La commedia "nera" all'italiana

19 Maggio 2008

LA NASCITA E GLI SVILUPPI

La commedia all’italiana, con i suoi “colonnelli” (Sordi, Tognazzi, Manfredi e Gassman n.d.r.) è sempre stata specchio - più o meno preciso - della società italiana sin dagli anni cinquanta, evidenziando i nostri pregi, ma soprattutto i difetti dell’italiano medio.
Negli anni settanta, in Italia, avevamo già alle spalle una trentina d’anni di questo tipo di commedia ed effettivamente non c’era dettaglio dell’italianità che non fosse ancora stato analizzato dai nostri registi ed azzardo a dire che, a metà dei Settanta, è cominciata la parabola discendente del genere. In questo senso alcuni ipotizzano la fine della commedia all’italiana, ma personalmente non sono d’accordo: preferirei parlare di adeguamento al periodo e suddividerlo in sotto generi.


In quest’epoca, in Italia, avevano preso il sopravvento il terrorismo, le guerriglie urbane, l’instabilità politica; la cronaca estera era frequentemente inquietante e di fatto riempiva drammaticamente le pagine dei quotidiani. E’ quindi evidentemente nato il bisogno - quasi istintivamente -  di raccontare attraverso il nostro cinema popolare quel clima di paura che per almeno dieci anni ha attraversato il bel paese, adeguandosi a quel triste periodo. Si cominciarono a girare una serie di film che,  pur non abbandonando gli stilemi e per certi versi i vizi della commedia italica classica, ambientavano le loro storie non più in una spiaggia estiva o in una città solare,magari disquisendo d’amore e di avventure in esso connesse, ma in città italiane austere richiamandosi spesso a fatti terroristici.
La paura e l’angoscia permangono per tutta la durata del film e vengono smorzate di tanto in tanto da battute e da scenette tipiche del nostro cinema popolare.

Le commedie “nere” non sono molte ma tutte significative, ben realizzate e con buoni esiti commerciali; di fatto, nel panorama cinematografico italiano, le “nere” sono spesso citate in libri e dizionari di cinema come i film italiani più sintomatici degli anni settanta; merito senz’altro della professionalità di registi esperti, oltre che di attori sempre all’altezza dei ruoli affidati.
Di seguito, cito alcuni esempi significativi di questo particolare sotto genere.


SETTE COMMEDIE IN NERO

In nome del popolo Italiano 
(1971)
Dino Risi è tra i precursori del sottogenere e, all’inizio del decennio di piombo, firma questo splendido film sulle malefatte italiche, raccontato attraverso gli occhi di un magistrato ligio al suo compito (Ugo Tognazzi) ed un industriale senza scrupoli (Vittorio Gassman). Il racconto è amaro e permeato di tutti quegli elementi caratterizzanti che daranno vita al micro filone.

Detenuto in attesa di giudizio (1971)
L’indimenticato Nanni Loy dirige per la prima volta un Sordi interamente drammatico nella parte di un italiano emigrato in Svezia che, tornato nel suo paese natale per le vacanze estive, viene arrestato per errore giudiziario. Da quel momento inizia la sua triste avventura, trasformando la meritata vacanza in un inferno… Una chiara denuncia al sistema carcerario italiano, completamente inadeguato ed estremamente arretrato. Se negli anni sessanta si giravano film su vacanze spensierate, nei settanta anche le ferie si tingono di nero…

Brutti, sporchi e cattivi
(1976)
Ettore Scola dirige, in pieni anni settanta, un film in cui si narra la storia di una famiglia di poveri disperati (tra i quali spicca il “vecchio” di famiglia interpretato da Nino Manfredi) ambientandola nelle borgate fitte di “catapecchie” romane, allora ancora presenti e parte integrante della città. Nel film si mette in luce con straordinaria efficacia, la vera natura umana, senza veli, la disperazione della povertà e le azioni riprovevoli che essa può comportare nella comunità. Tra le più significative interpretazioni di Nino Manfredi.

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Il mostro (1977)
Luigi Zampa dirige un’insolito Johnny Dorelli drammatico; questi, nella parte di un giornalista fallito, grazie ad una serie di efferati delitti può giovarsi di un’escalation professionale fino ad allora insperata. Nel privato ha a che fare con una moglie senza morale ed un figlio timido che lo preoccupa per quel suo modo di fare troppo riservato (anche a causa della nuova arroganza sociale imperante nella società). Un finale altamente drammatico e stupefacente farà aprire al padre gli occhi su di un fatto che non avrebbe mai sospettato…

Un borghese piccolo piccolo (1977)
Mario Monicelli firma, in pieni anni di piombo, uno dei suoi film più significativi, avvalendosi di un Alberto Sordi capace di farci sorridere come è solito fare, ma che lo vede cimentarsi in momenti di reale drammaticità ricordandoci il suo indiscusso talento di attore anche drammatico. La vicenda è quella di un padre in pre-pensionamento, che tenta di passare al modesto figlio il proprio posto al Ministero. Un terrificante evento cambierà le cose e, nella seconda parte del film, Sordi assumerà un imprevedibile ruolo di “giustiziere”. Efficace la descrizione del rapporto servile che ha Sordi con il datore di lavoro, come pure quello con il figlio.

Il giocattolo (1979)
Il regista Giuliano Montaldo si cimenta nella commedia “nera” con questo “Il Giocattolo”, in cui vi si narra la vicenda drammatica di un modesto ragioniere timido e riservato di giorno e giustiziere di notte (il richiamo ad “Il giustiziere della notte” è evidente), adattandolo al clima terroristico dei nostri anni di piombo e aggiungendoci l’aggravante di aspetti psicologici che turbano il rapporto di coppia tra il ragioniere e la moglie, oltre che molti aspetti della società malsana per altro ancora molto attuali.

Caro papà (1979)
Dino Risi firma l’ultima commedia “nera” del decennio terroristico italiano. La vicenda è quella di un’importante industriale (Vittorio Gassman), cinico e senza morale (ci ricorda In nome del popolo italiano del 1971) e del suo difficile rapporto con il figlio che, a sua insaputa, fa parte di un gruppo rivoluzionario comunista. Il film alterna spazi drammatici e per certi versi commoventi ad altri più leggeri da commedia classica, in cui un Gassman istrione si destreggia magistralmente com’è solito fare.


IL DECLINO

Negli anni ottanta, com’è capitato con altri generi, c’è un ritorno alla spensieratezza che avevamo lasciato prima del 1968. Il nostro cinema, sempre specchio della società, così come si adeguò al clima di terrore degli anni settanta farà lo stesso nei primi anni ottanta con la rinnovata ventata di ottimismo; non potrà dunque che affrontare nuovi sottogeneri rispolverando il “vacanziero” ed il “giovanilistico”. Anche la Rai-tv, con i suoi austeri sceneggiati, si adeguerà; d’altronde nei nuovi anni felici avrà a che fare con la concorrenza dei canali privati, sempre più aggressivi e ricchi di fiction spensierate e demenziali di origine statunitense che (come sempre capita) anticipano le mode.


ARTICOLO INSERITO DAL BENEMERITO MARKUS

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