Il nostro Ste.R intervista il regista Carlo Cotti

12 Maggio 2008

Ste.R
- Come inizia la tua storia, dove sei nato?
Carlo - Io sono di San Giuliano Milanese ma nato a Milano, e sarei dovuto diventare un ragioniere… I miei genitori avevano una fabbrica di salumi e mi fecero fare ragioneria… Secondo i miei insegnanti, invece, avrei dovuto fare gli studi letterari. A 19 anni sono scappato a Roma per sostenere gli esami al Centro Sperimentale di Cinematografia, volevo fare l’attore.

S. - Ma come nasce questa tua passione per il cinema?
C. – Il cinema è arrivato dopo, amavo il teatro. Per due anni avevo frequentato come “auditor” la scuola di Sthreler, al Piccolo Teatro… poi feci anche la scuola di Fanny Marchiò, sempre a Milano.

S. - Raccontami della tua fuga a Roma…
C. - Fu una fuga normalissima… io per ben due volte avevo fatto l’esame di quinta ragioneria ed ero stato sempre bocciato, avevo dei buoni voti solo nelle materie letterarie, ma zero in ragioneria e tecnica bancaria. Così, come ti dicevo, decisi di andare a Roma a fare l’esame per entrare al Centro Sperimentale. Presi il treno, terza classe, e alla fermata di Piacenza salì un ragazzo, anche lui diretto a Roma… era Marco Bellocchio, andava a fare l’esame al Centro… ma come attore, non come regista. Poi parlando mi disse che cercava un alloggio a Roma e gli consigliai la pensione dove io avrei alloggiato, in via Panisperna… però sbagliò portone e andò in un’altra nella stessa via. (ride)

S. - Con chi facesti l’esame di ammissione, chi erano i tuoi esaminatori?
C. - Il direttore mi pare fosse Forges Davanzati, siamo nel 1959… Io ero stato appoggiato, non raccomandato, da Massimo Mila, un regista sardo che fece solo un film. Lui era amico dei miei genitori… Comunque all’esame fui bocciato.

S. - Quali furono le tue prime esperienze da attore?

C. – Feci una parte in Rocco e i suoi fratelli, prima a Milano, in un bar di Porta Nuova, un teddy boys, poi al ponte della Ghisolfa, e in una palestra di boxe milanese ma girata a Roma in via Urbana, a Roma. Poi comparsate per un giorno in Sodoma e Gomorra e Cleopatra… poi feci Risate di Gioia di Mario Monicelli e questo film ha cambiato la mia vita…

S. - Perché, cosa accadde?
C. - Io avevo una scena con Anna Magnani; ci trovavamo alla stazione Ostiense… c’erano anche Totò e Ben Gazzara… e dovevo avere un battibecco con lei perché le pestavo un piede, ma al momento di girare non riuscivo a dire la battuta, per me era la Magnani vincitrice dell’Oscar… Dopo alcuni tentativi, la Magnani ordinò lo “stop” e poi con molta tranquillità mi disse: “Tu vuoi fare l’attore?”. Io risposi: “Sì, signora”. E lei: “Non farlo, se vuoi restare nel cinema fai il regista, perché i registi sono tutti attori mancati”… Era il 24 maggio del 1960. Compivo 21 anni. Ho una bellissima fotografia che mi vede vicino alla Magnani a Ben Gazzara e poco distante Totò.

S. - In quel momento come ti sei sentito?

C. – A 20 anni si accetta tutto, e poi senza ancora avere letto Plutarco e l’Arte di Ascoltare, i miei mi avevano insegnato che prima di parlare bisogna saper ascoltare. A breve avrei dovuto fare una particina nel film Le quattro giornate di Napoli di Nanny Loy, il giorno dopo chiamai Bianca, la moglie di Nanni, e le dissi che rinunciavo a quella porticina e avrei voluto fare l’assistente volontario alla regia. Bianca mi disse: “Ma no, Cottino, quel partigiano lo devi fare tu…”. Lei mi chiamava “Cottino”… Alla fine feci l’assistente volontario alla regia, andai a Napoli, pagato pochissimo, e Bianca, per aiutarmi, ogni giorno mi faceva trovare un buono comparsa..  

