Curiosità su I sopravvissuti - Serie TV (1975)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 19/05/09 DAL BENEMERITO LUCIUS
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  • Capolavoro assoluto (e ce ne sono pochi!):
    Lucius
  • Un film straordinario, quasi perfetto!:
    Ellerre, Black hole
  • Grande esempio di cinema:
    Piero68

CURIOSITÀ

5 post
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  • Lucius • 5/12/10 12:19
    Scrivano - 9051 interventi
    da TV SORRISI E CANZONI n.38 (1976)

    Quando la fantasia anticipa la realtà. IL DRAMMA DELLA NUBE PER I SOPRAVVISSUTI INGLESI.

    Lo sceneggiato, trasmesso a colori dalla televisione svizzera, è ambientato in un'Inghilterra sconvolta da un'epidemia scoppiata in seguito ad una guerra batteriologica. Un gruppo di persone cerca di lottare per ritrovare una dignità umana in mezzo al disastro. I fatti di Seveso rendono questa vicenda tragicamente attuale.
    di Silvana Camilletti - foto della BBC
    Dall'Inghilterra "I Sopravvissuti" sono passati alla Svizzera e da Lugano hanno incominciato a invadere l'Italia. La domenica sera sono molti i telespettatori che si piazzano davanti al video per seguire le vicende di Abby, Greg, Jenny e Charles. Il loro vagare in una nazione distrutta da una guerra batteriologica che ha provocato un'epidemia mortale, il loro ricercare di ricostruire una società disgregatasi, ha conquistato il pubblico. Siamo nella fantascienza è vero, cioè in qualcosa che teoricamente non dovrebbe avverarsi mai. Purtroppo, ci stiamo accorgendo che l'impossibile può diventare realtà. Seveso: un nome che non ha bisogno di commenti. Ma torniamo allo sceneggiato che in Inghilterra ha avuto indici di gradimento altissimi. I costi di lavorazione della prima sono stati contenuti, poche centinaia di milioni, proprio perchè girata quasi tutta in esterni. Lunga la ricerca per trovare il luogo adatto: per ben otto mesi Dudley ha girato la Gran Bretagna finchè, in una località chiamata Hampton Court, a 200 miglia ad ovest di Londra, ha messo le mani su di una vecchia abitazione circondata da un vasto appezzamento. Occorreva silenzio perchè le riprese effettuate in diretta non fossero disturbate da rumori di macchine ed aerei. A proposito di auto, quelle che si vedono distrutte nello sceneggiato appartengono alla troupe: è stato sufficiente togliere una portiera e qualche spruzzo di vernice spray lavabile per rendere l'illusione perfetta. Una delle scene più sconvolgenti, l'invasione nelle città morte di milioni di ratti, è stata fatta con 12 topolini di buon carattere avuti in prestito da un allevamento: sono gli obiettivi delle cineprese che li hanno moltiplicati. Non poche difficoltà si sono avute quando si è trattato di farli muovere: non ne avevano nessuna voglia e preferivano giocare con i tecnici. I piccoli topi che si attaccavano ai vestiti invece erano di stoffa, e cuciti sugli abiti. Londra all'alba è servita per far vedere la città deserta. I tunnel della metropolitana sono stati impiegati come rifugi. E' curioso notare che la BBC, che ha prodotto "I sopravvissuti", qualche anno fa aveva condotto una indagine per scoprire quali professioni si sarebbero salvate in caso di attacco atomico in Gran Bretagna che avesse lasciato in vita 12.000 individui. I dati sono piuttosto sorprendenti: 10 preti, 70 infermiere, 7 artisti, 1 veterinario, 22 architetti, 8 giornalisti, 3 medici, 110 elettricisti, 5 farmacisti e così via. Gli ideatori hanno tenuto presente queste percentuali nel programma. La trasmissione è risultata particolarmente gradita alle donne, anche perchè i personaggi femminili sono i migliori. Spiega Dudley: "E' stato provato scientificamente che fra i due sessi quello femminile possiede le doti psicologiche e fisiologiche per meglio affrontare situazioni di emergenza".

    Silvana Camilletti
  • Lucius • 5/12/10 12:19
    Scrivano - 9051 interventi
    da TV SORRISI E CANZONI n.15 (1979)

    Una realtà riproposta dalla serie televisiva "I sopravvissuti". COME VIVERE DOPO LA FINE DEL MONDO.

