Intervista a Isabel Russinova

17 Settembre 2015

GLI ANNI DI ISABEL


Interprete, scrittrice, drammaturga e produttrice, Isabel Russinova è oggi un’artista completa. Eppure il massimo della notorietà la ottenne negli anni Ottanta quando, grazie alla sua raffinata e prorompente bellezza, riuscì a combinare impegni televisivi, moda e tanto cinema. Nonostante un passato così rilevante, di lei in rete si trovano scarse informazioni riguardo a quegli anni, visto che quasi tutte (anche giustamente, sia chiaro) sono legate al suo presente. Compito di questa intervista è colmare questo gap attraverso un colloquio che “svisceri” in forma cronologica la sua lunga carriera, dagli esordi fino alla consacrazione e, quindi, alla maturità.


Ciao Isabel, innanzitutto ti ringrazio per la disponibilità concessami. Mi auguro che questo “viaggio” nel passato sia per te una piacevole riscoperta di fatti, avvenimenti e persone.  Leggo sulla tua biografia che dopo gli studi hai esordito nei primissimi anni Ottanta come modella e assistente redattrice in alcune testate giornalistiche nel settore della moda, trasferendoti dalla tua città (Trieste) a Milano…
ISABEL:
È stato un momento intenso e importante; ero molto giovane, curiosa e coraggiosa (lo sono ancora) e, come tutti i giovani, anche un po’ incosciente (ora sono prudente); ho vissuto set importanti, conosciuto persone interessanti, ho viaggiato. Uno dei ricordi più intensi di quella fase della mia vita va al breve incontro avuto a New York con Gia Carangi, carismatica e sfortunata modella scomparsa troppo presto. Il mio ricordo di Milano negli anni Ottanta invece è quello di una città fantastica, accogliente, efficiente, interessante, aperta; come New York, come Parigi. Una città cosmopolita, un punto di riferimento importante, basilare, mèta necessaria per il mondo della moda e non solo. Una città che mi ha accompagnato con generosità a compiere i prima passi nel mondo delle opportunità.

Purtroppo Milano e in generale l’Italia non hanno più quell’attrazione di un tempo…
ISABEL:
Le condizioni storiche, politiche e sociali così tese e pericolose che stiamo vivendo, la crisi economica mondiale che porta ad un'instabilità totale dove i popoli, alcuni faticosamente, altri drammaticamente, cercano di rincorrere un futuro accogliente in uno scenario nebuloso e pericoloso, segna in maniera sempre più netta la differenze dal nostro recente passato, soprattutto in rapportato alla fiducia e alla serenità. Gli anni Ottanta dovevano affrontare la coda degli anni di piombo e della guerra fredda, ma vivevano la spinta all’ottimismo e alla conquista del benessere e alla crescita. Milano comunque resta sempre la città delle opportunità: è sempre aperta, civile, efficiente e affascinante.

Nel 1983, durante una tua ospitata alla trasmissione “Pronto Raffaella?” la Carrà ti chiese dei tuoi esordi nella moda e tu dichiarasti: “Ho anche un po’ di nostalgia di quel periodo, perché è un lavoro che mi piaceva moltissimo”. Mi riconfermi questa passione?
ISABEL:
Negli anni Ottanta stavano crescendo anche le opportunità nel mondo della televisione commerciale e Milano era un grande punto di riferimento pure per questo. Sono approdata alla televisione attraverso la selezione di casting presso le agenzie di pubblicità e di moda.

Nel 1982 partecipasti alla trasmissione “Cipria” condotta dal compianto Enzo Tortora. Come ci arrivasti e che ruolo avevi avuto?
ISABEL:
Appunto, partecipai al casting e fui selezionata.

Quando ti sei trasferita a Roma?
ISABEL:
Ho continuato a lungo la vita da pendolare. Ho scelto Roma alla fine degli anni Ottanta.

Sul finire del 1982 arriva la tua grande occasione, perché diventi una delle conduttrici di “Discoring” su RaiUno. Un bagno di popolarità che presumo sia stato per te fondamentale; diciamo una spinta alla tua carriera. Come ci sei arrivata e come ti sei trovata in questo frangente?
ISABEL:
Sempre attraverso la selezione di un casting.

Accanto a te c’erano a condurre due ragazze assai loquaci (nel senso buono del termine, sia chiaro): Anna Pettinelli ed Emanuela Falcetti. Come sono stati i rapporti con le tue colleghe?
ISABEL:
Buoni. Generalmente ho sempre cercato di instaurare rapporti amichevoli e cordiali con i compagni di lavoro; rispetto troppo le opportunità della vita e il lavoro, che è tra le più alte, non può essere “sporcato” con atteggiamenti sbagliati, arroganza, superbia. Dalla stupidità ho sempre cercato di stare molto lontana. Certo, eravamo molto diverse e oggi i nostri percorsi lo dimostrano. Con Anna ci incontriamo qualche volta, lei è sempre splendida, simpatica, solare e talentuosa, come del resto lo è sua figlia. Con Emanuela è capitato molto raramente di incontrarci.