S. - Come conoscesti Loy e la moglie?
C. - Andai a bussare, come si faceva all’epoca, alla Titanus alla Farnesina, dove c’era la produzione e dove si lasciavano le fotografie agli aiuti registi….

S. - Perciò dopo il monito della Magnani sul set di Risate di gioia tu prendesti la decisione di abbandonare la carriera di attore per quella di regista…

C. - Sì, assolutamente. Poi, durante le riprese di Le quattro giornate di Napoli, conobbi Mara Blasetti, figlia di Alessandro Blasetti, che stava preparando il film Modesty Blaise e un altro film che andò malissimo: Liolà, con Ugo Tognazzi. In quest’ultimo feci l’aiuto segretario di produzione... Pensa che giravamo in Sicilia e, siccome c’erano pochi soldi, le riprese le finimmo a Roma… La produzione caricò un camion pieno di fichi d’India e fu rifatta la Sicilia vicino Roma. (ride) Poi facemmo Modesty Blaise sempre in Sicilia, girammo a Capo S.Alessio e a Tindari. Nel film recitavano Monica VittiDirk Bogarde, Terence Stamp e Rossella Falk

S. - Come ti sei trovato a lavorare con Monica Vitti?
C. -
Bene, ho legato subito con lei, malgrado molti pensino che sia una persona complicata. Poi sempre con lei feci, come assistente volontario, Deserto rosso di Antonioni… mi pagarono con la pellicola… e come aiuto regista  la rincontrai ne La cintura di castità, con Tony Curtis per la regia di Pasquale Festa Campanile, un bravo sceneggiatore passato alla regia.

S. - Nel frattempo in famiglia cosa pensavano delle tue esperienze cinematografiche?
C. -
Proprio mentre mi trovavo in Sicilia, per le riprese di Modesty Blaise, mi chiamò mio fratello per dirmi che era in commissione in un istituto milanese dal quale escono i ragionieri che poi vanno alla Bocconi… e mi disse di venire a Milano per fare gli esami, in quanto avrebbe potuto darmi una mano. Io spiegai la situazione a Mara (Blasetti n.d.r.), lei mi disse di andare… che per tre giorni non ci sarebbero stati problemi… fui rimandato con le solite materie ad ottobre.. e agli esami di riparazione ebbi il tanto sospirato diploma, sospirato solo dai miei (ride).

S. - Dopo Modesty Blaise…
C. - 
Feci un film con Totò: Il monaco di Monza di Bruno Corbucci… Lavoravo in produzione. Poi feci anche un film di Riccardo Freda come assistente alla produzione, film che è completamente scomparso, Lo spettro del dottor Hitchcock

S. - Suppongo ti riferisca al film L’orribile segreto del dottor Hitchcock, non è un film scomparso…
C. -  
Sì era quello, ma io non l’ho mai visto…

S. - Freda è ritenuto uno dei padri dell’horror italiano, cosa ricordi di questo film?
C. -
Girammo tutto in sei giorni, eravamo in una villa ai Parioli… ancora oggi quando ci passo mi viene da ridere perché questa villa era di un miliardario che la affittava per fare i film e qualcuno della troupe gliel’ha letteralmente svuotata… perché le cantine erano piene di roba di valore… il cinema è anche questo (ride). Ogni mattina dovevo andare a prendere Barbara Steele, andavo con l’autista di produzione in una villa sull’Appia Pignatelli e la portavo di peso sul set. Freda era velocissimo girava con tre macchine da presa contemporaneamente… io non ero abituato a questa lavorazione frenetica… Ricordo che il direttore della fotografia era Carlo Carlini, con cui poi lavorai in un documentario a puntate, L’età del ferro, la produzione era quella di Olmi e la regia era di Roberto Rossellini… coadiuvato dal figlio, Renzino Rossellini… Un bellissimo documentario, anche li, Roberto Rossellini ha inventato un grande modo di realizzare i documentari.