    Il futurologo Roberto Vacca, autore di "Medioevo prossimo venturo" ci spiega cosa potrebbe succedere in una società sconvolta da catastrofi epidemiche o nucleari. Dopo un periodo di "abbondanza" verrebbe a mancare qualsiasi risorsa.
    di Roberto Vacca
    Era una meravigliosa statua di marmo pario scolpita molti secoli prima da un grande maestro greco. I due omaccioni non la degnarono di uno sguardo. La fecero a pezzi a mazzate e usarono i frammenti per murarli in una parete abbastanza storta della casa - piccola e brutta - che stavano costruendo. Poi, la sera mangiarono solo formaggio di capra - e le capre le tenevano in stalle arrangiate nei palazzi imperiali. Le mangiatoie delle bestie erano vasche preziose di porfido imperiale. Questo succedeva a Roma 900 anni fa. La popolazione dell'Urbe era soltanto di 30.000 abitanti - contro i due milioni del periodo imperiale di massima fioritura. Non sappiamo neanche bene perchè I'impero romano è decaduto diventando impotente e spopolato. Diciamo che è successo per disorganizzazione, per mancanza di civismo e di produttività, per gli attacchi dei barbari o per la mancanza di altri Paesi da depredare. Sappiamo solo che il Medioevo che seguì è stata un'epoca dura e violenta, in cui pochissimi godevano di lussi modesti e la maggioranza viveva nella miseria, nell'ignoranza e nella fatica. Nello sceneggiato televisivo "I sopravvissuti" è stato rappresentato un ritorno del Medioevo con una diminuzione della popolazione dell'Inghilterra da 60 milioni a poche centinaia di migliaia di persone. La causa di questi milioni di morti, nello sceneggiato, è una pestilenza. Sono anticipazioni tragiche e serie e dobbiamo considerarle con serietà. Esiste veramente il pericolo di una pestilenza che uccida il 99% della popolazione? Molto probabilmente no. L'Europa è stata già attaccata dalla peste bubbonica - la morte nera - nel XIV secolo. La pestilenza bloccò ogni sviluppo civile per qualche decennio, ma non distrusse la società - uccise meno di metà della popolazione europea. Quali sono i veri rischi che corre la nostra società, allora? Leggendo i giornali sembra che uno dei rischi più temuti sia quello connesso allo sviIuppo dell'energia nucleare. Parecchi movimenti cercano di bloccare la costruzione delle centrali elettronucleari. Parecchi giornalisti scrivono articoli catastrofici sull'incidente della centrale nucleare di Harrisburg in Pennsylvania, in cui, dopo tutto, i sistemi di sicurezza hanno funzionato abbastanza bene. Hanno perfino chiamato "bolla H" una certa quantità di idrogeno sviluppatasi nel reattore, quasi per richiamare il nome della bomba H. Invece l'idrogeno di Harrisburg potrà tutt'al più scoppiare combinandosi con l'ossigeno - mentre l'idrogeno della bomba H si fonde col trizio formando elio e producendo una energia enorme: cioè, nella bomba, una potenza distruttiva pari a quella di milioni di tonnellate di tritolo. Le bombe atomiche e le bombe H sono un pericolo vero: al mondo ce ne sono alcune decine di migliaia. Sono sufficienti a ucciderci tutti: non una volta sola, ma molte, molte volte. Non è probabile, però, che le armi nucleari siano lanciate in modo così accurato e malvagio da uccidere tutta la popolazione mondiale. E' concepibile, quindi, che muoiano 99 persone su 100 e che restino solo