L'imperatore di Roma è Gerry Sperandeo, un morto che cammina, spazzatura da ospedale psichiatrico. Gerry è un sopravvissuto in una capitale senz'anima, livida, sporca, desolata. Gerry viaggia e la sua è un'odissea circolare, un loop editato male, assai fastidioso da ascoltare. La fine è tanto improvvisa quanto banale. Nei film non si muore così, mai.
Un film interessante ed eroico; girato senza audio e purtroppo doppiato malamente, racconta le scorribande di un tossico romano sino al delirio finale, dove immagina una rivoluzione di cui lui è l'imperatore. Il protagonista è un vero tossicodipendente. D'Alessandria, con due lire, rilegge Accattone secondo gli anni ottanta. Gerry è un non redento, coerente con la sua scelta, senza patetismi né retorica del tossico sfortunato. Un film particolare, piccola stella isolata di un regista ai margini di ogni ufficialità.
MEMORABILE: "So er fjo der canaro bbianco, er mejo killer de New York". Gerry che mima "The narrow way" dei Pink Floyd in camera sua.
C'era veramente bisogno di girarlo in bianco e nero? Oppure D'Alessandria aveva pretese neorealiste? Mah. Fatto sta che il film, per quanto singolare sia (ma neanche più di tanto), non aggiunge niente a quanto detto da Amore Tossico o Christiane F., anzi: con il suo approccio, a metà tra lo studentello e l'artistoide, il regista ci consegna solo un'alternanza tra scene tipiche del genere e momenti di noia mortale. Possiamo pure trovarci tutti i significati profondi del caso, in fin dei conti va di moda così, ma il cinema eroico è tutt'altra cosa.
Nonostante la confezione low-fi (l'audio pare quello dei film ridoppiati in dialetto che imperversano sul web), il film si lascia seguire senza affanno, risucchiando lo spettatore in una torrida apatia come un pomeriggio d'Agosto fra i marmi bollenti dell'Anfiteatro Flavio. Roma come raramente la si è fotografata (scorribande di Moretti in Vespa e battute di pesca nel Tevere a Ferragosto esclusi). La città delle fontanelle, delle chiese, dei gatti. La città dove non c'è lavoro come quella avversata/amata da Remo Remotti. E come Remotti, come Citti, come Pasolini, Nico D'Alessandria è un poeta.
Canicolare e soffocante, per me commovente nella descrizione di un diasagio psichico troppo profondo per essere guarito: veramente un bel film. Gerry vaga per la Roma monumentale, dove D'Alessandria ambienta con coraggio la storia, portandosi dietro i suoi fantasmi e facendosi trascinare dai suoi deliri. Non si trova nemmeno un piccolo appiglio: manca la solidarietà tra ultimi dell'Amore tossico e l'emarginazione pasoliniana dei diseredati assume qui carattere individuale e straniante. Emotivamente difficile arrivare alla fine. Eroica povertà di mezzi.
Le giornate errabonde di un tossico nel centro di Roma, raccontate con sguardo pseudodocumentaristico (qualche scena fintissima), con un occhio a Morissey e uno a Pasolini. Ma qui i due registi sono echeggiati solo superficialmente: non c'è interpretazione, solo un insistito close-up narrativo eroicizzante su un personaggio per il quale si dovrebbe provare simpatia contro la società indifferente. Ma è più che altro un'operazione estetizzante con la scelta del b/n spia di una volontà autoriale, peraltro inconsistente. Sciatto e noioso.
Tra Accattone e Amore tossico, Gerry ci piace fin da subito: la sua estraneità alla società inizialmente ci diverte, poi via via ci rattrista. Di buono c'è la naturalezza con la quale è interpretato (pare sia tutto vero). In particolare tutto il film pulsa di realismo, tra una Roma fotografata particolarmente e il motivo sonoro che, se pur ripetitivo contribuisce a dare spessore al tutto; proprio come il b/n che, sebbene abusato nel "cinema indipendente", qui si sposa bene alla non-dimensione rappresentata. Anche i monologhi sono interessanti.
L'Imperatore di Roma è l'ultimo dei sudditi, pupo di latta manovrato dal Grande Burattinaio-pusher.