A quel tempo eri valutata dalla stampa come “la bella” del trio. Ti seccava questa sorta di catalogazione?
ISABEL:
Non più di tanto; perché avrei dovuto? Posso dire che ho sempre ritenuto superficiali e scontati i giudizi come questo e ho sempre diffidato delle persone superficiali: sono vuote e poco interessanti, non possono coinvolgere un’anima curiosa come me e così sono andata sempre per la mia strada.

In questa trasmissione starai per due stagioni. Fosti tu ad abbandonare o fu solo un normale ricambio, per così dire, di gestione?
ISABEL:
Entrambe le cose. Io avevo già preso accordi con “Linea verde” di Federico Fazzuoli, ero molto felice di lavorare con lui e nello stesso tempo guardavo al cinema, studiavo, leggevo molto, stavo cercando la mia strada.

A proposito di musica, nel 1983 sarai una delle conduttrici del “Festival di Sanremo”. Ricordo che eri comprensibilmente in tensione (sei in buona compagnia, perché quella kermesse ha tradito persino gli istrioni del palcoscenico!). Che ricordi hai di quell’esperienza?
ISABEL:
Era la prima volta che solcavo un palcoscenico, la prima volta che mi trovavo in diretta davanti a un pubblico così difficile. A ripensarci ora mi rendo conto di quanto sono stata coraggiosa, curiosa e incosciente insieme. Non avevo considerato - non potevo farlo allora, non avevo ancora gli strumenti, ero troppo “pulita” e troppo “sola” - i tanti veleni, le cattiverie, le invidie, gli interessi che gravitavano (e gravitano ancora) intorno a un’opportunità come Sanremo. Comunque sono sopravvissuta.

Festival peraltro condotto con voi ragazze di “Discoring” da Andrea Giordana, un grande del teatro, forse apparso un po’ fuori luogo in quel contesto…
ISABEL:
Andrea Giordana è un grande attore e una bella persona, sensibile, attento, elegante, mai sguaiato, mai volgare, mai eccentrico né ordinario. Forse per questo pensi sia stato fuori ruolo? Credo che ci sia differenza tra la personalità di un attore e quella di uno showman. Quest’ultimo fa valere la propria personalità, è il suo ego al centro. L’attore è un introspettivo, entra nella psiche e nell’animo di un personaggio, cancella se stesso per diventare un altro e vuol essere sempre credibile. Un bravo attore (che è quasi sempre timido, schivo, introverso) deve far dimenticare chi è per poter raccontare il personaggio che va ad interpretare e così restituire al pubblico “una verità”.

In quell’anno mi risulta che tu sia stata conduttrice anche di una manifestazione musicale denominata “Bormio Estate ‘83” con i “Gatti di Vicolo Miracoli”. Immagino una delle molte manifestazioni estive a cui partecipavi in veste di presentatrice o madrina; insomma, bei tempi per lo spettacolo…
ISABEL:
Certo, dopo Sanremo era una continua richiesta di disponibilità per eventi in tournée. Il successo televisivo ha questo potere, allora in particolare. Ora le cose sono cambiate, la televisione è cambiata, o meglio la società è cambiata. Ora nel mondo globalizzato chi fa da padrone è il web.

Con le tue produzioni ti stai adeguando ai tempi?
ISABEL:
Io ho scelto di raccontare delle storie, soprattutto quelle che chiedono di essere raccontate. In particolare m’interessa il punto di vista della donna. Desidero offrire al pubblico storie capaci di stimolare riflessioni ed emozioni, amo molto la contaminazione di generi (teatro, cinema, musica, arti figurative), linguaggi e strumenti che la creatività ha a disposizione per arrivare al pubblico. Inseguo prodotti senza scadenza di tempo, che continuano ad essere richiesti da festival, da circuiti teatrali e cinematografici, che possono essere presenti sempre nelle cineteche (home video) e in rete.

Il tuo primo ruolo al cinema fu, se non erro, nel film “Si ringrazia la Regione Puglia per averci fornito i milanesi” (1982): una breve scena con Giorgio Porcaro e un giovane Massimo Boldi fuori dalla stazione Centrale di Milano…
ISABEL:
No, non fu il mio primo “ruolo”: quella partecipazione è precedente. È il semplice risultato di un casting come modella a Milano. La produzione aveva organizzato provini presso le agenzie di moda e pubblicità per quel piccolo ruolo (apparizione) e Laurenti scelse me.