S. - A Roma chi frequentavi del mondo del cinema?
C. -
Non sono mai stato un tipo mondano… non mi piace apparire… per lo più frequentavo i direttori della fotografia, persone squisite come Franco Di Giacomo, Carlo di Palma… ho molto legato anche con Pasqualino De Santis, premio Oscar per Romeo e Giulietta. Con Pasqualino debuttai anni dopo come regista con documentari artistici sulla Lombardia, con testi scritti da Giovanni Testori, Alcide Paolini e Riccardo Bacchelli

S. - Parliamo un po’ della tua collaborazione con Franco Zeffirelli…
C. -
Franco amava circondarsi di tanta gente… aveva la famosa corte, ma io, per mia fortuna, non ne ho mai fatto parte. Nel film Bisbetica domata ero settimo assistente alla regia, ma alla fine superai gli altri, diversi dei quali sul set non facevano proprio nulla. Per Romeo e Giulietta seguii solo la preparazione del film. Non partecipai alle riprese perché andai a Ginevra col mio amico organizzatore Carlo Lastricati e feci l’assistente alla regia nel film Alla ricerca di Gregory con Julie Christie. Tornato da Ginevra, siccome con Franco Zeffirelli ero rimasto in buoni rapporti, fui richiamato e seguii tutto il montaggio di Romeo e Giulietta… anche se non risulto accreditato. Poi con lo “Zeffiro” feci l’aiuto regista per Fratello Sole Sorella Luna

S. - Poi cosa facesti?
C. –
Ancora prima feci un altro film con Nanni Loy: Rosolino Paternò soldato… Poi lavorai come aiuto regista in un film francese diretto da Sergio Gobbi Une fille nommèe amourGobbi era un buon regista che poi fece delle belle cose anche come produttore.

S. - Come sei arrivato su questo set?
C. -
Perché si trattava di un film De Laurentiis e De Laurentiis sapeva che ero un buon aiuto regista che parlava francese… io ho sempre amato la Francia, tanto è vero che ci ho vissuto per diversi anni. In Francia si va avanti per meritocrazia e non per raccomandazione, come in Italia…

S. - Puoi parlarmi della tua esperienza come aiuto regista sul set di Venga a prendere il caffè da noi?
C. - 
Fui scelto da Lattuada perché cercava un milanese bravo, io avevo conosciuto la sorella Bianca, bravissima organizzatrice, tramite il produttore Maurizio Lodi Fe e lei mi chiamò… In questo film debuttava come direttore della fotografia Lamberto Caimi (nota: in realtà il film d’esordio di Lamberto Caimi è Il posto - 1961), con cui legai subito… La cosa più importante che imparai con Alberto è che, a parte l’alzataccia al mattino, dovevo fare colazione con lui, e lui mi sciorinava come tagliare le scene di quel giorno, inquadratura per inquadratura… Da lui ho imparato moltissimo…

S. - Parlami un po’ degli attori…
C. - 
Tognazzi l’avevo già conosciuto sul set di Liolà, inoltre ci avevo lavorato anche in Barbarella di Roger Vadim, film di cui avevo seguito tutta la preparazione e due settimane di riprese… poi litigai col regista… Le passioni di Tognazzi erano sesso e cibo… Sul set si divertiva da matti con queste tre sorelle mostruose… era entrato perfettamente nel personaggio e in alcuni casi si inventava cose divertentissime… ad esempio nella scena del pranzo, quando lui fa un peto… ecco, questa fu una sua invenzione che calzava perfettamente col personaggio interpretato. Poi c’erano le tre sorelle: Angela Goodwin, Milena Vukotic e Francesca Romana Coluzzi… ed erano tutte e tre bravissime. Il mondo dello spettacolo non doveva avere segreti per me… e anche il teatro lirico ha preso parte della mia vita…come assistente con Filippo Crivelli e con Mauro Bolognini; con Mauro fui anche aiuto in un film ad episodi: Capriccio all’italiana, episodio La gelosa, con una splendida Ira Furstenberg e un grandissimo Walter Chiari… Feci anche regie liriche ad Atene, a Treviso, a Milano al teatro dell’Arte e segui la tournee in Iscozia con il teatro Massimo di Palermo, dopo una regia al teatro con l’operetta Il paese dei campanelli… Regie anche nel teatro di prosa, un Harold e Maude con Paola Borboni, Bianca Toffafondi e Gianluca Farnese

