Io ti lascio per una donna più giovane. Ah si? Allora anche io ti lascio per un uomo più giovane. Sommariamente è questo il contenuto dell'opera che ha come fine ultimo l'analisi della "middle class" americana. Apprezzabili sono i movimenti di camera nonchè la grande interpretazione di John Marley e Gena Rowlands che danno davvero un senso di realismo all'intero lungometraggio.
I volti di Maria e di Richard ci guardano attraverso le sbarre di quella gabbia dorata che è il loro pallido menage, la loro vita agiata ma priva di stimoli. Una stasi interrotta da trasgressioni prevedibili, inutili, lo stupore alcolico come espediente per raccontarsi verità altrettanto inutili. La prostituta Jeannie e il giovane Chet sono altre voci del coro di questa tragedia americana senza catarsi. Lento e intenso.
MEMORABILE: La visita di Richard nell'appartamento di Jeannie.
Un grandissimo film di attori... e che attori! Un rapporto tormentato tra marito e moglie, lo spettro della separazione che prende forma, la voglia per entrambi di cambiare e ritornare a vivere. Cassavetes si aggrappa alle psicologie del corpo attoriale con spiccata attenzione: accarezza i suoi protagonisti, ne sviscera l’animo le angosce e le paure; scruta attentamente i volti, ne decodifica le sensazioni amplificandole e facendole arrivare allo spettatore, purissime. Gena Rowlands e Lynn Carlin di ammaliante intensità e bellezza.
Visto ora il film è datato, nel senso che mostra una middle class americana che ora non c'è più; la middle class attuale ha altri comportamenti, il mondo ha altri comportamenti. Visto nel famoso 68 del secolo scorso avrà avuto critiche che non sono certo quelle che si possono fare visionandolo oggi. Le originali tecniche di ripresa invece non sono databili, come pure le ottime interpretazioni (farei eccezione per l'eccesso di risate, forzate e futili. Volutamente?). Ho preferito i momenti in casa di Maria, con le amiche e Chet. Più veritieri.
Pesantissimo mattone sociologicamente e psicologicamente discutibile, Volti appare sin da subito un'opera fighetta e borghese che fintamente tenta l'autocritica generando dialoghi evanescenti e stucchevoli. L'oceanica durata (fortunatamente la versione da 220 minuti è irreperibile) mette a dura prova l'attenzione dello spettatore. Da salvare la costruzione dell'immagine, assolutamente da bocciare le performance attoriali che, fra balletti improvvisati e canzoncine a cappella, mi hanno veramente irritato. *!
La dolce vita secondo Cassavetes? Fate i vostri conti. Le intenzioni erano buone, qua e là qualche spunto efficace si avverte pure, ma il tutto affoga in un mare di riprese traballanti, interminabili momenti di euforia, tempi volutamente morti e stucchevoli piani d'ascolto che avrebbero fatto la gioia di Pasolini. Qualche flash di inattesa lucidità colpisce, ma poi si ritorna a vaneggiare e la noia riemerge inesorabile. Si vocifera di versioni da 160 ore, da 4 ore, 2 ore e il pensiero va inevitabilmente al cineforum del Riccardelli.
Regia e attori. Macchina a mano e improvvisazione. Un canovaccio sulla crisi della middle class. Delle oltre 17 ore di girato, quello che resta sono 124 minuti di chiacchiere e risate, isterismi e barzellette, rimbrotti e tradimenti. Non è che vada giù tutto d'un sorso: tra i film di Cassavetes, Volti è il più ostico, quello che chiede di più allo spettatore estemporaneo. Eppure la bellezza delle inquadrature, la perfezione delle luci incoraggiano, seducono, e gli ultimi torrenziali quaranta minuti irrompono con una forza d'urto che sconvolge e appaga. Carlin e Rowlands perforano lo schermo.
Buon film firmato John Cassavetes. Regia e attori (su tutti Gena Rowlands) da applausi. Storia, forse, difficilmente "digeribile" ma che comunque si fa apprezzare per come affronta temi di coppia, ricordando un po' in questo Ingmar Bergman. Lento ma non noioso.
Il film è diviso in tanti spezzoni, eppure il filo conduttore è quello di una coppia in crisi che cerca di allontanarsi dall'altro sostituendo l'oggetto del desiderio. La sceneggiatura è un fiume di parole in piena a cui a volte è difficile stare dietro. Le situazioni si ripetono con una certa ciclicità e l'essere umano ne esce con le ossa rotte, in quanto debole e incline a mal sopportare la quotidianità. Non il migliore film di Cassavetes ma il finale regala buone emozioni.
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