Prigionieri di quattro mura

13 Marzo 2009

Location prediletta di film horror e thriller è stata, sin dalle origini del “cinematografo”, la casa.
Marginalmente per via del fatto che l’associazione luogo tranquillo = pericolo è ancor più deflagrante per l’effetto antitetico trattato.
Se il tema horror ha, sin da subito, ospitato nelle dimore spettri e fantasmi più o meno rumorosi (poltergeist), il thriller ha permesso alla fantasia degli sceneggiatori di ricercare situazioni e contesti più eterogenei e variegati.
In particolare sono gli anni Settanta al centro della rivisitazione in chiave “horror” dei luoghi abitudinari e conosciuti (non solo le case, ma anche le automobili, gli ascensori, e gli oggetti in senso lato).
Non deve stupire, perché il corso del new horror stabilito da Herschell Gordon Lewis e consolidato da Romero, Hooper e Craven è, in parte, responsabile di questo sottofilone della paura.
Non è un caso se i registi menzionati possono vantare nella loro filmografia uno o più titoli significativi nei quali agiscono serial killer e presenza umane (non meno inquietanti dei fantasmi) all’interno delle case.
Quella che segue vuole essere una sintetica guida per chi volesse addentrarsi in pellicole caratterizzate dalla presenza di corridoi bui e minacciosi, illuminati da labili luci e resi particolarmente minacciosi dalle ombre semoventi di ignote presenze, appostate ora in una camera, ora fuori dalla finestra …

IL KILLER: OSPITE INDESIDERATO DELLA CASA

L’ambiente che normalmente dovrebbe essere fonte di tranquillità, riposo e, soprattutto, sicurezza a volte viene violato da presenze tutt’altro che fantasmatiche. Ladri, stupratori o killer che si intromettono all’interno dell’abitazione della vittima di turno o che, in situazioni limite, organizzano incontri festivi all’interno di ville per sigillare - senza via di scampo - al loro interno un discreto numero di persone (con le quali c’è spesso un conto in sospeso)...

Nel caso della singola vittima (solitamente femminile) ad operare è generalmente un serial killer con finalità morbose/vendicative, e non sono molti i casi di film incentrati per tutta la loro durata su questo soggetto (si ricorda il film di Mario Orfini, Mamba; mentre particolarmente curioso è La finestra sul cortile dal quale attinge, in chiave morbosa ed erotica, il decadente Stupro).

La situazione presa come singolo momento appare invece in quasi tutti i film thriller e gialli ed è un clichè fondamentale, in stretta relazione all’attività di un killer (che sia deviato sessualmente o che razionalmente punti ad eliminare un testimone).
Ci sono, comuque, anche in questo campo molteplici esempi di killer che, dopo aver imprigionato in una casa/villa/teatro alcuni ospiti, procedono con la loro sistematica operazione di “pulizia”.
Capostipite è, ovviamente, il film di Kubrick Arancia meccanica, che Wes Craven (memore del classico di Igmar Bergman, La fontana della vergine), rivisita in chiave “attuale” ed in senso contrario: con i criminali chiusi nella casa di “vendicative vittime” donando alla storia (deviata e distorta) del cinema quel gioiello del macabro e della tensione che è L’ultima casa a sinistra; al quale fa seguito, diretto da Ruggero Deodato alcuni anni più tardi, il morboso La casa sperduta nel parco, tutto centrato su un gruppo di folli che tortura un gruppo di persone imprigionate in una villa.

Su questo piano narrativo si inserisce, spingendo sul pedale dell’erotismo, anche Joe D’Amato, realizzando una versione hard che pare l’esatto connubio dei due film (quello di Craven e quello di Deodato) e che è intitolata (a ragione) Il Porno shop della 7° strada. In questo caso, pur essendo predominante la tematica del sequestro/stupro/violenza e vendetta (tra l’altro con il medesimo attore del film di Deodato, Christian Borromeo) all’interno di una villa, il titolo richiama all’attenzione sui dettagli più morbosi di cui, incredibilmente per l’epoca, è infarcita la pellicola: una fellatio (esplicita e molto lunga) ed una sequenza di stupri culminanti nel dileggio e nella prevaricazione – anche morale - dei protagonisti/vittime.

Una via intermedia tra il cinico e “verosimile” Stupro ed il modello di Craven appare l’opera insolita (e poco nota) di Claudio Fragasso distribuita come Non Aprite Quella Porta 3: la bella Tara Buckman si ritrova bersaglio di morbose attenzioni di un sadico e spietato killer, che non esita ad intrufolarsi nel suo appartamento per raggiungere i suoi obiettivi.

Ricordiamo, inoltre, il grande Bava con il suo Cinque bambole per la luna d’agosto, versione cruda (pur se non rappresenta il meglio del regista) dei Dieci Piccoli Indiani di Agatha Cristie. Ed è proprio questa autrice (ed in particolare questo romanzo) a stare alla base dei film appartenenti a questa sottocategoria.

La Settima Donna (circolato all'estero, non a caso, come The Last House on the Beach) è una versione rape&revenge, a base di sesso, de L’ultima casa a sinistra impostata in tal senso, mentre particolarmente feroci risultano Nove Ospiti per un Delitto, L’assassino ha riservato nove poltrone e Deliria (gli ultimi due ambientati in un enorme teatro).

Marginalmente (sequestro e violenza in una casa) il tema viene affrontato anche dalla serie Non Aprite Quella Porta e dai suoi derivati come Wrong Turn o il curioso (e riuscito) La Casa dei 1000 Corpi di Rob Zombie.
In ogni pellicola di questo tipo, più che la casa, la vera fonte di paura sono le menti malate degli aggressori: manifestando la loro contorta personalità all’interno di un ambiente conosciuto ed abitudinario, pertanto ancora più inquietante (in quanto profanato da estranei), sortiscono il risultato di turbare ancora di più lo spettatore: la demolizione del luogo comune che vuole la casa come sinonimo di tranquillità e sicurezza, è già di per sé spaventosa...

ARTICOLO INSERITO DAL BENEMERITO UNDYING

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