pochi sopravvissuti. E' un'ipotesi semplice e tragica. Ma non è la sola. Un altro rischio grave è quello della complicazione eccessiva nei Paesi avanzati. Gli esperti - urbanisti, sistemisti - non sanno se le dimensioni massime di una città possano essere fissate a 20, 30 o 40 milioni di abitanti. Però oltre questo limite sconosciuto e verso cui stiamo andando, può succedere che la città muoia di disorganizzazione, perchè non funziona più niente. Abbiamo già avuto esperienza dei black out elettrici. Se un black out più grave si accoppia a uno sciopero, a un'epidemia o a una ondata di gelo, potrebbe succedere che milioni di persone restino intrappolate nelle metropoli senza approvvigionamenti, senza potersi muovere, nè scaldare, e senza poter nemmeno comunicare. Esistono, perciò, dei pericoli veri al verificarsi dei quali sopravviveremmo in pochi. Lo scheletro della società che resterebbe, dopo una catastrofe così grossa, sarebbe veramente medioevale: senza comunicazioni, senza industria, senza servizi, senza cure efficienti e senza tempo da dedicare alla cultura, all'apprendimento, alla scienza. La somiglianza con il Medioevo passato - quello di mille anni fa - non si limiterebbe solo alle condizioni di povertà e di vita dura. La brusca diminuzione di popolazione avrebbe per conseguenza anche un blocco quasi totale delle innovazioni e della stessa industria. Perchè? Ho già raccontato come i muratori medioevali trovassero in giro tante statue e pietre già squadrate, provenienti dal periodo precedente in cui c'era più gente. In un avvenire tragico, come quello che immaginiamo, i pochi sopravvissuti troverebbero: macchine, cibi conservati, medicine, vestiario, abitazioni, carburante in quantità talmente superiori ai loro bisogni da bastare per un secolo. Durante quei cento anni non servirebbe proprio produrre altri beni, altri oggetti o studiare come ricostituire l'industria. Non servirebbe, cioè, a breve termine. A lungo termine, invece, dopo che le tecniche di oggi sono state dimenticate, i figli dei sopravvissuti verrebbero su come barbari nell'ambiente complicato e in via di sfacelo lasciato dalla civiltà tecnologica attuale. C'è da sperare che questi disastri non si verifichino mai. Perchè ne parliamo, allora? Che interesse può avere la storia di eventuali sopravvissuti che, forse, non si troveranno mai in una situazione catastrofica come quelle di cui ho parlato? Un primo interesse è quello della finzione artistica. I drammi devono ben essere basati su situazioni veramente drammatiche. Immaginare queste catastrofi possibili in modo vivido può servire anche a renderci conto di quanto terribili potrebbero essere veramente. Una volta convinti di questo, dovremmo lavorare più intensamente per rendere sempre più improbabili queste sciagure. Dovremmo darci da fare per il disarmo nucleare e svegliare l'opinione pubblica, che alle bombe atomiche non pensa più affatto. Dovremmo contribuire a far crescere l'efficienza, la stabilità, la razionalità della nostra società. La distruzione dei sistemi attuali - che avvenga casualmente o per ragioni belliche, come abbiamo supposto, o che venga raggiunta con premeditazione da movimenti eversivi - non porterebbe a una società giusta, buona e utopica, ma porterebbe - e solo per pochi - a un'era fosca, dura e ingiusta.

