È nata una stella - Film (1954)

Rifacimento in chiave musicale del celeberrimo film di William Wellman, di gran lunga superiore all'orignale per una serie di motivi, fra cui non ultimo il rivoluzionario utilizzo che fa del colore e del cinemascope. All'ascesa di una stella corrisponde inevitabilmente il tramonto di un'altra. Signori e signore, questa è la cinica logica che sta dietro a Hollywood. Apoteosi dello star system.

Bellissimo film di George Cukor, rappresenta il rifacimento di una vecchia opera di Wellman a cui aggiunge la componente musicale. Si tratta di una delle più approfondite (e probabilmente veritiere) indagini cinematografiche sul mondo dello star system con riferimenti a molti personaggi reali ed una magistrale interpretazione della Garland che rivela tutti gli aspetti del suo grandissimo talento.

Remake musicale, per una volta più riuscito dell'originale, di un film di Wellman. Crudo, drammatico ma anche ironico, divertente e soprattutto appassionante ed emozionante. Merito della regia magistrale del grande Cukor che usa in maniera funzionale e sorprendente il colore ed il cinemascope (grazie anche al lavoro di Sam Leavitt) e dell'ottima prova dei due attori principali: Judy Garland e James Mason. Meraviglioso.

Splendido remake musicale dell'omonimo film di Wellman del 1937, con Judy Garland nei panni di un'attrice che guadagna il successo con l'aiuto di una star in declino. Ma a che prezzo! Uno dei rari casi in cui un regista interno allo star system riesce a svelarne la vera natura: nonostante gli splendidi numeri musicali, il grandioso senso figurativo e le performances magistrali, è un film profondamente tragico. Degno ritorno sullo schermo per la Garland dopo quattro anni di assenza.

Per molti critici il capolavoro di Cukor, è sicuramente uno dei più violenti attacchi all'industria cinematografica hollywoodiana, anche se a mio parere il messaggio finale (l'ascesa di una star corrisponde irrimediabilmente con il declino e la fine di un'altra) è ancora più potente del film in sé, benché non manchino le sequenze "forti" (si pensi alla commovente uscita di scena di un sempre immenso James Mason). Chiaramente non mancano i tanti (forse troppi) numeri musicali e canori che mettono in risalto le qualità di Judy Garland.

La storia è quella più volte portata sugli schermi di una coppia in cui all'ascesa di lei nel campo cinematografico oppure musicale come in questo caso, corrisponde nello stesso campo la progressiva decadenza di lui, in una riproposizione tragica del mito di Pigmalione. Questa è la versione più bella, probabilmente inarrivabile, grazie alla regia sensibile di Cukor e alla grande prova dei protagonisti: per Mason l'ennesima interpretazione impeccabile, per Garland il ruolo della vita, anche se è impossibile non farsi suggestionare dal precoce declino dell'attrice nella vita reale. 

Famoso attore in crisi scopre una giovane cantante. Quadro lucido dei meccanismi di Hollywood tra agenti spietati e il tempo che non perdona. La parabola inversa dei due protagonisti è narrata in una durata extralarge (nella versione restaurata) in cui si apprezzano le doti recitative di Mason e canore della Garland. In quest’ultima si denota una certa fatica nell’affrontare i molteplici numeri danzanti. Cukor sfrutta bene gli spazi ampi degli Studios e si destreggia tra riprese di massa o più introspettive. Conclusione che non fa sconti, inferiore a quella di Viale del tramonto.

Non bella e persino sgraziata, ma così indifferente al divismo, così refrattaria al narcisismo, da far erompere il proprio talento in modo del tutto spontaneo. La voce di Judy Garland è un'onda anomala che smuove dalla poltrona, il suo corpo che danza una forza indomabile della natura, gli occhi due finestre aperte sull'anima. George Cukor la aiuta a discendere dal regno di Oz a quello degli umani, per sposare e redimere la propria ombra, James Mason, in una vertigine metacinematografica di struggente perfezione. Un capolavoro.