E' Robin Hood battezzato di whisky scadente, è Don Chisciotte che ruba le mutandine di Dulcinea, naufrago che affida ad una bottiglia vuota un messaggio mai scritto e mai letto: il proclama di un vinto. E' un poeta che le sue ultime ore non le svende al sonno, le regala ad un fantastico trip che riveste Roma della grandiosità perduta, la redime dallo sfacelo. Quella Mamma Roma divenuta matrigna che, per la morte del suo Imperatore, non verserà una lacrima. Film da amare o da odiare: io lo amo!
MEMORABILE: Le musiche dei Can; la "trasfigurazione" poetico-lisergica di Roma nel soliloquio di Gerry; il professore.
La vita quotidiana del tossicodipendente Jerry raccontata senza alcun moralismo né giudizio ma in tutta la sua realtà alienata e alienante. Tecnicamente grezzissimo e realizzato con mezzi di fortuna, è un film di una potenza e un'onestà tali che supera ogni limitazione tecnica, quando queste non favoriscono l'impatto sullo spettatore. Indimenticabile la Città Eterna rappresentata, una città in cui i monumenti antichi convivono col grigiore urbano e sociale: luminosa, squallida e decadente, ma incredibilmente bellissima.
MEMORABILE: Il "vero" monumento ai caduti; Jerry: "Lanciamo un messaggio" lanciando una bottiglia vuota nel Tevere.
D’Alessandria segue con la mdp la vita randagia di Gerry tra alcool, droga e ospedali in un girovagare senza meta tra rovine antiche e moderne di una Roma assolata e desolata, che assiste indifferente, mentre lo sguardo del regista, senza giudizi e abbellimenti e con evidenti riferimenti al primo Pasolini, appare partecipe. Il risultato è inevitabilmente sconnesso (come nel monologo finale), eppure di sicuro impatto, grazie al b/n che enfatizza la desolazione di un’esistenza senza redenzione.
MEMORABILE: L’ombra di Gerry col piccone; “The Narrow Way” dei Pink Floyd; L’ufficio del giudice nel sottoscala; La ricorrente presenza dei gatti.
Un tossicodipendente gira senza una meta precisa lungo le strade di Roma vivendo una libertà folle che lo distrugge a ogni passo. Mentre il mondo moderno lo ignora o lo schifa, quello antico sembra essere l'unico che riesce a comprenderlo. E' un film anticonvenzionale e allo stesso tempo molto poetico che abbraccia il mondo dei diseredati mostrandoli nella loro nudità. Anche sulla terra esistono universi paralleli e inafferrabili, proprio come il protagonista.
La giornata inutile di un tossicomane, tra piccoli furti, elemosina e tanto squallore urbano. Nico D'Alessandro ha capito tutto. Con uno stile quasi amatoriale ci porta in giro per Roma in compagnia di Gerardo Sperandini (tossicomane anche nella realtà). Ci sentiamo insieme a lui, in quel periodo storico. Respiriamo quell'atmosfera. Un realismo incredibile per un film straordinario, sperimentale, ma che affascina minuto dopo minuto. Quasi un capolavoro. Da riscoprire urgentemente.
Gerry non ha il carisma, né la simpatia, né la grinta disperata del Cesare di Amore tossico (né, verosimilmente, la stessa consapevolezza nella collaborazione con il rispettivo regista): proprio per questo a furia di seguirlo nelle sue infinite camminate si finisce per affezionarsi alla sua indolenza e al suo candore. Un film importante, tanto documentaristico quanto visionario, che ripensa i fondamenti del neorealismo (la poetica del "pedinamento", per l'appunto) attribuendo al decadente bianco e nero una funzione del tutto post-moderna (con l'apporto fondamentale delle musiche).
MEMORABILE: Le colonie feline; Le grate; La lettera alla ex-moglie; "Scusa che c'hai cento lire?".
In una Roma dechirichiana, scomposta in una serie di solidi scolpiti da un sole abbacinante e intagliata in un b/n post neorealista, si trascina Gerry, figlio degenere di genitori fieri ma schiacciati: è il tossicodipendente che parlotta attorno ad un fuoco, che elemosina sigarette e cento lire per la pizza con le patate, che vagola nudo tra i monumenti e si intrufola negli autobus per mettere qualcosa nello stomaco. Ritratto lirico, ma non barocco, di un personaggio unico nel suo genere, persino avvolto da una certa pasoliniana aura di misticismo (il finale). Ottima O.S.T. new wave.