Nel 1983 “sfruttarono” la tua presenza sul palco del “Festival di Sanremo” per inserirti in una scena del film "FF.SS. Cioè… che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?” diretto da Renzo Arbore.
ISABEL:
Ho un ricordo bellissimo di quell’esperienza sul set a Roma, con Benigni, Pietra Montecorvino, Renzo Arbore e Luciano de Crescenzo. Ci si vedeva anche dopo il set, ricordo una bellissima energia.

Nel 1984 ti vediamo nel film “Delitto in Formula Uno”, diretto da Sergio Corbucci con il mitico Tomas Milian.
ISABEL:
Un altro bellissimo ricordo (continuavo a dividermi tra Milano e Roma con impegni televisivi). Tomas Milian è dolcissimo, professionale, gentile, carismatico, simpatico e un grande attore.

Nello stesso anno prendi parte agli sceneggiati “Un delitto” di Salvatore Nocita e all’episodio “Sahara” della serie tv “Due assi per un turbo”. Hai qualche ricordo di queste due esperienze?
ISABEL:
Stimo molto Salvatore Nocita: devo a lui il mio debutto come attrice. Ho una bellissima memoria di quei giorni; ricordo le chiacchierate sul set con Margareth Mazzantini; un giorno in segno di amicizia ci siamo scambiate degli orecchini (grandi foglie dai bordi lisci i suoi, aquile stilizzate i miei)...

Nel 1985 sei accanto a Giuliano Gemma in un ruolo (da indiana) nella non molto fortunata trasposizione cinematografica di un noto fumetto western: “Tex e il signore degli abissi”. La regia è di Duccio Tessari.
ISABEL:
Girammo in Spagna, ad Almeria: fantastica, antico insediamento fenicio poi porto romano, caposaldo arabo, circondato da meravigliose sierre... luoghi meravigliosi, un’esperienza bellissima. Con Giuliano avevo già lavorato. Allora non sapevo che dopo qualche anno saremmo diventati anche vicini di casa. Che persona straordinaria Giuliano: dolce, generoso, umile, accomodante, gentile, sensibile, sentimentale, onesto e modesto. Tornando a Tex ricordo la lunghissima preparazione al trucco: entravo “bionda mittel-europea” e uscivo “squaw”, con Tessari che diceva: “Ti ho scelta perché volevo una principessa indiana che rispondesse all’immaginario; la tua faccia può essere qualsiasi cosa: i tuoi zigomi, le tue proporzioni, permettono ogni cambiamento; sei fortunata, hai una movie face”. Sul set c’era un altro amico, grandissimo interprete, un’altra persona interessantissima: Flavio Bucci (con lui abbiamo lavorato altre volte insieme, ricordo la serie de La dottoressa Giò).

In quell’anno tu presi parte alla commedia sul mondo del calcio “Mezzo destro mezzo sinistro - Due calciatori nel pallone”, con gli allora noti cabarettisti Gigi (Sammarchi) e Andrea (Roncato). Regia di Sergio Martino.
ISABEL:
Ricordo in quegli anni il faticoso incastro tra i miei impegni televisivi (“Linea Verde”) e il cinema. In quel caso, le pose sulla riviera Adriatica. In seguito ho lavorato altre volte con Sergio Martino.

Con Sergio Martino lavorerai diverse volte.
ISABEL:
Sergio mi ha diretto anche in “A due passi dal cielo”, film tv della RAI (anno 1999) su un mio soggetto originale con tra gli altri (oltre a me) Giulia Boschi e Pino Quartullo. Abbiamo girato a Torino. Io avevo avuto da pochi mesi mio figlio Antonio, che naturalmente avevo portato con me sul set (com’è sempre stato). Ricordo un gran daffare tra un ciak e l’altro con pannolini, poppate e gingilli. Il lavoro è stato un bel successo e ne ho tratto una bella soddisfazione. Voglio molto bene a Sergio, come ne ho voluto tanto anche a Luciano suo fratello, produttore, sceneggiatore, regista, geniale protagonista del cinema italiano.

Sempre nel 1985 partecipi all’episodio “Addio Raffaello” della bella (ma poco fortunata) serie televisiva “Caccia al ladro d’autore”, dove interpretavi una restauratrice di dipinti rumena, accanto al compianto Giuliano Gemma.
ISABEL:
Per la regia di Tonino Valerii, ottimo professionista e persona dolcissima. In quegli anni girai anche “Due assi per un Turbo” con Adolfo Celi e Philip Leroy, per la regia di Stelvio Massi, maestro degli “action-movie” italiani. Girammo in Tunisia, all’interno, nel magnifico deserto tunisino, natura, storia millenaria, scenari indimenticabili.

