La fiction italiana: osservazioni e problemi

15 Maggio 2008

Chi scrive propone una riflessione alla luce sia dei dati d’ascolto pubblicati dai giornali sia in base alle proprie impressioni personali che tuttavia sono più condivise di quanto si pensi.
In che stato è la fiction nostrana? Non si tratta di un problema peregrino: ormai quelli che una volta erano chiamati romanzi sceneggiati hanno soppiantato quasi del tutto la proposta di film classicamente intesi da parte delle reti sia pubbliche che private (ovviamente qui il discorso è riferito alle reti in chiaro e non ai canali satellitari).
Si sente spesso dire dagli addetti ai lavori, ma non solo, che la nostra fiction è provinciale, arroccata sempre su stereotipi regionali e con un occhio per qualunque argomento si tratti al binomio cuore – amore, che i serial americani sono molto più curati e hanno il coraggio di affrontare temi che mai in Italia...
Ahimè è tutto vero.

Breve digressione storica: negli anni d’oro del monopolio pubblico la Rai a torto o a ragione si proponeva di educare il pubblico,  e quindi c’è stata veramente una pioggia di prodotti desunti dai grandi classici della letteratura come i Promessi Sposi, l’Odissea, Maigret, oppure biografie come Ligabue; quando si trattava di prodotti più leggeri abbiamo avuto lo sceneggiato musicale Il giornalino di Gian Burrasca e lavori che possiamo definire nazional popolari come Il segno del comando e L’amaro caso della Baronessa di Carini.
Ecco la solita, mi sento già dietro l’orecchio; vuoi dire che si stava meglio quando si stava peggio? Non proprio; è vero che in tutti i lavori citati il metodo di lavoro consisteva in un’estrema accuratezza del prodotto, compresa la scelta degli attori che per la maggior parte provenivano dal teatro o comunque erano attori popolari ma di grande professionalità (Gino Cervi, Sergio Tofano, Gian Maria Volontà, Ugo Pagliai, Adolfo Celi ecc.). Erano fiction migliori di adesso? Viste con il metro di oggi no: soprattutto le produzioni più vecchie risentono di un’impronta di stampo teatrale che oggi risulta difficilmente comprensibile, perché è passato del tempo e tutto si evolve, anche il gusto,  come è giusto che sia.
Allora cosa voglio dire?

A mio modesto parere oggi si è perso molto del rispetto per il pubblico, il quale viene considerato con occhio distratto solo in termini di audience che riesce a regalare agli inserzionisti pubblicitari, mentre tutto il resto è secondario: la cura delle trame, dei personaggi, le ambientazioni e i possibili errori.
Ora, io non sono una moralista, ho meno di 35 anni e mi sono molto divertita vedendo Ho sposato uno sbirro, ma crediamo veramente che una fiction del genere si ponga negli standard che auspichiamo per dei possibili confronti con prodotti stranieri? Tanta Roma, tanto core, anche de mamma, e soprattutto un marito commissario che ha alle sue dipendenze  la giovane moglie ispettore  che in virtù di inesperienza e gelosia intralcia continuamente le indagini... tanto per non  fare confronti nella nuova serie di CSI arrivata in questo periodo su Italia 1 il capo della squadra Grissom e Sara, agente a lui sottoposto, non fanno un movimento che sia uno atto a far scoprire il loro legame in ufficio, nemmeno quando rimangono soli.

Sempre in tema  di fiction poliziesche, il recente successo di Zodiaco non ha minimamente messo in luce il fatto che il commissario intreccia quasi subito una relazione con la protagonista, che oltretutto lui crede almeno all’inizio la principale sospettata (alla faccia della deontologia professionale!)
Obiezione possibile: è fiction, sei troppo pignola; va bene, ma se l’impianto è realistico perché svisare come succede allo stesso modo in Ris - delitti imperfetti che vorrebbe essere il nostro CSI e nell’ultima serie accanto alle vicende private dei protagonisti non ha trovato di meglio che riproporre al millimetro in un episodio la tragedia di Erba?
Si tratta, come anticipavo, di rispetto per il pubblico che, anche se non è fatto esclusivamente di gente esperta o comunque appassionata di cinema e/o teatro, non è stupido e ha diritto a non essere preso in giro.

Ancora peggio a mio avviso viene trattata quella parte di pubblico che per scelta o per altri motivi non ha grossissimi interessi culturali o comunque non si informa e/o tiene aggiornato… Credo che oramai grossa parte di coloro che si dedicano alla scrittura delle fiction pensino proprio a loro quando tirano al risparmio su circostanze e verosimiglianza della storia che stanno creando, contando sul fatto che la gente non se ne accorgerà e nel migliore dei casi lascerà perdere.
Forse questo può valere per le fiction più leggere, ma non ci sto quando viene tirato in ballo un classico stravolto o addirittura un fatto storico.

La mia impressione è che la parola d’ordine sia semplificare ed attualizzare: semplificare per rendere il prodotto appetibile alla maggiore tipologia di spettatori possibili, attualizzare perché un contesto che non è immediatamente familiare allo spettatore viene subito rifiutato.
Ecco allora la modernizzazione dei linguaggi fino all’uso di parolacce (ultima puntata vista di Capri, con un dialogo fra due personaggi infarcita di rompic... e presa per il c… in prima serata), l’inserimento di comportamenti  moderni in fiction ambientate nel passato (il tormento alla James Dean del protagonista in Rebecca la prima moglie e Caravaggio), fino alla vera e propria manipolazione/omissione di particolari nelle fiction di impianto storico (ancora Caravaggio dove l’ omosessualità viene minimizzata per consentire la trasmissione in prima serata  su Rai Uno, fino ai veri e propri errori contenuti nella miniserie Aldo Moro – Il Presidente).

Infine, per la maggior parte vengono utilizzati soprattutto per le parti secondarie sempre gli stessi attori, di qualunque tipo di fiction si tratti, cosa che onestamente dopo un po’ annoia, posto che distrae perché invece di pensare alla trama ti chiedi: “ma questo dove l’ho già visto?”
Naturalmente ci sono delle lodevoli eccezioni, si pensi a Il commissario Montalbano (il cui protagonista però medita di lasciare perché giustamente son più di dieci anni che  interpreta sempre lo stesso personaggio) oppure agli episodi con protagonista il Commissario de Luca, nato dalla penna di Carlo Lucarelli che però è già in partenza un ottimo scrittore di noir, autore televisivo e con una scrittura già in partenza  molto cinematografica.
Ecco, a mio avviso la fiction italiana per evolversi deve emanciparsi o almeno evolversi lasciando un po’ perdere le pastoie evidenziate, altrimenti, posto che di fiction se ne fanno veramente tante, prima  o poi  si raggiungerà il pubblico raggiungerà  saturazione come, e la fiction potrebbe andare incontro allo stesso destino a cui sta andando incontro  il genere dei reality.


ARTICOLO INSERITO DALLA BENEMERITA GUGLY

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commenti (3)

RISULTATI: DI 3
    Ujd1961

    18 Agosto 2011 11:05

    Concordo pienamente con le puntuali osservazioni di Gugly.
    E di "Don Matteo", assurda fiction televisiva impregnata di incenso, non ne parliamo?
    Gugly

    23 Gennaio 2012 18:58

    Don Matteo è una garanzia di successo, quindi va bene per gli inserzionisti.
    Marione80

    3 Luglio 2014 14:09

    Sarebbe augurabile che le fiction italiane si evolvano come scrivi nell'ultima parte dello speciale. Io sono pessimista, secondo me non lo faranno mai e basta vedere "Boris" per capire il perchè