    Roberto Vacca
  • Lucius • 5/12/10 12:20
    Scrivano - 9051 interventi
    da TV SORRISI E CANZONI n.11 (1979)

    Una storia con la data di domani. I SOPRAVVISSUTI IMPARANO A VIVERE DOPO LA FINE DEL MONDO.

    Martedì 20 marzo debuttano i protagonisti di una serie televisiva che esplora i comportamenti dell'uomo dopo la distruzione del 98 per cento della popolazione mondiale. I sopravvissuti diventano più civili ed umani.
    di Luigi Bianco
    Ma il dopo che cos'è? Ecco uno dei temi sempre affascinanti che letteratura, cinema, televisione ed "esperti" ci rilanciano nei momenti di minore o maggiore tran-tran quotidiano. Se il mondo finisse improvvisamente, e dieci uomini qualsiasi fossero gli unici superstiti, che cosa succederebbe? La nostra fantasia ha sempre cavalcato queste ipotesi suggestive. La frase "vorrei vivere in un'isola deserta" è fondamentale nella vita di ogni uomo, sia essa suggerita dalla noia, dalla paura, dalla insoddisfazione o semplicemente dalla fantasia. Ma cosa fare in un'isola deserta, soli, con il silenzio attorno? Come vivere di nuovo? Robinson Crusoe, nel 1700, aveva trovato delle soluzioni abbastanza felici. Ma allora non c'era la bomba atomica e non c'erano le armi chimiche che possono distruggere ogni cosa in pochi minuti. Gli uomini erano, sì, un po' matti ma pur sempre limitati nelle loro follie. Oggi le ipotesi di fine del mondo appartengono di più alla sfera della paura che a quella della fantasia, se si pensa alle varie nubi che inquinano l'aria, ai digiuni di Pannella contro le centrali nucleari e per difendere i bambini che muoiono in ogni parte del mondo. In questo clima, arriva così anche in Italia la serie de "I sopravvissuti", una produzione londinese di grande suggestione, già conosciuta attraverso la Tv svizzera. Questi "matti" di uomini immaginano, per noi telespettatori, che il 98 per cento della popolazione mondiale sia sterminata da un'improvvisa e inarrestabile pestilenza. Ipotesi, come si è detto prima, per nulla fantascientifica. Ma cosa succede a quel 2 per cento di sopravvissuti? Si scatenano in incontri ravvicinati del terzo tipo? Scoprono nel deserto e nel silenzio una magica roulette, dove giocare il resto della vita? Affittano i Fonzie e compagni di turno per cantare fino alla fine "Happy Days"? O vanno in processione a sentire i maghi o i grandi oracoli? I sopravvissuti, per non smentire la felice follia degli uomini, sono più imprevedibili: continuano a vivere. Anzi, cercano di trovare le fonti di una vita più civile, più umana, meno competitiva, meno pericolosa. Con il destino che incombe, gli uomini sembrano diventare più buoni e duttili, senza lasciar perdere, naturalmente, la loro punta di follia. In una terra silenziosa, agricola, con splendidi bovini, tra l'Inghilterra e il Galles, inizia il cammino verso la nuova civiltà dei Sopravvissuti. Gli uomini e le donne sono ben assortiti: ma le donne, psicologicamente più forti (dicono), si dimostrano più a loro agio. C'è una bella vedova di trenta anni: Abby Grant (l'attrice Carolyn Seymour), ex ricca, raffinata. Una signora, insomma. C'è la giovane segretaria di origini operaie: ha venti anni e combatte la paura con l'aggressività. C'è un altro vedovo: Greg Preston, un ingegnere civile chiuso in se stesso. Questo terzetto affronta il cammino verso la scoperta di un nuovo mondo e, piano piano, a contatto con il pericolo, si accorge che con un minimo di solidarietà forse si vive meglio. Chi avrebbe immaginato che dei figli della "famigerata" civiltà dei consumi sarebbero sopravvissuti senza i loro indispensabili giocattoli? Senza il frigorifero, la luce, i mezzi di trasporto, i balli di Travolta, i medici, gli infermieri, le farmacie? La vedova Abby Grant ha anche una testa, dei sentimenti. Rimasta sola, si convince che suo figlio Peter deve essere vivo, e parte alla sua ricerca, alla ricerca di una speranza. Insieme alla segretaria, all'ingegnere e a qualche altro che man mano incontrano per strada (i sopravvissuti, in fondo, sono il 2 per cento!), inizia il cammino della speranza e della costruzione del nuovo mondo. Le prime puntate (degli otto epsiodi) servono per formare l'unione del gruppetto. Nelle altre puntate la ricerca del figlio della vedova fa da filo conduttore per attraversare le varie fasi (la fattoria, la comunità agricola, la comunità religiosa, i bambini) della costruzione di una altro modo di vivere. E, costretti, i nostri eroi imparano veramente a vivere. La ricerca della nuova realtà in questa serie televisiva tutta inglese (dal regista agli attori, al paesaggio) ha quel minimo di misterioso che rende ancora una volta l'avventura umana affascinante per gli stimoli spirituali ed esistenziali che accompagnano sempre il cammino degli uomini sulla Terra, sulla Luna, su Marte o non si sa dove.

    Luigi Bianco
  • Lucius • 5/12/10 12:26
    Scrivano - 9051 interventi
    da FILM TV n.23 (2001)

    semiSERIAL - i telefilm che hanno fatto la tv. I SOPRAVVISSUTI.

