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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

A Central Park un rapper nero di successo fa sesso con due ragazze bianche, una bionda e una mora. Stacco. Lui da una parte (allo studio di registrazione e con gli amici), la bionda dall'altra (a tavola coi genitori e il padre che la attacca dandole della perditempo). Montaggio alternato, black and white: sembra di aver individuato i protagonisti e invece no, il film è corale e affronta la questione razziale senza porla necessariamente al centro. Certo, si parla di giovani ragazze che si divertono ad entrare nel gruppo dei "niggas", di una giovane filmaker (Shields con piercing al naso) che decide di girare un documentario su di loro. Ma anche di un cestista (Houston) che sta assieme a una splendida...Leggi tutto ragazza (una Schiffer acqua e sapone) e viene approciato da uno scommettitore che gli chiede di truccare una partita (Stiller). Da qui una serie di vicissitudini che ci portano in disco o a party casalinghi dove tra gli invitati incontriamo pure Mike Tyson nella parte di se stesso (un ruolo piuttosto consistente, a sorpresa) e dove la bionda dell'inizio viene raggiunta dal suo ragazzo infuriato (Wood). Insomma, se ci aggiungiamo pure attori del calibro di Robert Downey jr. (il fidanzato gay della filmaker), Jared Leto o Joe Pantoliano capiamo quanto il cast sia folto di nomi importanti. Purtroppo questo non basta a fare il film, che invece si perde in dialoghi spesso con più "fuck" che parole e si limita a testimoniare il quotidiano dei tanti personaggi in scena agendo tra sesso e malavita, grandi domande cui trovare difficili risposte e superficiali riflessioni sul significato della cultura hip hop e rap. Ma l'ottica è in buona parte quella dei giovani, quindi non sarebbe nemmeno corretto pretendere troppa maturità da chi non ha ancora le idee chiare su nulla. Stiller tra le figure di secondo piano è tra le più importanti e spicca rispetto alle prime linee, meno carismatiche. Il suo segmento (che spiazza bene cambiando quasi subito le carte in tavola) è intrecciato a quello del cestista e di una Schiffer dal corpo statuario, pure impegnata nelle toilette in una scena "hot". New York fa da sfondo un po' ovvio per un film realizzato senza troppa inventiva e che si limita a un'osservazione neutra del rapporto tra bianchi e neri su cui innestare un'unica breve storia (quella di Houston) che tocca marginalmente un po' tutti ma che viene condita da troppe scene in grado di dire davvero poco, ricettacolo di filosofeggiamenti tirati via e tediose considerazioni sulle nuove generazioni, che nel frattempo magari rappano al volo riempiendo un altro po' di metri di pellicola. Alla fine, eliminando il superfluo, ciò che resta è quasi nulla.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 14/12/17 DAL DAVINOTTI
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