La regia di “Caccia al ladro d’autore” mi risulta però essere di Sergio Martino. C’era una scena in cui con Gemma guardavi il palio di Siena.
ISABEL:
I due registi si sono divisi la regia degli episodi.

Nel 1986 (non accreditata) partecipasti a un film a me sconosciuto: “Momo”.
ISABEL:
La trasposizione cinematografica di Momo, il capolavoro di Ende, diretta da J. Shaaf, una produzione internazionale: Leopoldo Trieste, John Huston, Mario Adorf, Ninetto Davoli... Il mio era un piccolo ruolo ma interessante, una sorta di “spietata Barbie” del mondo dei terribili uomini grigi. Bella esperienza.

Quell’anno partecipi al film diretto da Dino Risi “Il commissario Lo Gatto” accanto a Lino Banfi.
ISABEL:
Dino Risi è stato uno dei registi che ho amato di più.

Hai avuto altre occasioni di lavorare con lui?
ISABEL:
Avevamo lavorato su un’idea che poi non siamo riusciti a realizzare.

E di Lino Banfi cosa mi dici?
ISABEL:
Bella persona, grande attore.

Durante l’estate del 1986 tu prendi parte all’episodio “La donna che sapeva troppo”, della serie tv “Professione vacanze”, con Jerry Calà (per la cronaca la serie andò in onda nella primavera del 1987), girata in Puglia presso il villaggio turistico “Cala Corvino” di Monopoli. Che ricordo hai di quell’esperienza?
ISABEL:
È stato divertente. Jerry è davvero contagiosamente simpatico. Con Vittorio De Sisti si creò un buon feeling; non a caso fu il regista del mio primo film da produttrice, Assassini per caso, prodotto con la Rai nel 2000 (firmai soggetto originale e sceneggiatura - premio miglior soggetto originale Festival di Salerno e anche miglior attrice).

Sempre quell’anno conduci lo spettacolo “Estate disco ’86”. Il fatto curioso è che accanto a te avevi come aiutante un ragazzo destinato a fare carriera… un certo Fabio Fazio!
ISABEL:
Ricordo quell’esperienza! Fabio era come adesso: carino, serio, professionale e intelligentissimo.

A proposito di Fazio, sei mai stata ospite a “Che tempo cha fa”?
ISABEL:
No non c’è stata l’opportunità, ma potrebbe capitare.

Nel 1987 hai una parte nel film di Carlo Vanzina “I miei primi 40 anni”, accanto a una tua “contendente” in bellezza (peraltro protagonista di questa pellicola): Carol Alt.
ISABEL:
Sono stata felice di partecipare a quella pellicola. Stimo i fratelli Vanzina, considero i loro lavori attenti ed efficaci “affreschi cinematografici” abili a tratteggiare la nostra società dell’ultimo trentennio del Novecento.

Erano anni in cui conducevi in Rai “Linea verde”?
ISABEL:
Si, mi dividevo tra l’impegno televisivo (quasi a tempo pieno) e il cinema. Ho collaborato con Federico Fazzuoli per quasi tre anni. Un’esperienza importante, formativa, interessante e con Federico è cresciuto un rapporto di stima e vera amicizia.

Sempre nel 1987, accanto a Renato Pozzetto ed Enrico Montesano, interpreti Cora nella spassosa commedia “Noi uomini duri” (pellicola-sfottò del cosiddetto “rambismo” allora imperante), per la regia di Maurizio Ponzi. Che ricordo hai di quell’esperienza “avventurosa”?
ISABEL:
Una storia divertente, firmata da Maurizio Ponzi, interpretato da due maestri della comicità. Aiuto regista un giovanissimo Ozpetek; stavamo spesso insieme a parlare di cinema e di opportunità. Come tutti i giovani ci divertivamo, progettavamo, immaginavamo il nostro futuro.

Nel film c’erano molti attori e caratteristi. Hai avuto modo di interagire con loro dopo le riprese? Si dice per esempio che sia Pozzetto che Montesano - nonostante la loro comicità - fuori dal set siano parecchio seriosi.
ISABEL:
Ho avuto un buono e cordiale rapporto con entrambi fuori dal set; sono persone piacevoli e interessanti, artisti ironici e intelligenti. La loro lunga e bella carriera dimostra la loro grande professionalità e capacità.

Il film fu girato - oltre che in studio a Roma - in un rifugio nell’Italia centrale.
ISABEL:
Sì, abbiamo girato in Umbria in un settembre bellissimo.

