Skay è una Lalla fin troppo stralunata. Resta un valido documento, la Milano di piombo restituita persino per difetto. Quasi sfottente la soundtrack di Morricone, nei primi 70 ancora in stato di grazia.
Scene di ordinario squadrismo di quattro sanbabilini. Il quadro è poco edificante tra pestaggi, stupri, attentati e accoltellamenti. Lizzani non esita a mostrare il lato violento (il manganello nel rapporto sessuale e lo stillicidio finale), delatorio e piagnone (alla fine si torna dalla mamma), anche se è approssimativo nei contorni. La polizia non interviene ma non viene spiegato perché e del lato educativo familiare non v'è traccia. Girato con buona tensione e discrete inquadrature in metropolitana o nella fuga dai due comunisti. La morale viene evitata lasciando parlare i fatti.
MEMORABILE: Lo stupro nel deposito; I fendenti nella schiena; Nel sexy shop; La miccia non accesa.
Escludendo il fattore politico molto marcato, il film si colloca nel filone delle bande giovanili alla Arancia meccanica e presenta, in modo spesso fazioso e grottesco, i giovani di destra dei primi anni '70. Ottima ambientazione, cast non professionista funzionale e storia di grande drammaticità, se si escludono le fasi grottesche. Qualche esagerazione, alcune scivolate politiche di dubbio gusto e finale drammatico ed efficace, un vero pugno nello stomaco. Un lavoro diretto da vedere per inquadrare il periodo, soprattutto se non è stato vissuto in prima persona.
Instant movie dignitoso dello specialista Lizzani sull'odiosa piaga del neofascismo, con la quale, seppure sia meno rumorosa e più strisciante, facciamo i conti pure oggi. Non è la Milano del bandito Cavallero quella che il regista ci presenta, ma il clima di aspra divisione e tensione viene reso piuttosto bene, fino al palpitante finale. Il montaggio frenetico e qualche forzatura (la stralunata Skay) abbassano la media; nel cast spicca il Livio della Casa di Avati, col suo ghigno proverbiale.
MEMORABILE: Castiglioni che si ostina a mangiare con la mano sinistra.
Le idee politiche di Lizzani sono ben note, per cui non si può escludere che i risvolti grotteschi siano frutto di una punta di faziosità. Comunque bisogna dargli atto di aver costruito un bel documento sulla Milano anni '70 e sul clima che si respirava negli anni di piombo, non risparmiando neppure i rossi e l'ambiguità della polizia. Narrazione forse eccessiva (in una sola giornata i quattro neofascisti ne combinano fin troppe), ma buona resa di un cast semiprofessionista e impennata conclusiva di tensione, con un epilogo che colpisce nel segno. Non male le musiche di Morricone.
MEMORABILE: L'inizio; Il fermo in questura; Il finale.
Prendendo spunto dall'omicidio di un giovane simpatizzante di sinistra avvenuto l'anno prima, Lizzani dirige un instant-movie che vorrebbe fornire un ritratto della gioventù sanbabilina ma fallisce nell'intento a causa di una sceneggiatura grossolana: il contesto è solo accennato e si affida a stereotipi (la mamma iperprotettiva, il padre fanatico religioso), i personaggi sono caratterizzati in modo sommario oppure risultano di imbarazzante stupidità e solo nelle ultime sequenze ben ritmate si avverte la mano del regista, che qui forse firma la sua opera peggiore.
MEMORABILE: In negativo: il personaggio della svampita interpretato da Skay, troppo cretina per essere credibile.
Lizzani firma un Instant-movie riuscito soltanto a metà: troppo curato per essere tacciato di sensazionalismo alla buona, troppo grossolano per innalzarsi ai ranghi del cinema impegnato. I dialoghi semplicistici e il macchiettismo dei personaggi di contorno (fra le uscite della svampitissima Skay e gli improbabili scatti di fanatismo del padre di uno dei balordi, quasi si rasenta la commedia) ledono l'intensità dell'opera, che per il resto, dagli stupefacenti scorci della Milano dell'epoca alle impeccabili escalation tensive, dà più di una ragione per farsi ammirare. Notevole la OST.
MEMORABILE: Tentando di piazzare una bomba alla sede di sinistra; Gli atti osceni coi falli finti e le reazioni dei passanti; Il tragico inseguimento nel finale.
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DiscussioneAlex75 • 24/11/17 17:35 Call center Davinotti - 709 interventi
Tarabas ebbe a dire: Come ho scritto, a me il film è sembrato modestissimo, sotto tutti i punti di vista.
Non sorprende quindi che manchi totalmente qualsiasi tentativo di approfondimento, storico o psicologico.
L'unico motivo di interesse che ci ho trovato è la scelta del tema, pochissimo trattato.
In generale, direi che viene colta la natura spontanea e teppistica delle prime forme di violenza neofascista, nata come reazione disordinata alle più ordinate organizzazioni delle formazioni politiche extraparlamentari di estrema sinistra.
Gli ideologi, se così si possono chiamare, sarebbero arrivati dopo.
Il che peraltro richiama, forse non casualmente, il formarsi del fascismo originario, tra movimentisti politicizzati e meri reazionari del c.d. "fascismo agrario".