S. - Quale fu il tuo ultimo film da aiuto regista? 
C. - 
L’ultimo fu L’assassinio di Trotsky di Joseph Losey, nel 1971. Durante questo film ricontrai Richard Burton e Liz Taylor, che all’epoca era ancora sposati con i quali avevo lavorato in La bisbetica domata di Franco Zeffirelli, con lei e Marlon Brando in Riflessi in un occhio d’oro di John Huston ed ancora con tutti e due ne La scogliera dei desideri ( da una commedia di Tennessee Williams) di Joseph Losey. Loro mi apprezzavano molto… mi chiesero se non ero stanco di fare l’aiuto e mi dissero che se gli avessi portato una bella storia avremmo potuto fare un film insieme. In quel periodo uscì un libro eccezionale su Mussolini: Duce… io ho una passione smodata per il Duce… come personaggio tragico, come pagliaccio… e scherzando sul set con Gianni Bozzacchi, che era il fotografo personale di Burton e la Taylor, gli dissi: “Perché non proponiamo a Richard un film su Mussolini?”. Lui rispose che poteva essere una buona idea e mi disse di fare un copione. La Taylor, appena seppe del progetto, propose di incentrare la storia solo sul rapporto tra il Duce e la Petacci… e così decisi di contattare Mario Soldati. Andai a Tellaro e Mario mi chiese 5 milioni e mezzo per scrivere un soggetto di cinque pagine intitolato: La fine di un tragico pagliaccio, che parlava degli ultimi giorni di Mussolini. Così recuperai i soldi e feci realizzare il soggetto… il nome di Soldati era molto importante e appena si sparse la voce di questo progetto uscì un articolo sul Corriere della sera. Da questo momento in poi io sono stato letteralmente bersagliato….Il produttore sarebbe dovuto essere Leo Pescarolo e Burton avrebbe fatto la produzione esecutiva… ma alla fine il mio soggetto non vide la luce e fu Carlo Lizzani a girare Mussolini: ultimo atto con Rod Steiger e Lisa Gastoni
A distanza di anni, sono contento, sicuro che avrei fatti un film completamente sbagliato, ma in quel periodo soffrii non poco……

S. - Poi cosa facesti?
C. - 
Feci diversi documentari, curai degli spettacoli musicali: della Vanoni, dei Matia Bazar etc,  feci un film in Tunisia come regista della seconda unità: Zitto quando parli. Mi chiamò il produttore Tarak Ben Ammar… poi a Malta per la Walt Disney Production un film con Margot Kidder (la segretaria di Super Man) e Robert Hays (il pilota de L’aereo più pazzo del mondo)… poi fui richiamato da Zeffirelli per La traviata, lo splendido film opera. Nel frattempo continuavo a scrivere le mie sceneggiature, perché avevo sempre intenzione di fare un film da regista con una mia storia… volevo fare un film a Venezia sul mondo dell’opera, di cui sono sempre stato appassionato, il titolo era Il sostituto.

IL PASSO SUCCESSIVO FU IL FILM SPOSERO' SIMON LE BON, PER IL QUALE SI RIMANDA ALL'APPROFONDIMENTO APPOSITO (CLICCATE PURE QUI)

S. - Cosa facesti dopo Sposerò Simon Le Bon?
C. –
Una regia di movimenti per un Eros Ramazzotti debuttante a San Remo per la canzone Una storia importante. Chiamato da Piero Cassano allora produttore di Eros, che avevo conosciuto per la regia di spettacoli per discoteca dei Mazar… Per Eros scrissi un soggetto, A job runner (diventerà Il ragazzo del Pony Express, per il quale Carlo è appunto accreditato come soggettista), poi però rinunciai alla regia perché avrei dovuto girarlo con Jerry Calà, bravo ma che per me non era il personaggio diciottenne per il quale avevo scritto la storia…

S. - Dopo questa rinuncia…
C. -
Esattamente il giorno dopo mi proposero la regia e la cosceneggiatura per un film per la televisione: Portami la luna.