Ancora nel 1987 partecipi all’episodio “A cena col vampiro” nella serie tv “Brividi giallo” accanto a George Hilton.
ISABEL:
Con George mi sono sentita proprio qualche giorno fa in occasione del suo compleanno. Con Lamberto Bava - che ha diretto la serie - ho tessuto un buon rapporto. Eravamo un cast di giovani attori e spesso ci siamo ritrovati ancora su altri set o sul palcoscenico.

Nel 1988 sei nel cast di uno degli episodi (“La legge del taglione”) della commedia vacanziera “Rimini Rimini un anno dopo”, per la regia di Bruno Corbucci. Con te Maurizio Micheli, Renzo Montagnani e Adriano Pappalardo.
ISABEL:
Sì, una commedia spensierata. Con Bruno Corbucci eravamo amici e avevamo già lavorato insieme. Sul set tanti colleghi che stimo con cui ho poi lavorato altre volte. Il mio pensiero comunque va a Renzo Montagnani: grandissimo attore, le sue interpretazioni hanno segnato il cinema di quegli anni.

Nello stesso anno sei accanto al mitico Bud Spencer nell’episodio “Boomerang” della serie tv “Big Man”.
ISABEL:
Una serie per la regia di Steno, grande signore che ha contribuito a disegnare la storia del cinema italiano e con un “grande” interprete, Bud Spencer. La cosa che mi ha più colpito di Bud è la sua gentilezza, galanteria, signorilità e serietà. 

Per te, altro ruolo in una fiction nell’anno 1988; stavolta sei diretta da Paolo Fondato (figlio del più noto regista Sergio Fondato) in “Cerco l’amore”.
ISABEL:
Paolo Fondato è un caro amico, abbiamo lavorato più volte insieme. Oltre in “Cerco l’amore” anche in “Ti ho adottato per simpatia” e ancora nella lunga serie (6 puntate) “L’ispettore anticrimine”, con Maurizio Donadoni, Irene Papas, Paolo Bonacelli, sempre per RAI. Paolo ha prodotto e diretto la mia prima sceneggiatura “Ma Shamal”, con Kabir Bedi, da un mio soggetto originale e mia sceneggiatura. Una coproduzione Italo-marocchina. Meravigliosa esperienza. Ricordo il mio viaggio da sola con una guida, in un momento di pausa (per me) dalle riprese, da Casablanca a Marrakech fino a Erfoud. In un villaggio, mentre stavo scattando delle fotografie, un uomo con barba lunga e occhi di fuoco, chiuso in un caffettano bianco, se ne stava seduto sugli scalini dell’uscio di casa e all’improvviso mi aggredì facendomi cadere a terra e lanciando lontano la mia macchina fotografica. Fu un attimo. La guida e le persone del mercato si mossero tutti a mia difesa e allontanarono l’uomo. Non avrei dovuto fotografare creature viventi, cosa proibita dal Corano (secondo lui). Mi scusai. L’episodio mi spaventò sul momento ma non mi scoraggiò; continuai il mio viaggio fino a raggiungere di nuovo la troupe a Erfoud. A fine riprese andai ancora da sola con la guida oltre Erfoud, dove vivono le tribù Berbere.

Nel 1989 partecipi a un film italo-francese dal nome “Piccoli delitti veneziani (Rosso veneziano)”, per la regia di Étienne Périer.
ISABEL:
Rosso Veneziano è una produzione internazionale con Vincent Spano nel ruolo di un giovane Goldoni; io era Nicoletta, sua moglie. Girato interamente e Venezia, per la regia di Etienne Perier, il film vedeva come sceneggiatore per la revisione Luciano Vincenzoni, mio maestro, grandissimo scrittore, grandissimo sceneggiatore. Mi mancano le chiacchierate con lui, i suoi racconti del grande cinema che ha vissuto e fatto; ricordo la sua “tana” in via Giacinto Pezzana a Roma piena di ricordi, di sceneggiature, di musica, di scritti, di fotografie, di malinconie - dove faceva da padrone Ondy, il suo enigmatico, introverso e nobilissimo gatto persiano. Con Luciano Vicenzoni abbiamo lavorato insieme su un progetto, che purtroppo non si è realizzato, sulla vita di Iris Versari.

La tua carriera nel decennio successivo è iniziata con la conduzione televisiva di “Mattina Due” nelle annate 1991/92. Non lo ricordo, ma presumo sia stato una sorta di “Unomattina” di Rai Due.
ISABEL:
Sì, per due anni ho condotto “Mattina due”, un contenitore di informazione, interviste, cultura e società con me e Alberto Castagna nella prima edizione e Alessandro Cecchi Paone nella seconda. Un’opportunità interessante, di cui ringrazio Michele Guardì, curatore del programma. Ho avuto occasione di intervistare grandi protagonisti della scena del Novecento e tra i tanti ricordo Giulietta Masina, Domenico Modugno, Gino Bartali, Paola Borboni, Julian Lennon e Miguel Bosè.