Secondo me la più grande lacuna del film sta nella mancata trattazione dei rapporti tra sanbabilini ed estrema destra "istituzionale", anche se da un paio di battute si percepisce che i primi disprezzavano i dirigenti del MSI, che peraltro non esitavano a utilizzare quei giovani come galoppini. Effettivamente, soprattutto dopo l'inglobamento dei monarchici e di altri elementi conservatori nel progetto MSI-Destra Nazionale (1972), con la svolta "legge e ordine" che ne seguì, tali rapporti si deteriorarono molto, al punto che si registrarono tafferugli tra sanbabilini e giovani del Fronte della Gioventù. Se ne parla brevemente nel libro di Paolo Sidoni e Paolo Zanetov "Cuori rossi contro cuori neri" (Ed. Newton Compton)
Alex75 ebbe a dire: il film di Lizzani ha avuto problemi di distribuzione per le minacce di alcuni gruppi di estrema destra nei confronti degli esercenti delle sale cinematografiche.
Francamente non mi pare. Lo ricordo a lungo in sala.
Fonte della notizia?
DiscussioneAlex75 • 27/11/17 17:20 Call center Davinotti - 709 interventi
B. Legnani ebbe a dire: Alex75 ebbe a dire: il film di Lizzani ha avuto problemi di distribuzione per le minacce di alcuni gruppi di estrema destra nei confronti degli esercenti delle sale cinematografiche.
Francamente non mi pare. Lo ricordo a lungo in sala.
Fonte della notizia?
Cito testualmente dalla pagina Wikipedia su Claudio Lazzaro, dove ho reperito quest'informazione:
"A metà degli anni '70 lo scontro tra gli “opposti estremismi” è al suo culmine. Su L'Europeo Lazzaro racconta quelli di sinistra[53] e quelli di destra[54].
Un articolo in cui esplora il mondo dei sanbabilini e intervista un giovane picchiatore, amico del branco che ha massacrato Alberto Brasili in via Mascagni a Milano, attira l’attenzione del regista Carlo Lizzani, che su questo omicidio di matrice neofascista decide di realizzare San Babila ore 20: un delitto inutile.
Il film uscirà nel 1976, ma in alcune città, come Milano, avrà problemi di distribuzione, per le minacce che arrivano agli esercenti delle sale cinematografiche. Proprio come il film documentario Nazirock, che Lazzaro realizzerà 32 anni dopo, e che non riuscirà, per via delle minacce, a essere distribuito nei cinema[55]".
Sembra quindi che il film di Lizzani abbia avuto qualche difficoltà circoscritta ad alcune città. Sarebbe interessante reperire qualche articolo dell'epoca. L'articolo che l'estensore della voce Wikipedia cita in nota (da "Repubblica" del 3 aprile 2008), infatti, fa riferimento solo alle traversie di "Nazirock".
Alex75 ebbe a dire: Secondo me la più grande lacuna del film sta nella mancata trattazione dei rapporti tra sanbabilini ed estrema destra "istituzionale"
Sostanzialmente, è quello cui alludevo parlando di "natura spontanea e teppistica" dei primi gruppi neofascisti.
L'MSI li usava come manodopera, tenne rapporti opachi con questi gruppi, finchè gli "esplosero" (anche letteralmente) in mano.
Come risulta in location verificate, Paolo e Silvana prima di essere aggrediti dai sanbabilini sono indecisi se entrare al cinema Arlecchino; dove (come si vede nei fotogrammi) danno Il braccio violento della legge n. 2:
Tuttavia la scena esatta in cui decidono di non entrare avviene davanti alla locandina di un altro film...
...riconoscibile da alcune fotobuste d'epoca. Il film bocciato da Paolo (anche se il titolo non viene detto e non si vede) è dunque La polizia non perdona:
Il pedinamento della coppietta prosegue davanti a un secondo cinema, il Mediolanum della galleria di Corso Vittorio Emanuele II, dove davano Blade il duro della Criminalpol:
CuriositàFauno • 18/01/20 21:41 Contratto a progetto - 2742 interventi
Dalla collezione cartacea Fauno, un flano del film:
Alex75 ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Alex75 ebbe a dire: il film di Lizzani ha avuto problemi di distribuzione per le minacce di alcuni gruppi di estrema destra nei confronti degli esercenti delle sale cinematografiche.
Francamente non mi pare. Lo ricordo a lungo in sala.
Fonte della notizia?
Cito testualmente dalla pagina Wikipedia su Claudio Lazzaro, dove ho reperito quest'informazione:
"A metà degli anni '70 lo scontro tra gli “opposti estremismi” è al suo culmine. Su L'Europeo Lazzaro racconta quelli di sinistra[53] e quelli di destra[54].
Un articolo in cui esplora il mondo dei sanbabilini e intervista un giovane picchiatore, amico del branco che ha massacrato Alberto Brasili in via Mascagni a Milano, attira l’attenzione del regista Carlo Lizzani, che su questo omicidio di matrice neofascista decide di realizzare San Babila ore 20: un delitto inutile.
Il film uscirà nel 1976, ma in alcune città, come Milano, avrà problemi di distribuzione, per le minacce che arrivano agli esercenti delle sale cinematografiche. Proprio come il film documentario Nazirock, che Lazzaro realizzerà 32 anni dopo, e che non riuscirà, per via delle minacce, a essere distribuito nei cinema[55]".
Sembra quindi che il film di Lizzani abbia avuto qualche difficoltà circoscritta ad alcune città. Sarebbe interessante reperire qualche articolo dell'epoca. L'articolo che l'estensore della voce Wikipedia cita in nota (da "Repubblica" del 3 aprile 2008), infatti, fa riferimento solo alle traversie di "Nazirock".
Francamente credo che sia una sciocchezza. A Milano restò in cartellone a lungo, nel mio ricordo.