S. - Chi vi recitava?
C. -
Ripresi Barbara Blanc, poi c’erano: Massimo Ghini, Paolo Malco, Mara Venier, John Steiner, Philippe Lemaire e al suo debutto una dodicenne Valentina Cervi e la bella e già brava Sabrina Ferilli e le musiche bellissime di Massimiliano Pani… avrei voluto anche Giuppy Izzo, ma non accettò perché non voleva fare più cinema… Comunque Portami la luna secondo me è un film sbagliato… tra l’altro rimase inedito, non fu mai trasmesso, non ho mai capito il perché. Durante le riprese di questo film mi chiama Tarak Ben Amman e mi chiede di raggiungerlo a Parigi perché aveva un progetto di cui voleva parlarmi… Aveva comprato i diritti di un romanzo: Bille en tete e voleva farne un film…

S. - Di cosa parlava?
C. –
Bille en tete (Partire in quarta) è la storia di una relazione tra una donna matura e un ragazzo giovane... Come protagonista scelsi una quasi sconosciuta Kristin Scott Thomas, che avevo visto in teatro a Parigi e aveva lavorato con Prince nel film Under the cherry moon… Grazie al mio Bille en tête, trionfatore al Festival du Film de Monde e ad Europa Cinema nel 1989, dove Kristin vinse il premio come migliore attrice protagonista, lei poi ha fatto una bella carriera. Per la nonna scelsi Danielle Darrieux, una splendida grande attrice francese, per farle fare questa nonna campagnola; la resi meno bella di come era realmente e, per farmi perdonare, le feci girare il trailer del film dove lei canta la canzone A l’ile Maurice di Trenet… Se andate su mymovies e cercate il film Partire in quarta o Bille en tete e cliccate sul trailer, la vedrete splendida mentre interpreta la nonna campagnola. In occasione di questo film mi trasferii a Parigi, dove poi sono rimasto per diversi anni…

S. – Questo dovrebbe essere l’ultimo film da te diretto…
C. –
Sì, ma non sono rimasto senza fare niente, in questi anni di fine millennio e d’inizio millennio ho fatto spettacoli nella Città del  Vaticano in Aula Paolo VI (meglio conosciuta come Sala Nervi) per il 90° anniversario dell’Unitalsi, treni bianchi per Lourdes, con la partecipazione di Alberto Sordi e di Barbara De Rossi… poi il Giubileo degli Ammalati, la canonizzazione di madre Bakita, la canonizzazione di Padre Scrosoppi
Ed ancora laboratori e masters class in varie università siciliane per la facoltà di Lettere e Filosofia Scienze della Comunicazione, allo Ied di Milano, al CSC sede di Milano… portare la mia lunga esperienza ai giovani mi entusiasma… Insomma se il cinema italiano è perennemente in crisi, lo diceva già la grande Magnani nel 1955, Carlo non è in crisi…

S. – Per concludere, illustrami i tuoi progetti per il futuro…
C. –
Come ti dicevo ho scritto molte sceneggiature, alcune hanno vinto premi importanti, due di queste mi stanno particolarmente a cuore: Una voce di dentro, dedicata ad Anna Magnani, che senza essere un film su di lei (non amo i cloni tanto di moda), è a lei dedicato, cosi come la commedia dallo stesso titolo che spero, in questo centenario della nascita della Magnani, di portare in scena… e Agostino & Augustine… dedicato alla terza età legata ai giovani, tutti alla ricerca di valori perduti, ambientato nella mia adorata Lombardia… E io aspetto che, in questa Italia che amo, finalmente vinca la meritocrazia e non le raccomandazioni… e continuo ad aspettare fra San Giuliano Milanese e Roma, non ho mai sgomitato per farmi avanti, anche se adesso alla mia tenera età la vita davanti a me si è accorciata… ma finché il Cielo sopra di me mi proteggerà aspetto con fiducia…

INTERVISTA INSERITA DAL BEMERITO STE.R IL 12/5/08

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commenti (1)

RISULTATI: DI 1
    Markus

    6 Luglio 2010 13:46

    Grazie Ste.r., intervista davvero molto interessante.