Hai fatto più televisione? Ti piacerebbe?
ISABEL:
Non ci sono state altre opportunità interessanti, in armonia e sintonia con la mia personalità. Ne nascessero in futuro chissà...

C’è stato un momento in cui ho avvertito una “nuova” Isabel; fatto accaduto con lo sceneggiato del 1992 Contro ogni volontà (con Elena Sofia Ricci come protagonista), in cui interpretavi una rigorosa direttrice di una radio. Un ruolo rilevante che mi fece intuire per la prima volta che dietro al tuo fascino c’era anche dell’altro.
ISABEL:
Contro ogni volontà, per la regia di Pino Passalaqua con Elena Sofia Ricci e Giulio Scarpati. Elena è una bellissima persona, oltre naturalmente una straordinaria attrice. Ricordo una bella atmosfera.

Dagli anni Novanta ti vediamo sempre meno presente al cinema e sempre di più nelle fiction, ma subentra intensamente anche il teatro.
ISABEL:
Nel 1998 ho fondato con il mio compagno di vita Rodolfo Martinelli Carraresi la mia società di produzione, con la quale cerco di realizzare i progetti che m’interessano, che mi emozionano e stimolano. Da allora siamo riusciti a realizzare gran parte dei progetti in cantiere, spaziando tra cinema, teatro, rassegne, eventi, raggiungendo sempre risultati appaganti; ora abbiamo ancora tanta altra strada da fare. Ricordo in quegli anni con affetto anche i lunghi mesi di riprese de L’ispettore anticrimine (6 puntate per la Rai girate in Puglia), regia di Polo Fondato. Mi sono allenata (seriamente) al poligono per rendere credibile il mio personaggio di “poliziotta d’azione”. Ricordo anche Turbo, di Antonio Bonifacio, Errore Fatale di Pippo de Luigi con Patricia Millardet, ma soprattutto film come Segreto di Stato di Giuseppe Ferrara, grande Maestro e dolcissimo amico, con Massimo Ghini, Antonello Fassari, Mariella Valentini; Stressati con Gian Marco Tognazzi e ancora Un amore sconosciuto di Gianni Amico. Girammo a Ventotene in inverno, magnifica, enigmatica. Ricordo che nella scena finale venivano scaricati in mare dei bidoni (nelle finzione dovevano essere bidoni radioattivi con tanto di simbolo ben in vista). Mesi dopo le riprese, in estate, lessi la notizia di come i “nostri” bidoni scenografici avevano allarmato un sub che li aveva ritrovati costringendolo a chiamare le forze dell’ordine, qualche ora di panico fino alla scoperta della innocua verità. Con me nel film c’era Stephan Ferrara con cui ho girato anche Balkan Runner e High Risk, produzioni internazionali come Roraima di Carlo Otejza, considerato una delle pellicola più interessanti del sud America, interamente girato in Venezuela a Rorairma, appunto, la misteriosa e magica terra che racchiude e conserva le intense atmosfere dell’epoca precolombiana.
È stata un’esperienza indimenticabile, intensissima, vivere immersa nell’energia di quei luoghi. Mi sono fermata in Venezuela anche oltre le riprese del film, poi sono rimasta bloccata a Caracas per il colpo di stato del 1992 (fallito) voluto da Chavez contro Carlos Perez (Chavez prederà il potere poi nel ’98). Si sparava nelle strade, c’era il coprifuoco, le finestre erano oscurate e si evitava di passarci davanti per non essere colpiti. Forte esperienza. E poi il teatro: il mio debutto a Taormina arte con La bambola spezzata di O’Brian con Toni Bertorelli per la regia di Franco Però, uno dei registi che amo di più e con cui ha lavorato spesso a teatro, ora direttore del teatro stabile del Friuli Venezia Giulia. Un testo intensissimo, la storia dello psicologo di un carcere che cerca di analizzare una ragazza autistica, diventata assassina della madre per amore. Fu un bel successo. Da allora il mio rapporto con il palcoscenico è di pura “dipendenza”: ho interpretato, scritto e prodotto nell’insieme più di trenata pièces teatrali, tutte rappresentate nei grande teatri, circuiti e Festival. È in teatro che mi sento bene: il mio personaggio, il pubblico... un sublime momento. Ho diretto dal 2011 al 2013 - prima come responsabile alla prosa, poi come direttore artistico - il “Teatro Rendano” di Cosenza, uno dei più belli e importanti teatri di tradizione del nostro Paese, un‘esperienza intensa, interessante. Mi appaga e appassiona il ruolo di operatrice culturale, vivo davvero come una missione la possibilità di stimolare il pubblico e soprattutto i più giovani alla conoscenza, alla memoria, alla riflessione e quindi alla crescita, obbiettivi che solo attraverso la cultura puoi raggiungere.
Dirigo le rassegne “Quartieri contemporanei”, rassegna tematica tra letteratura e teatro, “Bravò”, drammaturgia contemporanea internazionale e "Millimetri d’autore", il giovane cinema indipendente. I prossimi impegni teatrali mi vedranno al teatro Nazionale di Malta a novembre con Agatha (già rappresentato in Italia, che mi è valso il riconoscimento al MACTT come promotrice della cultura e dei diritti del Mediterraneo). Il testo, a mia firma, è un percorso nella vita di Agatha Barbara, primo presidente di Malta e primo presidente donna dell’Europa del Novecento. In novembre sarò a Roma, in cartellone al teatro dei Conciatori con un mio testo: Fantasmi di piombo (gli anni di piombo visti dalla parte delle vittime). Sempre a Roma, ad Aprile, con un altro mio testo: La chiave di Virginia B, un omaggio al grande Y. Tanizaki al teatro Belli a Roma. Continuo anche a portare in scena La donna spezzata di Simon de Beauvoir, Briganta, un mio testo che affronta il mondo del brigantaggio al femminile e infine Preghiera alla madre, in cui mi sono ispirata nella scrittura alla storia della madre di un soldato caduto in Afganistan.