Un febbrile vagare senza meta tra le vestigia e i monumenti di una Roma assolata e straniante, come perfetto contrappeso alla precarietà e alla fragilità di un giovane tossicodipendente vicino al delirio di onnipotenza, ma ancora presente (nelle sue necessità vitali). Il low budget è palese ma non indebolisce, anzi esalta la veridicità di un'emarginazione voluta/subita nello stesso tempo; si percepisce il richiamo al primo Pasolini anche in virtù dell'assenza di moralismo e di commiserazione facile. Musica (forse un po' sovrabbondante) ma coerente con l'epoca evocata.
Tossicomane vaga per Roma cercando di dare un senso al suo quotidiano. Neorealismo con una educata e rilassata dipendenza che non attribuisce colpe al sistema, come fosse un fatto privato. Protagonista ovviamente nella parte in quanto realmente drogato e alcolizzato, ma che mantiene una certa dignità anche quando va oltre il limite. Scene abbastanza forti o comunque esplicite con il risultato che poi la società tira le somme, e tra furti e offese al pudore ci sono ovvie conseguenze. Scarse le scene con il padre o con altri personaggi.
MEMORABILE: Nudo per la città; Sniffare sugli scalini; Le mutandine gettate.
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La lontananza mi sta facendo brutti scherzi...scusa!
In effetti la cosa buffa, e se vogliamo geniale, è proprio l'imperfezione della citazione: mentre Pasolini chiude il film in maniera tragica con la frase "mo sto bene", D'Alessandria invece fa rialzare il suo protagonista e lo fa smadonnare in mezzo alla strada prima di riprendere, sempre con calma, la sua via crucis.
DiscussioneZender • 29/04/11 11:28 Capo scrivano - 47698 interventi
Il regista Nico D'Alessandria appare in un piccolo cameo: è il guidatore fermo al semaforo che acquista un accendino dal venditore ambulante (attorno al minuto 12).
Il film mi piaque moltissimo...lo vidi due volte di fila nell'edizione in DVD distribuita dal regista stesso. Rimasi (ovviamente positivamente) sconvolto nella scena dove Sperandini mima "The Narrow Way pt.2"
DiscussioneZender • 17/06/11 18:56 Capo scrivano - 47698 interventi
ShangaiJoe ebbe a dire: Il film mi piaque moltissimo...lo vidi due volte di fila nell'edizione in DVD distribuita dal regista stesso. Rimasi (ovviamente positivamente) sconvolto nella scena dove Sperandini mima "The Narrow Way pt.2" Questa poi... dovrei vederlo solo per questo :)
Il film è del 1988 (uscito il 12 maggio 1988 secondo imdb)
DiscussioneAlex75 • 26/10/16 17:51 Call center Davinotti - 709 interventi
Mauro ebbe a dire: Il film è del 1988 (uscito il 12 maggio 1988 secondo imdb)
E' uscito nel 1988, ma è stato girato presumibilmente nell'estate del 1985 (nella scena in cui Gerry chiede le monetine ai passanti per comprarsi la pizza a un certo punto viene inquadrato uno striscione che pubblicizza una mostra tenutasi dall'aprile all'ottobre di quell'anno).
MusicheAlex75 • 26/10/16 17:59 Call center Davinotti - 709 interventi
Nella sua stanza, Gerry ascolta il secondo volume del doppio album dei Pink Floyd "Ummagumma", di cui si sentono tre estratti:
1. Il brano rumoristico di Roger Waters "Several Species of Small Furry Animals Gathered Together in a Cave and Grooving with a Pict"
https://www.youtube.com/watch?v=Q9gf0_vRaEE
DiscussioneAlex75 • 26/10/16 18:06 Call center Davinotti - 709 interventi
Un ricordo di Nico D'Alessandria, un'intervista in cui si parla anche de L'Imperatore di Roma e di Gerry Sperandini e un articolo in cui si racconta la storia del film e della sua realizzazione.