    Un orrendo contagio, la distruzione di massa, la difficile rinascita. Cronaca da incubo di un serial di culto, ancora oggi ricordato e venerato da migliaia di fan. Un capitolo fondamentale della storia della fiction inglese, realizzato in anni in cui spopolavano, anche al cinema, la fantascienza e il catastrofico.
    di Fabio Scamoni
    Una Land Rover gira per la campagna inglese. Al volante c'è una donna, sta cercando un negozio aperto. Tutto sembra apparentemente normale, solo che in giro per le strade non c'è nessuno. Potrebbe essere un film con pochi soldi o una somigliante fotografia dell'lnghilterra. Niente di tutto questo. Per le strade non c'è nessuno perché sono tutti morti. l pochi umani che vediamo sono "l sopravvissuti". Negli anni '70 il cinema catastrofico andava molto di moda, basti ricordare titoli come "L'inferno di cristallo" e "Terremoto", praticamente i "blockbuster" di quei tempi. Uno sceneggiatore inglese, Terry Nation, già creatore di una serie di enorme successo intitolata "Dr. Who", decise di cavalcare l'onda scrivendo uno sceneggiato televisivo su un gruppo di sopravvissuti ad un micidiale virus. A metà degli anni 70 una terribile piaga colpisce la Cina, uccidendo centinaia di milioni di persone. L'Europa si sente sicura e lontana da questa carneficina, ma i primi casi di "peste" vengono rilevati anche in Inghilterra. Solo una persona su quindicimila si salverà. Tra queste c'è Abby Grant (Carolyn Seymour), una casalinga madre di un bambino. Ed è lei che vediamo mentre viaggia attraverso la campagna sulla Land Rover. In queste lande desolate Abby incontra prima Greg Preston (Ian McCulloch), un ingegnere scappato da Rotterdam a bordo di un elicottero, poi Jenny Richards (Lucy Fleming), una segretaria impaurita da quel mondo cambiato così velocemente. Nella prima serie il terzetto gira alla ricerca del figlio di Abby, avendo avuto informazioni che lo danno ancora vivo. In questo loro girovagare, in cerca anche di cibo, faranno numerosi incontri con gruppi di altri sopravvissuti che hanno già socializzato tra loro. Quasi tutti sono gestiti da pazzi il cui desiderio di comando supera di gran lunga l'istinto di solidarietà. La seconda serie de "I sopravvissuti" comincia con molte innovazioni. Nel primo episodio un enorme incendio in una fattoria elimina tutti i personaggi che non dovevano più prendere parte alla serie, tra questi Abby. Anche Nation comincia a prendere le distanze dallo sceneggiato. Secondo lui lo spirito iniziale, quello in cui gli spettatori si dovevano identiticare, e cioè "Che cosa fareste voi se foste al loro posto?", andava via via perdendosi. Nella seconda stagione entrano nuovi personaggi e la narrazione si fa un po' più involuta. La dimensione delle piccole comunità viene persa, a favore di un solo gruppo. La nuova eroina si chiama Agnes Carlson (Anna Pitt). Agnes è figlia di un norvegese, morto nell'incidente di un pallone aerostatico. Carlson era portatore della novella che nel suo paese esistevano molte strutture che permettevano la creazione di energia elettrica e acqua potabile. Nella terza stagione Greg e Agnes partono alla volta della Norvegia. Questa serie, nonostante qualche episodio interessante, è tutta in funzione dell'amara conclusione: Greg viene sacrificato da Agnes per porre un sigillo al suo potere sulla comunita appena formatasi. "I sopravvissuti" è un serial che conta tantissimi fan in giro per il mondo. L'argomento, sempre molto attuale, e le storie, sempre ben scritte, ne hanno fatto un capostipite tra gli sceneggiati televisivi. Il primo passaggio in Tv avvenne il 16 Aprile 1975, e conquistò subito il pubblico inglese. Il trentottesimo episodio "Lunga vita al Re" andò in onda l'otto giugno 1977. La grande furbizia di Nation fu quella di raccontare non eroi dal passato straordinario, ma gente qualunque con vite ordinarie, gente capace di trovare risorse nascoste in condizioni estreme. Nation era molto interessato all'aspetto pratico della sopravvivenza, più che a quello politico; secondo lui l'uomo doveva essere messo alla prova per ritrovare le forze per fare cose che nelle società evolute venivano date per scontate: trovare cibo, costruirsi arnesi da lavoro, cercare acqua potabile. E come spesso è accaduto nei programmi televisivi Inglesi di quegli anni, la prima società ad essere criticata era proprio quella d'oltremanica. Il rammarico, per noi amanti dei "Survivors", è che lo abbiano fatto vedere una volta sola, senza più nessuna replica.
  • Lucius • 18/06/11 18:52
    Scrivano - 9051 interventi
    La sigla iniziale riassume nelle brevissime inquadrature un probabile antefatto, ovvero quello di un organismo patogeno, studiato o creato in laboratorio, che sfuggito al controllo si diffonde globalmente, come simboleggiato dai timbri aeroportuali di varie nazioni.