Isabel, ho sempre avuto l’impressione che dietro quella tua prorompente bellezza si celasse una sorta di timidezza e/o grande riservatezza. Mi sono sbagliato?
ISABEL:
Sì, la riservatezza è parte della mia personalità.

Una curiosità. Nel già citato programma televisivo “Pronto Raffaella?” (1983) parlasti di un interessamento da parte di Hollywood nei tuoi confronti. Non ho trovato nel tuo curriculum film che mi riconducano al cinema americano, quindi ti chiedo se puoi raccontarmi come andarono le cose.
ISABEL:
Mi avevano proposto una serie da girare tra Miami e lo stato del New Mexico, ma l’impegno non era compatibile con quelli già presi con la televisione in Italia.

Com’è il tuo rapporto con gli anni che passano? Rispetto ad altre attrici della tua generazione mi pare che tu non te ne stia facendo un cruccio.
ISABEL:
È vero, non ho un cattivo rapporto con lo specchio. La cosa cui tengo di più è la mia autostima. Battermi con passione per i progetti in cui credo, vivere il mio impegno come una missione capace di essere utile agli altri. Sono molto felice, ad esempio, del mio impegno come testimonial ufficiale di “Amnesty International”, che mi porta a costruire e divulgare progetti utili a salvaguardare i diritti umani. A questo è volto il mio impegno. Ecco allora Sopra e sotto il ponte diretto da Alberto Bassetti, che racconta il malessere giovanile (anticipa i fatti di Tortona), L’ultimo re diretto da Aurelio Grimaldi, ispirato al dramma “le Troiane” di Seneca, per raccontare, condannare e ricordare l’orrore dei genocidi. Amo moltissimo questo film (firmo soggetto e sceneggiatura), girato interamente nei luoghi della Magna Grecia, raccontato con stile “pasoliniano” e interpretato con grande passione e onestà da tutti gli attori, Moni Ovadia (interpreta un Agamennone pacifista), Edoardo Siravo (Ulisse), Maria Monti, June Ichikaua, Giancarlo Cauteruccio, Hafed Kalifa e mio figlio (allora bambino) Antonio Martinelli Carraresi. Per questo ho accettato la proposta di Giovanni Virgilio di partecipare al film La bugia bianca (in uscita), che riporta la memoria agli stupri etnici della guerra nell’ex Jugoslavia agli inizi degli anni Novanta. Per questo ho scritto interpretato e prodotto insieme a Rodolfo Martinelli Carraresi, che ha curato la regia, Il popolo di re Heruka, presentato al “Rome Independent Film Festival” (aprile 2015), che racconta la storia antica e ai più sconosciuta del popolo Rom; questo per stimolare la riflessione e cercare di arginare l’odio e la discriminazione razziale e sociale con l’accettazione del “diverso”.

Questo ti fa onore, perché molte attrici bellissime in gioventù talvolta si riducono a buffi atteggiamenti da “ragazza” (operazioni chirurgiche dai dubbi risultati, per esempio), quando invece sarebbe più onesto - soprattutto con se stessi - accettare il tempo che passa e, anzi, sfruttarlo (come stai facendo tu) per adeguarsi nella professione.
ISABEL:
Sì, m’interessa soprattutto inseguire e costruire i miei progetti che hanno come protagonista storie che devono essere raccontare. M’interessa arricchire, stimolare, emozionare, non penso alle rughe e neanche alla cellulite; anzi, se il personaggio di cui m’innamoro è più vecchio e rugoso di me... cerco di assomigliargli! Nella vita certo mi curo, cerco di mostrarmi come una signora piacevole e interessante.

Anni fa, dopo aver frequentato una scuola di recitazione, feci anch’io del teatro e ricordo che mi portò grandi soddisfazioni ma anche molto stress: al di là della grande memoria per ricordare infiniti copioni, c’è anche la tensione di non poter ripetere la scena. Questa mia esperienza extra-lavorativa mi fece scoprire come in fondo la vita dell’attore non sia così facile come i luoghi comuni portano a credere.
ISABEL:
Il mestiere dell’attore è duro, fatto di sacrifici, di studio, di crisi, di amore. Un attore deve studiare (se vuoi interpretare Giulio Cesare devi sapere chi era, dove viveva, calarti nel suo tempo, conoscere la storia politica del tempo), saper sentire la vulnerabilità umana, capire gli altri: solo così potrai essere credibile in un ruolo e, se fai il comico, devi saper intuire le fragilità della società per saperla raccontare provocando divertimento. Fare l’attore non vuol dire solo ripetere a memoria la parte, vuol dire essere la parte. Questo è essere attore. Quelli che pensano che l’attore sia apparire nei settimanali di gossip o partecipare ai reality, scommettendo su chi di loro è più sexy, più famoso, non sono attori, sono fenomeni stagionali come le cicale, che vivono una notte e solo alcune di loro riescono a trasformarsi in formiche e allora, forse, la loro storia potrebbe cambiare.

In una recente intervista Barbara Bouchet “lamentava” il fatto che il cinema italiano, dopo gli anni della giovinezza e quindi della sua prorompente bellezza, non l’abbia impiegata in ruoli adeguati allo scorrere dei suoi anni (come invece è accaduto a Virna Lisi, per esempio). Ti ritrovi - anche solo in parte - con questa dichiarazione?
ISABEL:
Barbara Bouchet è una brava attrice, ma forse non ha potuto dimostrare di avere lo spessore capace di interpretare la profondità di un personaggio. Ma non è mai troppo tardi, le opportunità possono raggiungerti in qualsiasi momento.

Hai scritto due libri per bambini e ragazzi: “Ti racconto quattro storie” (2006) e “Antonio, l’isola e la balena” (2008). Me ne vuoi parlare?
ISABEL:
Amo scrivere. Amo scrivere libri per ragazzi. Il futuro è nelle loro mani e noi dobbiamo lasciargli ogni strumento perché possano costruirlo al meglio. Per questo non bisogna mai stancarsi nel ricordare loro di rispettare il prossimo, di amare la natura, di essere delle persone per bene, di difendere l’onestà, di credere nella passione. Anche se intorno a te c’è il buio, devi tenere sempre viva la luce che c’è dentro di te.

Isabel, hai qualche rimpianto? Un film al quale avresti voluto partecipare, una svolta che forse non hai avuto? insomma, se hai un sassolino nella scarpa… questa è l’occasione per levartelo!
ISABEL:
No, ho ancora tante cose da imparare e da fare. Non mi sono mai affidata alle “svolte” o alla fortuna. I sassolini dalla scarpa alla fine se ne vanno da soli e non sono mai stata affamata di “red carpet” perché sono contorni e fronzoli.

Grazie ancora a Isabel Russinova per questa intervista esclusivamente rilasciata per il “Davinotti.com”.

INTERVISTA INSERITA DAL BENEMERITO MARKUS

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commenti (5)

RISULTATI: DI 5
    Didda23

    17 Settembre 2015 14:37

    Davvero una bellissima intervista. Meriti i massimi rallegramenti reali.
    Niente torture, per questa volta!!!
    Ruber

    18 Settembre 2015 19:04

    Ottima intervista Markus! La Russinova ha tenuto botta agli anni che passano, e non e da tutte anzi...
    Hackett

    19 Settembre 2015 08:07

    Molto interessante come sempre Markus!
    Geppo

    19 Settembre 2015 20:47

    Ottima intervista Markus... sopratutto il percorso artistico televisivo della Russinova, che non conoscevo molto bene! BRAVO!
    Trivex

    21 Settembre 2015 09:26

    Grandissimo!!!!!!